12 novembre 1988 Melfi (PZ). Uccisa Lucia Montagna, 14 anni, per una vendetta trasversale.

Lucia Montagna è sola nella sua casa di Melfi la sera del 12 novembre quando tre sorelle, Maria Altomare, Filomena e Rosa Russo bussano alla sua porta per vendicare la morte del fratello Santo Russo. Una vendetta efferata che vede soccombere la 14enne Lucia sotto 11 pugnalate, una della quali le recide la giugulare destra.
Il cadavere di Lucia, con ancora due coltelli conficcati in gola, viene ritrovato dalla cognata Fiorida Russo, rientrata dal carcere dove si trova Angelo Montagna, fratello della ragazza ammazzata, arrestato perché colpevole dell’omicidio di Santo Russo.
L’omicidio è maturato in contesto di vendette trasversali tra famiglie di zingari. Una modalità che mutua quelle dei clan. Alla fine degli anni 80, a Potenza, si è assistito alla nascita di un’organizzazione criminale denominata “I Basilischi”, che successivamente s’è diffusa nel resto della regione. Inizialmente è una ‘ndrina della ‘ndrangheta calabrese, da cui dipende ed è protetta e aiutata. In seguito acquisisce autonomia organizzativa e operativa, con l’ambizione di diventare la quinta mafia del Sud. (sdisonorate.it)

 

 

 

Articolo di La Stampa del 15 Novembre 1988
Uccisa da tre sorelle per vendetta
Svolta nelle indagini sulla quattordicenne accoltellata a Melfi – Uccisa da tre sorelle, per vendetta. Fermate tre zingare – Le donne avrebbero assassinato la bambina per rispondere all’omicidio, avvenuto un mese fa, di un loro fratello – La vittima colpita con undici pugnalate, due delle quali alla gola

MELFI (Potenza) — Una giovane, ancora una bambina, uccisa da tre donne. Per vendetta. Colpita con crudeltà, non un ripensamento, un istinto pietoso. Si deve leggere in questa terribile chiave l’assassinio di Lucia Montagna, 14 anni, la ragazzina di Melfi (Potenza) accoltellata sabato scorso nella sua abitazione, una casa ricavata in un ex ospedale della cittadina federiciana. Tre sorelle. Maria Altomare, Filomena e Rosa Russo, rispettivamente di 28,23 e 21 anni, avrebbero ucciso Lucia Montagna nella serata di sabato. La ragazza, quella sera, era sola in casa. Le tre donne hanno bussato alla porta intorno alle 16,45. Lucia, nonostante le raccomandazioni dei genitori di non aprire a nessuno, ha fatto ugualmente entrare le sue assassine: le conosceva. La bambina è stata prima massacrata con nove pugnalate. Due alla schiena, cinque all’addome e al torace, due alla testa; poi finita con due colpi alla gola, uno del quali le ha reciso la giugulare di destra. Il corpo della ragazza è stato trovato circa un’ora più tardi dalla cognata, Fiorinda Russo. La donna, insieme con alcuni familiari, di ritorno dal carcere di Melfi dove è rinchiuso il marito, Angelo Montagna, fratello della ragazzina ammazzata, ha dovuto sfondare la porta. La polizia ha interrogato centinaia di persone, compresi i vicini di casa. Niente, nessuno ha parlato, nessuno ha sentito, sull’episodio è sceso un velo di silenzio. Tuttavia l’ipotesi che potesse trattarsi di una vendetta trasversale è stata subito presa in considerazione dagli inquirenti. Proprio un mese fa, Angelo Montagna uccise con alcuni colpi di pistola Santo Russo, suo cognato, un pregiudicato appena uscito di prigione.” Di qui il fermo delle tre sorelle del Russo, contro le quali esistono pesanti indizi, fra i quali, pare, alcune gocce di sangue trovate addosso ai vestiti di una di loro.

