“Giustizia per Cetta Cacciola: condannata la famiglia e un avvocato” di Claudio Cordova
Giustizia per Cetta Cacciola: condannata la famiglia e un avvocato
di Claudio Cordova
Articolo del 30 Luglio 2014 da ildispaccio.it
Per mesi, sulla stampa, il fango aveva provato a ricoprire la dignità di Maria Concetta Cacciola e dei pm della Dda di Reggio Calabria. Articoli di stampa, insinuazioni, chiacchiericcio con cui veniva paventato che nella morte della testimone di giustizia avrebbero potuto pesare le presunte pressioni effettuate dagli inquirenti. Ora arriva una prima verità processuale, con la condanna di tutti gli imputati nel procedimento “Onta”. Il Gup di Reggio Calabria, infatti, ha accolto l’impostazione portata avanti dai pm Giovanni Musarò e Giulia Masci, che avevano chiesto la condanna per tutti gli imputati che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato nel processo per far luce sulle dinamiche che porteranno alla morte la giovane testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola. Nel dettaglio, sono stati inflitti sei anni e sei mesi per Michele Cacciola, cinque anni e otto mesi per Giuseppe Cacciola, quattro anni e dieci mesi per Anna Rosalba Lazzaro e quattro anni e sei mesi per l’avvocato Vittorio Pisani. Secondo le indagini svolte dai pm Musarò e Masci (nell’inchiesta ha operato anche il pm Alessandra Cerreti), nella morte della testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola, deceduta nell’agosto 2011 in seguito all’ingestione di acido muriatico, sarebbero coinvolti anche i due legali della famiglia, Vittorio Pisani, condannato in primo grado, e Gregorio Cacciola, unico tra gli imputati ad aver scelto il rito ordinario, che si celebrerà a Palmi. Riconosciuta la responsabilità penale anche per Anna Rosalba Lazzaro, Giuseppe e Michele Cacciola, mamma, fratello e padre di Maria Concetta Cacciola. La donna morirà dopo una vicenda molto complicata, che vedrà la giovane rendere dichiarazioni accusatorie contro la sua famiglia e poi ritrattare.
Ma dietro quelle ritrattazioni vi saranno violenze e angherie di ogni genere.
Lo stabiliscono le sentenze dei Tribunali (quella redatta dalla Corte d’Assise di Palmi, chiamata a decidere sul reato di istigazione al suicidio) che darà un grosso input alla nuova inchiesta della Dda di Reggio Calabria. L’indagine ha riportato in carcere i genitori di Maria Concetta, Michele Cacciola e Anna Rosalba Lazzaro, nonché il fratello Giuseppe Cacciola. Il dato nuovo (e devastante) sarà però l’arresto dei legali di famiglia, Gregorio Cacciola e Vittorio Pisani: secondo le indagini svolte dai sostituti procuratori della Dda di Reggio Calabria, Giovanni Musarò e Alessandra Cerreti, nonché dal pm di Palmi, Giulia Masci, i due legali avrebbero avuto un ruolo fondamentale in relazione alla ritrattazione (e alla fase che l’ha preceduta) della giovane Maria Concetta. La testimone di giustizia renderà dichiarazioni a partire dal maggio 2011, collegando i propri familiari alla potente cosca dei Bellocco di Rosarno. Morirà poi ad agosto, dopo settimane di violenze fisiche e psicologiche: fatti che porteranno la Corte d’Assise di Palmi a rispedire gli atti in Procura per i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza e minaccia per costringere a commettere un reato, ma, soprattutto, omicidio pluriaggravato. Le manovre della famiglia, dunque, sarebbero partite fin da subito con l’obiettivo di stoppare le affermazioni della giovane. E in tal senso si inquadrerebbe il ruolo fondamentale svolto dagli avvocati Gregorio Cacciola e Vittorio Pisani. I genitori di Maria Concetta, infatti, penseranno fin da subito di far scrivere una lettera di ritrattazione alla figlia, accusando i magistrati di pressioni indebite: e qui si sarebbero avvalsi dell’avvocato Cacciola. Nonostante la ritrosia della giovane a rimangiarsi tutto, la famiglia insisterà e si affiderà ai servigi dei legali Cacciola e Pisani. Sarà una microspia nello studio dei legali a far emergere il grave quadro indiziario dei due avvocati, nell’attività di costrizione alla ritrattazione messa in atto nei confronti di Maria Concetta: una ritrattazione finalizzata – è evidente – allo scopo di favorire i Bellocco, tirati in ballo dalle dichiarazioni rese alla Dda: le conversazioni nello studio Cacciola, infatti, dimostreranno, a partire da ottobre 2013 e fino a pochi giorni fa, la contiguità del legale con la ‘ndrangheta di Rosarno.
