Graziella Campagna, 17 anni, vittima di mafia. Storie di trafficanti, imprenditori e giudici nella provincia dove la ‘mafia non esiste’
CAPITOLO SECONDO – L’INCHIESTA
4. L’omicidio Campagna
Di seguito sono riportate le tappe che hanno portato al delitto di Graziella. Abbiamo deciso di percorrerle utilizzando solo materiale oggettivo: testimonianze, verbali di C.C. e di P.S., atti istruttori e processuali per permettere a chi legge di analizzare gli eventi in base ad elementi oggettivi.
8 dicembre 1985
Relazione di servizio del Nucleo Operativo
Legione Carabinieri di Messina
L’anno 1985, addì 8 del mese di dicembre, in Messina, nell’ufficio del Nucleo operativo, alle ore 20.
Noi sottoscritti C.re Renda Francesco e Colonnese Mario, effettivi al suddetto reparto, riferiamo a chi di dovere quanto segue:
“Alle ore 11 circa dell’ 8.12.1985, comandati regolarmente di servizio automontato lungo la SS.113/Bis, in localita’ Orto Liuzzo intimavamo l’alt all’autovettura Fiat Ritmo targata MI-69461V intestata a Fricano Rosario nato a Palermo il 7/2/1972 e convalidata fino all’ 8.4.1992. A bordo di detta auto trovavasi altro individuo che dichiarava chiamarsi Fricano Rosario nato a Palermo il 29.12.1958 il quale era sprovvisto di documenti di riconoscimento e faceva presente essere il proprietario dell’autovettura Ritmo. Poiché riscontravasi discordanza fra i dati anagrafici forniti dal Fricano Rosario e quelli trascritti sulla carta di circolazione (25.8.1959) e che il Fricano adduceva trattarsi di errore, si procedeva ad eseguire un’accurata perquisizione a bordo dell’auto e quindi i dati anagrafici venivano comunicati alla Centrale Operativa al fine di conoscere se i due erano pregiudicati o ricercati. Nell’attesa il Cannata Eugenio, con insistenza, faceva presente di essere amico del Maresciallo Giardina comandante della stazione dei C.C. di Villafranca Tirrena e di espletare il lavoro di ricercatore farmaceutico presso il laboratorio del Dottor Crisafi di Villafranca e di essere dimorante in via Nazionale, Divieto di Villafranca. Durante l’attesa il sottoscritto C.re Renda saliva a bordo dell’auto di servizio per ricevere la comunicazione dalla Centrale mentre il pari grado restava fermo ai bordi della strada. In tale frangente sopraggiungeva, proveniente da Messina e diretta verso Villafranca, l’autovettura Fiat 127 targata […] che a fortissima velocità superava in curva altra autovettura. A seguito di ciò il sottoscritto C.re Colonnese Mario intimava l’alt alla Fiat 127 e quindi si accingeva a verbalizzare il conducente. Durante tale operazione il Cannata Eugenio metteva in moto la sua auto ed a fortissima velocità si dileguava verso Villafranca Tirrena lasciando in nostro possesso la sua patente di guida e la carta di circolazione dell’autovettura Ritmo. Il controllo richiesto alla centrale Operativa, in base ai dati forniti, risultava nullo. Per quanto precede abbiamo redatto la presente relazione che in data e luogo di cui sopra sottoscriviamo.
9 dicembre 1985
Famà Giovanni (titolare di un autolavaggio a Saponara Marittima)
Carabinieri di Villafranca – 28 dicembre 1985
(testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina)
“Il giorno 9-12-1985, lunedì, verso le ore 18,30-18,45, mi trovavo fermo in sosta a piedi anzi a bordo della mia autovettura, in questa via Nazionale, altezza negozi autoricambi Giordano. In tale circostanza notavo la signorina Campagna Graziella, che conoscevo, ferma sul marciapiede e credo fosse in attesa del passaggio dell’autobus che va’ a Saponara. Nel frattempo notavo sopraggiungere un’autovettura Alfa-Sud Sprint di nuova fabbricazione, di colore blu, targata Rc, però non so dire i numeri di targa perché non li annotai. Detta autovettura era occupata dal solo conducente che io purtroppo non ho visto in volto. Posso solo dire che detta persona era di sesso maschile, poteva avere una età giovanile, aveva i capelli lunghi che coprivano il collo. Se male non ricordo l’autovettura anzidetta era anche munita di antenna per l’autoradio. La signorina Graziella, notata sopraggiungere detta auto, attraversava la strada portandosi nel marciapiede opposto ove si era fermata l’Alfa Sud, sita pressoché vicino il negozio di macelleria ivi esistente. Tra i due, cioè tra la Graziella e l’autista della macchina avveniva una breve conversazione, dopodiché la ragazza saliva sull’auto prendendo posto sul sedile posto accanto alla guida. Subito dopo l’auto ripartiva dirigendosi verso Messina. Al momento non davo importanza alcuna al fatto, poi però apprendendo dell’omicidio della ragazza, ritengo che detta notizia possa essere utile a Voi inquirenti.
A.D.R.: L’Alfa Sud che ho visto il giorno 9-12-1985 nell’occasione sopraddetta, non l’avevo mai vista prima di allora né l’ho rivista successivamente.
Famà Giovanni – Questura di Messina – 11 gennaio 1986
“Lunedì giorno 9 dicembre u.s., […] alle ore 18,30 – 18,45, ho notato un’autovettura Alfa Sud sprint di colore blu scuro targata RC di cui non ho rilevato i numeri, proveniente da Palermo, fermarsi all’altezza della fermata dell’autobus, dalla parte opposta, e contemporaneamente una ragazza, che successivamente attraverso i giornali ho riconosciuto per Graziella Campagna, la quale era in attesa dell’autobus, attraversava la strada e si portava sul lato destro dell’Alfa. Il conducente, unica persona che si trovava a bordo, apriva lo sportello e la Graziella, pur rimanendo fuori dalla macchina, dialogava con questo per circa dieci minuti, dopo di che saliva a bordo e quindi l’autovettura continuava la sua marcia verso Messina. Non ho alcun dubbio che la ragazza salita a bordo dell’Alfa Sud sia proprio la Graziella, avendo alcuni giorni dopo rivisto la sua foto sui giornali. Il conducente dell’Alfa Sud, da me visto solo di spalle, era una persona dai capelli lunghi, tipo capellone, di corporatura piuttosto robusta. L’Alfa Sud aveva la targa ultimo tipo con cerchioni credo in lega leggera e quindi doveva essere una macchina di recente fabbricazione. Sono sicuro sul giorno e sull’ora in cui si è verificato l’episodio sopra menzionato”.
Federico Franca (titolare della lavanderia)
Questura di Messina – 10 gennaio 1986
“Il giorno 9 dicembre u.s., ricordo perfettamente, che la Graziella è andata via dall’esercizio, all’ora di chiusura, cioè alle ore 19,40 circa, insieme a me e a mia cognata Agata. Posso affermare altresì che quel pomeriggio la stessa non si è assentata dalla lavanderia dietro una richiesta specifica della medesima tranne che di andarmi a comprare le sigarette o prendersi il caffè, circostanza quest’ultima che non ricordo.
Federico Franca – Carabinieri di Villafranca – 11 gennaio 1986
(testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina)
“Domanda: Ci risulta che nel pomeriggio del 9/12/85 lei avrebbe concesso il permesso alla giovane Graziella Campagna di assentarsi dal lavoro. Ci dica perciò se risulta vero.
Risposta: Non è assolutamente vero che la ragazza si sia allontanata dal posto di lavoro. Preciso forse si sarà allontanata per brevissimo tempo, 5 minuti circa per recarsi al vicino bar Castelli per prendere un caffè o al tabacchino ubicato quasi di fronte per comprare le sigarette”.
Cannistrà Agata (cognata di Federico Franca e sua dipendente)
Carabinieri di Villafranca – 7 gennaio 1986
(testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina)
“DOMANDA: Ci risulta che giorno 9-12-1985, intorno alle 18,30 la Graziella uscì dalla lavanderia e si soffermò sul marciapiede poco distante e che la stessa poco dopo salì a bordo di un’autovettura di colore scuro. Vuole dirci se tale circostanza risponde al vero?
RISPOSTA: Come ho già detto prima, la Graziella si assentava dalla lavanderia solo il tempo strettamente necessario per andare a prendere il caffè o le sigarette, impiegando all’incirca cinque minuti. Non ricordo se il lunedì 9-12-1985 la Graziella verso le ore 18,30 uscì per acquistare le sigarette in quanto il caffè abitualmente lo prendiamo la mattina e se ciò si fosse verificato la stessa non si assentò più di cinque minuti perché altrimenti mi sarei messa in pensiero […]
A.D.R.: Conosco un tipo di autovettura Alfa Sud Sprint ed ho visto un’autovettura del genere alcune volte transitare davanti la lavanderia ma non si è mai soffermata. L’ultima volta che ho visto transitare detta autovettura Alfa Sud Sprint di colore scuro risale a circa una settimana – quindici giorni addietro. Il conducente di detta autovettura credo di averlo visto in Villafranca T.na però non so se è del luogo o di qualche paese vicino. Se dovessi rivedere il detto conducente sarei in grado di riconoscerlo.
