Niscemi (CL). 18 Giugno 1983 – scompare Patrizia Scifo, 19 anni. 18 Luglio 1983 viene assassinato Vittorio, padre di Patrizia, che stava cercando la figlia.

Foto da: chilhavisto.rai.it

A Niscemi (CL) Patrizia Scifo, figlia diciassettenne di Vittorio, all’epoca famoso come Mago di Tobruk, si era innamorata di Giuseppe Spatola, sposato, affiliato ad una delle due cosche mafiose locali, impegnate in una faida per il controllo di appalti pubblici. Spatola scappò con la ragazza per poi tornare a chiedere il consenso dei genitori di lei, una volta che avesse ottenuto la separazione dalla moglie. Vittorio Scifo e la moglie glielo negarono, ma la figlia Patrizia continuò a vivere con Spatola, anche quando, ben presto, i rapporti si guastarono e cominciarono i pesanti maltrattamenti che portarono a una denuncia di lei, poi ritirata dopo che dalla relazione era nata una bambina. La sera del 18 giugno 1983 Patrizia Scifo portò la figlia a casa di sua madre dicendo che sarebbe tornata a prenderla il giorno dopo. Ma non tornò mai più. Durante le indagini Spatola, l’ultimo a vederla, fu fermato ma esibì solidi alibi e fu rilasciato. Vittorio Scifo tornò subito a Niscemi e cominciò a cercarla insieme alla moglie, seguendo ogni voce, anche nei bassifondi. Ma il 18 luglio, mentre era seduto davanti al suo bar intorno alle 21,30, fu affrontato da uno sconosciuto che, chiamandolo per nome, lo aggredì sparando fino a colpirlo al volto uccidendolo. (Chilavisto.rai.it)

 

 

Nota da chilhavisto.rai.it

Il 17 novembre 2003, dietro sollecitazione della madre, della sorella e della figlia, il Tribunale di Caltagirone ha dichiarato la morte presunta di Patrizia Scifo, scomparsa da Niscemi (Caltanissetta) il 18 giugno del 1983. Patrizia Scifo era la figlia di Vittorio Scifo, il famoso Mago di Tobruk. Personaggio notissimo in Italia e all’estero, protagonista delle cronache mondane al tempo della cosiddetta Dolce Vita, per seguire le proprie attività viveva tra Roma e Parigi tornando di tanto in tanto a Niscemi, dove la moglie gestiva un bar sulla piazza principale del paese. Qui la figlia diciassettenne si era innamorata di Giuseppe Spatola, sposato, affiliato ad una delle due cosche mafiose locali, impegnate in una faida per il controllo di appalti pubblici. Spatola scappò con la ragazza per poi tornare a chiedere il consenso dei genitori di lei, una volta che avesse ottenuto la separazione dalla moglie. Vittorio Scifo e la moglie glielo negarono, ma la figlia Patrizia continuò a vivere con Spatola, anche quando, ben presto, i rapporti si guastarono e cominciarono i pesanti maltrattamenti che portarono a una denuncia di lei, poi ritirata dopo che dalla relazione era nata una bambina. La sera del 18 giugno 1983 Patrizia Scifo portò la figlia a casa di sua madre dicendo che sarebbe tornata a prenderla il giorno dopo. Ma non tornò mai più. Durante le indagini Spatola, l’ultimo a vederla, fu fermato ma esibì solidi alibi e fu rilasciato. Vittorio Scifo tornò subito a Niscemi e cominciò a cercarla insieme alla moglie, seguendo ogni voce, anche nei bassifondi. Ma il 18 luglio, mentre era seduto davanti al suo bar intorno alle 21,30, fu affrontato da uno sconosciuto che, chiamandolo per nome, lo aggredì sparando fino a colpirlo al volto uccidendolo.
“Quando mi hanno detto che mio marito era stato assassinato, ho capito che anche mia figlia Patrizia era morta”, ha ricordato la signora Scifo. L’anno successivo, sempre nel centro di Niscemi, venne ucciso anche Giuseppe Spatola. Dopo la dichiarazione di morte presunta, la figlia di Patrizia Scifo ora chiede che alla madre venga restituito l’onore infangato da troppe maldicenze e che venga riconosciuta come vittima della mafia.

 

 

 

Video RAI – Chi l’ha visto

 

 

Si ringrazia “Parmenide D’Elea” per l’aiuto nella ricerca.

Fonte:   repubblica.it
Articolo del 6 ottobre 2009
“La mafia uccise il mago di Tobruk”
di Salvo Palazzolo
Il genero uxoricida avrebbe ingaggiato un sicario con il benestare di Piddu Madonia

Una sera d´estate del 1983, una telefonata lo sorprese in un salotto di Parigi: il mago di Tobruk, al secolo Vittorio Scifo da Niscemi, lasciò a metà la sua ultima profezia sul ritorno di Adolf Hitler e corse a perdifiato alla stazione. Non immaginava cosa gli sarebbe successo al suo ritorno in Sicilia. Il 19 luglio, trentadue giorni dopo la scomparsa della figlia Patrizia, Vittorio Scifo fu freddato a colpi di pistola da un killer, nella piazza principale di Niscemi. Adesso, un pentito rivela a “Chi l´ha visto?” che il mago di Tobruk sarebbe stato ucciso perché faceva in giro troppe domande sulla sua Patrizia. E probabilmente, aveva anche scoperto la verità, che portava all´irascibile convivente della figlia, Giuseppe Spatola, un piccolo mafioso di provincia.
Per l´assassinio di Vittorio Scifo fu mobilitato il capomandamento di Caltanissetta, il potente Piddu Madonia, l´uomo di Bernardo Provenzano. Così sostiene il pentito intervistato ieri sera dalla trasmissione di Rai Tre condotta da Federica Sciarelli. A Madonia si sarebbe rivolto Spatola, per avere i servigi di un fidato sicario della cosca di Gela.
Il pentito, di cui la trasmissione non ha fatto il nome, racconta ancora che Patrizia Scifo fu strangolata dal suo convivente, forse al culmine dell´ennesima lite. Finiva così una tormentata storia d´amore. Aveva 17 anni la figlia del mago di Tobruk quando si era invaghita di quel mafioso di provincia: lui era sposato, la nuova coppia decise di fuggire. Vittorio Scifo e la moglie non approvarono mai, neanche quando dall´unione nacque una bambina.
La sera del 18 giugno 1983, Patrizia portò la figlia a casa della madre dicendo che sarebbe tornata a prenderla il giorno dopo. Ma non tornò mai più. Aveva 19 anni. Le indagini puntarono subito su Giuseppe Spatola, ma il suo alibi gli valse l´archiviazione dalle accuse. Un anno dopo, fu ucciso anche lui, vittima della faida che insanguinava Niscemi.
Il 17 novembre 2003, il tribunale di Caltagirone ha dichiarato la morte presunta di Patrizia Scifo. Ora, un pentito riapre il caso raccontando la vera storia di papà Vittorio. In quei trentadue giorni che gli restarono da vivere sembrò un´altra persona a chi l´aveva conosciuto qualche anno prima. Il mago di Tobruk era andato via da Niscemi nel 1969, con un foglio della questura che gli notificava il soggiorno obbligato a Urbe, provincia di Savona: caso unico in Italia, era stata applicata a un mago la legge antimafia, per le salate truffe fatte ai compaesani con le profezie di guarigione di alcuni ammalati. Non restò molto a Urbe, Scifo fuggì presto a Parigi. Ma quando prese quel treno verso la Sicilia cercava ormai solo la figlia scomparsa.

 

 

 

Articolo del 19 Ottobre 2009 da /archivio.siciliainformazioni.com

Dopo 26 anni spunta una foto del presunto killer del mago di Tobruk. Ucciso dalla mafia mentre cercava la figlia Patrizia

Potrebbe avere un volto l’assassino del mago di Tobruk, alias Vittorio Scifo, ucciso dalla mafia nel 1983 mentre cercava disperatamente la figlia Patrizia scomparsa appena 30 giorni prima. E’ la trasmissione di Rai 3, Chi l’ha visto? A mostrare la foto di Giovanni Passaro, killer della mafia, che somiglia in maniera incredibile all’identikit creato grazie alle indicazioni di un testimone oculare. Come mai non si è mai accorto nessuno di questa somiglianza? E’ quello che si chiedono soprattutto la moglie di Vittorio, Angela e la figlia Amalia.

La storia della scomparsa di Patrizia Scifo è avvolta in un mistero lungo 26 anni e vede come teatro un piccolo centro in provincia di Caltanissetta, Niscemi. La giovane, appena 17enne era la figlia di Vittorio Scifo, famoso come mago di Tobruk. Personaggio notissimo in Italia e all’estero, protagonista delle cronache mondane al tempo della cosiddetta Dolce Vita, e che viveva tra Roma e Parigi tornando di tanto in tanto a Niscemi, dove la moglie gestiva un bar sulla piazza principale del paese. Patrizia si era innamorata di Giuseppe Spatola un giovane, di dieci anni più grande di lei, affiliato a una cosca mafiosa della zona. L’amore tra i due è contrastato dalla famiglia di lei che ostacola il loro rapporto. Patrizia però non ascolta i genitori e scappa da casa per andare a vivere con Spatola. Dalla storia d’amore dei due nasce una bambina, Monica. Dopo poco tempo iniziano, però, i maltrattamenti e la ragazza dopo varie denunce decide di lasciare Spatola.

La sera del 18 giugno 1983 Patrizia Scifo decide di portare la figlia a casa di sua madre dicendo che sarebbe tornata a prenderla il giorno dopo. Quello fu l’ultimo giorno in cui la madre Angela vide la figlia. Il padre Vittorio decide così di tornare nella sua Niscemi. Inizia a fare domande chiedendo favori, minacciando anche in alcuni casi, tutto insomma pur di ritrovare l’amata Patrizia. Appena un mese dopo la scomparsa della figlia un killer affronta Vittorio uccidendolo a colpi di pistola davanti il bar della moglie. Adesso dopo 26 anni qualcosa si sta muovendo. Nella trasmissione del 5 ottobre di Chi l’ha visto? Sono andate in onda le dichiarazioni di un pentito che ha confermato ciò che tutti temevano. Patrizia Scifo era stata uccisa da Giuseppe Spatola la sera del 17 giugno, strangolata nel suo letto. La ragazza con le sue denunce era diventata troppo “fastidiosa” e così fu tolta di mezzo nel classico stile mafioso. Il Mago di Tobruk invece era stato assassinato perché “facendo troppe domande iniziava a creare problemi”.

Il collaboratore di giustizia, parla anche del killer assoldato dalla mafia e lo descrive come “un assassino proveniente da fuori Niscemi e con grande esperienza”. Il luogo dove adesso è sepolto il cadavere di Patrizia resta ancora un mistero anche se potrebbe essere nascosto nelle campagne tra Gela e Caltanissetta. “Faccio un appello affinché venga ritrovato il corpo di mia figlia – dice la mamma Angela – Voglio portare un fiore sulla tomba di mia figlia, chi conosce la verità deve parlare”. Giuseppe Spatola venne poi ucciso qualche anno dopo in un regolamento di conti che nulla aveva a che vedere con la triste storia di Patrizia, una giovane che ha scelto di innamorarsi dell’uomo sbagliato.

 

 

 

 

Articolo dell’8 Aprile 2011 da archivio.siciliainformazioni.com
Niscemi, ricostruiti due omicidi: in manette il presunto killer del “mago di Tobruk” 
Una svolta decisiva nel caso dell’omicidio di Vittorio Scifo, soprannominato “Mago di Tobruk”, commesso a Niscemi il 18 luglio del 1983, è giunta dalle indagini coordinate dalla Dda di Catania.

L’uomo venne colpito a morte difronte ad un bar del piccolo centro del nisseno: solo  alcune settimane prima, aveva iniziato ad indagare sulla scomparsa della figlia Patrizia.

I colpi d’arma da fuoco che uccisero Vittorio Scifo, stando all’esito dell’inchiesta, furono esplosi dal gelese Giovanni Passaro, al quale è stata notificata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

L’omicidio, rimasto privo di soluzione per più di vent’anni, fece molto scalpore all’epoca: la vittima, infatti, era un personaggio, anche mediatico, assai famoso, in grado di coniugare l’attività di mago e quella di cantante.

