13 Luglio 2007 Palermo. Filippo Salvi, 36 anni, maresciallo dei carabinieri, è morto precipitando in un burrone del monte Catalfano durante la ricerca di un latitante.

Foto: carabinieri.it

“Morire per senso del dovere: non vi è migliore definizione per spiegare un fatto doloroso che altrimenti non avrebbe spiegazione. Filippo Salvi è un maresciallo ordinario della Sezione Anticrimine di Palermo. Sempre il primo a lavorare e sacrificarsi, non si smentisce nemmeno nell’ultimo giorno della sua giovane vita. È il 13 luglio quando con altri militari si trova in territorio di Bagheria per un servizio di natura investigativa. L’appuntamento con la morte è un piede in fallo, il ciglio di un burrone sul monte Catalfano, nella zona di Aspra. Scivola, precipita. La routine di un giorno di ordinario pericolo si trasforma in tragedia.” (carabinieri.it )

 

 

Fonte: carabinieri.it
Il ricordo del Maresciallo Ordinario Filippo Salvi nelle parole di cordoglio dei colleghi di Palermo

Morire per senso del dovere: non vi è migliore definizione per spiegare un fatto doloroso che altrimenti non avrebbe spiegazione. Filippo Salvi è un maresciallo ordinario della Sezione Anticrimine di Palermo. Sempre il primo a lavorare e sacrificarsi, non si smentisce nemmeno nell’ultimo giorno della sua giovane vita. È il 13 luglio quando con altri militari si trova in territorio di Bagheria per un servizio di natura investigativa. L’appuntamento con la morte è un piede in fallo, il ciglio di un burrone sul monte Catalfano, nella zona di Aspra. Scivola, precipita. La routine di un giorno di ordinario pericolo si trasforma in tragedia.

Nel primo cerchio del dolore i genitori, la compagna, le due sorelle. La famiglia Salvi viene da Botta di Sedrina, in provincia di Bergamo. Aveva piegato in due la cartina dell’Italia – come “da noi” si dice scherzosamente per quelli che lavorano lontano da casa –, spinto da una passione ed un impegno che gli facevano desiderare di essere in prima linea. La stima e l’affetto che suscitava fra i colleghi traspaiono da questa lettera:

Un brutto mese, quello trascorso, per la grande famiglia dell’Arma. Per il Comandante Generale Gianfrancesco Siazzu, in pochi giorni, il secondo funerale.

La forza della nostra storia e dei nostri valori, che accomuneranno per sempre il figlio caduto, ci impone di andare avanti. Lo facciamo guardando dritto negli occhi il dolore, con un’ombra impossibile da cancellare nello sguardo.

Filippo Salvi, 36 anni. Per noi Carabinieri del ROS era “RAM”, soprannome affibbiato per la sua vasta preparazione nel settore dell’informatica. Era il “polentone” più “terrone” che abbiamo conosciuto. È vero, lui era più siciliano di noi, amava la nostra terra forse più di noi. Rideva sempre, e chiacchierava tantissimo. Litigare con lui era impossibile: quando capiva che il tenore della conversazione diventava rissoso, ti faceva una grossa risata, ti abbracciava e spariva. Era sempre disponibile a risolverci i problemi e ad ascoltarci. La sua giornata era fatta di 38 ore. Nel lavoro era animato da una passione indescrivibile. Innamorato del sole e del mare, un’altra sua grande passione. Anche dentro la bara hai sfoderato un’espressione serena e il tuo bel sorriso quasi a volerci riferire che sei sempre con noi.

Ma adesso noi abbiamo realizzato che nel lavoro e nella vita tu non ci sarai perché hai aperto le ali per recarti dal nostro Dio che ti ha chiamato perché tu sei un buono e lui ha bisogno di te. E per noi il lavoro e la vita non saranno gli stessi. Adesso ci sentiamo soli e incapaci di andare avanti. Sei appena andato via ma già ci manchi tantissimo. Ciao FILIPPO, da lassù guidaci e facci sorridere ancora.

I “fratelli” della Sezione Anticrimine di Palermo

 

 

Articolo del 15 Luglio 2007 da  ricerca.repubblica.it
L’addio al maresciallo del Ros
Un esempio di dedizione

Una folla commossa ha partecipato ai funerali del maresciallo dei carabinieri Filippo Salvi, 36 anni, di Bergamo, precipitato in un burrone del monte Catalfano giovedì sera durante la ricerca di un latitante. Dopo un corteo lungo corso Vittorio Emanuele, composto da rappresentati delle forze armate, con in testa il comandante generale dei carabinieri Gianfranco Siazzu, autorità, ma anche da tanta gente comune, il feretro del carabiniere, coperto dal tricolore, è stato portato a spalla fino all’ altare della cattedrale da un gruppo di colleghi. Salvi è stato ricordato con affetto da un collega. «Era il polentone più terrone che abbia mai conosciuto: amava il sole e il mare della Sicilia. Litigare con lui era impossibile, sempre disponibile ad ascoltarci e ad aiutarci. Era instancabile, spinto da una forza irrefrenabile e dalla passione per il suo lavoro e per l’ Arma. Caro Filippo – ha concluso – da lassù guidaci e seguici sempre». Parole di cordoglio sono arrivate anche dal comandante del Ros, Giampaolo Ganzer, la squadra di cui Salvi faceva parte da più di dieci anni: «Ritengo che il suo servizio, che ha prodotto risultati particolarmente importanti, saranno coltivati e saranno di ulteriore sprone per noi». La cerimonia è stata celebrata dal vicario generale dell’ ordinato militare, Monsignor Genchi, assieme ai cappellani dei carabinieri, della finanza e dell’ esercito e al parroco della cattedrale, Gino Lo Galbo. «Questo nostro fratello – ha detto durante la cerimonia Genchi – se ne va in giovanissima età, mentre compie il suo dovere, nella fedeltà del giuramento che aveva prestato». m.bu.

 

 

 

 

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