Adesso sono indiziate di concorso in omicidio volontario pluriaggravato. Secondo gli investigatori le sorelle Russo, zingare con precedenti penali per reati contro il patrimonio, hanno.voluto vendicare, l’omicidio del fratello scegliendo come vittima la piccola Lucia. Il delitto è stato spietato. Nella gola della ragazza sono stati trovati ancora infìssi due coltelli, particolare che, secondo gli inquirenti, farebbe parte di un rituale gitano. Vi sono poi altre coincidenze che collegano l’esecuzione di sabato sera con l’omicidio di Santo Russo. Due in particolare: l’ora dell’esecuzione, le 5 del pomeriggio e il giorno, sabato, proprio come un mese fa, quando fu giustiziato il fratello delle tre donne. Ieri mattina sul cadavere di Lucia Montagna è stato compiuto l’esame necroscopico. L’autopsia, secondo notizie ufficiose, ha confermato che la ragazza è stata colpita con più coltelli di diverso tipo e che una lama le ha reciso la giugulare di destra, provocando una grave emorragia. Ora si attende che il sostituto procuratore di Melfi, Renato Arnànio, dopo gli interrogatori trasformi il fermo delle tre donne in arresto. E’ un passaggio ormai scontato secondo le informazioni trapelate dall’ambiente degli in¬ vestigatori. Lucia Montagna era una brava ragazza. In paese tutti la ricordano con affetto. Frequentava con profitto la terza media e accudiva anche i fratellini, uno dei quali handicappato. Il padre lavora saltuariamente come netturbino municipale, ma non ha un impiego fisso. La famiglia vive nella povertà assoluta. Sabato la ragazzina aveva pranzato assieme ai suoi fratelli: tre uova e un pezzo di pane. Lucia abitava in una casa della disperazione, fra sporcizia e miseria. E’ qui, nel vecchio ospedale, che è stata uccisa senza sapere perché. La struttura fatiscente ospita una dozzina di famiglie, quasi tutte nomadi, che vi hanno trovato rifugio, subito dopo il terremoto del 1980, adattando le piccole stanze malsane ai loro bisogni. In questo ambiente attraversato dalla povertà si è sviluppato l’odio fra le due famiglie, dei Russo e dèi Montagna. Qui i primi litigi, i primi scontri. Poi un morto ammazzato e, un mese dopo, tre donne che vanno a trovare una bambina e la uccidono, lasciandole due coltelli nella gola Ieri pomeriggio i funerali di Lucia, in cattedrale. La cerimonia è stata seguita da tutti i compagni di scuola delle ragazzina. La città ha cercato di reagire, di lanciare un messaggio contro la violenza. Qui la convivenza tra i residenti e la comunità degli zin¬ gari (quasi 2500 persone) è tranquilla e va avanti da oltre due decenni. I nomadi si sono inseriti nel tessuto sociale di Melfi e molti ricoprono oggi caiiche importanti anche nelle amministrazioni locali. Altri sono diventati artigiani, altri commercianti. Angelo Montagna, fratello di Lucia, avrebbe voluto partecipare ai funerali, ma le autorità di polizia non gli hanno concesso di uscire dal carcere. In un comunicato il sindaco e gli amministratori hanno stigmatizzato l’episodio, auspicando che la magistratura e le forze di polizia possano fare al più presto -piena luce sulla morte di una ragazza innocente la cui vita è stata stroncata a 14 anni». ce. ra.

 

 

 

 

 

L’Unità del 15 novembre 1988

 

 

L’Unità del 19 giugno 1990

 

 

 

Fonte:  blogo.it
Articolo del 10 dicembre 2010
Napoli: arrestata Rosa Russo, l’ergastolana latitante da 5 mesi

È stata arrestata a Napoli Rosa Russo, l’ergastolana che aveva fatto perdere le proprie tracce il 19 giugno scorso non facendo ritorno nel carcere femminile di Trani. Alla donna era stata concessa la misura della semilibertà qualche settimana prima della fuga ma non il permesso, che aveva richiesto, per lavorare nel ristorante della sorella in provincia di Napoli. La semilibertà può essere riconosciuta a chi abbia scontato almeno metà della pena distinguendosi per buona condotta ed è finalizzata allo svolgimento di attività di reinserimento lavorativo e sociale. La donna fino al giorno della fuga lavorava in maglieria e dava anche una mano ai volontari della Charitas. L’ergastolana, originaria di Melfi (Potenza), era finita in carcere per l’omicidio della 14enne Lucia Montagna, uccisa con diverse coltellate il 18 novembre del ’92 nella città federiciana.

Torniamo a quel giorno grazie a questo articolo d’archivio del Quotidiano della Basilicata:

In paese nessuno dimentica quell’efferato delitto consumatosi 22 fa (…), in quel luogo, il vecchio ospedale, dove vivevano al limite della decenza alcune famiglie nomadi. Il corpo della piccola Lucia Montagna, di 14 anni, giaceva in una pozza di sangue. Uccisa con dieci pugnalate. L’hanno lasciata morire lì, con due coltelli ancora infilzati nel collo. Per l’omicidio furono condannate Maria Altomare e le due sorelle Filomena e Rosa Russo. (…) Le tre donne dissero di essere state mosse dal desiderio di fare giustizia per l’omicidio del fratello delle sorelle Russo, Santo. Quest’ultimo, pregiudicato, appena uscito dal carcere, era stato “giustiziato” qualche tempo prima dal cognato dell’uomo, e fratello di Lucia, Angelo Montagna (…). Subito dopo, Montagna, si recò al commissariato e confessò il delitto: disse di aver agito per le continue vessazioni a cui veniva sottoposto da parte di Russo. L’uomo venne condannato a soli 14 anni, proprio perché gli erano state riconosciute diverse attenuanti. Una pena ritenuta forse troppo leggera dalle sorelle Russo che scelsero di vendicare il delitto di quel fratello con nuovo sangue versato. Quello della piccola Lucia.

 

 

 

 

 

Dal libro: Dead Silent  Life Stories of Girls and Women Killed by the Italian Mafias, 1878-2018 di Robin Pickering Iazzi University of Wisconsin-Milwaukee, rpi2@uwm.edu

 

 

 

 

 

 

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