Nel labirinto delle mafie a cura di Attilio Bolzoni ed Enrico Bellavia
26 Luglio 2017
Quelli che volevano la dissociazione “morbida”
Passa tutto da lì: dalla legittimazione di Cosa Nostra come soggetto e interlocutore. La trattativa così come viene fuori dal processo di Palermo non è che un pezzo del tutto. Impariamo a familiarizzare con un altro termine: dissociazione. Come un fiume carsico scorre nelle viscere di uno Stato che prima e dopo lo stragismo ha coltivato l’ambizione di una “soluzione politica“ con Cosa Nostra, ignorando, o fingendo di farlo, in cosa consista. Trame.
La dissociazione, la presa di distanze senza accuse ad altri da parte degli uomini d’onore, è stata perseguita e incoraggiata per anni e ha rappresentato la tentazione di pochi genuini garantisti e la sostanza a cui aggrapparsi per i tanti che fingevano di opporsi alla mafia ma erano in realtà disposti a offrire ancora una sponda al popolo dei carcerati, ai capi al 41 bis.
Corre per un decennio in parallelo con il procedere a tentoni della giustizia lungo il crinale della verità storica e della verità giudiziaria. Del ragionamento che fa intravedere sprazzi di luce e della prova che manca sempre quando si è a un passo dall’acciuffarla. Con la mafia si è trattato prima delle stragi e anche dopo. Anzi la disponibilità alla transazione si è sviluppata proprio con la transizione dalla Prima alla Seconda repubblica. Il quadro è noto: a pagare per primo per la morte di Giovannni Falcone fu Giulio Andreotti. Dopo l’eccidio il Parlamento uscì dallo stallo bruciando le ambizioni del Divo e scomodando a sorpresa un cattolico intransigente come Oscar Luigi Scalfaro. Ma un nuovo ordine si stava preparando e anche quello non avrebbe salvato la Democrazia Cristiana dal suo definitivo e inesorabile tracollo.
Cosa nostra non mollava la presa e le stragi continuarono anche nell’anno successivo. Furono esportate al Nord con l’obiettivo di fiaccare ogni residua isola di resistenza. Con noi si tratta se si vuole la pace.
E ogni passaggio delle stragi, a rivedere i racconti dei collaboratori di giustizia, è puntellato da riferimenti all’esterno di Cosa Nostra, ai dialoghi aperti dai vertici con esponenti istituzionali o in procinto di assumere ruoli chiave. Le bombe cessarono nel 1994 quando il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica si era compiuto quando Cosa Nostra aveva già archiviato l’idea di un proprio partito, di una Lega meridionale.
Quando, probabilmente, le rassicurazioni erano arrivate a chi aveva avuto fino ad allora potere di vita e di morte. (11 continua)