9 Gennaio 1987 Acireale (CT). Cosimo Aleo,16 anni, ucciso per punizione.

Era un «picciotto tosto», un ladro «senza rispetto». Cosimo Aleo aveva compiuto sedici anni ma la giovane età non venne considerata un’attenuate sufficiente a salvargli la vita. Non bastava infatti dargli una lezione per convincerlo a comportarsi bene. Quel ragazzino di Acicatena era troppo sfrontato e per lui la punizione poteva essere una sola: la morte.
La condanna per Cosimo Aleo non la pronunciò però il tribunale mafioso di Cosanostra. Venne decisa da un singolo affiliato della squadra di Acireale, AlfioTrovato. A far scattare la condanna a morte per Aleo fu il furto di un’automobile ad Acicatena. La vettura era stata a sua volta rubata proprio dall’organizzazione e tenuta da parte per usarla poi in qualche azione criminale. Ad eseguire il delitto, il 9 gennaio del 1987, furono, oltre ad Alfio Trovato, altre tre persone: il nipote Mario Trovato e Rosario Scuto, entrambi oggi pentiti, e Mario Arena. Il ragazzo venne prelevato nella piazza del paese che dista pochi chilometri da Acireale. Venne fatto salire in auto con una scusa e quindi trasportato in campagna, in contrada Serra. Qui i killer tentarono di strangolarlo. Gli strinsero un cappio al collo. Il ragazzo non cedeva. I sicari presero alcuni pesanti sassi e lo colpirono alla testa, sfondandogli il cranio. (da L’Unità del 22 dicembre 1996)

 

 

Articolo del Corriere della Sera del 22 Dicembre 1996
Rubava le auto delle cosche: sedicenne massacrato a colpi di pietra
di Alfio Sciacca

“Il picciotto era tosto, troppo tosto. Ma, soprattutto, era senza rispetto… Per questo motivo quel ragazzo si doveva fare”. Sicuri e compassati si esprimevano cosi’ i carnefici di Cosa Nostra. Come se la loro fosse una sofferta missione di educatori, preoccupati quando qualche ragazzo non viene su come si deve. Il delinquente in erba diventa “tosto, troppo tosto” se e’ sveglio piu’ di quanto gli viene richiesto e in questo caso il rimedio e’ “farlo”, cioe’ ammazzarlo, visto che sta crescendo senza rispettare regole e gerarchie. Sta tutta qui la motivazione di un atroce delitto di circa dieci anni fa: vittima un ragazzo di appena 16 anni, Cosimo Aleo, attratto nell’ orbita della delinquenza organizzata di Acireale fino a esserne divorato. All’ epoca, il giovane si era gia’ messo sulla brutta strada, ma non era ancora organico alle cosche della zona. Aveva commesso qualche furto ma, probabilmente, non comprendeva bene le logiche interne a Cosa Nostra. Tanto che una sera decise di rubare anche una delle automobili che l’ organizzazione teneva pronte all’ uso per ogni tipo di azione criminale. Un azzardo, un gesto da irresponsabile, ma allo stesso tempo uno sberleffo per i capicosca della zona. E uno di loro, Alfio Trovato, s’ infurio’ a tal punto da decidere di “fare” quel ragazzo tosto e senza rispetto. Dopo dieci anni a raccontare questa terribile storia e’ stato lo stesso Alfio Trovato, oggi passato nelle file dei collaboratori di giustizia. Ad aiutarlo a “sbrigare quella faccenda” sarebbero stati il nipote Mario, Rosario Scuto, anche loro collaboratori di giustizia, e Mario Arena. Sconcertanti i particolari sull’ omicidio. Il giovane, che aveva compiuto 16 anni da appena diciannove giorni, venne prelevato dalla piazza principale del suo paese, Acicatena. Con una scusa venne invitato a salire in automobile e poi condotto in una localita’ di campagna dove uno dei sicari gli mise le mani al collo cercando di strangolarlo. “Ma, nonostante i ripetuti tentativi, il giovane restava agonizzante e non moriva. Cosi’ , fu deciso di finirlo a colpi ti pietre in testa”. Il corpo venne poi bruciato sopra un cumulo di copertoni in fiamme. I resti del cadavere vennero ritrovati una settimana dopo e identificati dalla madre grazie ad alcuni oggetti d’ oro. E per quell’ atroce delitto anche Alfio Trovato rischio’ grosso. Strano a dirsi: anche lui non aveva rispettato le regole interne alla famiglia catanese di Cosa Nostra: aveva deciso di ammazzare il ragazzo senza il preventivo assenso dei vertici provinciali e, dunque, di Santapaola ed Ercolano. Cio’ poteva costargli la vita ma venne graziato dalla famiglia Ercolano. Oggi, Alfio Trovato collabora con la giustizia e, assieme ad altri tre pentiti, sta svelando i retroscena di decine di delitti e rapine compiuti dalla sua cosca nella zona ionica della provincia di Catania. Nel giugno scorso c’ erano stati i primi arresti, ieri la Dia e i carabinieri di Acireale hanno notificato altre trentaquattro ordinanze di custodia cautelare. I destinatari sono tutti presunti affiliati alla famiglia Santapaola capeggiata ad Acireale da Sebastiano Sciuto. Si tratta della stessa cosca che, per contro dei vertici catanesi, avrebbe fatto saltare in aria la villa di Pippo Baudo a Santa Tecla.