Il fatto, secondo gli investigatori, avrebbe rappresentato una diretta risposta alle domande che Scifo aveva iniziato a porre sulla scomparsa della figlia.

Dal mese precedente all’omicidio, infatti, non si avevano più notizie di Patrizia Scifo.

Per tale ragione, l’uomo aveva lasciato Roma, dove si era trasferito, per ritornare a Niscemi e avviare ricerche.

Il suo interessamento, però, non sarebbe stato gradito da Giuseppe Spatola, compagno della figlia ed affiliato al locale clan di cosa nostra.

Stando alla ricostruzione fornita dagli inquirenti, fondata sull’esame di diversi collaboratori di giustizia, l’omicidio di Vittorio Scifo sarebbe stato commissionato proprio da Spatola ed eseguito da Giovanni Passaro, uno dei più attivi killer a disposizione del clan Madonia di Gela.

Gli inquirenti ritengono che Vincenzo Spatola sia stato anche il responsabile della morte di Patrizia Scifo, il cui cadavere sarebbe stato occultato, in base alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, all’interno di uno dei terreni di proprietà della famiglia Spatola.

La giovane donna, infatti, sarebbe stata punita a causa della sua volontà di interrompere la relazione che la legava al rampante di cosa nostra niscemese: troppe le violenze subite, senza trascurare il tentativo di sottoporla al gioco della roulette russa attraverso l’uso di una pistola.

Dal rapporto fra Giuseppe Spatola e Patrizia Scifo nacque una bambina, oggi adulta, in grado di far riaprire il caso della morte della madre e del nonno, determinando l’interessamento dei media nazionali.

Importanti impulsi alle indagini sono stati forniti da collaboratori di giustizia assai informati, da Leonardo Messina a Carmelo Barbieri.

A quanto emerge, sia l’omicidio di Patriza Scifo che quello del padre Vittorio vennero approvati direttamente dal boss del gruppo di cosa nostra nissena Giuseppe Madonia.

Nel corso degli ultimi mesi, inoltre, gli uomini della mobile di Caltanissetta e quelli del commissariato di Niscemi, responsabili dell’inchiesta, hanno compiuto scavi presso i terreni posseduti da Giuseppe Spatola, deceduto durante la guerra di mafia degli anni ‘80, senza riuscire ad individuare i resti di Patrizia Scifo.

A Giovanni Passaro, invece, l’ordine di carcerazione è stato notificato presso il penitenziario di Spoleto, dove l’uomo sta scontando diverse pene legate ai reti di omicidio e associazione a delinquere di stampo mafioso

 

 

 

Articolo del 15 Gennaio 2012 da stampacritica.it
Patrizia Scifo: uccisa a 19 anni dalla mafia  
di Patrizia Vindigni

La figlia Monica, la mamma e la sorella vorrebbero riavere il corpo per seppellirlo in un ultimo abbraccio in un luogo sacro

Nel giugno del 1983, Patrizia Scifo si recò a casa dei genitori lasciando loro la figlia Monica, ancora piccolissima, dicendo che sarebbe tornata l’indomani a prenderla. Sparita. Da quella sera nessuno ha più saputo niente di quella giovane donna, convivente da tempo di Giuseppe Spatola, uomo di una cosca mafiosa di Niscemi. Un’unione avversata dal padre Vittorio Scifo.

La giovane donna, qualche mese prima, aveva denunciato il convivente per i continui maltrattamenti, per le violenze subite, per essere stata costretta a subire il “gioco” delle roulette russa. Una tortura che potrebbe compromettere la serenità di chiunque, a maggiore ragione se vissuta ad opera della persona con la quale si è scelto di vivere. Difficile credere che tanta crudeltà possa essere inflitta da una persona ad un’altra, da un uomo alla propria donna.

La vita di Patrizia Scifo, in quella convivenza,  scelta ponendosi in contrasto con il volere dei propri cari, era un inferno. Lo testimoniano, a distanza di oltre venti anni, i racconti di chi, diventato collaboratore di giustizia, ha tracciato, in varie aule di tribunale, il filo di quella storia. In più occasioni si sono ricordate  le responsabilità di Giuseppe Spatola nell’omicidio della donna, avvenuto per strangolamento la sera della sparizione, e nell’omicidio del padre Vittorio Scifo. Lo Spatola pare avesse deciso di uccidere la convivente perché la donna gli creava dei problemi e aveva deciso di lasciarlo. Dopo l’omicidio ne fece poi sparire il corpo, mai più ritrovato.

Le ricerche instancabili e pressanti del padre di Patrizia nel niscemese, la convinzione che un provvedimento dell’autorità giudiziaria fosse stato determinato da un suo intervento, determinarono la scelta di Giuseppe Spatola di rivolgersi ad uno spietato killer di cosa nostra, Giovanni Passaro, per commissionargli l’omicidio di Vittorio Scifo. Il racconto dei vari collaboratori di giustizia concorda su questo nome e sul fatto che fu lui l’esecutore materiale del secondo crudele delitto, avvenuto nella piazza centrale di Niscemi.

Storia terribile. Sembra il racconto di una dannazione senza fine, di una rabbia crescente, che trova uno sfogo innaturale nelle violenze fisiche inflitte ad una donna, madre di sua figlia, da parte di un uomo che sembra indifferente al valore della vita o che sembra avere delle regole di condotta incomprensibili. Uccidere. Usare violenza. Costringere una persona a puntarsi una pistola alla tempia, costringerla a premere il grilletto. Se c’è una soddisfazione in tutto questo, non si riesce a comprendere quale possa essere.

Il male esiste. Ha un volto  che cambia, degli strumenti di morte che possono non essere sempre gli stessi, ma il dolore che semina è sempre immenso. La figlia Monica, la mamma e la sorella di Patrizia Scifo vorrebbero riaverne il corpo, vorrebbero sapere dove è stato trasferito, dopo la sua morte, per dargli un posto dignitoso. Questo non cambierebbe la storia di Patrizia Scifo, scomparsa a 19 anni, ma di sicuro potrebbe dare ad una figlia un possibile abbraccio, che giungerebbe da lontano. Chi conosce la verità potrebbe, oggi, farsi latore di quell’abbraccio.

 

 

 

Fonte: today24.it 
Articolo del 19 giugno 2015
Patrizia Scifo, la giovane madre scomparsa a Niscemi il 17 giugno del 1983 è stata riconosciuta vittima di mafia.

A stabilirlo è stato il ministero dell’Interno che con apposito decreto, ricevuto dalla famiglia Scifo qualche giorno fa, attribuisce a distanza di 32 anni dalla sua morte, lo status di vittima di mafia a Patrizia Scifo. Un riconoscimento per il quale la figlia Monica, la sorella e la madre di Patrizia si sono sempre battute.

Una triste storia quella della giovane, figlia di Vittorio Scifo, conosciuto come il “mago di Tobruk”. Era una ragazzina quando si innamorò di Giuseppe Spatola, ritenuto un personaggio di spicco della malavita organizzata. La giovane nonostante la ferma opposizione della famiglia inizia una relazione effettiva con l’uomo, dalla quale nascerà Monica. Successivamente Patrizia che aveva troncato la relazione e denunciato Spatola sparì da Niscemi.

Il padre Vittorio che iniziò a cercarla ed a indagare per scoprire che fine avesse fatto, venne ucciso un mese dopo la scomparsa della figlia. solo anni dopo si scoprirà che fu Setola a strangolare la giovane ed a ordinare l’uccisione del padre Vittorio.

La madre della giovane Angela Erba, la sorella Amalia Scifo e la figlia Monica che hanno sempre cercato la verità sulla morte dei loro familiari e chiesto giustizia, adesso hanno ottenuto il riconoscimento per Patrizia dello status di vittima della mafia.

La famiglia Scifo, assistita in questo percorso legale dall’avvocato Lucia Spata di Niscemi, in una nota si ritiene soddisfatta per tale riconoscimento.

“L’impegno della famiglia non cesserà – si legge nel comunicato – volendo rendere lo stesso e giusto riconoscimento anche al loro familiare Vittorio Scifo, pure egli vittima innocente di mafia”.

La famiglia Scifo lancia un ennesimo appello, affinché si possa conoscere il luogo che raccoglie i resti di Patrizia, per dare pace cristiana e ribenedire con lacrime di amore chi amore non ha avuto.”

 

 

Fonte:  vanillamagazine.it
Articolo del 23 mar 2019
Mafia e Magia: il misterioso assassinio del Mago di Tobruk
di Antonio Pagliuso

Italiani: popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di trasmigratori. E pure di maghi. Secondo un’indagine del Codacons, infatti, in Italia ci sarebbero oltre 4.000 maghi (anche se altre fonti alzano il livello a un incredibile numero di 155.000 esperti dell’occulto) cui si rivolgono ogni anno 13 milioni di italiani per conoscere il proprio futuro e per ricevere consigli di ogni sorta.

Il popolo italiano è decisamente affascinato dall’occulto e dalla magia. Tra gli anni ’60 e l’inizio degli ’80 un certo successo mediatico è stato raggiunto da un mago di origini siciliane. Parliamo di Vittorio Scifo, classe 1937, nato a Niscemi, provincia di Caltanissetta, diventato famoso col nome di mago di Tobruk.

È nel piccolo e isolato centro agricolo siciliano che il mago di Tobruk mette le basi della sua fama, che presto valicherà il mare posto a confine della sua isola natia, fino a permettergli di aprire un frequentato studio nella Capitale.

A Roma il mago è solito predire il futuro indossando abiti orientali che contribuiscono a trasmettere ancora più fascino nei confronti dei suoi spettatori. Oltre all’aspetto estetico, le profezie del chiaroveggente spesso si avverano. Tali operazioni però cominciano ad attirare anche le forze dell’ordine: è il 1969 quando Scifo viene mandato via da Niscemi con un foglio della questura che lo obbliga al soggiorno per due anni a Urbe, in provincia di Savona.

Nonostante la misura restrittiva il mago decide di lasciare la cittadina ligure e si trasferisce a Parigi, dove ricomincia a esercitare la sua professione prima di venire riacciuffato dalle forze dell’ordine e spedito a Cotignola, provincia di Ravenna, per un nuovo soggiorno obbligato. Anche da questo nuovo “confino”, però, l’indovino scappa riparando in Germania.

Rientrato finalmente in Italia, nella sua Niscemi, Vittorio Scifo non viene abbandonato dalla giustizia italiana, che lo tiene sott’occhio, così un giorno organizza una messinscena facendo “crocifiggersi” nella piazza del paese per protesta, sostenendo di essere perseguitato dalla giustizia per le sue capacità magiche.

Nella stessa piazza è costretto così qualche anno più tardi ad aprire un bar, insieme alla moglie Angela Rosa. Ormai, anche nel piccolo contesto di Niscemi gli è impossibile proseguire il suo mestiere di mago.
Il passato burrascoso di mago sembra essere ormai alle spalle. Ma non sarà così.
È il 4 dicembre 1981 quando una bomba viene fatta esplodere davanti casa della famiglia Scifo. L’azione non sarà succeduta da altre; fino al giugno 1983.

Il mago Vittorio Scifo si trova a Parigi, dove si reca ancora spesso. Qui riceve una terribile telefonata: sua figlia Patrizia, 19 anni, è improvvisamente scomparsa. Il mago di Tobruk cade nel dramma. Ritorna in Sicilia e insieme alla moglie si mette alla ricerca della figlia.

Patrizia Scifo convive da circa un anno con un pregiudicato di nome Giuseppe Spatola, malvivente del Nisseno. I due hanno una bambina di qualche mese che la giovane ha lasciato a casa della madre prima di svanire nel nulla. Lo Spatola è il primo su cui cadono i sospetti, ma l’uomo ha un alibi per la sera della scomparsa, inoltre dice di non avere rapporti con la ragazza da mesi e quindi viene prosciolto.

Vittorio Scifo non ci sta, lui è siciliano, è nato in quella terra e sa come funzionano certe cose.
Comincia delle indagini private. Ha un solo obiettivo: quello di riabbracciare la sua Patrizia; non importa come. Probabilmente si sta avvicinando alla risoluzione del caso. Da alcune confessioni con la consorte appare fiducioso ma preoccupato per la propria incolumità.