Cannistrà Agata – Questura di Messina – 10 gennaio 1986
“Lunedì giorno 9 dicembre u.s., cioè tre giorni prima della scomparsa di Graziella, ricordo che nel pomeriggio ed in particolare dalle ore 18 in poi all’interno dell’esercizio si trovava anche la titolare e posso affermare che quella sera la Graziella è rimasta con noi sino all’ora di chiusura”.
Romano Francesco (marito di Federico Franca)
Carabinieri di Villafranca – 11 gennaio 1986
(testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina)
“A.D.R.: Non è vero che mi sono permesso mai di concedere permessi di qualsiasi genere alla scomparsa Campagna Graziella. Non mi risulta, inoltre, che la ragazza abbia chiesto e quindi ottenuto alcun permesso da parte di mia moglie la quale si allontana raramente dal negozio ove la ragazza svolgeva l’attività di stiratrice. Preciso era una ragazza che non chiedeva mai niente e per quanto ricordo qualche volta veniva pregata di andare a comprare le sigarette ed il caffè nei vicini negozi o di accompagnare mia figlia al bar ma in questa ultima ipotesi tutte le volte per quanto mi risulta mia moglie si affacciava sull’uscio della lavanderia e la seguiva con gli occhi quasi sino al bar aspettando poi il ritorno.[…]
Campagna Pasquale (fratello di Graziella)
Questura di Messina – 11 gennaio 1986
“Il giorno 12, cioè nella mattina del giorno della scomparsa, mia sorella Graziella, recandosi al lavoro in mia compagnia, mi chiese se conoscessi un giovane […] che si serviva per i suoi spostamenti di un’Alfa Sud di colore blu. Ricordo che nell’occasione mia sorella mi fece un nome ed un cognome, ma non mi sovvengono né l’uno, né l’altro.
A.D.R.: Per la precisione, mia sorella mi chiese se il giovane in argomento fosse a me noto come “dongiovanni”.
A.D.R.: Nel formularmi tale domanda, mia sorella mal celava uno stato di apprensione, stato cui io non seppi dare preciso contenuto.
A.D.R.: Preciso che io risposi a mia sorella che – come in effetti era – non conoscevo il giovane suddetto”.
Curreri Santa (madre di Graziella) – Verbale di esame di testimonio
senza giuramento 18 maggio 1989, avanti al Dott. Marcello Mondello.
“Ricordo che il 9 dicembre cioè il giorno successivo all’Immacolata, mia figlia mi raccontò, la sera quando rincasò, che l’ing. Cannata aveva portato due giacche da lavare e che dopo che lo stesso era andato via, ella frugando nelle tasche aveva trovato una carta che la Cannistrà che era presente, le aveva strappato dalle mani. Io sul momento non attribuì a tale fatto eccessiva importanza anche perché tutti mi dicevano che ad uccidere mia figlia era stato il Giacobbe perché risentito per il rifiuto da lei opposto a fidanzarsi con lui. In ogni caso avrei dichiarato la circostanza se fossi stata interrogata prima. Mia figlia mi riferì altresì che la Cannistrà l’aveva invitata a fare una passeggiata con lei a Messina e che ella aveva rifiutato ed anche che le aveva chiesto come mai mio marito non si facesse mai vedere nella lavanderia”.
Giorno 12 dicembre 1985
– Ore 18
Federico Franca – Questura di Messina – 19 dicembre 1985
“Quel pomeriggio, verso le ore 18, mentre in lavanderia ci trovavamo io, la Agata e la Graziella è venuto a trovarmi Nino Formica, il quale mi ha invitata a prendere un caffè. Poiché non è mia abitudine uscire sola con un uomo, ho invitato la Agata a farmi compagnia e quindi siamo saliti sull’auto del Formica, una Fiat Uno di color azzurra, portandoci al bar Viola dove abbiamo consumato un caffè. Nel negozio rimaneva così sola la Graziella. Al nostro ritorno, cioè dopo circa 15 minuti, quest’ultima mi faceva presente di essere andata nel bar Castelli, distante dal mio negozio circa 50 metri per cercarmi, credendo che fossimo andati in quel locale, in quanto era sorta la necessità di spostare la mia autovettura che intralciava il traffico”.
– Dopo le ore 19,30
Federico Franca – Carabinieri di Villafranca – 14 dicembre 1985
(testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina)
“La sera del 12 dicembre u.s., come al solito, verso le ore 19,50 ho chiuso il mio esercizio e unitamente alla Campagna ed alla Cannistrà mi sono portata sulla via Nazionale all’altezza della fermata del pullman diretto a Saponara dove, come facevo ogni sera, provvidi a lasciare Graziella che per fare rientro a casa faceva uso di detto pullman che transitava tra le ore 20 e le ore 20,05. Lasciai Graziella alla fermata ed andai ad accompagnare la Cannistrà presso la sua abitazione facendovi ritorno”.
Federico Franca – Questura di Messina – 19 dicembre
“La sera della scomparsa della Campagna ricordo perfettamente di aver chiuso l’esercizio alle ore 19,45 – 19,50, poi di essermi posta alla guida dell’autovettura tipo A 112 di colore grigio metallizzata per andare ad accompagnare la signorina Agata a casa, cosa che facevo abitualmente tutte le sere tranne qualche volta, o meglio dire, solo il lunedì sera in cui la prelevava mio fratello Giuseppe. Nel contempo notavo la Graziella che si stava avviando verso la fermata dell’autobus”.
Federico Franca -Verbale di esame di testimonio senza giuramento
19 maggio 1989 – (testimonianza raccolta dal Dott. Marcello Mondello)
“La sera del 12, giorno della scomparsa della giovane io sono uscita dal negozio con lei ed ho accompagnato a casa mia cognata Cannistrà Agata, lasciando Graziella alla fermata dell’autobus. Da quel momento non l’ho vista più”.
Cannistrà Agata – Carabinieri di Villafranca – 14 dicembre 1985
(testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina)
“Verso le ore 19.30 del 12.12.1985, ultimata la giornata lavorativa abbiamo chiuso il negozio, io mi sono allontanata verso la macchina della signora Franca (Federico n.d.r.) ed a bordo della stessa condotta dalla predetta signora ci siamo dirette verso il Divieto di Villafranca mentre la mia collega Graziella ha attraversato la strada, diretta alla vicina fermata del pullman. Noi siamo andate via subito e non mi sono accorta se in quel momento la ragazza fosse già giunta ove di consueto prendeva il pullman per tornare a casa sua a Saponara. Quando la signora Franca mi ha lasciato a casa l’ho invitata, siccome piovigginava, a lasciare l’ombrello a Graziella tornando verso casa”.
Cannistrà Agata – Questura di Messina – 10 gennaio 1986
“Per quanto riguarda quel pomeriggio riguardante la scomparsa di Graziella debbo dire che una volta chiusa la lavanderia io salivo a bordo della macchina di mia cognata affinché questa mi accompagnasse a casa e mentre ci stavamo allontanando avevo la possibilità di notare Graziella mentre tranquillamente lei si portava verso la fermata dell’autobus. Ricordo che nell’imboccare la via G.Colasanzio incrociavo a bordo della sua autovettura, A 112, lo spasimante di Graziella Franco Giacobbe che si dirigeva verso Palermo”.
Franco Giacobbe – Questura di Messina – 19 dicembre 1985
“[…] Giovedì 12 alle 19,40 […] mi avviavo verso Villafranca. Giunto alla fermata dell’autobus, notavo Graziella appoggiata sul davanzale della finestra ivi ubicata e rallentando la marcia mi accostavo e rimanendo seduto al posto di guida abbassavo il vetro dello sportello destro dicendo alla ragazza che non era giusto che sua madre diceva in giro che io non mi ero saputo presentare in casa. Graziella mi diceva che se voci del genere erano state messe in circolazione non erano uscite dalla bocca di sua madre. Al che le chiedevo scusa, allontanandomi immediatamente verso il distributore di benzina, anzi ricordo di essere entrato dentro l’area del distributore perché era mia intenzione fare rifornimento ma non ho fatto in tempo in quanto l’addetto aveva già chiuso nonostante io gli avessi fatto cenno per attirare la mia presenza. Questi che stava per entrare all’interno del bar, sito nell’area del distributore stesso, senza voltarsi mi faceva cenno con la mano di passare il giorno dopo. Pertanto io continuavo la marcia soffermandomi alla seconda uscita del distributore o meglio dire dal lato dove si trova ubicato il bar Midili e giusto il tempo di abbassarmi per prendere una sigaretta dal portaoggetti, notavo transitare l’autobus che doveva prendere Graziella e dando conseguentemente uno sguardo in direzione della fermata mi accorgevo che la ragazza non c’era più pensando che fosse salita sull’autobus. Quindi facevo rientro subito a casa dove giungevo alle ore 20 circa”.
