Progetto di ricerca sulle vittime delle mafie “Un nome, una storia” – classe 3^D della Scuola Michelangelo di Napoli a.s. 2007/2008

 

 

 

 

GIUSEPPE  PUGLISI

raccontato da Manuela

Giuseppe Puglisi nacque nella borgata palermitana di Brancaccio il 15 settembre 1937. Nel 1953 iniziò a lavorare nel seminario diocesano di Palermo.  Nel 1960 venne ordinato sacerdote dal cardinale Ernesto Ruffini. Nel 1961 fu nominato vicario cooperatore alla parrocchia del ss.mo Salvatore nella borgata Settennacoli.
Nel 1963 venne nominato cappellano all’istituto per orfani “ROOSVELT” e vicario alla parrocchia Maria SS Assunta ai Valdesi. Già dai primi anni di questo suo lavoro seguì in particolar modo i giovani  e si interessò alle problematiche sociali dei quartieri più emergenti della città.
Il 1° ottobre 1970 venne nominato parroco di un piccolo paesino in provincia di Palermo, dove rimase fino al 31 luglio 1978; lì riuscì a interrompere la faida tra due famiglie con la forza del perdono. in questi seguì anche le battaglie sociali di un’altra zona della periferia orientale della città.
Venne nominato pro-rettore del seminario minore di Palermo, poi diventò direttore del Centro Diocesano Vocazioni. Nel 1983 diventò responsabile del centro regionale vocazioni e membro del consiglio nazionale. Agli studenti e ai giovani del centro  dedicò con passioni lunghi anni realizzando una serie di “campi scuola” molto formativi dal punto di vista pedagogico e cristiano.
Don Giuseppe Puglisi fu docente di matematica e di religione in varie scuole. Insegnò al liceo Vittorio Emanuele II di Palermo dal 1978 al 1993.
Nel 1990 fu nominato parroco della chiesa di San Gaetano, a Brancaccio, e tre anni dopo inaugurò il centro “Padre Nostro”, che diventò il punto di riferimento per i giovani e le famiglie del quartiere. Cercò di recuperare i ragazzi sfruttati dalla mafia e proprio per questa sua azione, molto efficace, venne ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993 il giorno del suo 56° compleanno.
Il 15 settembre, anniversario della sua morte, segna l’apertura dell’anno pastorale della diocesi di Palermo.
Il 15 settembre 1999 il cardinale Salvatore De Giorgi  insediò il tribunale ecclessico diocesano per il riconoscimento del martirio.
Ha lasciato un forte segno nella sua parrocchia; gli è stato dedicato un sito, in cui si può leggere:

“Un uomo dalle grandi orecchie: Aveva grandi orecchie, grandi mani, grandi piedi. E sapeva essere allegro e scherzare anche su se stesso. Come il lupo a Cappuccetto Rosso, padre Pino spiegava che le orecchie grandi gli servivano per ascoltare meglio, le mani grandi per accarezzare con più tenerezza, i piedi grandi per camminare sempre in lungo e in largo, per soddisfare subito le richieste di aiuto. Per chi lo ha conosciuto “3P” è stato principalmente l’uomo, il prete, l’amico che ha saputo ascoltare. L’incontro con “3P” non offriva ricette preconfezionate o risposte frettolose, ma un paio di grandi orecchie che sapevano ascoltare. Sua preoccupazione negli anni è stato quello di creare un centro di ascolto permanente, dove i giovani in qualsiasi ora del giorno potessero passare e trovare qualcuno con cui parlare: oggi questo centro esiste ed è in via Matteo Bonello e porta il nome di 3P”

I comici Ficarra e Picone hanno scritto uno sketch su padre Puglisi, presentato a Sanremo 2007. «Non era un prete antimafia – dice ancora Ficarra – Non ha senso appiccicargli questa etichetta. Era un prete e basta. Un prete che amava la sua gente e voleva liberarla dall’oppressione della mafia. Ma la sua unica arma era l’amore». “Fiore del dolore”, è il testo teatrale creato da Mario Luzi per ricordare don Pino Puglisi, messo in scena al Teatro Biondo nel marzo del 2003. [www.padrepinopuglisi.net].

Ho visto il film “Alla luce del sole” che racconta la storia di padre Puglisi, di questo film una cosa che mi è  piaciuta molto è stato il modo in cui padre Puglisi è riuscito a coinvolgere molti ragazzi legati alla mafia nel suo lavoro e a spingerli ad abbandonarla  e seguire la strada del bene… ma la cosa più brutta è che quando padre Puglisi è morto la gente che passava davanti al suo corpo non si fermava, nonostante lui fosse stato disponibile con tutti.

