QUARANT’ANNI DI MAFIA Storia di una guerra infinita di Saverio Lodato

QUARANT’ANNI DI MAFIA
Storia di una guerra infinita

di Saverio Lodato
Editore: Bur Rizzoli 2012

 

La storia di Cosa Nostra dagli anni Sessanta fino alle ultime rivelazioni sulla trattativa fra Stato e mafia. Uno studio rigoroso e acuto – i cui risultati furono apprezzati anche da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino oggi completamente rivisto e aggiornato fino ai nostri giorni. Uno strumento per comprendere la natura di Cosa Nostra, per fare luce sui torbidi rapporti, sempre in bilico tra collusione e aperto conflitto, fra lo Stato e questo enorme potere criminale, per ricordare gli eroi, i vincitori e gli sconfitti di una guerra infinita. Un’opera enciclopedica che mette a sistema, senza censure né retorica, i fatti che hanno segnato la storia della mafia; una fotografia fedele della sua evoluzione, priva dell’alone folcloristico che solitamente offusca le cronache criminali; il punto d’arrivo e allo stesso tempo la premessa di una riflessione sul futuro di Cosa Nostra. E del nostro Paese.

 

 

 

Fonte: antimafiaduemila.com
Recensione del 21 luglio 2013
Con la mafia una guerra senza fine?
di Giorgio Bongiovanni

Il libro di Lodato si arricchisce di un nuovo capitolo che affronta il tema della trattativa con lo Stato protagonista
C’è un nuovo capitolo nella riedizione del libro “40 anni di mafia”, il testo scritto dal giornalista Saverio Lodato, ripubblicato appena un anno addietro, in cui si raccontano gli anni di lotta alla mafia.
Un “best seller” storico che piacque in particolar modo a Falcone e Borsellino ai tempi della sua prima uscita tanto che lo presentarono in più occasioni negli anni ’90, prima di morire, sia a Palermo che a Roma. Addirittura Falcone scrisse anche un’ampia recensione per Micromega. Quelli erano i tempi in cui il “pool antimafia” di Palermo era diventato lo strumento operativo di una parte della magistratura che finalmente non accettava più di convivere con la mafia.

La novità assoluta in questa ristampa, presentata proprio nei giorni delle commemorazioni per la strage di via D’Amelio, è il capitolo in cui Saverio Lodato parla di tutta la storia e degli intrecci riguardanti la trattativa Stato-mafia e le indagini che ne sono susseguite fino ad arrivare ai giorni nostri. Una serie di eventi che arriva ad involucrare le altre sfere del potere fino al Capo dello Stato.
Un capitolo che chiude il cerchio sulla storia della mafia che, come provocatoriamente dice lo stesso autore, sembra essere davvero destinata ad andare avanti a lungo o addirittura senza fine.

“È lo champagne che stona” scrive Saverio Lodato, nell’introduzione al suo libro su “Quarant’anni di mafia” (BUR Rizzoli), parlando non solo di quel mondo politico ”che la mette (la mafia, n.d.r.) al riparo dalla sconfitta definitiva”, ma del volto appariscente e televisivo dell’”onorevole consorteria malavitosa, pacchiana e ridanciana”. La mafia del 2000: quella che continua a fare affari e crimini nello stile di 40 anni fa, ma con quel codazzo di complicità che danno tanto l’aria di essere ‘impunità’, termine perfetto anche se romanesco. Impunita perché non ha paura di mettere davanti allo specchio delle Tv il suo volto volgare facendosene addirittura vanto. Impunita perché non è mai veramente punita nella sua vena malvagia che ruba ricchezze alla maggioranza degli italiani, usando risorse a proprio uso e consumo.

“A stonare sono i vassoi di cannoli, le coppole che vorrebbero essere sarcastiche, i baci a scena aperta, le pacche sulle spalle, gli ‘evviva’ ed i ‘bravo’ al miracolato di turno” scrive con una dose di amarezza Saverio Lodato, riferendosi a quelle scene in tv che vede indagati assolti o prescritti (o addirittura condannati a pene minori di quanto temessero di avere) che ridono in faccia a chi invece lavora e paga le tasse, infischiandosene dell’effetto boomerang internazionale di quelle immagini televisive che fanno il giro del mondo. Perché in questo libro che ripercorre quarant’anni di mafia, Lodato giunge ad una amara conclusione: la strada verso l’abisso continua, invece della fine della mafia ci si avvia, nella migliore delle ipotesi, ad una lotta che “non finirà presto. Se mai finirà”. Come interpretare altrimenti, questo “altalenante gioco di vittorie e silenzi contro i criminali mafiosi, legati all’altalena politica delle emergenze?” si chiede l’autore del libro che ha visto e vissuto da vicino, come cronista palermitano, le vicende dell’appassionante metodo di lavoro del pool antimafia di Falcone e Borsellino, quando gli uffici erano invasi dal fumo delle sigarette e dalle pile di carta e faldoni, quando non esistevano ancora i computer o i telefoni cellulari, quando il rigoroso lavoro dei magistrati portò al maxi processo di Palermo con la confessione di Buscetta, le condanne sino alla Cassazione, la prova provata dell’esistenza di Cosa Nostra e dei legami che aveva con la politica…