Trifiletti Carmelo (testimone) – Questura di Messina – 19 dicembre 1985
“Giovedì 12 dicembre mentre mi trovavo all’interno del negozio (di parrucchiere della moglie – ubicata in via Nazionale quasi di fronte alla fermata dell’autobus, N.d.R.) vicino all’ingresso quando improvvisamente mia moglie ed una cliente che si trovava pure dentro il negozio mi riferivano di aver sentito un grido proveniente da fuori. Tutti e tre ci siamo precipitati quindi all’ingresso per vedere di che cosa si trattasse ma affacciatici non notavamo niente di strano. Pure alcune persone che si trovavano sulla strada riferivano di aver avvertito un grido ma anche loro non avevano notato niente di strano. Preciso che poteva essere un orario compreso tra le 19,30 e le 20. Subito dopo siamo rientrati nel negozio. Quando ci siamo affacciati non ho visto la Campagna né il ragazzo che solitamente stava con lei”.
Gianò Antonietta – Carabinieri di Villafranca – 14 dicembre 1985
(testimonianza raccolta dal maresciallo Giardina)
“Giovedì scorso verso le ore 19.30 mentre mi accingevo a chiudere la saracinesca del mio negozio (articoli sportivi, n.d.r.) ho notato la suddetta ragazza e il giovane (Giacobbe Francesco, ndr.) che a bordo di un’autovettura A/112 parlava con la ragazza ma costei non gli dava retta, tant’è che ripartiva velocemente a bordo dell’autovettura. Mentre davo la schiena alla strada per accingermi ad abbassare la saracinesca ho avuto la sensazione che la ragazza salisse su una macchina di grossa cilindrata di colore scuro con a bordo se non ricordo male il solo autista. Ripeto ho notato il tutto solo per poche frazioni di secondo. Avevo le spalle girate alla strada e quindi non sono sicura al cento per cento che la ragazza sia salita a bordo dell’autovettura anzi detta. In quel momento anche perché sopraggiungeva il pullman di linea e c’era tanta altra gente non ho fatto eccessivo caso a quello che stava avvenendo, quindi in tutta sincerità, ripeto, non posso dire se effettivamente sia salita sulla macchina di grossa cilindrata”.
– Ore 20
Mariano Giuliano (autista autobus) – Carabinieri di Messina
14 dicembre 1985
“[…] conosco la signorina che Lei dice (Graziella Campagna, ndr.) in quanto tutti i giorni alle ore 7.35 e alle ore 15 e tutti i giorni a sera ritorna con la stessa corriera. Io l’ultima volta che l’ho vista alle ore 15 del giorno 12-12-1985, che saliva qui a Saponara e scendeva a Villafranca alla fermata dell’Agip.
A.D.R: La sera del 12-12-1985, la Signorina Campagna Graziella non saliva sulla corriera da me guidata che è l’ultima a salire a Saponara”.
Federico Franca – Carabinieri di Villafranca – 14 dicembre 1985
(testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina)
“Avrò impiegato circa 5 minuti attesa la breve distanza intercorrente fra la fermata e l’abitazione della suddetta Cannistrà quando, ritornata sul posto, non vidi più la Graziella. Ritenni a questo punto che Graziella fosse già partita nonostante l’orario insolito, visto che come ho detto innanzi, la corriera transita da Villafranca tra le ore 20 e le ore 20,05. Non detti peso alla circostanza e feci rientro a casa”.
Federico Franca – Questura di Messina – 19 dicembre 1985
“Lasciata la Cannistrà, tornavo sulla via Nazionale e passando davanti alla fermata dell’autobus non notavo la presenza della Graziella e la cosa mi è sembrata strana, sia perché dal momento in cui mi sono allontanata dall’esercizio al momento della constatazione erano passati circa 3 o 4 minuti, sia anche perché tutte le volte che io facevo ritorno, dopo aver lasciato mia cognata, vedevo Graziella appoggiata sul davanzale della finestra ubicata proprio all’altezza della fermata dell’autobus. Debbo precisare che immediatamente dopo aver avviato l’autovettura per accompagnare Agata, incrociavo il Franco Giacobbe che viaggiava in direzione di marcia verso Palermo a bordo della propria autovettura A 112 di colore blu scuro. Nonostante fossi un po’ sorpresa dall’assenza di Graziella, continuavo la mia marcia verso casa mia pensando che l’autobus fosse già passato. […] Quando sono ritornata dall’abitazione di Agata non solo non ho visto più la Graziella ma non ho intravisto neppure lo Giacobbe Franco lungo la strada.
Federico Franca – Carabinieri di Villafranca – 14 dicembre 1985
(testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina)
“[…] non riesco a capire come la sera del giorno 12 Graziella si sia allontanata da Villafranca, visto che come è stato successivamente appurato, non si servì dell’autocorriera. Da questa circostanza, conoscendo il tipo, sono portata a ritenere che Graziella sia potuta salire sull’auto di qualcuno che ben conosceva e dal quale nulla poteva temere o sull’auto di qualcuno che avrebbe potuto indurla a farlo sotto minaccia.
Nei primi giorni di questa settimana essendo io momentaneamente assente dal mio negozio, si è presentato un giovane a nome Travia che ha portato a lavare un giubbotto che è stato consegnato ieri. Ricordo che al mio rientro in negozio appresi dalle ragazze che il Travia si era presentato con il Franco Giacobbe che non entrò nel negozio ma rimase seduto a bordo dell’autovettura del detto Travia, una Fiat Ritmo.
Nella circostanza Graziella si lasciò andare a delle considerazioni sull’atteggiamento del Giacobbe.
Quella sera nella borsa…
Federico Franca – Carabinieri di Villafranca – 14 dicembre 1985
(testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina)
“L’ultima sera che ho visto Graziella, la stessa oltre ad indossare un giubbotto di colore rosso ed un pantalone nero aveva una borsa di cuoio di analogo colore con all’interno la somma di £ 70.000 che io stessa le avevo dato la stessa sera, nonché le chiavi della lavanderia, un’agendina rubrica telefonica e l’abbonamento dell’autobus.
Federico Franca – Verbale di esame di testimonio senza giuramento
19 maggio 1989, avanti al Dott. Marcello Mondello
“La sera che la Graziella è scomparsa, la giovane portava con sé una borsa di cuoio di color mattone ma non ho potuto vedere il suo contenuto”.
A questo punto si contesta alla teste che nella dichiarazione resa ai carabinieri, la stessa ha indicato in modo preciso il contenuto della borsa.
“Effettivamente io ho dichiarato quanto mi si contesta ma sempre su mia supposizione perché quella sera le avevo dato la somma di £ 70.000 e sapevo che portava sempre con sé le chiavi della lavanderia, l’abbonamento dell’autobus e un’agendina rubrica per annotare numeri telefonici”.
L’agendina…
Federico Giuseppe – Carabinieri di Villafranca – 11 gennaio 1986
(testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina)
“Effettivamente circa due mesi fa l’ing. Cannata detto Tony si trovava nel mio negozio sito in questa via Nazionale e se non ricordo male gli stavo già facendo lo sciampo quando improvvisamente questo rivoltosi al suo amico di nome Gianni disse: “Gianni, Gianni corri in lavanderia perché ho dimenticato nella tasca della giacca mi pare degli appunti”. Non ricordo che si trattava di una agenda o dei foglietti con numeri telefonici. Il Gianni è corso in lavanderia ed è quasi subito tornato dicendo che non aveva trovato nulla. A tal punto il Cannata mi è sembrato preoccuparsi. Preciso che qualsiasi cosa gli capitava prendeva tutto alla leggera e non era il tipo di preoccuparsene ma in quella circostanza dall’espressione del viso mi è sembrato preoccupato. Non ricordo se la mia ragazza che lavora in lavanderia o lui mi ha riferito che aveva trovato solo un’immaginetta nell’apposita custodia di plastica senza gli appunti.
A.D.R.: Non sono in grado di indicare più la data precisa in cui si verificò detto episodio in quanto il Cannata spesso si allontanava da queste zone e quella volta è stata una delle quali aveva fatto appena ritorno a fuori.
A.D.R.: Al ritorno di un suo consueto viaggio mi ha portato una immaginetta di Giovanni XXIII sistemata in una custodia di plastica e con al centro una piccola monetina in oro giallo penso. Si tratterebbe di una analoga immagine di quella dimenticata nella giacca e andata danneggiata nella lavanderia”.
Federico Franca – Questura di Messina – 10 gennaio 1986
“Sono a conoscenza degli appunti importanti che il Cannata avrebbe dimenticato in un taschino di una sua camicia e vi posso assicurare che le ricerche effettuate anche da parte mia non hanno consentito di ritrovarli, almeno fino ad oggi”.
Cannistrà Agata – Questura di Messina – 10 gennaio 1986
“La seconda settimana del mese di novembre u.s. l’ing. rivolgendosi a me ma in presenza anche di Graziella mi consegnò una borsa (segue elenco indumenti, n.d.r.) e senza aspettare che io controllassi il tutto se ne andò con l’impegno di ritornare come io gli avevo detto dopo una settimana circa. Andato via l’ingegnere, con detta biancheria mi portavo in una stanzetta retrostante l’esercizio dove dividevo gli indumenti per deporli nella lavatrice ad acqua. […] Il controllo che abitualmente faccio per la roba da mettere nella lavanderia a secco non lo feci voglio dire che detto controllo consiste nell’eventuale rintraccio di oggetti, fogli o altro lasciati nelle varie tasche involontariamente dal cliente. Dopo due giorni mi ricordo bene il Cannata ritornò in lavanderia facendomi presente che nel taschino di una camicia aveva dimenticato un piccolo portadocumenti contenente la foto del Papa e degli appunti molto importanti preciso che nel momento in cui tiravo fuori dalla lavatrice gli indumenti dell’ingegnere, notavo un piccolo portadocumenti di colore rosso vuoto che deponevo sulla lavatrice stessa per poi essere consegnato al legittimo proprietario che non pensavo fosse l’ingegnere. Di ciò informavo il medesimo Cannata al quale, accertatomi che fosse proprio suo, lo restituivo.
Federico Giuseppe – Questura di Messina – 10 gennaio 1986
“Nel mese di novembre del decorso anno sia il Cannata sia suo cugino Gianni, nel mentre si trovavano all’interno del mio esercizio di parrucchiere, si ricordarono di avere dimenticato nella tasca di un indumento consegnato alla lavanderia vi si trovava un qualche cosa, non ricordo se trattavasi foglio di carta o di una agenda, sul quale vi erano annotati dei numeri di telefono ai quali, l’ingegnere Cannata attribuiva grande importanza. Gianni uscì dal mio esercizio per recarsi in lavanderia al fine di recuperare tale oggetto. Quest’ultimo fece ritorno dopo 10 minuti circa dicendo che non era riuscito a rintracciare nulla”.
Romano Francesco – Carabinieri di Villafranca – 11 gennaio 1986
(testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina )
“A.D.R.: Qualche volta ricordo di aver notato nel mio esercizio un signore elegante che mia moglie mi diceva di essere l’ing. Cannata e che lo stesso era un ottimo cliente.
A.D.R.: Mi è stato riferito da mia moglie e dalla sua collaboratrice Cannistrà Agata che tempo fa il Cannata aveva dimenticato in una tasca di un indumento degli appunti che dopo il lavaggio purtroppo non hanno più trovato. Non so dire altro”.
I rapporti con Alberti e il Sutera
Federico Franca – Carabinieri di Villafranca – 11 gennaio 1986
(testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina)
“[…] Detto Ing. Cannata era un nostro assiduo cliente, unitamente al suo collaboratore geometra Gianni, è sempre stato gentile con noi e quindi si è creato un rapporto di amicizia. Ricordo che i due, in varie circostanze, hanno scherzato anche con la malcapitata Graziella ed in particolare il Cannata le diceva che il 31 febbraio l’avrebbe portata a ballare”.
Federico Franca – Questura di Messina – 10 gennaio 1986
“[…] Circa due anni e mezzo fa ho conosciuto, o meglio […] si è presentato in lavanderia, mandato da mio fratello Giuseppe, certo ingegnere Cannata, di nome Tony che per quanto poi ho saputo era un palermitano, trapiantato nella zona ed in particolare prima ad Orto Liuzzo e per ultimo a Rometta Marea. Detto Cannata si dimostrava una persona facoltosa dicendo egli stesso di essere proprietario di diverse autovetture, di essere possessore di uno yacht ormeggiato nel porto di Messina, di possedere diverse ville ed appartamenti. Il citato Cannata in lavanderia veniva spesso in compagnia di giovani e per ultimo insieme ad un certo Gianni, anch’egli palermitano. Nel corso della nostra conoscenza, derivante sempre per motivi di clientela, il Cannata si dimostrava un po’ corteggioso nei miei confronti. Anche se specificatamente più di una volta mi invitò a mangiare insieme a lui una pizza, cosa che io sistematicamente rifiutavo, però non mi ha mai fatto una proposta amorosa. Il Gianni invece, per averlo appreso da mia cognata Agata corteggiava la Graziella ma non so fino a quale punto anche perché quest’ultima non mi ha mai confidato episodi in tal senso”.
Cannistrà Agata – Carabinieri di Villafranca – 7 gennaio 1986
(testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina)
“A.D.R.: Conosco Cannata Eugenio, palermitano, da me conosciuto come Tony ma è la persona raffigurata che voi mi mostrate. Lo stesso è assiduo cliente della lavanderia e dico di più un buon cliente perché portava moltissima biancheria a lavare, anche intima. Il predetto Cannata si faceva chiamare ingegnere Cannata e ogni volta che veniva in lavanderia era sempre in compagnia di qualcuno, non del luogo che presentava come cugino, cognato, etc. Per quanto mi è dato sapere per averlo appreso dal Cannata, lo stesso abitava o abita a Rometta Marea e la di lui moglie a Palermo e svolgerebbe l’attività di insegnante. Il predetto Cannata che ho visto spesso cambiare autovettura era solito assentarsi per diversi giorni e quando rientrava ci raccontava di essere stato a Parigi, a Roma o in altre città. Ultimamente ciò risale a circa due mesi addietro l’ing. Cannata veniva in compagnia di un giovane dell’apparente età di anni 22, credo a nome Rosario, che aveva i capelli castano scuri, lunghi fino al collo, viso rotondo e con il naso leggermente schiacciato e di corporatura robusta, parlava con accento palermitano e ci venne presentato come cugino.
Il giovane Rosario abitualmente non parlava però una volta parlando del più e del meno con Graziella la stessa mi riferì che detto Rosario in effetti quando era venuto sempre in compagnia dell’ing. in lavanderia ed io mi ero trovata assente, si era dimostrato un chiacchierone ed un tipo allegro e scherzoso”.
Cannistrà Agata – Questura di Messina – 10 gennaio 1986
“[…] Tra i clienti di Rometta Marea vi era un certo “Tony”, il quale la prima volta che si presentò in lavanderia, cioè circa due anni orsono, venne a nome del mio fidanzato, Federico Giuseppe. Detta persona da allora cominciò a portare spesso indumenti di vario genere per lavarli. Dal mese di maggio-giugno del decorso anno, ricordo, che il citato ing. Cannata veniva in lavanderia in compagnia di un giovane, del quale per mezzo del mio fidanzato, seppi chiamarsi Gianni. Quest’ultimo era un giovane dell’apparente età di anni 22-25, di corporatura robusta, di statura media, aveva capelli color castano chiaro, lunghi e pettinati con riga laterale, viso rotondo, carnagione chiara. Il medesimo per quelle poche volte che io l’ho sentito parlare, anche se si esprimeva in italiano aveva un accento dialettale palermitano, così come l’ing. Cannata. A volte il Gianni veniva solo in lavanderia per ritirare la biancheria dell’ingegnere. Lo stesso era un tipo piuttosto taciturno però una volta Graziella mi confidò che quando si trovavano soli, anche in presenza dell’ingegnere, con lei era molto confidenziale.
In mia presenza il Gianni non dialogava mai con Graziella ma l’ingegnere aveva con la stessa delle battute di scherzo come ad esempio: “Graziella, qualche volta ti porterò a ballare con me, vediamo un po’, forse il 31 febbraio.
A.D.R.: Da quanto mi risulta, l’ing. Cannata era una persona che disponesse di molto denaro, dico questo sia perché quando pagava la biancheria tirava dalla tasca mazzi di banconote di grosso taglio sia perché lo vedevo in possesso di diverse autovetture di grossa cilindrata e cioè: una Mercedes di colore marrone, una Ritmo di colore blu, una Fiat Uno di colore grigio scuro, una A112 di colore pure questa grigio scuro, un Fiorino di colore rosso e credo pure una Fiat Panda di colore rosso. Di detti automezzi però non ho mai rilevato le targhe, per il semplice fatto che io li notavo solo dall’interno della lavanderia. Mi risulta pure che l’ingegnere fosse sposato e che la moglie, della quale non so come si chiami, insegna a Palermo e che solo il sabato e la domenica veniva in Rometta, con i suoi due figli, per trovarli. Per mia curiosità un giorno ho chiesto al mio fidanzato se conoscesse detta donna e lui mi rispose affermativamente descrivendomela come una bella donna dai capelli biondi che io un giorno notai a bordo di una Panda di colore rosso e con due bambini, davanti la lavanderia in una circostanza che l’ingegnere venne a ritirare alcuni capi di abbigliamento”.
Federico Giuseppe – Carabinieri di Villafranca – 7 gennaio 1986
(testimonianza raccolta da Maresciallo Giardina)
“A.D.R.: Di tanto in tanto il Cannata si assentava da Villafranca per dieci quindici giorni e quando rientrava mi riferiva che per motivi di lavoro si era recato a Parigi, Bologna o altre città. Ho anche ricevuto dal Cannata alcune cartoline inviatemi da varie località, cartoline che custodisco e che se vi necessitano posso anche produrveli. Il Cannata a ritorno di ogni suo viaggio veniva sempre con qualche suo nuovo amico, che presentava come cugino. Dette persone dopo alcuni giorni di loro permanenza a Villafranca T.na andavano via. Per ultimo e ciò risale a circa 20 giorni un mese addietro il Cannata mi presentò altro suo cugino a nome Gianni il quale a differenza degli altri parenti presentatimi prima aveva un accento continentale mentre gli altri avevano un accento palermitano. Preciso che il Gianni l’ho conosciuto mi è stato presentato circa sei mesi addietro dal Cannata e non lo vedo da circa 20 giorni un mese. Detto Gianni aveva i capelli castano scuri lisci a taglio normale, preciso biondo scuri e non castano scuri. Lo stesso era di corporatura robusta, di media statura, viso direi ovale ed il naso schiacciato. A dire dello stesso svolgeva l’attività di geometra e collaborava con l’ingegnere.
A.D.R.: Tutte le persone forestiere presentatemi dal Cannata a dire dello stesso, oltre ad essere suoi parenti erano geometri e suoi collaboratori. (…). Per brevissimo tempo prestai al Cannata la mia autovettura A/112, in quanto la sua l’aveva al lavaggio. Utilizzò la mia autovettura per circa due ore.
A.D.R.: Il Cannata con i suoi parenti erano dei buonissimi clienti nel senso che pagavano ‘profumatamente’ ed acquistavano anche molti prodotti della casa.
A.D.R.: Solo una volta il Cannata è venuto nel mio negozio in compagnia di una ragazza a nome ‘Lia’, di anni 20 circa di origine campana che mi venne presentata quale segretaria. Detta Lia diverse volte telefonò al mio esercizio parlando con il Cannata il quale probabilmente gli fissava lui l’ora in quanto si faceva trovare presente nella mia sala da barba. Circa tre mesi addietro il Cannata ebbe a dirmi che nel caso avesse telefonato la Lia anche se egli era presente nella sala dovevo dirle che non era reperibile.
A.D.R.: Ricordo bene che una volta l’ho visto alla guida di un’autovettura Renault 5 che dopo poco tempo ha cambiato con altra dello stesso tipo e mi sembra che erano targate Napoli.
A.D.R..: […] Per quanto riguarda l’abitazione di Rometta posso dire che a richiesta del Cannata io gli inviai un giovane per montargli una antenna televisiva, però non so di preciso quale villetta abitasse in Rometta Marea”.
Federico Giuseppe – Questura di Messina – 10 gennaio 1985
“[…] Conosco un tale a nome Cannata Tony, ingegnere abitante in Rometta Marea. Quest’ultimo era mio cliente. Era altresì mio cliente un cugino di quest’ultimo a nome Gianni. Questi era un giovane di apparente età di anni 25-28 alto metri 1,65 – 68, corporatura robusta, viso rotondo, capelli lisci, sul biondo scuro, pettinati con francetta, e di taglio regolare. Per taglio regolare intendo sui laterali lunghi fino a mezzo orecchio e sul posteriore lunghi quasi a toccare il colletto della camicia. L’ingegnere Cannata, invece, era dell’apparente età di anni 40-45, di corporatura magra, alto metri 1,75 circa, questi aveva capelli neri leggermente brizzolati dico questo perché gli tingevo i capelli mediante l’utilizzo di sciampi coloranti ciò al fine di coprire i pochi capelli bianchi. Quest’ultimo era fortemente stempiato e sulla parte superiore della testa aveva pochi capelli.
A.D.R.: L’ingegnere Cannata è da me conosciuto da circa tre anni in quanto cliente dell’esercizio per parrucchiere per uomo denominato “Giannino Santo”, sito in Messina via Garibaldi n.183, presso il quale lavoravo. Ricordo che l’ingegnere venne portato presso quell’esercizio da un tale, credo messinese, da me conosciuto solo di vista.
A.D.R.: Sia l’ingegnere che suo cugino, per quanto possa ricordare, hanno utilizzato, per i loro spostamenti, una Fiat Ritmo di colore blu scuro con targa Mi, una Fiat Uno amaranto, una Renault 5, di colore marrone scuro metallizzata, una Mercedes 190 marrone scuro metallizzata ed altre macchine che riceveva in prestito da amici di Villafranca”.
Catrimi Francesco – Carabinieri di Villafranca – 8 gennaio 1986
(testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina)
“Circa tre anni e mezzo fa si è presentato nel mio negozio di generi alimentari e frutta e verdura per fare delle compere un certo ingegnere Cannata Tony. Da quel tempo è diventato il Cannata assiduo mio cliente e quindi è subentrata tra noi un’amicizia al quanto leale da parte mia. Col passare del tempo mi ha presentato la moglie certa signora Emilia. […]
A.D.R.: […] Durante le ore che trascorrevamo insieme si parlava sempre di calcio e lui non apriva mai altre discussioni. In una circostanza ricordo che gli ho mostrato la foto mia che ho sulla patente di guida che risale a circa un ventennio ed ho invitato lui a farmi vedere la sua. Egli ha tirato fuori la patente di guida e me l’ha mostrata e ricordo che sulla patente c’era scritto Cannata Antonio”.
Calderone Maria (moglie di Catrini) – 29 gennaio 1986 – Carabinieri di Villafranca
29 gennaio 1986 – (testimonianza raccolta dal Maresciallo Giardina)
“[…] Il signor Tony Cannata che per circa 3 anni ha frequentato il nostro esercizio e con il quale correva buona amicizia e qualche volta il Tony con la sua famiglia (moglie e due figli) ed io e mio marito ed i miei figli siamo andati a pranzo fuori. Preciso, se non ricordo male che una volta è stato il 13 giugno di un anno o due anni fa in quanto in tale data ricorreva l’onomastico dell’ingegnere Tony ed un’altra volta per festeggiare l’acquisto da parte del Cannata di un’autovettura Fiat Uno. Il predetto signor Cannata qualche volta è venuto a casa mia ed in particolar modo quando veniva preciso in compagnia della moglie solo rare volte è venuto da solo. In compagnia del signor Tony da qualche anno vi era un giovane a nome Gianni e anche quest’ultimo in compagnia dell’ingegnere, qualche volta è venuto a casa mia”.
Maresciallo Giardina Carmelo
(Comandante stazione Carabinieri di Villafranca Tirrena) – 19 maggio 1989
Verbale di testimonio senza giuramento, avanti al G.I. Marcello Mondello
“Avevo visto l’Alberti a Villafranca prima dei fatti solo due volte, una volta dal barbiere “Federico” e l’altra volta nel negozio di generi alimentari della moglie del Catrini Francesco. La prima volta, appena entrai nel negozio l’Alberti mi salutò rispettosamente e io successivamente chiesi chi fosse tale persona. Mi fu risposto che era un gentiluomo e come tale era conosciuto a Villafranca. Non conoscevo affatto la Campagna Graziella”.
Gerlando Alberti – Tribunale di Messina
interrogatorio del 22 luglio 1987 avanti al G. I. Pasquale Rossi
“A.D.R.: Durante la mia latitanza io, qualificandomi come Ing. Cannata, ho sempre avuto rapporti di cordialità con tutti, anche con militari dell’Arma e della Polizia ed anche tre giorni prima del mio fermo ho offerto il caffè ad un maresciallo dei CC ed alla moglie”.
Gerlando Alberti – Tribunale di Messina
interrogatorio del 10 ottobre 1989 avanti al G. I. Marcello Mondello
“A.D.R.: Io ero latitante da circa 4 anni perché colpito da mandato di cattura emesso dal G.S. di Palermo per associazione a delinquere di stampo mafioso per traffico internazionale di droga. Mi trovavo a Villafranca da circa 3 anni, 3 anni e mezzo […]”.
11 gennaio 1986
Rapporto giudiziario di denuncia, a carico di
1) – Alberti Gerlando, nato a Palermo il 18.10.1947, anagraficamente residente in Calolziocorte (BG) in Via 11 febbraio n.14, di fatto dimorante in Rometta Marea (ME) […] Alias Ingegnere CANNATA Antonino nato a Palermo il 18.10.1947, nonché CANNATA Eugenio nato a Palermo il 28.5.1948; IRREPERIBILE
2) – Lombardo Giovanni, non meglio indicato, in corso di identificazione (verrà identificato in seguito come Sutera Giovanni, ndr.); IRREPERIBILE
3) – Federico Franca, di Gennaro, nata a Spadafora (ME) il 26.8.1961, residente in […] IN STATO DI LIBERTÀ
4) – Cannistrà Agata di Giuseppe, nata a BEX (Svizzera) il 5.5.1968, […] IN STATO DI LIBERTÀ
RITENUTI RESPONSABILI
° i primi due (Alberti e Sutera, n.d.r.), in concorso tra loro, di:
a) omicidio volontario in persona di Campagna Graziella, nata a Saponara il 3.7.1968,[…].
b) porto e detenzione illegale di arma da fuoco;
c) ricettazione della medesima arma;
° la terza e la quarta (Federico Franca e Cannistrà Agata, n.d.r.), di:
a) favoreggiamento personale, nei confronti dei primi due.
(segue ricostruzione del delitto e testimonianze sopra riportate, n.d.r.)
Questo Ufficio, alla luce dei fatti su esposti, considerata la personalità criminale dello Alberti, i suoi precedenti, il tempo di permanenza in questo territorio e quindi in definitiva la mole di interessi economici illeciti che egli aveva potuto creare, ritiene che ai documenti in questione fosse attribuita, dal suo proprietario, un’importanza vitale per il proseguimento delle proprie attività o per il coinvolgimento di complici evidentemente insospettabili.
Può essere accaduto, invero, che ad estrarre gli abiti dalla lavatrice sia stata Graziella Campagna e non la Cannistrà e che, legittimamente incuriosita, anche al fine di attribuire una proprietà al taccuino, l’aveva sfogliato rendendosi così conto di qualcosa che non avrebbe dovuto mai sapere. Ne discende quindi che l’Ing. “Cannata” dopo aver saputo da Agata, le cui dichiarazioni questo ufficio crede solo in parte, che ad estrarre gli indumenti dalla lavatrice era stata Graziella, abbia prima rimarcato di farla blandire dal “Gianni” nell’incontro avvenuto tra i due la sera del 9 dicembre a bordo dell’Alfa Sud e poi, avuta la certezza del recupero del taccuino l’abbia fatta eliminare.