IL FILM “ALLA LUCE DEL SOLE”

commentato da Silvia

Il film “ALLA LUCE DEL SOLE” parla della vita di Pino Puglisi, un prete il quale voleva che la sua città natale cambiasse in meglio, voleva vivere in un paese senza associazioni mafiose. Purtroppo tutti sappiamo che la Sicilia è colpita molto sul fronte mafioso e per questo tutti i suoi movimenti, le manifestazioni e le azioni hanno fatto si che Padre Puglisi fosse controllato e poi ucciso perché si è “comportato male” nei confronti dei vari mafiosi.
Ci sono state varie scene del film che mi hanno colpito particolarmente.
La scena più incisiva, secondo me, è quando il ragazzo che era molto amico di Don Puglisi e figlio di un mafioso si è schierato con Padre Puglisi e, non riuscendo ad agire diversamente, si è ucciso.
Invece la scena più cruda e cattiva per me è quella in cui sparano a Don Puglisi e tutti, ma dico proprio tutti, non lo aiutano, ma fanno finta di non aver visto nulla, alleandosi in un certo modo alla mafia. Non l’hanno aiutato, né salvato ma hanno dato un supporto alla mafia. Vi sembra giusto? No non  è giusto soprattutto nei confronti di Don Puglisi che ha sempre messo al primo posto il suo quartiere e ha cercato di migliorarlo.

Regia di ROBERTO FAENZA
Anno 2005

 

 

 

 

 

GIUSEPPE DIANA

raccontato da Silvia

Giuseppe Diana nacque a  Casal di Principe il 4 luglio 1958. Egli  fece molto per il suo paese, era impegnato specialmente nel campo della crescita religiosa e civile. Si batteva contro la camorra e lasciò, grazie al suo coraggio, un grande segno nella nostra società.
Oltre ad essere sacerdote era anche uno scrittore, il suo scritto più noto fu: “Per amore del mio popolo non tacerò”, un documento molto diffuso, più che altro un manifesto contro le organizzazioni criminali. Don Peppe incitava i cittadini a non tacere  e a dire basta e a pretendere un cambiamento dalla società.
Fu ucciso il 19 marzo 1994 nella sua chiesa, mentre si preparava a celebrare la messa dal clan dei Casalesi. Un clan in lotta ordinò l’assassinio di Don Peppino, personaggio esposto sul fronte anti-mafia, sembra non tanto per punirlo del suo coraggio, quanto per provocare l’intervento duro dello stato, che avrebbe danneggiato il clan rivale. Il suo messaggio più importante era testimoniare quotidianamente l’impegno civile contro la malavita.
Non fu subito riconosciuto vittima della camorra, perché, come spesso accade, si cercò di mettere  in cattiva luce la sua figura, insinuando che altre fossero le ragioni della sua uccisione.
“La sua morte non è stata solo la scomparsa di una persona vitale, di un capo scout energico, di un insegnante generoso, di un testimone d’impegno civile: uccidere un prete, ucciderlo nella sua Chiesa, ucciderlo mentre si accingeva a celebrare messa, è diventato l’emblema della vita, della fede, del culto violati nella loro sacralità.
E’ stato il simbolo dell’apice cui può giungere la barbarie camorrista sui nostri territori.
Il messaggio, l’impegno e il sacrificio di don Giuseppe Diana non possono essere dimenticati. In sua memoria sono state create delle associazioni:
L’associazione di promozione sociale “Comitato don Peppe Diana” è nata ufficialmente il 25 aprile 2006, come frutto di un percorso di diversi anni, che ha coinvolto persone e organizzazioni unite dal desiderio di non dimenticare il martirio di un sacerdote morto per amore del suo popolo.
Il comitato don Peppe Diana fu costituito nel 2003 da sette organizzazioni attive nel sociale, le quali decisero che il messaggio, l’impegno e il sacrificio di don Giuseppe Diana non dovessero essere dimenticati. L’Agesci Regione Campania, le associazioni Scuola di Pace don Peppe Diana, Jerry Essan Masslo, Progetto Continenti, Omnia onlus, Legambiente circolo Ager e la cooperativa sociale Solesud Onlus sottoscrissero un protocollo d’intesa nel quale decisero di perseguire diversi obiettivi comuni: – la costruzione della memoria di don Giuseppe Diana, contestualizzando la sua vita di persona comune in una realtà problematica; – la realizzazione di azioni educative e didattiche sui temi dell’impegno civile e sociale per una cittadinanza attiva; – la promozione nelle nuove generazioni della speranza, dell’impegno e dell’assunzione di responsabilità.
Dedicare la via Crucis di quest’anno 2008 a coloro che hanno pagato con la vita l’impegno per il riscatto della loro gente.
Questa è la proposta che il Comitato don Peppe Diana e Libera Caserta fanno ai Vescovi della provincia di Caserta” [http://www.dongiuseppediana.it].
E’ stato istituito anche un premio letterario dedicato a don Peppino Diana
IL 19 marzo 2008 centinaia di studenti si sono riuniti nella chiesa di San Nicola di Bari, a Casal di Principe, per ricordare la figura di don Giuseppe Diana. Il portavoce del comitato in onore del sacerdote ha letto la lettera che il pentito Domenico Bidognetti ha scritto agli abitanti di Casale e ai giovani:
“Sono Domenico Bidognetti, un vostro compaesano che si è pentito di tutto ciò che ho fatto in venti anni trascorse nell´illegalità, nel clan dei Casalesi che non è altro che una ragnatela per accaparrarsi la vita degli altri”.