E proprio lì, sulla soglia della scoperta di quell’intreccio, ecco le stragi di Capaci e di Via D’Amelio, e prima ancora il “corvo” ed i depistaggi, il CSM che bocciava Falcone alla successione di Caponnetto all’Ufficio Istruzione di Palermo. Vent’anni fa… Vent’anni dopo, cosa resta di quelle pagine di storia e cosa resta di quella straordinaria mobilitazione popolare che portò Palermo e la sua ribellione alla degna ribalta del mondo,con i lenzuoli bianchi ai balconi e le donne della Kalsa a scendere in piazza? La domanda è più che legittima: la risposta si può trovare nelle 892 pagine del libro, ma soprattutto in quel filo nero “che dagli anni Settanta” conduce ai giorni nostri. Per dire, scavando tra fatti e storie ricostruite da cronista e da storico, che la lotta alla mafia in Italia è “un’esperienza molto giovane che è invecchiata molto presto”. Non a caso però questa frase, di Lodato, è tratta da un quaderno di Libera dedicato nel 2008 al giornalismo ed alle mafie (e coordinato dal mia abbastanza compianto Roberto Morrione). Perché racchiude in sè la speranza di un riscatto sempre possibile e già praticato, da Libera e da tutti i ragazzi ed i meno giovani che vi appartengono, unita ad un disincantato sguardo sull’esperienza politico-giudiziaria della lotta alla mafia di questi giorni.

“È la politica che tiene in vita la mafia. È la politica che la coccola e la tiene all’ingrasso. È la politica che le dà ossigeno”, scrive con chiarezza e senza mezzi termini Saverio Lodato. Da giornalista che continua a guardare questo mondo, a parlarne ed a scriverne. Perché in Italia la lotta a questa criminalità organizzata si può anche fare, ma alla maniera manzoniana: “adelante Pedro, con juicio”, avanti ma con giudizio, senza andare oltre un certo limite e guardando bene di non pestare i piedi. Ecco perché anche il concorso esterno in associazione mafiosa è visto come reato ”cui ormai non crede più nessuno”, come ha recentemente detto in Cassazione un Procuratore Generale che invece di fare il mestiere di accusatore ha incredibilmente difeso quell’imputato nei cui confronti doveva, ai sensi dello Stato che rappresenta, svolgere il ruolo di ‘esaminatore di prove d’accusa’… Perché quella ‘zona grigia’ è fatta proprio di persone cui non si possono pestare i piedi più di tanto, perché in fondo, sono la faccia del potere economico oltre che politico.

Quel potere con il quale dialoga anche la mafia, soprattutto in quelle zone dove è tradizionalmente insediata o in quelle regioni di infiltrazione economica più aggressiva e recente. In questo libro di 40 anni di fatti e di storie si possono trovare molte risposte alle domande sulla mafia che ciascuno si pone: basta andarle a cercare leggendo bene le righe e tra le righe, facendo le connessioni tra i fatti. Oppure semplicemente leggendo quei fatti come fossero il romanzo, tristemente attuale e vero, non inventato o ricostruito in vitro, della storia d’Italia. E di un pezzo importante della nostra storia. Nell’anniversario dell’Unità d’Italia può essere utile ripercorrere questa faccia del nostro passato che si lega al presente. Nell’anniversario poi delle stragi di Palermo di vent’anni fa, fa bene rileggere queste storie per cercare di capire meglio il prima ed il dopo: sino all’attualità.

Personalmente, avendo vissuto molte di quelle pagine, trovo in questo racconto di Saverio Lodato,un grande stimolo a riflettere su quelle date e quelle persone. Ed anche ad andare oltre lo sconsolato rito della ricostruzione: perché in fondo le centomila giovani e mature persone in marcia a Genova il 17 marzo per la memoria delle vittime di mafia, rinnovando l’impegno di continuare la strada della lotta a queste criminalità organizzate, lasciano comunque una scia di speranza verso il futuro. Perché, come diceva Giovanni Falcone, “la mafia è un fenomeno umano e come tale ha avuto un inizio ed avrà una fine”. Se poi questa fine arriverà presto o tardi, dipende da noi . Tutti.

 

 

 

 

Saverio Lodato: 40 anni di Stato-Mafia
Antimafia Duemila 3 nov 2015

La guerra a Cosa Nostra, da Falcone e Borsellino a Nino Di Matteo

Cosa è oggi la mafia? Perché esiste ancora oggi? Cosa intendeva Giovanni Falcone, riferendosi agli organizzatori dell’attentato all’Addaura, con il termine “menti raffinatissime”? Cosa c’è dietro la condanna a morte di Totò Riina nei confronti del pm palermitano Nino Di Matteo? Sono solo alcuni dei temi affrontati nell’intervista a Saverio Lodato, giornalista, scrittore, autore del best seller “Quarant’anni di mafia”. Un dialogo sul rapporto nefasto tra Stato e mafia che si è riprodotto negli anni.

Proprio rispondendo alla domanda sulle “menti raffinatissime” Lodato si dice convinto che “Falcone disse quella frase perché, per la prima volta, anche lui toccava con mano l’esistenza di livelli fino a quel momento insospettabili che si manifestavano nei comportamenti della mafia di quegli anni”. Non solo. In tutto questo tempo “non c’è mai stato uno Stato che combatteva la mafia, perché chi ha combattuto la mafia lo ha fatto individualmente e tutti coloro che tra gli anni ’70 e gli anni ’90 si sono schierati non avevano alle spalle l’Arma dei Carabinieri, la Polizia di Stato, la Politica, i Partiti, i giornali, ma erano delle resistenze individuali. Per questo sono arrivato alla conclusione forte che in Italia abbiamo avuto una combinazione di uno Stato-mafia e di una mafia Stato a cui si contrapponevano alcuni scocciatori che sono stati eliminati tutti”. Il giornalista, che esprime anche un’opinione sul perché danno fastidio certe inchieste come quella sulla trattativa Stato-mafia, dice la sua anche sul caso Saguto e lo scandalo dell’assegnazione dei beni confiscati. Infine, Lodato, mette in evidenza una relazione tra l’isolamento che vige attorno a Nino Di Matteo e la latitanza del boss di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro.