La Strage di Pizzolungo e’ scomoda da ricordare perche’ non sappiamo ancora la verita
Intervista a Margherita Asta –
La strage di Pizzolungo 2 Aprile 1985 – Intervista a Margherita Asta
di Rino Giacalone – 2 aprile 2011 – Antimafia Duemila
Erice. «Non ti scordar di me, la vita ho dato senza un perchè non fare che però non serva a nulla poi tutto ciò, non ti scordar di me, lottare è un bene, soltanto se poi la giustizia, si, trionferà, la mafia perderà». «Bello sentire “cantare” queste frasi dai giovanissimi studenti di Erice – dice Margherita Asta – sono state dedicate ai miei fratellini volati in cielo con mia madre per quel terribile “botto” di Pizzolungo di 26 anni fa. E pensare che la città stava dimenticando».
Margherita è giovane anche se è dovuta crescere in fretta, a dieci anni è rimasta senza la mamma, i fratellini perduti con lei, sola con Nunzio, il padre che l’avrebbe lasciata alcuni anni dopo, ucciso dal crepacuore. Aveva tante ragioni per «odiare» forse questa terra che l’aveva martoriata personalmente psicologicamente, perchè lo scandalo dopo la strage in città non era quel sindaco che davanti ai corpi straziati andava attestando l’inesistenza della mafia, ma semmai il fatto che Nunzio Asta aveva pensato di potere dare una nuova mamma a Margherita, una donna, stupenda, che l’ha cresciuta come “mamma e come amica”, che l’ha seguita anche quando Nunzio non c’è stato più e che fra qualche giorno la seguirà salire all’altare. Margherita si sposa a fine aprile con un giovane di Parma, Enrico, il matrimonio lo celebrerà don Luigi Ciotti il fondatore di Libera, che prima però l’accompagnerà all’altare. La chiesa sarà quella dove furono battezzati i suoi fratellini, Salvatore e Giuseppe. L’1 aprile per le strade di Erice è passato un corteo di studenti partito dalla scuola elementare dedicata ai gemellini Asta, a loro modo con le loro voci, con le canzoni, hanno ricordato a tutti il sacrificio di quelli che oggi sarebbero stati adulti, cittadini completi di questa terra, ma che la loro vita per mano mafiosa e stragista si è fermata a sei anni. «È sempre una emozione vivere questi momenti – dice Margherita – è stato anche bello vedere sventolare le bandiere della Pace, un segnale preciso in questo momento».
Ma Trapani voleva davvero tutto questo? O qui si immaginava che dopo quella strage calasse il silenzio?
«Il mio impegno – risponde Margherita – è nato perché ad un certo punto mi sono resa conto che la memoria di mia madre, dei miei fratellini stava per scomparire, ho scelto di uscire da quel silenzio in cui mi ero rinchiusa, chissà forse era questo quello che si voleva da me, e invece eccomi qui….». Non è oggi la sua solo la sfida ai mafiosi a cominciare da quelli che non ci pensarono un attimo a premere il timer dell’autobomba proprio mentre l’auto del giudice Palermo sorpassava la Scirocco della signora Asta su quella curva di Pizzolungo. «Non è sfida – dice – è testimonianza perchè la memoria non può essere cancellata né dal ricordo si può essere schiacciati. Nella lotta alla mafia non mi ero mai impegnata. Finché nel 2002 mi sono trovata a dovere fronteggiare il processo contro gli autori della strage e allora ho scoperto Libera».
Esercizio continuo di memoria allora?
«Vedi – risponde – oggi a Erice, domani altrove, non sono occasioni per ricordare solo le vittime della violenza mafiosa che coincidono con questi anniversari, ma a cominciare da Erice si ricordano tutte le vittime innocenti, si creano collegamenti usando la memoria, ad Erice è significativo che questo 2 aprile è dedicato anche alle vittime della strage di Ustica, a quel coraggioso giovane che porta il nome di Nino Via, perchè non deve essere una memoria fine a se stessa».
Che significato personale dai a questo 2 aprile?
«Quello di sempre – risponde – è un punto di arrivo, qui gli studenti con i loro insegnanti presentano i lavori svolti durante l’anno scolastico; un punto di partenza per rinnovare e rinvigorire il nostro impegno che resta rivolto alla salvaguardia della democrazia e quest’anno ancora di più alla Pace». Tutto sempre fatto sotto l’insegna di Libera. «Libera – dice – è fatta da un gruppo di persone che stanno cercando attraverso la memoria di stimolare nuovo impegno nella società».
Ma senza di te Libera a Trapani ci sarebbe stata lo stesso?
«Il lavoro di Libera sarebbe arrivato ugualmente grazie all’impegno di altri cito per tutti Giuseppe Gandolfo e Rino Marino».
Ma tornando a quello che dicevamo all’inizio, perché quella strage stava per essere dimenticata secondo te?
«Perchè rappresenta ancora oggi una memoria scomoda, non è emersa la verità, dunque ricordare può dare fastidio».
«Legalità è una parola così semplice ma rispettarla non è facile in questa società», hanno ricordato, ieri cantando gli studenti di Erice.