Ammiro questo sacerdote, perché amava tanto il suo popolo e i suoi concittadini, tanto da rinunciare alla sua vita per cambiare la società, per farci vivere senza criminalità, per farci vivere meglio.
Dobbiamo essere orgogliosi di una persona coraggiosa come don Peppino Diana. Anche se non è riuscito a sconfiggere la camorra, ci ha provato  e per questo lo dobbiamo ammirare  e dovremmo prendere esempio da una grande uomo come era lui, pur non conoscendolo.

 

 

 

 

 

 

 

GRAZIANO MUNTONI

“Tutto Fonni, il suo paese natale, ha voluto dare ieri l’ultimo saluto a don Graziano Muntoni, il vice parroco di Orgosolo stroncato da mano assassina la vigilia di Natale. Anche Orgosolo, venerdì, aveva partecipato compatto ai funerali del suo prete, quasi a voler prendere pubblica distanza da un fatto che non ha precedenti e che ha profondamente scosso la coscienza popolare. Era ancora buio ad Orgosolo quando don Graziano aveva lasciato la sua casa per andare in parrocchia, dove avrebbe dovuto celebrare la Messa mattutina. A due passi dalla chiesa, nascosto dietro una casa, l’ aspettava il killer. Erano le 6.40 di giovedì: un solo colpo di fucile caricato a pallettoni in pieno petto e il sacerdote e’ stramazzato in una pozza di sangue. Nessuno assiste al dramma. Dalla vicina sacrestia il parroco don Michele Casula sente lo sparo e si precipita per strada. E’ lui a cercare di soccorrere il suo vicario, aiutato da alcune pie donne già in preghiera in chiesa. Tutto e’ inutile: il messale in una mano, don Graziano non dà segni di vita. La notizia dell’ assurdo, inspiegabile delitto fa il giro del paese. Accorrono uomini, donne e bambini, increduli e sbigottiti, il dolore dipinto sui volti. Fra i primi ad arrivare il vescovo di Nuoro Pietro Meloni, il sindaco del paese Maria Antonia Podda, il sostituto procuratore della Repubblica Maria Grazia Genoese. E mentre la gente piange il “suo” sacerdote, il prefetto Fabio Costantini convoca il comitato per l’ ordine pubblico e il vescovo l’ assemblea della diocesi: i sacerdoti decidono che in tutte le chiese della provincia durante la Messa di Natale, cui faràseguito un’ ora di adorazione, vengano osservati 5 minuti di silenzio. Il giorno di festa per eccellenza si è così trasformato in un giorno di lutto, sentito da tutti. Perché da tutti don Graziano era amato. A Orgosolo era arrivato otto anni fa, un anno dopo essere stato ordinato sacerdote. Allora aveva 48 anni e un passato fatto d’ insegnamento e d’ impegno politico. Democristiano convinto, era stato assessore del Comune di Fonni, stimatissimo anche dagli avversari per il suo impegno e la sua serenità. . Lasciata la scuola (ha insegnato educazione musicale prima in Ogliastra, poi alla media del suo paese) aveva sentito prepotente il richiamo della fede, ed era stato ordinato sacerdote, il giorno dopo il Natale del ’90, proprio nella chiesa di San Giovanni Battista, la stessa dove ieri la sua salma ha ricevuto l’ ultimo saluto della sua gente. “Don Graziano era un santo, ora è un martire”, ha detto il giorno di Natale il vescovo di Nuoro, e il sommo pontefice, prima della benedizione urbi et orbi ha voluto ricordare lo “stimato vicario parrocchiale di Orgosolo, barbaramente assassinato proprio ieri mentre stava per celebrare la Santa Messa”. Attestati di solidarietà alla Chiesa (l’ omicidio di un sacerdote proprio alla vigilia di Natale ha indubbiamente un suo preciso significato) e di condanna per l’ inspiegabile crimine sono giunti un po’ da tutte le parti. In prima linea, come sempre accade in Barbagia, le donne. Caterina, la sorella del sacerdote ucciso, perdona il killer, ma aggiunge: “Don Graziano è piu’ vivo che mai, chi è veramente morto è il suo assassino, uno di noi che si aggira per le nostre strade”. E Maria Antonia Podda, sindaco del paese, ha pronunciato durissime parole di condanna, ha invitato la gente di Orgosolo ad abbandonare l’ omerta’ (“Prodigatevi perchè le indagini abbiano a breve risultati concreti”) e promosso una sottoscrizione per la costituzione del Comune come parte civile. Ma le indagini, “in un paese dove – sono parole del vescovo – le armi sono manovrate come fossero videogames” sono rese difficili [dal “Corriere della Sera” 27 dicembre 1998].
A lui è dedicato il sito http://utenti.lycos.it/graz1ano/dongraziano.html

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