Mafie al Nord: Articoli storici

Il maxi-blitz sull’asse criminale Torino-Catania. Centinaia di mandati di cattura
Mafia ancora in ginocchio
Parlano i pentiti: si fa luce su 50  omicidi

di Claudio Mercandino

Articolo del 12 dicembre 1984

L’inchiesta della magistratura torinese che ha portato agli arresti «eccellenti» –  Associazione  mafìosa,  sequestro  di  persona,  droga,  contrabbando, armi, rapina,  estorsione  e  altri  reati  –  In  carcere  l’avvocato  Xxxxxx,  torinese –  Ha  «cantato»  il  killer  Salvatore Parisi,  ma  sembra  non  sia  stato  l’unico

Dalla nostra redazione TORINO –  Il «blitz» è scattato alle prime luci dell’alba in diverse località Italiane.   Gli uomini della polizia, gli agenti della Criminalpol, i militari dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza sono entrati in azione simultaneamente, facendo scattare le manette ai polsi di un centinaio di persone. Ad altrettanti detenuti l’ordine di cattura è stato notificato in carcere. Epicentri della vasta operazione sono state Torino e Catania, le due città sul cui asse è gravitata, negli ultimi dieci-dodici anni, larga parte dell’attività criminale della mafia al Nord.  Gli ordini di cattura sarebbero   complessivamente oltre 300, le accuse sono di associazione per delinquere semplice e di stampo mafioso, omicidio, sequestro di persona, droga, contrabbando, armi, rapina, estorsione ed altri reati.

La storia della «mala»

Nella rete delle forze dell’ordine sono caduti,  fra gli altri, due  magistrati  catanesi (uno già agli arresti  domiciliari per un’altra inchiesta) un maresciallo dei Carabinieri ed un colonnello del Comando generale dell’Arma, un maresciallo di polizia di Catania e, sempre a Catania, due sottufficiali degli agenti di custodia.  A Torino è stato arrestato un noto avvocato, Xxxxxx Xxxxx. Secondo le prime notizie fornite dai magistrati, che hanno condotto per mesi le indagini culminate con il «blitz» di ieri, la clamorosa inchiesta ha consentito di far luce su una cinquantina di omicidi commessi nel Torinese, una parte dei quali si ignorava perfino che fosse stata commessa. «Questa indagine – commentava ieri mattina “a caldo” un giudice – consentirà di scrivere gran parte della storia della “mala” a Torino dall’inizio degli anni ‘70 fino ad oggi».

A fare scattare i meccanismi dell’inchiesta, stando alle voci che circolano insistenti, pur senza conferme   ufficiali, sarebbero state le rivelazioni di alcuni «pentiti» della mafia. Determinante sarebbe però stata la confessione di Salvatore Parisi, 30 anni, catanese, killer professionista arrestato dalla polizia il 28 settembre scorso a Torino subito dopo aver ucciso sul Lungodora Giovanni Camazza, pregiudicato cinquantenne sospettato di operare negli ambienti dei prestiti ad usura e del riciclaggio di auto rubate.  Parisi fu catturato    mentre cercava scampo nelle acque della Dora. Subito decise di collaborare con gli inquirenti, rivelando di aver preso parte almeno a 16 delitti. Pochi giorni dopo la cattura di Parisi, probabilmente non a caso, viene arrestato a Milano Angelino Epaminonda detto «’o Tebano». l’erede di Turatello, divenuto da tre anni il capo indiscusso del clan dei catanesi trapiantato nel capoluogo lombardo.

Quasi contemporaneamente, ai   primi di ottobre, la magistratura viene a capo di alcuni delitti dei quali nessuno aveva mai saputo niente.  «Ancora adesso – spiegano i giudici – mancano all’appello diversi cadaveri».  Ma un corpo si trova: è quello di Giovanni Fichera, un «pezzo da novanta» della malavita torinese, implicato   nelle   indagini   sull’uccisione del commissario di polizia Vincenzo Rosato e ritenuto l’esponente di spicco dell’«entourage» dei boss Rosario Condorelli e Carlo Ale.  Fichera era scomparso senza lasciare traccia: lo ritrovano in campo di Cassino, un paese della collina torinese, sepolto sotto un metro di terra.