Il ruolo dei due avvocati era già emerso negli scorsi mesi e anche la sentenza della Corte d’Assise d’Appello, che paventerà scenari inquietanti sulla morte della giovane Maria Concetta Cacciola, riserverà loro alcuni passaggi. Secondo quanto accertato dalle indagini svolte dai pm Giovanni Musarò, Alessandra Cerreti e Giulia Masci, i due legali avrebbero fornito “un contributo di natura morale nella qualità di “consigliori” di ogni mossa compiuta dai Cacciola; fra l’altro, recandosi in data 8.08.11 presso gli Uffici della Procura di Reggio Calabria-D.D.A. per verificare lo status libertatis di Maria Concetta Cacciola e, subito dopo, comunicando ai familiari della stessa che la ragazza poteva essere condotta a Rosarno senza correre rischi (comunicazione che faceva cessare le ultime resistenze di Maria Concetta Cacciola, che, a quel punto, nel pomeriggio dello stesso giorno si incontrava con Lazzaro Anna Rosalba e con il fratello Cacciola Gregorio cl. 87, che la riportavano a Rosarno)”.
Due avvocati al servizio della famiglia, dunque. Cacciola perché legato da vincoli di parentela, Pisani perché legale storico della cosca Bellocco, clan ampiamente colpito dalle dichiarazioni di Maria Concetta e quindi sul piede di guerra. I due legali avrebbero avuto un ruolo determinante nelle pressioni che la famiglia Cacciola farà sulla figlia Maria Concetta, al fine di indurla a interrompere la collaborazione a ritrattare quanto già affermato ai pubblici ministeri.
Presso lo studio dell’avvocato Gregorio Cacciola verrà anche registrata su supporto audio la ritrattazione della giovane donna, a pochi giorni dalla morte. E’ il 12 agosto 2011, quando la testimone registrerà un audio in cui dirà di aver detto tutto sulla scorta della rabbia nei confronti dei familiari. Maria Concetta Cacciola morirà il 20 dello stesso mese.
A pesare sulla posizione degli avvocati Cacciola e Pisani sono le dichiarazioni illogiche e contraddittorie rese in dibattimento a Palmi, oltre che le numerose intercettazioni ambientali a carico dei Cacciola (già annoverate tra le prove che porteranno la famiglia a essere condannata sia in primo grado che in appello).
Ma non solo.
I dati più affossanti raccolti dai pm Musarò, Cerreti e Masci saranno costituiti dalle intercettazioni svolte nello studio dell’avvocato Cacciola: “Da queste, in specie dai colloqui captati presso lo studio Cacciola (mentre molto più oculato e prudente è l’avv.to Pisani evidentemente timoroso di essere intercettato), emerge una pericolosissima contiguità del professionista con soggetti appartenenti ad ambienti criminali locali cui, abdicando alla sua importante e nobile funzione, dispensa consigli di certo non di carattere tecnico, si presta a portare ‘mbasciate a detenuti, concorda dichiarazioni che avrebbero dovuto rendere alcuni testi della difesa, utilizza un lessico mafioso (es. gli appartenenti alle forze dell’ordine vengono qualificati con disprezzo come “sbirri”), riceve e riferisce confidenze su fatti gravissimi avvenuti nel mandamento tirrenico (es. omicidi) e su dinamiche interne alla ‘ndrangheta operante nella medesima zona, ipotizzando finanche l’elininazione fisica del collega e concorrente negli odierni reati Vittorio Pisani” è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
L’avvocato Pisani, dunque, avrebbe dimostrato di sospettare un controllo da parte degli investigatori. Per questo, per esempio, eviterà di parlare all’interno del proprio studio, preferendo i colloqui all’aria aperta. Meno cauto il collega Cacciola. Questa la definizione che forniscono gli inquirenti: “Un professionista che ha definitivamente saltato il fosso e che funge stabilmente da “consigliori” dell’attività di diversi soggetti appartenenti o contigui alla associazione denominata ‘ndrangheta operante nel c.d. mandamento tirrenico, dispensando consigli e direttive che nulla hanno a che fare con un mandato difensivo lecito, neanche di un professionista che opera in un contesto difficile come quello rosarnese: ad esempio, consigliando ad un soggetto di darsi alla latitanza, invitando il padre di un detenuto a non parlare durante i colloqui perché potevano esservi in corso operazioni di intercettazione ambientale, dichiarandosi disponibile a portare ‘mbasciate al medesimo detenuto, concordando dichiarazioni che avrebbero dovuto rendere alcuni testi della difesa, utilizzando un lessico da mafioso e non da avvocato (es. gli appartenenti alle forze dell’ordine vengono qualificati con disprezzo come “sbirri”), ricevendo e riferendo confidenze su fatti gravissimi avvenuti nel mandamento tirrenico (es. omicidi) e su dinamiche interne alla ‘ndrangheta operante nella medesima zona”.
