15 gennaio 1986 San Giuseppe Jato (Pa). Giovanni Giordano, viene rapito, strangolato e poi sciolto nell’acido, perché conosceva il nascondiglio di un boss latitante.

Giovanni Giordano
“Era un modesto lavoratore che andò incontro ad una fine tragica: fu dapprima strangolato e poi sciolto nell’acido. Scomparve a San Giuseppe Jato (Pa) il 15 gennaio 1986. Negli anni successivi, dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia è emerso che Giordano avrebbe visto, per puro caso, il luogo dove si nascondeva un boss della mafia latitante. Per il solo sospetto che avesse rivelato ai carabinieri il luogo della latitanza fu rapito, torturato e sciolto nell’acido.”

Fonte: Memoria Nomi e storie delle vittime innocenti delle mafie
Ed. Abele 2015
Il libro realizzato da Libera – Associazioni, nomi, e numeri contro le mafie, è curato da Marcello Cozzi, Riccardo Christian Falcone, Iolanda Napolitano, Simona Ottaviani, Peppe Ruggiero

 

 

Si ringrazia  gli amicidilibera.blogspot.it

Fonte: Emeroteca Associazione Messinese Antiusura onlus
Giornale di Sicilia 9 Aprile 2005
Mafia, il pm chiede 16 anni per un collaboratore

Una decina di morti ammazzati e due tentativi di omicidio. Sono queste le accuse per Giuseppe Maniscalco, ex uomo d’onore della famiglia di San Giuseppe Jato e ora collaboratore di giustizia, per il quale ieri mattina il pubblico ministero Francesco Del Bene ha chiesto la condanna a 16 anni di reclusione. La requisitoria è stata pronunciata davanti al giudice per le udienze preliminari Marina Petruzzella, nel processo col rito abbreviato, per gli omicidi commessi tra il 1986 e l’89. Maniscalco, che è difeso dall’avvocato Fabrizio Biondo, fu arrestato nel ’97, ed è attualmente sottoposto al programma di protezione e vive in una località segreta.
In oparticolare i delitti per i quali è accusato Maniscalco sono quelli di Filippo Melodia, Costantino Damiano, Giuseppe Colletta, Vito Varvaro, tutti uccisi per strangolamento a Partinico nel 1989. Nel processo si parla anche del delitto di Piana degli Albanesi del 31 gennaio dell’86, in quel caso ad essere uccisi furono Salvatore Tortorici e Giuseppe Pillari.
E ancora: Giovanni Giordano, strangolato e poi sciolto nell’acido nel 1986 a San Giuseppe Iato nell’86; […]

 

 

Fonte: ricerca.repubblica.it
Articolo del 4 dicembre 1994
UN MAFIOSO IN DOPPIOPETTO SCELTO PER UCCIDERE PECORELLI
di Attilio Bolzoni
ECCO COSA I PENTITI HANNO DETTO DI LUI

Lo “spessore” mafioso di La Barbera è stato confermato anche da un altro pentito, Balduccio Di Maggio, che fu braccio destro di Totò Riina. Di Maggio ha rivelato che Giovanni Giordano venne strangolato da La Barbera dopo essere stato torturato perché “sospettato” di essere confidente dei carabinieri e di avere fatto arrestare il boss di San Giuseppe Jato, Bernardo Brusca.

Di Maggio ha aggiunto che La Barbera gli fu presentato come uomo d’onore da Salvatore Biondino, autista di Totò Riina, durante una riunione di mafia. La Barbera era un uomo d’onore che, per le sue “qualità”, fece carriera dentro Cosa Nostra e diventò capo-mandamento. Lo ha dichiarato il pentito Mannoia secondo cui La Barbera, oltre a gestire il sequestro del gioielliere palermitano Emanuele Fiorentino, avrebbe strangolato, con altri, Pietro Inzerillo e Giuseppe Di Maggio, durante la guerra di mafia degli anni Ottanta. Il boss, secondo il pentito, partecipò anche ad un incontro fra i capi di Cosa Nostra in una villetta di Altarello, la stessa dove secondo Mannoia Andreotti partecipò ad una riunione con il boss Stefano Bontade.

L’ultimo pentito di Cosa Nostra, Salvatore Cancemi, ha rivelato che La Barbera partecipò ai summit dove Totò Riina annunciò di voler uccidere l’eurodeputato Salvo Lima ed i giudici Borsellino e Falcone, dopo la cui morte “Riina, La Barbera ed altri capimafia si riunirono nella villa di Girolamo Guddo per ‘festeggiare’ anche se La Barbera aveva espresso un lieve dissenso sulla strage”. “La Barbera ha commesso numerosi delitti – ha aggiunto Cancemi – ma non è mai stato un violento, un selvaggio”.

 

 

 

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