Due precisazioni sono d’obbligo:
1) quando il Famà descrive la figura del giovane espone le stesse caratteristiche fisico-somatiche del “Gianni”;
2) il “Gianni” era l’unica persona giovane, di sesso maschile, verso il quale la Campagna, riservata ed introversa per natura, avesse dimostrato, negli ultimi tempi, un certo interesse e a cui solo si sarebbe accompagnata.
Si rammenta, altresì, che la mattina del 12, Graziella chiese preoccupata al fratello Pasqualino che l’accompagnava sul posto di lavoro se sapesse darle informazioni sul conto del giovane che viaggiava su un’Alfa Sud scura, del quale disse anche nome e cognome […].
L’ipotesi del legame esistente tra il rinvenimento del taccuino e l’omicidio della ragazza è altresì avvalorata dalla sparizione della borsetta e che lei, per certo, aveva la sera della sua scomparsa.
Questo Ufficio è altresì nella convinzione che la Federico e la Cannistrà siano state intimidite e diffidate, da parte dell’Alberti a collaborare con la giustizia, minacce che, rafforzate dall’efferatezza con cui è stato consumato l’omicidio Campagna, hanno raggiunto l’effetto sperato.
Si sottolinea, altresì, che sia la Cannistrà Agata che la Federico Franca e il Federico Giuseppe, hanno riconosciuto con certezza, nell’effige dello Alberti Gerlando, il fantomatico “Cannata”.
Per quanto precede si denunziano a codesta A.G. i nominati in oggetto ritenuti responsabili dei reati in rubrica loro ascritti.
27 gennaio 1987
Federico Franca – Verbale di esame di testimonio
senza giuramento avanti al G.I. Pasquale Rossi
“A.D.R.: Subito dopo la scomparsa della ragazza ho ricevuto due o tre telefonate ma l’interlocutore non ha parlato, limitandosi ad ansimare.
A.D.R.: Effettivamente nel dicembre del 1986, i primi giorni del mese verso le ore 21,00 ho ricevuto in casa una telefonata e sono stata minacciata da una persona che dal timbro di voce mi è sembrato essere un uomo maturo, con l’espressione “Ti ammazzo, sei una poco di buono”. Tale espressione è stata più volte ripetuta ed io sono svenuta. Presente vi era mia cognata La Rosa Giuseppa che abita in Villafranca […]. Tale mia cognata è sposata col fratello di mio marito, che si chiama Romano Ernesto.
A.D.R.: Mia cognata si trovava occasionalmente in casa mia, perché abitiamo nello stesso condominio.
A.D.R.: In un primo momento ho pensato che la telefonata fosse collegata con la morte della ragazza, ma poi riflettendoci ho pensato che potesse essere stato anche uno scherzo.
A.D.R.: Ripensandoci bene forse io queste telefonate non l’ho ricevute in dicembre, ma prima, verso la fine dell’estate.
A.D.R.: E’ vero che il fratello della Campagna è venuto da me nel mese di dicembre per dirmi se avevo ricevuto delle minacce che avevano procurato il mio svenimento e che io ho negato tali circostanze riferendomi solo alle telefonate avute subito dopo la morte della Graziella. Ho fatto ciò perché io non volevo riferire in pubblico cose private.
A.D.R.: Vi era presente la Cannistrà Caterina, il marito di quest’ultima, Rodi Giovanni, e insieme al fratello della Graziella vi era una persona che lui stesso aveva indicato come suo parente.
A.D.R.: Non ho riferito di aver ricevuto le telefonate di minacce né ai C.C. né alla Polizia perché le telefonate non si sono più ripetute”.
10 ottobre 1989
Gerlando Alberti – Tribunale di Messina
Interrogatorio davanti al G.I. Marcello Mondello
“A.D.R.: Il Sutera che era anch’egli latitante col quale non ho alcun rapporto di parentela, stette con me in Villafranca negli ultimi sei mesi. Il sabato e la domenica mia moglie e i miei figli mi raggiungevano nella villetta che io avevo preso in affitto a Rometta a nome di mia moglie ed in tali occasioni il Sutera si allontanava.
A.D.R.: Quando venni fermato a Orto Liuzzo l’8-12-85, ore 18 circa, mi trovavo da solo nell’auto Fiat Ritmo targata Mi che avevo acquistato a novembre a Milano dalla persona che risultava intestataria della carta di circolazione ed ero in attesa del trasferimento di proprietà a nome di mia moglie. Ribadisco che con me non vi era alcuna persona, non avrei alcuna ragione di negare la presenza di altra persona sull’auto, maggiore se si fosse trattato del Sutera. Ribadisco che io nel negozio di parrucchiere del Federico Giuseppe, non dissi affatto a chicchessia di avere dimenticato l’agendina nell’indumento che avevo portato a lavare alla lavanderia ‘La Regina’ che peraltro non frequentavo dal mese di novembre precedente perché mancavo da Villafranca essendomi portato a Milano.
Non è mia abitudine tenere agendine di sorta neanche negli indumenti. Io invece, sono solito portare con me immaginette sacre e in particolare immagini di Papa Giovanni XXIII e per il quale ho particolare devozione, tanto che ne acquistai addirittura n. 50 che ho distribuito ai miei amici”.
3 settembre 1986
Rapporto Giudiziario dei Carabinieri di Messina
al Procuratore della Repubblica relativo alla denuncia
in stato di latitanza di Alberti Gerlando e Sutera Giovanni
“… Per quanto esposto, pur avendo acquisito elementi di natura prettamente indiziaria, non è da escludere che gli autori dell’omicidio di Campagna Graziella si identifichino in Alberti Gerlando, Sutera Giovanni ed altri pregiudicati non potuti identificare e ciò per i seguenti motivi:
— l’Alberti ed il Sutera erano assidui frequentatori della lavanderia;
— esisteva un rapporto di amicizia fra la vittima ed il Sutera il quale, seppure con molta discrezione, la corteggiava;
— le caratteristiche fisico-somatiche del Sutera ed in particolare il naso ed il taglio di capelli a caschetto, sono verosimilmente uguali a quelli dell’autista dell’Alfasud che il giorno 9-12-1985 prese a bordo la Graziella;
— gli appunti tanto ricercati da Gerlando Alberti e certamente di natura compromettente, potevano, anche casualmente, essere finiti nelle mani della Campagna Graziella alla quale, peraltro, era stata rivolta dal Sutera la richiesta degli stessi;
— il rapporto conoscitivo tra la vittima ed il Sutera giustifica, la salita a bordo dell’autovettura di colore scuro la sera del 9 e del 12-12-1985 il cui possesso è attribuibile al Sutera Giovanni;
— Gerlando Alberti e Giovanni Sutera, sono notoriamente coinvolti e ricercati per gravi delitti di mafia e traffico di stupefacenti;
— gli appunti, tanto ricercati e potenzialmente finiti nelle mani di Graziella, avrebbero certamente compromesso il Sutera e l’Alberti tanto da minare la loro stessa copertura nella zona di Villafranca e paesi vicini, nonché all’organizzazione che ai due fa capo;
— nessun nesso è emerso tra la morte della ragazza e i moventi di natura diversi da quelli che univocamente conducono gli inquirenti ai citati Gerlando Alberti e Sutera Giovanni;
— la morte della ragazza è stata palesemente determinata a causa della scomparsa e successiva ricerca dei famigerati appunti, tant’è che la borsetta cui la Graziella era in possesso la sera del delitto, non è stata più ritrovata;
— sono da escludere i moventi di rapina e libidine perché la vittima non poteva essere in possesso di danaro né risulta essere stata sottoposta a violenza carnale;
— le modalità esecutive dell’omicidio, lo stile, la particolare efferatezza con cui è stato perpetrato, fanno ritenere, in maniera equivocabile, che la matrice sia di chiaro stampo mafioso.
A questo punto giova mettere in evidenza che la presenza del Gerlando Alberti e del suo luogotenente Sutera, in Villafranca Tana non era del tutto casuale o finalizzata allo scopo di trovare sicuro nascondiglio, bensì nascondeva ben altri interessi connessi al grosso traffico di sostanze stupefacenti, traffico questo che coinvolgeva pericolosi elementi della malavita catanese e palermitana.
Indagini e rapporto dei M.lli Carnemolla e Giardina – rapporto a firma del Maresciallo Maggiore – Comandante Int. della Compagnia Cono Mollica.