Con riferimento ai fatti oggetto del procedimento, Gregorio Cacciola criticherà aspramente il comportamento di Vittorio Pisani, accusandolo di aver fatto fin dall’inizio il “doppio gioco”, in quanto aveva avuto un atteggiamento fintamente collaborativo con gli inquirenti per accollare tutta la responsabilità su di lui: “Ma tu pensi Teresa, tu pensi che questo qua quando è successo il fatto….ma tu pensi che mi sfuggiva in tutte le maniere cornuto, invece … invece di stare vicino a me…. e sai perchè? … perchè quando è successo il fatto il cornuto, parlando con lui se n’è andato nella Caserma dei Carabinieri e gli disse “tutti i castelli che sono stati creati, li ha creati l’avvocato Cacciola”
Proseguendo, Gregorio Cacciola sottolineava che il Pisani si era comportato in modo poco intelligente, perché proprio il suo comportamento aveva ingenerato il sospetto negli inquirenti e non si era reso conto del fatto che in tal modo aveva accusato anche se stesso: “E’ tre…tremendo e se ha fatto “u sbirru” con me che eravamo colleghi, non solo e che aveva interessi a non farlo “u sbirru” perchè facendo “u sbirru” per me… automaticamente te lo fai per te stesso… è arrivato a questo…. è un cornuto perchè ha creato lui ora le condizioni che dice lui… e faceva il doppio gioco, siccome quelli non sono storti, non sono fessi dicono “tu hai fatto doppio gioco… “tu hai fatto il doppio gioco perchè avevi paura di stare vicino alla vicenda e ti allontanavi ci davi indirettamente la conferma che la vicenda puzzava guarda quanto è cornuto, che la vicenda puzzava, “in più rispetto a quello che dice l’avvocato Cacciola tu dici al contrario” perchè io lo difendevo a lui Teresa”.
Gregorio Cacciola evidenziava, ancora, che la pretesa di Pisani di scaricare le responsabilità solo su altri era non solo scorretta, ma anche oggettivamente non credibile: “Li abbiamo denunciati a tutti e lui mi ha inculato a me, ora dico: cretino se tu sei codifensore con me, che sei un altro avvocato, uno che dovrebbe essere un avvocato eh, eh è possibile che era un fantoccio nelle mani mie? eh..eh… una persona che è seria dice “aspetta o li concordiamo insieme o ti saluto, tu ti vedi i fatti tuoi”. Dal tenore complessivo del dialogo si desume chiaramente che, secondo l’Avv. Gregorio Cacciola, le anomale modalità con le quali l’avv. Vittorio PISANI ha rinunciato alla difesa di Gregorio Bellocco e di Teresa Cacciola rientrano nel tentativo di fare il “doppio gioco” per allontanare i sospetti da se stesso in relazione ai fatti dell’agosto del 2011. In un altro colloquio, Cacciola sottolineava che nella vicenda relativa alla ritrattazione di Maria Concetta Cacciola entrambi i legali avevano giocato un ruolo fondamentale, uno quale “rappresentante della famiglia Cacciola”, l’altro, Pisani, quale “rappresentante di Gregorio Bellocco”: “… gli hanno fatto il culo tanto …(ride)… a me! a me almeno mi hanno detto guarda, rappresentante della famiglia Cacciola”, mi sta anche bene, ma tu rappresentante di Gregorio Bellocco “ta zicchi nto culu e non ti nesci mancu… se ti votunu sutta supra” …(te la ficchi in culo e non ti esce nemmeno se ti girano sotto sopra)…”.
E poi tutta una serie di conversazioni, che dimostrerebbero la grande affinità del legale con i soggetti della ‘ndrangheta della Piana.
E allora a Gaetano Rao, padre di Rosario, arrestato come appartenente ai Pesce, consiglierà di non parlare di argomenti sensibili nei colloqui in carcere: “Un’altra cosa importante Nuccio, vedi che appena …(inc.)…. là, voi siete controllati!… ….parlate di Juventus! Chiaro… si sente!…”. A Giuseppe Bellocco, rampollo classe 1987 del boss ergastolano Gregorio Bellocco, consiglierà invece di darsi alla macchia: “Allora fai una cosa prima di andartene…mi firmi due nomi e cambi aria un poco!….firmami queste cose li….”.
CACCIOLA Gregorio: aspetta! aspetta un minuto! no con questo…
BELLOCCO Giuseppe: no…
CACCIOLA Gregorio: sai perché? perché questo ora lo stanno diramando a tutte le parti…(n.d.r. verosimilmente il passaporto)…
BELLOCCO Giuseppe: ora che fanno?
