“Processo Rostagno: le indagini malfatte, la pista mafiosa mai seguita e il colonnello che non ricorda” di Rino Giacalone

“Processo Rostagno: le indagini malfatte, la pista mafiosa mai seguita e il colonnello che non ricorda”
di Rino Giacalone

Articolo del 13 giugno 2012 da antimafiaduemila.com

C’era bisogno di una ulteriore testimonianza per sapere che i carabinieri per anni non hanno mai indagato a dovere attorno al delitto di Mauro Rostagno? La risposta che viene da dare è no, non c’era questo bisogno perché già questa circostanza è un fatto assodato dal dibattimento che è in corso da 16 mesi dinanzi alla Corte di Assise di Trapani.

E che si trattava di indagini non condotte a perfezione lo dimostra la circostanza certamente insolita che i carabinieri che per anni hanno detto di avere indagato sono stati ad un certo punto sentiti come persone informate dei fatti quando la Procura di Trapani a metà degli anni ’90 riaprendo le indagini si accorse di gravissime anomalie, come la sparizione dei brogliacci delle intercettazioni e dei nastri delle stesse intercettazioni. Debbono essere state convocazioni indigeste se un importante ufficiale, come l’ex comandante del reparto operativo dell’arma, oggi colonnello Elio Dell’Anna, sentito nel processo nel corso dell’udienza di oggi 13 giugno, ha addirittura rimosso il ricordo della sua convocazione dinanzi all’allora procuratore di Trapani Garofalo. Non ricordo ha risposto all’avvocato di parte civile Carmelo Miceli, uno dei tanti non ricordo che hanno condito la sua testimonianza. Tanti non ricordo, forse troppi, eccessivi per un teste che è stato chiamato sul pretorio dalla difesa dell’imputato Vito Mazzara (il presunto assassino di Rostagno) e che con la sua testimonianza doveva aprire uno scenario non nuovo, già sondato ed escluso dalla magistratura, ma l’avvocato Vito Galluffo ci ha provato a far riparlare delle possibili connessioni tra il delitto Calabresi e il delitto Rostagno.

La vicenda è questa. Nel 1988 la Procura di Milano e l’ufficio istruzione riaprono le indagini sul delitto del commissario Luigi Calabresi. C’è un pentito, ex componente di Lotta Continua, Leonardo Marino, che accusa l’esecutivo del movimento, nel frattempo sciolto, di avere ordinato l’uccisione del commissario Calabresi. L’accusa è diretta al leader di Lotta Continua, Adriano Sofri, un avviso di garanzia arriva a Rostagno  perché era componente di quell’esecutivo mandante del delitto Calabresi, anche se secondo il pentito Marino, Rostagno era contrario. Mauro Rostagno dagli schermi di Rtc reagisce a quella comunicazione giudiziaria, fa un editoriale, dice che presto vuole essere sentito dal giudice istruttore Lombardi. Ma i killer a Lenzi arrivano prima.

Una vicenda che si è riaperta in Corte di Assise. Risultava risolta, i contorni emersi erano risultati fin troppo frutto di fantasia, scenari dove semmai possono cogliersi aspetti di pre concetti politici nei confronti di ambienti politici. “Vicenda infarcita da gratuiti giudizi spacciati per notizie di reato” commenta in una pausa dell’udienza fuori dall’aula il pm della Dda di Palermo Gaetano Paci. Che bisogno c’era di riaprire questi scenari? Il bisogno è stato tutto della difesa degli imputati che sostengono che Rostagno non fu ucciso dai loro assistiti, dalla mafia insomma, ma da altre entità. La pista Calabresi? Ci sta, a sentire le difese. La sintesi è questa: Rostagno indagato per il delitto del commissario non ci sta e vorrebbe essere sentito per accusare meglio i suoi ex compagni di Lotta Continua. Incarica un avvocato, Giuliano Pisapia di parlare con il giudice istruttore, Antonio Lombardi, per farsi presto sentire. E l’avvocato in effetti parla a Lombardi e dice che Rostagno vuole essere sentito per fare rivelazioni clamorose. Ora tutto questo non lo dicono i diretti interessati, ma l’ex capitano oggi colonnello Elio Dell’Anna. E’ lui che nel 1992 mette tutto questo nero su bianco, in un “pro memoria” per il pm titolare dell’indagine sul delitto Rostagno, il suo scritto deriva da un colloquio avuto con il giudice Lombardi. Quando la notizia a suo tempo uscì su L’Espresso e Panorama, il giudice Lombardi smentì, Adriano Sofri che era stato chiamato in causa anche per il delitto Rostagno, presentò denuncia per calunnia. Oggi fuori dall’aula grazie a Valeria Gandus che è andato a sentirlo ha fatto sentire la sua voce anche l’avvocato che secondo il pro memoria di Dell’Anna per conto di Rostagno andò dal giudice Lombardi a sollecitare l’interrogatorio. Si tratta di Giuliano Pisapia, attuale sindaco di Milano. Per l’ufficiale dei carabinieri altra smentita. Pisapia a valeria Gandus ha dichiarato: “L’abboccamento con il giudice Lombardi non c’è mai stato, la ricostruzione di Dell’Anna è totalmente destituita di fondament. All’epoca dell’arresto di Sofri, Rostagno aveva dato semplicemente la sua disponibilità a farsi interrogare”. Valeria Gandus chiosa: “Rostagno non voleva certo testimoniare contro i suoi compagni, come provano le registrazioni dei suoi interventi alla televisione privata di Trapani dove ribadiva la sua fiducia a Sofri e rivendicava la propria militanza in Lotta continua. In ogni caso, non ebbe il tempo di testimoniare, perché venne ammazzato prima”.

In aula, in Corte di Assise, il colonnello Dell’Anna è apparso fortemente a disagio, ha spiegato che le sbavature contestate dai pm Paci e Del Bene, erano dovute all’emergenza dei tempi. C’erano omicidi ogni giorno, “io non sapevo nulla di Calabresi, delle indagini di Milano, me ne dovetti occupare perché me lo chiese il pm che seguiva il delitto Rostagno, non ricordo da cosa aveva preso spunto ma mi chiese di parlare col giudice Lombardi a Milano, cosa che feci, poi dopo quel colloquio scrissi quel pro memoria, trascrissi tutto quello che ci eravamo detti, tutto quello che mi era rimasto in memoria, ho scritto quello che pensavo che ci fossimo detti”. C’erano omicidi ogni giorno, c’erano le faide mafiose in corso, ma per il delitto Rostagno “non si seguiva la pista di mafia – ha detto Dell’Anna – perché i pm non ci hanno mai fatto una delega di indagine in questo senso”.

Le sbavature di questo pro memoria. “E’ possibile che un giudice istruttore in piene indagini decida di parlare con un ufficiale dei carabinieri che non si occupa di quelle indagini del loro contenuto? E’ possibile che un pm di Trapani incarichi quell’ufficiale dei carabinieri ad andare a parlare con quel giudice e tutto questo lo fa a voce?”. Il pm Gaetano Paci non ha graziato l’ufficiale dei carabinieri e quando la difesa ha detto che quell’attività era condotta con specifica delega, è saltato fuori che il pro memoria era di novembre 1992 e una delega di indagini risulta rilasciata a dicembre 92. Possibile?  E poi ad una delega di indagine si risponde con un pro memoria? I pm pongono i quesiti al colonnello Dell’Anna ma ottengono risposte vaghe, non ricordo tantissimi, Dell’Anna non nasconde che la storia è delicata, “per questo avevo chiesto al pm di andare lui a parlare con il giudice Lombardi….io certamente quello che ho scritto non me lo sono inventato”. E cosa c’è scritto in quel pro memoria? Per esempio che Chicca Roveri e Francesco Cardella sapevano le ragioni del delitto Rostagno e che Rostagno voleva raccontare tutto quello che sapeva sul delitto Calabresi. “E questo dato da dove lo ha tratto?” hanno chiesto i pm, “forse Lombardi, forse non ricordo” la risposta dell’ufficiale.

Memoria senza ricordi sul caso per il colonnello Dell’Anna che non nasconde fastidio perché di questa storia ancora se ne parli, “io ho subito gravissime conseguenze, anche un procedimento penale”. Il giudice Lombardi ha sempre smentito la circostanza di aver parlato di collegamenti tra i due delitti con Dell’Anna, ma il colonnello in aula ha detto di non conoscere le dichiarazioni del giudice. “Ma lei non è stato sentito nel 1996 dal procuratore di Trapani Garofalo come persona informata dei fatti proprio su queste vicende? Non ha avuto lette per contestazione le dichiarazioni del giudice Lombardi? Questo ad un certo punto ha chiesto l’avvocato di parte civile Carmelo Miceli: “Io sentito dal procuratore? Niente affatto” ha risposto Dell’Anna. Quando però hanno fatto la comparsa i verbali di sit, il colonnello ha tirato fuori ancora un “non ricordo”. Il procuratore Garofalo scrisse che connessioni tra i due delitti non ce ne potevano essere. Il pro memoria del comandante Dell’Anna non conteneva fatti realmente accaduti.

L’udienza è poi continuata con l’audizione di un pentito (o ex pentito) Roberto Sipala, uno che è diventato mafioso a 14 anni, prima diventando uomo della “stidda” e poi uomo d’onore con Cosa nostra. Anche lui citato dalla difesa. Sipala ha ribadito il contenuto di un suo verbale di interrogatorio, che un gruppo di catanesi si mosse per venire a Trapani ad occuparsi del delitto Rostagno. Ha fatto il nome del killer, un certo Fagone, che rimase ferito “perché scoppiò il fucile”, parlò delle responsabilità che avrebbe avuto Chicca Roveri, la compagna di Rostagno: per queste dichiarazioni Sipala è stato condannato per calunnia, le sue rivelazioni sul delitto sono risultate tutte false, un gran bugiardo, ancora ieri chi è il personaggio citato dalla difesa dell’imputato Vito Mazzara, celo ha ricordato da Firenze Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’associazione che ricorda le vittime della strage mafiosa di Firenze del 27 maggio: “Roberto Sipala sentito oggi al processo Rostagno come “imputato di reato probabilmente collegato”, agli inizi del 1994 ebbe a dire :”Come ho già detto, tutto quanto ho riferito in merito alla strage di Firenze, me lo sono inventato”. Le dichiarazioni a cui faceva riferimento Roberto Sipala risalivano appena a metà Settembre del 1993, a pochi mesi dalla strage di Via dei Georgofili, dove avevamo perso drammaticamente i figli. Sentirlo chiamare oggi collaboratore di giustizia e saperlo agli arresti domiciliari a scontare la sua pena, per noi, anche con tutto il dovuto rispetto verso i collaboratori, resta davvero difficile accettarlo”. Un bugiardo matricolato, ancora una volta la svolta nel processo per il delitto Rostagno a favore della difesa non c’è stata. Sia con il colonnello Dell’Anna sia con il (finto) pentito.

 

 

 

 

 

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