18 marzo 1987
Il G.I. Pasquale Rossi spicca il mandato
di cattura contro Alberti e Sutera
MOTIVAZIONE:
— ritenuto che a carico degli imputati sussistono concreti elementi di colpevolezza desumibili dalle indagini espletate dalla Squadra Mobile di Messina e dal Nucleo Operativo dei Carabinieri di Messina che hanno trovato conferma nelle risultanze istruttorie;
— considerato che la casuale dell’omicidio della Campagna deve essere identificata nella necessità per l’Alberti e il Sutera, latitanti e ricercati per gravi delitti di stampo mafioso e traffico di stupefacenti, di recuperare appunti dei quali la giovane era venuta accidentalmente in possesso e tali da compromettere la copertura dei medesimi nella zona di Villafranca e la loro organizzazione criminale;
— che tutto ciò trova riscontro nella sparizione della borsetta della quale la Campagna era in possesso la notte del delitto;
— che il rapporto amichevole giustifica la circostanza che la giovane sia salita a bordo dell’autovettura il cui possesso è attribuibile al Sutera riconosciuto attraverso le caratteristiche fisico-somatiche, il giorno 12-12-1985, data della scomparsa della Campagna;
— che nessuna altra casuale è emersa tra la morte della Campagna e moventi di natura diversa posto che la giovane non era in possesso di denaro né risulta essere stata vittima di violenza carnale;
— che la titolare della lavanderia presso la quale lavorava la Campagna, subito dopo il fatto, è stata oggetto di minacce anonime tali da far presumere che gli autori del delitto si siano convinti che questa fosse stata messa a conoscenza da parte della giovane di particolari per loro compromettenti.
1 marzo 1988
Il G.I. Pasquale Rossi
chiede …
“ (…) Con rapporti dell’11 gennaio ‘86 e 3 settembre i Carabinieri del Nucleo Operativo e la Squadra Mobile di Messina denunciavano Alberti Gerlando e Sutera Giovanni quali presunti responsabili dell’omicidio della Campagna.
Instauratosi procedimento penale e formalizzata l’istruzione veniva emesso ed esibito nei confronti dell’Alberti e del Sutera mandato di cattura.
Interrogati, l’Alberti si protestava innocente negando di aver perduto il portadocumenti in contraddizione con quanto riferito dai testi innanzi alla Polizia e ai Carabinieri e ribadito in istruttoria. Il Sutera invece si avvaleva della facoltà di non rispondere.
A conclusione della formale istruzione gli atti venivano rimessi al P.M. il quale concludeva chiedendo il rinvio a giudizio di entrambi gli imputati per rispondere dei reati rispettivamente loro ascritti.
La richiesta del P.M. deve essere condivisa essendo l’Alberti e il Sutera raggiunti da concreti e univoci elementi di colpevolezza.
Ed invero la spietata uccisione della giovane Campagna eseguita con tecnica e modalità di puro stampo mafioso (ben cinque colpi di fucile sparati da distanza ravvicinata) si spiega esclusivamente con la perentoria necessità dell’Alberti e del Sutera di rientrare in possesso del portadocumenti sulla quale evidentemente erano trascritti appunti, numeri telefonici ed altro, la cui lettura da parte degli inquirenti avrebbe compromesso l’organizzazione criminale alla quale i due latitanti appartenevano.
Tale esigenza apertamente manifestata dall’Alberti prima nel negozio del Federico poi dallo stesso e dal Sutera nella lavanderia, divenne necessità assoluta quando i due imputati trassero la convinzione che la Campagna, possa per curiosità essersi impossessata degli appunti. Il proposito deve fortemente essersi rafforzato quando i due furono fermati dai Carabinieri l’8 dicembre lasciando nelle loro mani la patente ed il libretto di circolazione.
A questo punto certi ormai d’essere stati identificati i due si sono prospettati l’eventualità, non appena la notizia fosse stata resa pubblica, che l’agendina fosse consegnata agli inquirenti dalla Campagna il cui fratello era per di più un Carabiniere. Il giorno successivo, esattamente il 9-12-85 un giovane (i cui tratti somatici per come riferito dal teste Famà coincidono con quelli del Sutera) avvicina la Campagna evidentemente per avere notizie già concrete delle carte. La sera del 12 la giovane viene nuovamente prelevata ed uccisa.
E’ bene porre in rilievo che la giovane, la sera del delitto, è uscita dalla lavanderia con una borsetta di cuoio, priva di oggetti di valore, che non è stata trovata sul posto e quindi deve ritenersi sia stata asportata dagli esecutori del delitto. Ed ancora nessun nesso è emerso tra la morte della ragazza e moventi di natura diversa da quelli che conducono all’Alberti e Sutera. Deve infatti escludersi il movente della rapina non essendo la ragazza in possesso di denaro né risulta che la medesima sia stata sottoposta a violenza carnale.
Né si potrà obiettare che gli imputati tornati in possesso degli appunti non avevano più interesse alla soppressione della ragazza. Quest’ultima infatti era diventata una testimone scomoda e quindi secondo la logica perversa del comportamento mafioso doveva essere eliminata anche per indurre al silenzio altre persone alle quali la vittima poteva aver fatto delle confidenze non appena resisi conto dell’importanza del documento in suo possesso. Si spiegano così le reiterate minacce telefoniche subite dalla titolare della lavanderia della Federico Franca e ciò conferma ulteriormente il collegamento tra l’ambiente di lavoro della Campagna e l’omicidio.
Infine particolarmente indiziante appare il comportamento processuale dei due imputati, il Sutera si è rifiutato di rendere l’interrogatorio evidentemente per evitare di cadere in contraddizione, l’Alberti ha avuto la sfrontatezza di affermare di non avere mai perduto il portadocumenti e addirittura di non avere portato indumenti da lavare alla lavanderia della Federico sin dal settembre 1985. E ciò malgrado le precise e concordanti testimonianze di numerosi testi la cui attendibilità non può essere posta in dubbio.
La verità è che l’Alberti ha capito che lo smarrimento dell’agendina lo inchioda alle proprie responsabilità e quindi istintivamente, ma nello stesso tempo in modo infermo, ha tentato di negare la circostanza del tutto pacifico agli atti.
Se lo smarrimento del portadocumenti, non fosse collegato con la morte della Campagna l’Alberti non avrebbe avuto difficoltà ad ammettere il fatto.
Per tali considerazioni, ritenuto che gravi e convergenti elementi di colpevolezza raggiungono Alberti Gerlando e Sutera Giovanni i medesimi devono essere rinviati al giudizio della Corte d’Assise di Messina per rispondere dei reati rispettivamente loro ascritti (cagionamento della morte di Graziella Campagna, n.d.r.).
P.Q.M.
[…] in conformità alla richiesta del P.M., rinvia Alberti Gerlando e Sutera Giovanni al giudizio della Corte d’Assise di Messina per rispondere dei reati rispettivamente loro ascritti.
13 febbraio 1990 – Messina
Il P.M. Giuseppe Gambino chiede il non luogo a procedere …
[…] Questo PM ritiene di dovere dissentire dalle conclusioni a cui, al termine dell’istruzione annullata dalla Corte d’Assise erano pervenuti il PM e il GI, per le seguenti ragioni:
il rinvio a giudizio dei due imputati era fondamentalmente basato sull’individuazione di un movente tutt’altro che certo: lo smarrimento di una agendina da parte dell’Alberti e il ritrovamento della stessa da parte della Campagna.
Non vi è prova in atti, infatti, che la Campagna abbia ritrovato l’agendina dell’Alberti e si sia rifiutata di consegnarla […]
E’ ipotizzabile che un’agendina di un latitante, di persona cioè che potrebbe essere catturata da un momento all’altro, contenga informazioni così importanti (appunti attraverso cui, ad esempio, ricostruire l’organigramma di un’associazione mafiosa?) da giustificare l’omicidio della persona che, casualmente, ne abbia preso visione?
Che senso ha per un latitante, sfuggito fortunosamente alla cattura, ritornare sui luoghi dove in precedenza era stato individuato?
Può la legge della vendetta, in questo caso tanto implacabile quanto improbabile, giustificare un simile rischio, soprattutto quando il danno conseguente all’ipotizzato rinvenimento dell’agendina era comunque irreparabile? […]
Anche a non voler indugiare sulla scarsa attendibilità della Curreri (madre di Graziella, n.d.r.) sul punto (come mai non riferì subito agli inquirenti una circostanza così importante), ritiene questo PM che la circostanza non convalida la tesi dell’esistenza di un valido movente dell’Alberti. Secondo quanto riferito dalla Curreri, la figlia non poté avere il tempo di leggere quanto appuntato sulla carta perché questa le venne prontamente tolta dalle mani della Cannistrà; questo assunto è confermato dal fatto che la Campagna si limitò a riferire l’episodio alla madre, senza manifestare però alcuna preoccupazione o indicare circostanze dalle quali potesse rilevarsi la vera identità e personalità dell’Alberti.
Non possono escludersi moventi diversi dall’unico ipotizzato dal PM e dal GI nella precedente fase istruttoria. Si veda in proposito la dichiarazione di Gianò Antonietta, che la sera del delitto vide un giovane a bordo di un’autovettura A 112 che sembrava infastidire la Campagna ferma in attesa dell’autobus, successivamente notò un’altra autovettura di grossa cilindrata allontanarsi dal luogo ove in precedenza la ragazza attendeva l’autobus e quindi l’arrivo dell’autobus che non si fermò ovviamente perché la ragazza non si trovava più là. Il fratello della vittima Campagna Pasqualino riferisce che l’ultima volta che accompagnò la sorella a lavorare apprese dalla sua viva voce che “un’Alfa Sud di colore scuro passava davanti alla lavanderia e mi chiese se io conoscessi il conducente…” […]
P.Q.M.
chiede che il G.I. a chiusura della formale istruzione, dichiari non doversi procedere nei confronti di Alberti Geralando e Sutera Giovanni in ordine ai reati a loro ascritti […] per non aver commesso il fatto.