È la sera del 19 luglio 1983: l’ormai ex mago si trova fuori dal bar di sua gestione nella piazza di Niscemi.
Si avvicina un uomo, lo chiama per nome: “Vittorio!”
Scifo si gira. Lo sconosciuto, a volto scoperto, estrae una pistola ed esplode una serie di colpi, al torace e al volto. Vittorio Scifo muore subito.

Le indagini condotte sulla scomparsa di Patrizia sono immediatamente collegate all’uccisione del padre. Si indaga negli ambienti di Cosa Nostra, nei giri della prostituzione locale, nelle lotte di alcuni pacifisti contro la costruzione della base missilistica Nato di Comiso, cui la figlia del mago si era avvicinata. Non se ne caverà nulla. L’impressione degli inquirenti è che Vittorio Scifo avesse scoperto qualcosa sulla figlia entrando però in un giro molto più grande di lui, e che quindi andava ucciso prima che svelasse quel che aveva scoperto.

Nell’ottobre 1984, anche Spatola, il compagno di Patrizia, cade nella guerra di mafia scoppiata a Niscemi. Il suo delitto, come quello del mago di Tobruk, si mischia ai tanti omicidi che insanguineranno la comunità del Nisseno per tutti gli anni ’80. “Una sparizione e due omicidi rimasti avvolti dal mistero.” (Andrea Accorsi, Massimo Centini, I grandi delitti italiani risolti o irrisolti, Newton Compton Editori, Roma 2013, p.456)

Nel 2003 per la scomparsa di Patrizia Scifo, in mancanza di nuovi elementi, il Tribunale di Caltagirone ha dichiarato la morte presunta.

Quando tutto ormai sembra essere scivolato nel fondo del grande dimenticatoio dei delitti italiani, nel 2011, dopo 28 anni di indagini, è stata emessa una ordinanza di custodia cautelare verso Giovanni Passaro, identificato come l’autore materiale dell’uccisione del mago.

Passaro, tra i killer più spietati della cosca dei Madonia di Gela, sarebbe stato incaricato proprio da Giuseppe Spatola – come detto ucciso un anno dopo la scomparsa di Patrizia e l’uccisione di Vittorio Scifo – di far fuori il padre della ex compagna perché si era avvicinato troppo alla risoluzione della sparizione della giovane donna. Passaro è recluso, per l’omicidio del mago di Tobruk e altri reati legati alla sua appartenenza a Cosa Nostra, nel carcere di Spoleto.

Importante nello sviluppo delle indagini nel corso di tutti questi anni anche l’apporto fornito dalla tenace figlia di Patrizia Scifo e nipote del mago, oggi adulta, e da alcuni collaboratori di giustizia.

Su questa oscura vicenda ha scritto un libro Giuseppe D’Alessandro dal titolo “L’ assassinio del mago di Tobruk e la misteriosa scomparsa della figlia” (Bonanno, 2013).

 

 

 

 

 

Dal libro: Dead Silent  Life Stories of Girls and Women Killed by the Italian Mafias, 1878-2018 di Robin Pickering Iazzi University of Wisconsin-Milwaukee, rpi2@uwm.edu

 

 

 

Leggere anche:

 

vivi.libera.it
Vittorio Scifo – 18 luglio 1983 – Niscemi (CL)
Vittorio era nato in un famiglia poverissima, ma questo non era mai stato per lui un impedimento. Voleva avere successo nella vita. E ci era riuscito, inventandosi un lavoro. Sfruttando le sue abilità e il suo carisma, era riuscito a diventare uno dei protagonisti della Dolce Vita romana. E con i suoi guadagni, stava costruendo un futuro per le sue figlie. Fino a quando Patrizia, la più grande, scompare e lui non riesce a rassegnarsi. La cerca e lo fa non in silenzio, ma facendo rumore. CIò che da sempre infastidisce le mafie.

 

 

 

Articolo del 22 febbraio 2021

L’umanità propone: il Mago di Tobruk, tra occultismo e mafia

 

 

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