15 Ottobre 1974 Olginate (Lecco). Rapito Giovanni Stucchi, industriale, 27 anni, ucciso, i resti mai ritrovati.
Giovanni Stucchi, 27enne industriale di Olginate, è stato rapito la sera del 15 ottobre del ’74, davanti alla sua villa di via Radaelli. Dopo i primi contatti con i sequestratori, la famiglia si è affidata all’avvocato Edmondo Martini di Lecco. Una mediazione che ha portato al pagamento di un riscatto di 700 milioni di lire. Ma l’ostaggio non è stato mai rilasciato e la banda ha interrotto le comunicazioni. […]
Il 6 settembre del 2009 è morta a sessantatre anni Giovanna Donizetti, la vedova Stucchi, senza conoscere la verità sulla morte del marito, i cui resti non sono mai stati ritrovati. È rimasta nella sua casa di Olginate, dove ha cresciuto da sola e con grande forza d’animo i figli Aristide e Alice, per poi dedicarsi ai cinque nipotini. Una storia che ha scosso la provincia di Lecco e suscitato una grande commozione, rimasta viva per decenni.
Tratto dal libro Dimenticati di Danilo Chirico e Alessio Magro
Articolo di La Stampa del 16 Ottobre 1974
Industriale e ragazzo rapiti per un ricatto in Lombardia
Due gravi episodi nel giro di ventiquattro ore Industriale e ragazzo rapiti per un ricatto in Lombardia A Olginate (Lecco) il titolare di una azienda è stato aggredito ieri sera mentre rincasava da tre o quattro malviventi – Caricato su un furgone – Ha 30 anni ed è sposato – L’altro fatto a Varese: lo studente è scomparso lunedì – Tornava dalla scuola
Lecco, 15 ottobre. Un giovane industriale, Giovanni Stucchi, 30 anni, è stato rapito questa sera da tre o quattro sconosciuti, davanti alla propria villa: il sequestro e avvenuto verso le 20 a Olginate via Redaelli 2. La strada anni fa costituiva la statale 36 Milano-Lecco che attraversava il centro del paese. Ora l’arteria è zona residenziale, con ville lussuose ed è scarsamente frequentata.
La villa dello Stucchi sorge di fronte a quella dell’ing. Fenaroli, fratello di Giovanni, il recluso di Porto Azzurro. Si tratta di una costruzione immersa nel verde di alberi secolari e dista dal bordo della strada una trentina di metri. Il cancello si apre su di uno spiazzo sterrato.
L’industriale, sposato con prole, stava rincasando dal lavoro con la propria « Bmw 2000 » color blu, targata Como 344501. Aveva fermato l’autovettura davanti al cancello lasciando motori e fari accesi. Appena sceso dalla automobile, è stato aggredito da alcuni individui usciti dall’ombra. Unica testimone della scena, quando però questa era ormai all’epilogo, una sorella del giovane che, attratta dal trambusto, si è affacciata sulla scalinata della villa.
La donna ha fatto in tempo a scorgere un furgone di color chiaro, forse addirittura bianco, dirigersi a tutta velocità in direzione di Lecco che dista 7-8 chilometri dal luogo del rapimento. La donna è riuscita anche a rilevare i numeri della targa del furgone: Milano N 07039.
Immediatamente scattava la caccia ai malviventi: posti di blocco venivano istituiti in tutte le strade del circondario, ma per il momento del furgone non è stata trovata traccia. A terra, sul piazzale antistante la dimora dell’industriale, non sono state trovate tracce di lotta. Evidentemente i rapitori erano di tale forza da poter immobilizzare l’industriale e caricarlo sul furgone.
Lo Stucchi è contitolare di un’azienda che produce materiale elettrico, con sede ad Olginate, in via Marconi: si tratta di una società per azioni, denominata Stucchi A.A.G. di cui il rapito è uno fra i più giovani dirigenti. La famiglia è considerata molto agiata ed è conosciuta per le sue opere di beneficienza: ha sempre sostenuto le opere parrocchiali e le attività sportive. In base a tutti questi elementi si pensa che il rapimento sia avvenuto per estorsione. Sino a tarda notte i rapitori non si erano ancora fatti vivi con i familiari.
A tre ore circa dal rapimento dell’industriale Giovanni Stucchi non si è ancora fatta la più pallida luce sull’episodio. Il furgone dei rapitori non è stato trovato: probabilmente i banditi avevano preparato un nascondiglio non molto lontano da Olginate, dato che l’operazione dei blocchi stradali era scattata tempestivamente.