Messina, lì 13 febbraio 1990,
(il Sostituto Procuratore della Repubblica – Dott. Giuseppe Gambino)
28 marzo 1990 – Messina
Il G.I. Marcello Mondello accetta le richieste del PM …
[…] Le indagini condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Messina e dai Carabinieri del nucleo operativo consentivano di accertare che la Campagna […] la sera del 12 dicembre non aveva utilizzato per rientrare in casa come era solita fare, l’autocorriera (vedi deposizione di Gianò Concetta), ma era salita su un’autovettura di colore scuro di grossa cilindrata ed ancora qualche giorno prima, esattamente il 9 dicembre, tale Famà Giovanni aveva visto la Campagna salire su un’autovettura Alfa di colore blu targata R.C. condotta da un giovane dai capelli moderatamente lunghi. Tali deposizioni inducevano gli inquirenti a ritenere che la vittima nelle due occasioni era salita sulla stessa autovettura condotta dalla stessa persona certamente ben conosciuta per cui doveva escludersi che la giovane fosse stata prelevata la sera del 12 con un atto di forza che non sarebbe certo passato inosservato in una zona ben illuminata e frequentatissima.
Le successive indagini consentivano agli inquirenti di identificare, quali presunti responsabili del delitto, Alberti Gerlando e Sutera Giovanni pericolosi pregiudicati e latitanti ricercati per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di droga ed altro (segue ricostruzione dei fatti, n.d.r.)[…]
Con ordinanza 1/3/88, […] il G.I. (Pasquale Rossi, n.d.r.) su conforme richiesta del P.M., disponeva il rinvio a giudizio degli imputati davanti alla locale Corte d’Assise per rispondere dei reati loro rispettivamente ascritti.
Con ordinanza emessa all’udienza del 10/3/89 la Corte, rilevato che nel corso della formale istruzione, erano stati compiuti atti istruttori senza la previa notifica agli imputati della comunicazione giudiziaria, dichiarava la nullità degli atti della formale istruzione ivi compresa l’ordinanza di rinvio a giudizio nonché di tutti gli atti consequenziali, rigettando l’istanza di scarcerazione dell’Alberti per decorrenza dei termini di custodia cautelare, nonché di concessione degli arresti domiciliari.
Pervenuti nuovamente gli atti a questo G.I., veniva disposta immediata scarcerazione degli imputati con imposizione dell’obbligo di domiciliare il primo in Messina e il secondo in Palermo.
Interrogati nuovamente gli imputati con mandato di comparizione ed espletata la formale istruzione il P.M. concludeva chiedendo dichiararsi non doversi procedere a carico dei prevenuti in ordine ai reati loro ascritti per non aver commesso il fatto.
La richiesta deve essere accolta.
Invero le statuizioni alle quali questo G.I. era pervenuto con l’ordinanza di rinvio a giudizio del 1/3/88 ad un più attento esame dei fatti, non possono essere condivise anche alla stregua della sopravvenuta normativa processuale, che legittima il rinvio a giudizio dell’imputato solo allorché sia fondata la prognosi di una pronuncia di condanna in sede dibattimentale: il che sulla base degli elementi raccolti nel corso della formale istruzione non può affatto accadere.
Come ha esattamente rilevato il P.M. nella sua requisitoria del 13/2/90 l’accusa mossa agli imputati si fonda esclusivamente sulla causale individuata nel ritrovamento da parte della sventurata Campagna dell’agendina […] la quale in tal modo sarebbe venuta a conoscenza di non ben precisate notizie compromettenti riguardanti l’Alberti […].
Sennonché tale causale come pure ha osservato il requirente non può affatto ritenersi certa: ed al riguardo valgono gli interrogativi posti dal requirente, il quale ha giustamente osservato come sia scarsamente ipotizzabile che un latitante, ossia persona che potrebbe essere catturata da un momento all’altro, sia solito portare addosso una agendina contenente appunti compromettenti. Inoltre è da rilevare che la Campagna se veramente avesse ricevuto minacce da parte dell’Alberti o anche di altri non avrebbe mancato certamente di parteciparlo ai familiari. Vero è che la madre della giovane vittima, Curreri Santa, sentita da questo G.I. ebbe a riferire (si veda testimonianza Curreri Santa, n.d.r.). La circostanza (si riferisce all’episodio che vedrebbe la Cannistrà strappare dalle mani a Graziella l’agendina, ndr.) che avvalorerebbe la tesi originaria dell’accusa, appare però scarsamente attendibile giacché se veramente la figlia le avesse fatto una tale confidenza, la Curreri, la quale doveva necessariamente essere a conoscenza delle risultanze investigative, non avrebbe mancato di riferirla agli inquirenti per supportare l’accusa. Ella invece nulla riferì agli inquirenti, i quali neppure la interrogarono e giustificò davanti a questo G.I. tale sua inerzia con il suo stato d’animo contristato per la perdita della figlia e con il convincimento che la causale dell’omicidio fosse da ricercarsi nel risentimento nutrito dal Giacobbe Francesco per non essere stato accettato come fidanzato dalla figlia. Peraltro la Cannistrà escluse di avere strappato alcunché dalle mani della compagna di lavoro, anche se ammise la circostanza del rinvenimento del portadocumenti in una tasca di una camicia (segue testimonianza della Cannistrà, n.d.r.). Peraltro la circostanza dell’interesse del sedicente Cannata al recupero del portadocumenti e soprattutto del suo contenuto risulta anche da altre fonti processuali e precisamente dalle dichiarazione dei testi Romano Francesco, della di lui moglie Federico Franca […] nonché del teste Federico Giuseppe (segue testimonianza della Federico Giuseppe, n.d.r.). La premura dimostrata dall’Alberti per recuperare i fogli dimenticati nella tasca dell’indumento portato in lavanderia dimostra l’importanza che lo stesso annetteva a tali fogli verosimilmente contenenti indicazioni compromettenti anche in considerazione della sua situazione di latitante.
L’Alberti, evidentemente consapevole del peso indiziante della circostanza sopra riferita, l’ha negata in toto, in ciò sostenuto dal Sutera, il quale però più cautamente ha asserito che non gli “risultava” di essere stato incaricato dall’Alberti di portarsi nella lavanderia alla ricerca degli appunti […]: ma la circostanza di cui sopra, come detto affermata dal Federico Giuseppe e dalla Cannistrà Agata, la quale però ha dato una versione dei fatti lievemente difforme, dalla quale però è possibile cogliere pur sempre il preoccupato interesse dell’Alberti al recupero degli appunti o agendina che fosse.
Altro elemento indiziante a carico degli imputati è costituito dall’allora assurda negativa in ordine alla presenza del Sutera insieme all’Alberti, allorché i due vennero fermati dai carabinieri Renda e Calannese in località Orto Liuzzo l’8 dicembre precedente con la Fiat Ritmo targata MI intestata al Fricano Rosario. Tale linea difensiva evidentemente è stata assunta dagli imputati al fine di allontanare ogni sospetto in ordine alla loro partecipazione all’omicidio, mediante l’esclusione del partecipe necessario Sutera assiduo accompagnatore dell’Alberti in occasione dei suoi spostamenti.
Tuttavia i soprannumerari elementi indizianti a carico degli imputati non paiono per nulla idonei a costituire prova della responsabilità degli stessi in ordine all’efferato crimine, che peraltro per le modalità di esecuzione sembra proprio provenire da elementi appartenenti ad organizzazione criminale.
Lo “stampo” mafioso dell’omicidio si coglie infatti dal tipo di arma adoperata (un fucile a canna mozza), oltre che dal numero dei colpi esplosi (5), due dei quali sparati quando la vittima giaceva già sul terreno e dall’assenza sul corpo della vittima di tracce di violenza di qualsiasi specie appare altresì strano che la Campagna, la quale pure era restia ad accettare passaggi sulle autovetture di persone conoscenti, si sia da sola determinata a salire sull’autovettura della persona che la condusse sul luogo dell’esecuzione. E’ da pensare al riguardo o che la ragazza sia stata imbarcata sull’autovettura con modi alquanto bruschi ovvero che la stessa abbia volontariamente aderito all’invito rivoltole da persona conoscente nella quale aveva piena fiducia: e tale era appunto il Sutera, del quale la Campagna con la sua collega Cannistrà con la quale, malgrado il suo carattere introverso, aveva discreta confidenza.
D’altro canto, ancorché la causale riferita agli odierni imputati appaia senz’altro abbastanza esigua, non è emersa alcun altra causale che possa, non si dice giustificare, ma neppure lontanamente spiegare un sì efferato crimine. Tale assoluta assenza di altre possibili motivazioni del delitto non può che ricondurre i sospetti verso gli odierni imputati; ma non essendosi tali sospetti coagulati in prove (né potendosi, in ipotesi, escludere del tutto altre eventuali causali rimaste ignote), non resta che dare ai prevenuti completo discarico, prosciogliendo gli stessi dal più grave addebito di omicidio aggravato, nonché da quella consequenziale detenzione e porto illegale di fucile, per non aver commesso il fatto come sollecitato dal P.M. […].