Nel labirinto delle mafie a cura di Attilio Bolzoni ed Enrico Bellavia
17 Luglio 2017
Talpe, spie e traditori
L’Addaura, partiamo allora da lì, lasciando in ombra il contesto e tirando fuori alcuni fatti e alcune domande irrisolte. Chi avvertì i sicari di Cosa nostra che il giudice avrebbe fatto ritorno a casa a quell’ora – nella sua villa sul litorale di Palermo per concedersi una pausa e deliziare i suoi ospiti durante una rogatoria – con i magistrati elvetici che indagavano sul riciclaggio della mafia in Svizzera? Chi fu la talpa che corse a informare lo squadrone di sub pronti all’attacco che sì il tritolo poteva essere piazzato a quell’ora in riva al mare, nel punto in cui, Falcone si sarebbe immerso?
Sappiamo adesso, perché lo disse Falcone, che a salvargli la vita fu un giovane poliziotto che lavorava al commissariato San Lorenzo. Si chiamava Nino Agostino. Lo uccisero il 5 agosto 1989, quarantasei giorni dopo il fallito attentato dell’Addaura.
Dal suo armadio sparirono delle carte importanti che un collega confessò al telefono di aver distrutto. Il padre si ricordò di aver visto una settimana prima nei pressi di casa del figlio uno strano personaggio, uno con “la faccia da mostro”, presentatosi a cercarlo insieme con un collega poliziotto. Bisogna tenere bene a mente questo particolare perché avremo modo di tornarci.
Con Agostino morì la moglie incinta, Ida Castelluccio. E, uccidendola, eliminarono con ogni probabilità l’unica testimone diretta dell’avventura umana di un servitore dello Stato al lavoro nell’avamposto più ostile e infido che si potesse immaginare.Talpe e spie dappertutto intorno ad Agostino, pronte a impedirgli di rivelare in che modo si fosse imbattuto nella notizia che gli permise di evitare la strage dell’Addaura.
Un altro ragazzo ci rimise la vita: si chiamava Emanuele Piazza. Lavorava già nei “servizi”. Ma i suoi capi per lungo tempo hanno negato. Era agli inizi, in prova, e si era gettato nell’impresa di dare la caccia ai latitanti. Faceva base al commissariato San Lorenzo, lo stesso in cui lavorava Agostino. In palestra, Piazza aveva agganciato Francesco Onorato, il pugile, superkiller della cosca dei Madonia di San Lorenzo e dei Galatolo, loro fidi alleati: due piedi nella mafia ma, come vedremo, molte orecchie tra gli sbirri. Ligio al dovere, Piazza, passava le informazioni ai superiori. Dopotutto era stato il superpoliziotto Luigi De Sena, al vertice del Sisde, poi anche parlamentare del Pd, a ingaggiarlo. Glielo aveva presentato il suo autista, un ispettore che finirà condannato per aver favorito i Graviano di Brancaccio.
Un giorno di marzo del 1990, Piazza lasciò la porta di casa aperta come se fosse uscito con qualcuno che conosceva per rientrare poco dopo. Non tornò più. Chi tradì Piazza? Chi tradì Agostino? E chi aveva tradito una prima volta Falcone? (2 continua)