La sorella del rapito, Maria Grazia, di 23 anni, unica testimone, ha raccontato che il rapimento del fratello è stato rapidissimo: egli era sceso dall’automobile lasciando la portiera aperta e non aveva nemmeno fatto in tempo ad estrarre le chiavi dalla tasca per aprire il cancello della villa che i rapitori, probabilmente tre, gli sono balzati addosso. Lo Stucchi non ha potuto nemmeno gridare per invocare aiuto: probabilmente gli è stato posto sulla bocca un tampone di etere o qualche altra cosa che l’ha ridotto rapidamente all’impotenza. Maria Grazia ha fatto a tempo a vedere il fratello che veniva portato quasi di peso sul furgone mentre l’automezzo stava partendo.
L’azienda dello Stucchi conta un centinaio di dipendenti: si tratta di una ditta tranquilla, che non ha avuto episodi sindacali di rilievo. La famiglia è benestante: il creatore della ditta, Aristide, padre di Giovanni, è morto qualche anno fa lasciando una attività molto fiorente. Normalmente lo Stucchi percorreva la stessa strada, di un chilometro e mezzo, dallo stabilimento alla villa per rincasare: anche stasera era stato puntualissimo. Il rapito è padre di due figli: Aristide, di 4 anni, e Alice, di 2. g- P- g-
Articolo di La Stampa del 18 Ottobre 1974
Silenzio sui rapiti
di Aldo Popaiz
Lecco, 17 ottobre. Tutta la zona attorno a Galbiate, dove l’altra sera è stato rapito l’industriale Giovanni Stucchi, è «passata al pettine» da centinaia di carabinieri e agenti di polizia. Gli inquirenti sono convinti che i banditi siano del posto, che anche la «prigione» dove tengono sequestrata la vittima non sia molto distante dal paese. Il rastrellamento s’è iniziato alle prime luci dell’alba ed è continuto, ininterrottamente, fino al tramonto. L’industriale, però, non è stato trovato. «Ma siamo ottimisti — ha detto il dottor Bergamo, capo della squadra mobile di Como —. Nel nostro lavoro ci vuole molta pazienza e una buona dose di fortuna.
La famiglia dell’industriale sta passando momenti veramente drammatici. Un loro conoscente ha detto che la madre di Giovanni Stucchi è stata più volte colta da malore, hanno dovuto chiamare un medico per «tenerla su». Ha anche detto che darebbe la sua vita pur di sapere che Giovanni non è ferito, che i banditi lo trattano bene, che non hanno intenzione di fargli del male.
Indagini anche a Varese per il sequestro del diciassettenne Emanuele Riboli, figlio di un industriale di Buguggiate. Il ragazzo manca da casa da lunedi scorso e gli inquirenti non hanno la minima traccia da seguire, il più piccolo indizio su cui lavorare. Esiste una remota possibilità che il ragazzo non sia stato rapito, ma che sia scappato da casa. Questa, però, è solo un’ipotesi, che i familiari dello scomparso escludono. «Se fosse così, saremmo più tranquilli — ha detto ieri il padre — prima o poi tornerebbe a casa, o di sua volontà o perché lo ha trovato la polizia. Lo perdonerei, naturalmente, ma, accidenti, non lo rifarebbe un’altra volta».
Oggi si è saputo che sulla scomparsa del giovane stanno indagando anche i carabinieri di Chieti e di Pescara. I fratelli Riboli hanno laggiù tre avviate carrozzerie e non è improbabile che abbiano destato l’interesse della malavita locale. La madre di Emanuele lancia un appello ai rapitori e spera di essere ascoltata. «Datemi notizie di mio figlio — è il suo messaggio — abbiate pietà di me. Mettetevi in contatto con qualsiasi mezzo che credete, ma fatemi sapere qualcosa. E’ una madre che ve lo chiede. Ascoltatemi».
Articolo di La Stampa del 25 Novembre 1974
Stucchi è da 49 giorni in mano ai banditi. Solo la moglie non ha perso la speranza
Il giovane industriale rapito a Lecco è ancora vivo? Stucchi è da 49 giorni in mano ai banditi Solo la moglie non ha perso la speranza
Lecco, 24 novembre. (g.p.g.) Diventa sempre più difficile e doloroso per Tiziana Donizetti Stucchi rispondere in modo evasivo e con pietose bugie al maggiore dei suoi due figlioletti, Aristide, 4 anni e mezzo, quando questi le chiede dove sia il padre, Giovanni, e perché non torni. Anche Alice, 2 anni, domanda spesso del papà.
Giovanni Stucchi, industriale trentunenne del ramo di accessori elettrici di Olginate, è stato rapito la sera del 15 ottobre davanti all’ingresso della sua villa: dopo 49 giorni, sulla sua sorte la sola della famiglia e della larga cerchia di parenti che abbia ancora speranza è lei, la moglie, che trova così la forza d’animo di rispondere al figlioletto Aristide che il papà è lontano da casa per lavoro, ma che tornerà presto.
Ha speranza perché sostiene che la gente che le ha portato via il marito non possa essere doppiamente crudele e ingiusta, cioè estorcere una grossa somma per il riscatto e poi uccidere il prigioniero o comunque procurarne la morte, magari per incuria date le incerte condizioni di salute del sequestrato, non mantenendo la parola data riscuotendo il riscatto.
Nell’animo degli altri componenti la vasta famiglia Stucchi, dalla madre, vedova, alle sorelle e ai cognati e anche nell’animo del legale che cura gli interessi degli Stucchi, avvocato Edmondo Martini, si sta facendo sempre più strada il pessimismo, anche al di là di quanto possa far pensare il gesto dei rapitori di disperdere su un’autostrada i documenti del sequestrato, gesto che, secondo il linguaggio di questa « Anonima sequestri », potrebbe far credere alla morte della vittima del rapimento.
Si teme che Giovanni Stucchi faccia parte delle vittime di un’unica « Anonima sequestri », quella sgominata recentemente dalle forze dell’ordine. « In questo modo, dato che i capi o i cervelli della banda sono latitanti e devono restare nascosti — dicono in casa Stucchi — il nostro caro può essere stato abbandonato o ucciso ».
Le paure che si nutrono sulla sorte del rapito sono legate anche alle sue condizioni di salute. « Poiché è malaticcio e ha bisogno di medicine — dicono i familiari — Giovanni può aver sofferto il freddo, o l’inadatta alimentazione, o eventuali violenze dei custodi. Forse gli hanno somministrato sonniferi o altre sostanze che possono aver leso in maniera determinante la sua salute ».
Fonte: archivio.unita.news
Articolo del 6 settembre 1980
Anonima sequestri sgominata a Milano
di Gianni Piva
Clamorosa operazione porta in carcere gli autori di 21 rapimenti
Le bande agivano dal ‘74 sotto la regia delle cosche calabresi – Trovate dai carabinieri a Novara, Monza, Varese e Catanzaro 12 prigioni – Si scava alla ricerca dei corpi di persone mai rilasciate.
MILANO — La struttura portante dell’«anonima sequestri» in Lombardia, le bande che dal 1974 ai giorni scorsi hanno messo a segno, sotto la grande regia della ‘ndrangheta calabrese, almeno 21 rapimenti di persona nell’area milanese compresi quelli di Rancilio e Stucchi, morti tra le mani dei banditi, è stata individuata e sgominata. ‘
Nel corso delle ultime settimane sono finite in carcere 23 persone e sono state raggiunte le prove delle attività della organizzazione criminale specializzata nei rapimenti per conto della grande mafia, quella che ha visto confluire gli interessi dei clan siciliani e calabresi in questo enorme «business».
Sono le prove non solo della responsabilità delle gang nei vari rapimenti, ma di come funziona l’industria dei sequestri che ha fruttato alla mafia decine di miliardi.
I carabinieri di Milano, Como, Varese, Monza, Novara e Catanzaro hanno anche scoperto almeno 12 appartamenti utilizzati come prigioni, armi, auto, pullmini e centinaia di documenti e numeri telefonici. È stato trovato il canale che portava in Calabria le valigie con le banconote dei riscatti e sono state trovate le prove del riciclaggio.
Interi villaggi turistici sulla costa ionica, speculazioni edilizie nel milanese, investimenti immobiliari in Svizzera e negli Stati Uniti sono stati realizzati con i miliardi saccheggiati alle famiglie dei rapiti.
In testa alla lista dei sequestratori sono i nomi di Giuseppe Scopelliti, Giuseppe Mammoliti, Giuseppe Muià, indicati come i diretti emissari al nord dei grandi capi mafiosi calabresi, quelli che tengono i rapporti con i «pezzi da novanta» siciliani come Alberti e Buscetta che controllano il traffico della droga. Quella sgominata dai carabinieri, che hanno lavorato nella calma e nel silenzio della città semideserta di queste settimane è l’organizzazione istallatasi nel Milanese, nei primi anni settanta soppiantando i siciliani di Liggio e soci, dopo che costoro avevano avviato il trasferimento al nord delle attività mafiose.
Man mano che i siciliani venivano arrestati, e il gruppo Liggio veniva smantellato subentravano i calabresi. Un passaggio di consegne certamente non indolore. Gli inquirenti stanno riesaminando sulla base delle prove emerse in questi giorni da interrogatori e perquisizioni, omicidi e regolamenti di conti che non avevano trovato spiegazioni. L’uomo che dirige la costituzione dell’anonima calabrese è Scopelliti, diretto emissario di personaggi come «Saro» Mammoliti e «Momo» Piromalli.
Una delle sue prime imprese fu il rapimento di Giovanni Stucchi, giovane industriale comasco. Venne sequestrato il 16 ottobre di quell’anno e di lui non si ebbero più notizie. Ora i carabinieri hanno le prove della sua morte e stanno cercando il luogo dove è stato fatto sparire il suo cadavere.