CACCIOLA Gregorio: questo qua che ti hanno fotocopiato qua…
BELLOCCO Giuseppe: eh…
CACCIOLA Gregorio: questo già lo hanno diramato a tutte le parti…
BELLOCCO Giuseppe: si?…(inc)…
CACCIOLA Gregorio: aeroporti pure…quello! a meno che non ne hai un altro tu!
BELLOCCO Giuseppe: ne ho un altro!
CACCIOLA Gregorio: con nome diverso?
BELLOCCO Giuseppe: si si!
CACCIOLA Gregorio: ok! …(inc)…
BELLOCCO Giuseppe: si ma io devo andarmene…
CACCIOLA Gregorio: cambia aria…
BELLOCCO Giuseppe: …due tre mesi me ne vado!
CACCIOLA Gregorio: e poi devi avere contatti, non chiami a me… con qualcuno con una scheda particolare e ti chiami Pasquale ti chiami Rocco!
E poi ci sono le frasi che scambierà con Antonio Sibio e Domenico Corrao, entrambi uomini dei Pesce di Rosarno. L’avv. Cacciola, dopo aver spiegato che aveva preferito non inserire fra i testi della difesa ufficiali di P.G. (che definiva “sbirri”:”abbiamo tutti, tutti i militari che mandano loro, come lista del Pubblico Ministero, a noi non ci conviene che chiamiamo gli sbirri, noi difensori, difesa, perché gli sbirri….”.
Interessantissima, infine, risulta la conversazione fra l’Avv. Gregorio Cacciola e tale Rosario (soggetto gravitante della ‘ndrangheta del mandamento tirrenico, in corso di identificazione), captata nel pomeriggio del 20.12.13 all’interno dello studio legale. Si tratta di un dialogo fra due soggetti che, parlando “alla pari”, discutevano di episodi (fra i quali diversi omicidi) riservati e più o meno risalenti nel tempo, relativi alla ‘ndrangheta operante nel mandamento tirrenico.
Non solo le circostanze riferite, ma anche i ragionamenti fatti nell’occasione dai due interlocutori denotavano una profonda conoscenza dei personaggi e delle dinamiche interne alla ‘ndrangheta operante nella fascia tirrenica della provincia reggina. Particolarmente informato si rivelava l’avv. Gregorio Cacciola, il quale spiegava a Rosario che un vecchio boss ormai defunto gli raccontava fatti che non riferiva neanche ai suoi figli (“se c’era il vecchio gli faceva le orecchie, ma no a loro a mezza Calabria, sapete che …inc… che io lo frenavo al vecchio, lui con me stava …mi ha raccontato fatti, gli dissi io: no cazzo non ne raccontate più mannaia, non volevo sapere io, perchè non …inc…? per un fatto, intanto non sapevano se c’era prima … gli dicevo : gli dicevo io: che cazzo volete, non so niente io, primo che io non sapevo e secondo se succedeva qualcosa lui diceva “io con questo ho parlato”… non volevo sapere niente, lui “no questo cazzo te lo devo raccontare non lo sanno nemmeno i figli miei” mi diceva “cose che se lo sanno i i figli miei lo fanno ora” e mi disse un nome di uno che secondo lui se l’è cannata quando lo hanno arrestato, nome e cognome… mi disse “sai perchè non gli ho tagliato la testa” mi disse… “perchè e sposato con una nipote mia, con una cugina mia e mi dispiace che rimane orfanella” e quando mai lui ha detto “mi dispiace”, eppure gli dispiaceva per quello, disse “non gli ho tagliato la testa per questo fatto e non glielo detto ai figli miei che gliela tagliavano e se ne fottevano pure della moglie” e mi disse chi era proprio, io non gli ho creduto mai però, vi giuro… insomma lui ormai è morto e lo possiamo dire, sapete chi era? … (abbassa il tono della voce bisbigliando e dice “Michele …inc… vrs. Erricu”) che è un nipote suo”).
Da qui, dunque, le dure parole utilizzate nell’ordinanza firmata dal Gip: “E’ appena il caso di sottolineare che, come é fin troppo evidente leggendo il dialogo di seguito riportato, Gregorio Cacciola raccontava fatti che aveva appreso nella veste non di avvocato, ma di soggetto perfettamente inserito, non certo per ragioni professionali, negli ambienti della criminalità organizzata rosarnese. Le circostanze e gli episodi di cui si discuteva, infatti, oltre a non essere noti, erano particolarmente riservati e potevano essere portati a conoscenza solo di persone di assoluta fiducia (quale, evidentemente, l’Avv. Cacciola era nell’ambiente della ‘ndrangheta della Piana”.
Un materiale probatorio che è stato valorizzato in primo grado dal Gup di Reggio Calabria, che riconoscerà la responsabilità penale degli imputati. Ancora da smacchiare, invece, la responsabilità morale di quanti sono fatti strumento delle forze oscure per infangare la vita e la morte di una giovane donna coraggiosa e la reputazione delle Istituzioni.