Ma Parisi non sembra essere il solo a parlare «Non c’è nessun Buscetta torinese – precisa il procuratore capo della repubblica di Torino, Francesco Scardulla – si tratta invece di indagini che andavano avanti da   molto tempo, e che hanno trovato riscontro in una serie di nuove rivelazioni». Una serie di rivelazioni che ha cucito insieme svariati spezzoni di inchieste che si trascinavano fiaccamente da anni, o che erano finite negli archivi della procura «per assoluta mancanza di indizi». Diversi personaggi di spicco del «clan dei catanesi» devono aver dato la stura ad una fitta pioggia di rivelazioni, dando così significato unitario a quelli che rappresentano soltanto degli episodi isolati, nella realtà complessa ed inquietante della delinquenza torinese. Ne viene fuori un quadro Impressionante.  «Fra Torino e Catania – spiega Marcello Maddalena, uno dei sette magistrati che hanno condotto l’inchiesta –  si tessevano le trame di una sorta di «super organizzazione», che prolungava le sue ramificazioni anche in altre città Italiane, e che fungeva da organismo di raccordo, di coordinamento delle attività criminose più svariate.  Così accadeva che da Torino si mandavano a Catania i sicari per alcuni omicidi e, viceversa, da Catania giungeva a nord il «personale» necessario per le operazioni torinesi». Si tratterebbe, insomma, di uno strumento la cui funzione era quella di collegare e   Indirizzare le diverse cosche radicate in varie località.

Così si è giunti agli ordini di cattura e al «blitz» di ieri mattina. «Non possiamo nascondere il nostro turbamento per il coinvolgimento di certi personaggi – afferma un altro giudice – ci siamo trovati di fronte a nomi da far drizzare i capelli, nomi incredibili…».  A Catania, come si è già accennato, è stato arrestato   il presidente della Corte d’assise, Pietro Xxxxx, mentre l’ordine di cattura è stato notificato al presidente di sezione di corte d’appello Aldo Xxxxx, che si trovava agli arresti domiciliari dal 27 novembre per un’inchiesta dei giudici di Siracusa.  Per entrambi l’accusa è di corruzione. L’imputazione di associazione mafiosa è stata invece contestata ai marescialli Antonio Xxxxxx e Filippo Xxxxxx, agenti di custodia, al maresciallo di polizia Santo Xxxxxx e al maresciallo dei carabinieri Luigi Xxxxxx.  La stessa accusa ha colpito il colonnello Serafino Xxxxxx, arrestato a Roma, ufficiale del comando generale dei CC che fino ad un anno e mezzo fa aveva comandato il gruppo di Catania.

Altri quattro arresti sono stati eseguiti a Gioiosa Ionica, dove le manette sono scattate ai polsi dei   fratelli   Giorgio, Rocco e Cosimo Xxxxxx, e di Vincenzo Xxxxxx.  I tre fratelli sono stati raggiunti dall’ordine di cattura nella caserma dei carabinieri, dove erano stati accompagnati per accertamenti perché sospettati di avere appena commesso un attentato contro l’abitazione di un carpentiere.

Delitti impressionanti

L’unico nome trapelato, fra quelli degli arrestati torinesi, è quello dell’avvocato Francesco Xxxxx, accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso, favoreggiamento ed armi (teneva in studio una pistola non denunciata). Nel suo ufficio sarebbe stato trovato un documento la cui presenza era stata indicata da un «pentito».

Gli arrestati sono stati trasferiti in giornata a Torino con un volo speciale da Catania. Ora si trovano a disposizione dei magistrati per essere interrogati.  L’inchiesta, le cui parti più delicate sono ancora avvolte nel riserbo, deve ancora lasciare emergere i suoi aspetti più clamorosi. Già nel corso della breve conferenza stampa di ieri i magistrati hanno fatto un elenco impressionante di delitti su cui le indagini hanno consentito di far luce: omicidi commessi dall’aprile 1974 ad oggi nell’ambito di una guerra fra gruppi mafiosi, di cui si poteva solo immaginare la matrice. Forse ci saranno colpi di scena, se è vero che, come si legge in un comunicato della procura torinese, sono state smascherate associazioni per delinquere che «svolgevano la loro attività in vari settori del crimine, estendendo il loro controllo su vasti settori di attività economica».

Quali settori? hanno domandato i giornalisti. «Ovviamente non vi possiamo rispondere», è stata la risposta, le rivelazioni di «don Masino» Buscetta hanno giocato un loro ruolo in questa inchiesta? «No comment».  È emerso qualche elemento utile per risolvere le indagini sull’omicidio Caccia? «Su questo non possiamo parlare. Chiedetelo ai magistrati milanesi, cui è stata affidata l’inchiesta». Una lunga sequela di reticenze, che lascia presagire per l’operazione della magistratura torinese sviluppi ancora più consistenti.

 

 

Fonte: https://archivio.unita.news/assets/main/1984/12/12/page_003.pdf