“Il ruolo della testimonianza” di Stefania Grasso
Il ruolo della testimonianza
di Stefania Grasso
Pubblicato su Narcomafie Dicembre 2011
21 dic 2011 Libera Memoria
L’esperienza che molti di noi, famigliari delle vittime delle mafie, vivono attraverso la testimonianza è davvero straordinaria. Perché attraverso il racconto della propria esperienza si instaura una forte relazione con coloro che ascoltano, una relazione sincera che permette all’ascoltatore di vivere quel racconto senza alcuna barriera, sentendolo in maniera profonda, interiorizzandolo e facendosi a sua volta portavoce di quella testimonianza. Tutto questo lo verifichiamo quando, dopo un incontro pubblico, noi famigliari riceviamo moltissimi ritorni positivi e richieste di restare in contatto. Sono parole di forte coscienza volte al cambiamento, parole di speranza, parole di vita per tutti noi, che ci spingono ad andare avanti e a contribuire al cambiamento. Ed è proprio attraverso queste parole che voglio dare il senso di quello che sto scrivendo, rubandole a chi le ha scritte:
Ti scrivo dopo tutto questo tempo perché ci tenevo a ringraziarti davvero per tutto quello che hai fatto per me e che continui a fare per la nostra terra. Credo di non averlo fatto abbastanza quel giorno di due anni fa. Volevo farti sapere che il tuo discorso ha cambiato completamente il mio modo di vedere le cose, e ha dato una svolta a quella vacanza che per me, come per molti altri, è risultata la più bella che avessi mai fatto. Non faccio parte di Libera qui in Sicilia, ma lavoro attivamente in un centro per gli extracomunitari e credo fermamente e spero in un futuro migliore per tutti noi. Sarei davvero felice di rivedere una persona che in sole due ore è riuscita a fare quello che una vita intera non era riuscita a trasmettermi!” E ancora: “Questa mattina ci ha detto che con un sì o con un no la nostra vita può essere in pericolo o può cambiare, e ci ha detto anche che le regole bisogna rispettarle, non come fanno gli ‘altri”.
Mi hanno scritto che, nonostante la tristezza e il dolore, riesco a sorridere… Un altro messaggio recitava:
Penso a uomini, donne e bambini che hanno perso la vita per il rispetto delle regole. Penso che siano queste persone il buon esempio, si sono sacrificate per noi, per la nostra educazione, per una vita migliore senza il mostro che uccide per denaro, senza la mafia. So che posso dare il buon esempio. So che devo rispettare le leggi. Non devo cedere al silenzio. Non devo vendicarmi. Ma devo trovare la giustizia e la forza per diffondere la mia testimonianza, è l’unica possibilità per combattere il mostro.
Lavorare sulla memoria acquista dunque un valore insieme pedagogico e politico. Lavorare sulla memoria serve a riannodare i fili che legano l’esistenza individuale e quella della comunità. Si scopre come ogni vicenda biografica avvenga in un contesto sociale e rimandi ad un sistema di relazioni, che, decifrato, dà un senso più pieno a quella vicenda. Il lavoro sulla memoria motivato da questa intenzionalità riesce a far emergere una sorta di “senso comune”, cioè una certa consonanza di rappresentazione della realtà, che è condivisione culturale.
L’idea di creare una nuova fase dei processi educativi e formativi volti a costruire coscienza e cultura antimafiose mi convince con sempre maggiore forza che lo strumento della testimonianza, in mano ai famigliari, deve essere sempre più diffuso ed efficace nei confronti della comunità.
La testimonianza ha dunque un ruolo educativo? Il senso di tutto, senza aggiungere altre parole, lo ritroviamo nelle parole di Sant’Agostino: “È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modi nell’animo e non vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l’attesa”.