Si sta cercando anche il corpo di un altro rapito: il figlio dell’impresario edile italo-francese Gustavo Rancilio. La banda lo avrebbe fatto seppellire in un podere in Calabria e i carabinieri sono certi di arrivare a trovare la tomba. Quasi certamente morì poche ore dopo il suo rapimento avvenuto il 2 ottobre del ’78 a Cesano Boscone.
Dal ‘74 sono certamente stati effettuati dall’anonima 21 rapimenti e tra questi quelli di Luigi Balzarotti, Erika Ratti, Emilia Mosca, Aldo Armeni, Pasquale Ventura, Giovanni Morandotti, Josemi Parodi, Rosanna Restani, e Alessandro Vismara, liberato tre giorni fa.
Questi sono i fatti resi noti dai carabinieri in attesa di completare controllo del materiale raccolto.
Gli sviluppi della operazione dovrebbero essere rilevantissimi soprattutto per quanto riguarda la parte del riciclaggio del denaro sporco. La lista degli arrestati potrebbe quindi allungarsi di molto, se è vero che intere aree sono state edificate con quei soldi.
Alla luce di questi elementi, sui quali stanno lavorando con i carabinieri i magistrati milanesi Manfredda, Bardi e Siclari assume altro significato il provvedimento che era stato avanzato dalla magistratura calabrese per il controllo delle banconote da centomila. Poi restano da esplorare i canali che portavano i soldi negli Stati Uniti e in Svizzera e che conducono al grande mercato internazionale degli stupefacenti.
L’anello per trovare la catena che ha portato alla decisa operazione anticrimine fu la liberazione il 3 agosto di Rosanna Restani a Mombretto di Mediglia nel Milanese.
[…]
Fonte: merateonline.it
Articolo del 24 febbraio 2012
Olginate: è morta Ebe Gilardi, madre di Giovanni rapito nel 74
“Nostra madre è stata una donna forte, che si è sempre dedicata alla famiglia e la cui vita, come quella di tutti noi, è stata stravolta dalla tragedia della scomparsa di una persona cara. È vissuta circondata dall’affetto dei suoi familiari, con 7 nipoti e 13 pronipoti, e si è spenta improvvisamente ma serenamente”.
A tracciare il ricordo di Ebe Gilardi, che si è spenta nella notte nel suo letto presso l’istituto Villa dei Cedri all’età di 98 anni, è la figlia Maria Grazia, nella casa di Olginate di Via Redaelli dove la donna ha trascorso gran parte della sua esistenza e dove la famiglia, impotente, ha assistito al rapimento dell’unico figlio maschio, Giovanni Stucchi.
“Era il 15 ottobre del 1974. Quando mio fratello, allora 27enne, è tornato a casa in auto dal lavoro abbiamo sentito dei rumori strani. Quando siamo andate a vedere cosa fosse successo in auto non c’era più, lo avevano portato via”. Da lì la lunga trafila di indagini che hanno portato all’arresto di un telefonista presunto coinvolto nel fatto, il quale non ha mai confessato, le estenuanti trattative con i rapitori e il pagamento del riscatto. Ma di Giovanni non si è saputo più nulla.
“In quegli anni ci siamo come estraniati da tutto il resto, schiacciati da una tragedia cui mia madre ha sempre risposto affidandosi alla fede, essendo molto cattolica. Al momento del rapimento era già vedova e i figli di Giovanni avevano 1 e 5 anni” ha spiegato Maria Grazia, che ha condiviso la tragica esperienza con le sorelle Giuseppina e Antonella e gli altri familiari. “Stiamo ancora aspettando giustizia, vorremmo almeno sapere chi è stato.
La moglie di Giovanni ci ha lasciati e ora anche la mamma, senza mai poter riavere il corpo di suo figlio. Vorrei ringraziare tutto il personale della struttura in cui mia madre ha trascorso gli ultimi mesi di vita, per come se ne sono presi cura”. I funerali di Ebe Stucchi si svolgeranno lunedì 23 febbraio alle 10.30 nella chiesa parrocchiale di Olginate. Sull’annuncio del suo decesso la famiglia ha voluto scrivere “Non fiori, ma eventuali offerte all’asilo di Olginate”.
Industriale 30enne rapito, ucciso, i rsti mai ritrovati |
One Comment
Eugenio
Ho conosciuto Giovanni nel corso di un anno scolastico a Bergamo ( istituto Alfieri). Era tipo piuttosto riservato e solitario ma ho avuto la fortuna di stare ogni tanto con lui a chiacchierare specialmente di tecniche fotografiche. Saputo all’epoca dell’accaduto sono rimasto scosso e ancora oggi parlandone rinnovo il sentimento di tristezza