 

 

Articolo da L’Unità del 22 Dicembre 1996
Lapidarono «picciotto» di sedici anni
Arrestati

Era un «picciotto tosto», un ladro «senza rispetto». Cosimo Aleo aveva compiuto sedici anni ma la giovane età non venne considerata un’attenuate sufficiente a salvargli la vita. Non bastava infatti dargli una lezione per convincerlo a comportarsi bene. Quel ragazzino di Acicatena era troppo sfrontato e per lui la punizione poteva essere una sola: la  morte.
La condanna per Cosimo Aleo non la pronunciò però il tribunale mafioso di Cosanostra. Venne decisa da un singolo affiliato della squadra di Acireale, AlfioTrovato. A far scattare  la condanna a morte per Aleo fu il furto di un’automobile ad Acicatena. La vettura era stata a sua volta rubata proprio dall’organizzazione e tenuta da parte per usarla poi in qualche azione criminale. Ad eseguire il delitto, il 9 gennaio del 1987, furono, oltre ad Alfio Trovato, altre tre persone: il nipote Mario Trovato e Rosario Scuto, entrambi oggi pentiti, e Mario Arena. Il ragazzo venne prelevato nella piazza del paese che dista pochi chilometri da Acireale. Venne fatto salire in auto con una scusa e quindi trasportato in campagna, in contrada Serra. Qui i killer tentarono di strangolarlo. Gli strinsero un cappio al collo. Il ragazzo non cedeva. I sicari presero alcuni pesanti sassi e lo colpirono alla testa, sfondandogli il cranio.

 

 

Articolo da La Repubblica del 18 Gennaio 1987 
ASSASSINATO A SEDICI ANNI DAI COETANEI DELLA BANDA
di Guglielmo Troina

CATANIA Un contrasto tra componenti di una piccola banda specializzata in furti e rapine, sfociata in un feroce omicidio a colpi di pietra. Poi il tentativo di bruciare il cadavere per impedirne il riconoscimento. Una delle tante storie di malavita che finiscono nei verbali dei carabinieri ma con una differenza: la vittima è un ragazzino di sedici anni, Cosimo Aleo e gli assassini sono, probabilmente, suoi coetanei, compagni di scorrerie. E’ successo ad Acicatena, uno dei piccoli centri intorno ad Acireale, dove criminalità organizzata e delinquenza spicciola, ma altrettanto pericolosa, sono ormai padrone del territorio. Cosimo Aleo era scomparso da casa una settimana fa e i suoi genitori (che hanno altri quattro figli, tre maschi e una femmina) dopo 48 ore avevano sporto denuncia ai carabinieri. Ma, secondo i militari, il ragazzo si era canziato, come si dice in gergo, si era cioè sottratto proprio alle ricerche degli investigatori. Pochi giorni prima della data della sua scomparsa, infatti, erano stati arrestati tre suoi amici, subito dopo la rapina ad Acireale. Aleo era il prossimo nella lista dei carabinieri. Malgrado fosse ufficialmente incensurato, il ragazzo ucciso era, infatti, conosciuto perché frequentava un giro di balordi del paese: una banda sospettata di furti nelle ville, di rapine, anche di piccolo spaccio di stupefacenti. Una vita allo sbando, che costituiva un serio motivo di preoccupazione per i suoi genitori che, nel tentativo di ritrovarlo, avevano lanciato appelli anche tramite i giornali e le televisioni private. Il corpo di Cosimo è stato trovato per caso da un pastore in una trazzera stretta, ingombra di rovi, tra Acicatena e Aci Platani, una frazione di Acireale. Il cadavere era completamente carbonizzato e irriconoscibile ma il sospetto che si trattasse proprio del ragazzino scomparso era forte. Poi, i familiari hanno riconosciuto Cosimo dai piccoli particolari che erano stati risparmiati dal fuoco: un bracciale, un anello, frammenti di una maglietta.

 

 

 

 

 

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *