TUTTI I TRENTENNI NAPOLETANI HANNO GLI OCCHI DI PASQUALE ROMANO di Amedeo Zeni
TUTTI I TRENTENNI NAPOLETANI HANNO GLI OCCHI DI PASQUALE ROMANO
di Amedeo Zeni
Camminare, uscire con la fidanzata, correre, morire. La camorra è il simbolo della libertà negata e delle opportunità contro la fame. Riflessione sui provvedimenti e su un ragazzo che non sorriderà più.
Napoli è segmentata in differenti realtà culturali. Differenti contesti in cui la somministrazione dei beni è diversa per ogni tipologia sociale.
Il famoso dualismo, che Amato Lamberti identificò, suddividendo Napoli in gente per bene e delinquenti, in bassi e piani alti, in onesti e sleali, in politici impegnati e in politici del “bla bla bla”, si ripresenta oggi a ricordarci che Napoli ha bisogno di riflettori puntati addosso; come una bambina dolorante che grida attirando l’attenzione del padre Stato, troppo impegnato a risolvere i casini dei fratelli maggiori. Napoli è una bimba inascoltata e allo stesso tempo abbastanza tenace da poter crescere anche con le proprie forze, ma nessuno cresce senza speranza. Pasquale Romano (foto), avrà trent’anni per sempre, sarà giovane per sempre, sarà sognatore per sempre, sarà napoletano per sempre.
Tra qualche settimana, sarà dimenticato da quella parte di Napoli che non ha voglia di crescere. Il rischio più atroce, quello più insopportabile, è che venga dimenticato, che venga aggiunto a quella lista lunghissima delle vittime dimenticate. In verità, tutte le vittime di camorra devono essere il motore, lo spirito, l’energia per fare in modo che la condizione di sudditanza agli atteggiamenti criminali siano un vincolo da annientare. Molte mentalità negli anni stanno cambiando, bisogna cambiarne ancora tante. Quella parte buona deve inondare la parte negativa lasciando affogare impietosamente tutti coloro che declassano la dignità e la felicità di una città, di una regione, di una nazione intera.
Gli indicatori da tenere in considerazione per analizzare la comunità napoletana sono sempre gli stessi: la miseria, l’illegalità e l’invivibilità. La camorra ancora oggi, a Scampia come altrove, è il marionettista che anima tanti personaggi di questa città, un marionettista astuto e subdolo, talmente radicato nelle nostre abitudini che ha creato uno stato di sopportazione e accettazione tale da essere culturalmente condiviso. Un marionettista che per molti è addirittura un garante della sopravvivenza, che aumenta le opportunità di lavoro. A Scampia non esistono soltanto le famiglie Di Lauro, Vanella Grassi, Abete, Notturno, Aprea, Abbinate, Amato, Pagano, esistono anche tante famiglie “Romano”, esistono coloro che vogliono camminare per strada, andare a lavoro, uscire con la propria ragazza, sognare sereni.
I camorristi che hanno ucciso Pasquale sono gli stessi che, con battaglie tra clan, gestiscono mercati illegali, tra i tanti quelli della droga. Un mercato che è alimentato anche dalla fame di chi viene adescato per lavorare. Lamberti in un saggio presente nel testo “La grande crisi di Napoli” (Vito Nocera, Tullio Pironti Editore) così descriveva la rischiosa manovalanza: “Ci sono giovani che hanno 25 clienti, forniscono 25 persone di cocaina regolarmente con un numero telefonico e un sms. Una persona con 25 clienti può mettere in tasca, vendendo cocaina, 2000-2500 euro al mese, e c’è chi si accontenta di questo, è uno stipendio dignitoso! Ma ci sono anche giovani il cui lavoro è prendere la sera un treno, generalmente una volta alla settimana, qualche volta due.
Prendere un treno con due borsoni di quelli rettangolari lunghi, pieni generalmente di CD falsi, ma, a volte, aggiungono anche altro, arrivare a Bologna, a Verona, a Genova, a Torino. Consegnano i borsoni, ritornano a casa; al ritorno gli danno 250 euro” e così aggiungeva: “L’illegalità, anche la più grave, ai livelli sociali, nei quali l’Illegalità è diventata regola e pratica di vita, non viene neppure percepita più come tale. A questo punto non c’è bisogno solo di lavoro ma di ricostruire le regole di una convivenza civile, fatta di osservanza delle norme, di certezza del diritto e dei diritti, a cominciare da quelli di cittadinanza”.
Il rischio infatti è proprio questo, il dualismo tra chi è vittima e chi è carnefice, diventa sempre più sottile, e intanto, mentre questa convivenza viene amaramente tollerata, ci sono ragazzi, liberi, estranei ai fatti, che vengono uccisi. Pasquale Romano non è un trentenne qualunque, è tutti coloro che hanno trent’anni in Campania, è l’emblema di un fallimento politico così com’è l’orgoglio di una libertà negata, una libertà agognata e meritata da tutti coloro che vogliono camminare per strada senza essere martoriati da colpi di pistola.
Pasquale è il nome di tutti i ragazzi che si guardano alle spalle nelle zone di periferia e che da soli non possono difendersi finché l’intera collettività tace, finché i gestori della pubblica sicurezza e i governatori politici non decidano, insieme, che il tempo della camorra è finito, che le opportunità proposte dal crimine organizzato possono e devono essere sostituite dai mezzi legali, che la mentalità del rischio deve mutarsi nella mentalità delle opportunità. La lotta tra i clan per la gestione del territorio è pubblicamente riconosciuta sia dagli intellettuali in materia che dai gestori ministeriali.
Per quanto possa sembrare difficile prenderli tutti, palesare un cambiamento definitivo significa rendere onore a Pasquale e alle centinaia di altre vittime, decidendo con un atto inevitabile di “dittatura democratica”, che non è più possibile questa connivenza e che quindi qualsiasi intuizione, seppur drastica, debba essere messa in atto per debellare il fenomeno: attraverso la tolleranza zero degli agenti criminali e attraverso la realizzazione di una rete unica di esperti atti a plasmare nei territori interessati, pensieri di rivoluzione culturale, meno utopici di quanto possa sembrare, poiché laddove l’umanità ha raggiunto livelli di civilizzazione elevata, a Napoli il silenzio e la non curanza degli interessi politici collusi, opprime costantemente i tentativi di cambiamento.
Tentativi realizzabili facilmente e con naturalezza se, chi deve decidere gli arresti, le leggi e gli insegnamenti, prima di andare a dormire resti fermo a guardare per un minuto, per un minuto soltanto, gli occhi liberi e sorridenti nella foto del giovane Pasquale.
OSSERVATORIO SOCIALE
Articolo del 22 Ottobre 2012 da ilmediano.it