20 Marzo 1991 Casarano (Lecce) Scompare la piccola Angelica Pirtoli, bambina di 2 anni. Il suo corpo verrà ritrovato il 5 Maggio 1999 nelle campagne di Matino, a pochi chilometri da quello della madre, Paola Rizzello, ritrovato due anni prima.

Foto da corriere.it

Quello di Angelica Pirtoli, una bambina di poco più di 2 anni, è uno dei delitti più atroci e crudeli avvenuto in Italia. Sua mamma, Paola Rizzello aveva 27 anni. La bimba fu dapprima ferita e lasciata agonizzante sul cadavere della madre. Poi, dopo qualche ora, gli assassini infierirono sulla piccola, afferrandola per un piedino e sbattendola ripetutamente su un muretto. Il corpo di Angelica è stato ritrovato nel maggio del 1999, dopo otto anni dal suo assassinio, a pochi chilometri dal terreno in cui fu rinvenuta la madre strangolata. Il duplice omicidio si è scoperto essere legato alla criminalità organizzata e alla Sacra Corona Unita: fu ordinato dalla moglie del boss con il quale la mamma di Angelica aveva una relazione e compiuto da un sicario che in passato era stato l’amante della donna.
Fonte: vivi.libera.it

 

 

Fonte: Sdisonorate

Angelica Pirtoli, Paola Rizzello, Casarano (LE)
Paola Rizzello, 27 anni, e sua figlia Angelica, 2 anni, scompaiono il 20 marzo 1991. Paola ha chiuso da poco una relazione con il capozona Luigi Giannelli, già sposato con Anna De Matteis, e ne ha iniziata un’altra con un uomo del suo paese, Luigi Calzolari. Giannelli non accetta questa scelta e Calzolari paga con la vita il suo rapporto con Paola. Paola inizia a fare domande in giro sull’omicidio di Calzolari per incastrare Giannelli, finito intanto in carcere per altre vicende. Sono proprio le sue indagini a decretare la sua condanna a morte: l’ex amante non l’ha mai perdonata e sua moglie Anna De Matteis non ha mai accettato il tradimento. L’atroce compito viene affidato a Donato Mercuri, che fa salire Paola e sua figlia in auto senza difficoltà in virtù di una precedente relazione con la ragazza. E mette a segno il piano di morte. Ci vogliono sei anni per ritrovare il corpo senza vita di Paola e ben nove per quello di Angelica. Paola è stata strangolata e gettata in un pozzo, mentre il corpo della piccola Angelica è stato rinvenuto sotto un pino, poco distante dal luogo del ritrovamento del cadavere della mamma, avvolto in un sacco di juta.

 

 

 

Articolo da:  ricerca.gelocal.it
Lecce, spietata vendetta del boss e della moglie. Fa uccidere l’amante e la figlia di due anni
05 maggio 1999

LECCE. È stato ritrovato dai carabinieri nelle campagne di Matino, in provincia di Lecce, il corpo di Angelica Pirtoli, figlia di Paola Rizzello, entrambe vittime della criminalità mafiosa. Madre e figlia (che all’epoca avevano 27 e due anni) erano scomparse nel marzo del 1991 da Casarano: per quella vicenda è in corso un processo a Lecce. Il corpo della madre fu ritrovato due anni fa nella stessa zona, all’interno di una cisterna. Il duplice omicidio, secondo quanto accertarono gli investigatori, maturò nell’ambito di una storia nella quale si intrecciarono vicende passionali e malavitose. Secondo quanto fu accertato dalle indagini, mandanti del duplice omicidio furono Luigi Giannelli, di 41 anni, e sua moglie Anna De Matteis, di 37, entrambi di Parabita (Lecce), come il presunto esecutore, Donato Mercuri, di 36 anni. I tre, appartenenti alla Sacra corona unita, erano già  in carcere quando furono raggiunti nel ’97 dalle ordinanze di custodia cautelare per quella vicenda.

Di Paola Rizzello e della figlia Angelica Pirtoli non si avevano notizie dal giorno della loro scomparsa, avvenuta il 20 marzo del ’91. I resti della donna, strangolata, furono trovati il 19 febbraio del ’97. Giannelli, secondo gli investigatori, avrebbe deciso di far uccidere Paola Rizzello, temendo di essere denunciato da lei per l’uccisione del suo convivente, Luigi Calzolaro, compiuta nell’85. Dal carcere, nel quale all’epoca era già rinchiuso per altri reati,avrebbe ordinato il delitto a Mercuri. Ma una ragione per liberarsi di Paola Rizzello l’avrebbe avuta anche Anna De Matteis, la quale si sarebbe così vendicata della storia sentimentale nata tra il marito, prima che nell’89 venisse arrestato, e la vittima. Dopo l’arresto di Giannelli, Paola Rizzello aveva avuto una relazione amorosa anche con Mercuri, che l’avrebbe poi strangolata.

I resti del corpicino di Angelica sono stati trovati ieri mattina in un terreno di proprietà comunale nel territorio di Matino, sepolti a una profondità di circa due metri e avvolti in un sacco di juta. La zona del ritrovamento è a tre-quattro chilometri dalla cisterna nella quale fu trovato il corpo della madre. Circostanza questa, secondo gli investigatori, che lascia supporre che madre e figlioletta siano state uccise in momenti diversi. Se sulle cause dell’uccisione della donna gli investigatori non avrebbero ormai alcun dubbio, non è invece ben chiara la ragione per la quale oltre a lei sia stata uccisa anche una bambina di appena due anni, che non poteva certo rappresentare un rischio per i sicari. Pare certo che nel momento in cui il sicario entrò in azione madre e figlia fossero insieme, ma non sarebbe solo questa la ragione di un delitto così efferato: gli investigatori sarebbero certi che i mandanti avessero già stabilito che a sparire dovessero essere madre e figlia, insieme.

 

 

 

Foto da  amicidilibera.blogspot.it

Articolo del Corriere della sera del 5.05.99
Bimba di due anni uccisa dalla mafia
di Fulvio Bufi

LECCE – La tomba di Angelica Pirtoli è stata per otto anni una anonima collinetta rocciosa spersa nelle campagne in un posto che si chiama Matino, dove non c’è un’anima e si vedono soltanto i ripetitori delle tv. La tomba era ai piedi di un pino: un buco profondo due metri e ricoperto di terreno indurito dal tempo. La bara un sacco di juta, un fagotto in cui mani feroci avvolsero il corpo di questa bambina morta ad appena due anni e mezzo, sparita insieme con la mamma nel marzo 1991 da Casarano (nel Leccese), e insieme alla mamma uccisa da chi, dopo averla rapita, non sapeva che cosa farne. L’hanno ritrovata ieri all’alba i carabinieri, e non è il caso di descrivere ciò che hanno visto dopo aver scavato.

L’hanno trovata a un paio di chilometri da una vecchia cisterna dove, nel febbraio  ’97, recuperarono il corpo della mamma di Angelica, Paola Rizzello, che quando scomparve aveva 27 anni e una storia di sbandata, tra droga e uomini finiti in carcere o ammazzati. C’è di mezzo anche la Sacra Corona Unita in questa vicenda, ma solo perché chi oggi è accusato per la morte della donna e di sua figlia è gente che ha a che fare con le cosche del Salento. Ma qui non c’entrano traffici loschi, la gelosia piuttosto. La gelosia di un capozona che non perdonò alla sua amante di essersi messa con un altro, e soprattutto la gelosia della moglie del boss, che dopo aver scoperto il tradimento diede l’ordine di eliminare la rivale.Nessuno voleva che Paola Rizzello continuasse a vivere. E che ci fosse di mezzo una bambina contava meno di zero, per il boss, per sua moglie e per l’uomo che dall’uno e dall’altra ebbe l’incarico di fare quel “lavoro”.

Marito e moglie si chiamano Luigi Giannelli e Anna De Matteis, 41 e 37 anni, il killer Donato Mercuri (36 anni), che pure ebbe una storia con la Rizzello, ma questo non gli impedì poi di strangolarla. Stanno tutti in carcere, e, recentemente, sono alla sbarra. Paola cominciò a essere la donna segreta di Giannelli nella prima metà degli anni Ottanta, ma dopo qualche tempo si legò a un altro uomo, uno del suo paese, Luigi Calzolari. Non durò a lungo, perché nell’85 Calzolari fu ucciso. Su ordine di Giannelli (finito nel frattempo in carcere per altre vicende), fu il sospetto di Paola. E cominciò a far domande in giro, a cercare di incastrare l’ex amante. Che però venne a saperlo in fretta, e da dietro le sbarre fece sapere a uno dei suoi che a quella ragazza bisognava chiudere la bocca. Intanto la Rizzello aveva avuto altre storie e da una di questa era nata Angelica. La piccola cresceva senza padre e con una madre che faceva la vita che faceva, ma alla bambina cercava di badare al meglio.

Su di lei, però, c’era ormai la condanna dell’ex amante, e poi anche quella della moglie del boss, che quando venne a sapere del tradimento, prima affrontò la ragazza, la insultò e la minacciò , quindi disse che voleva vederla morta. Ma davvero, non per dire. Le circostanze in cui Paola e Angelica sparirono, il 20 marzo ’91, non hanno granché di particolare. Paola era uscita con Angelica e da qualche parte del paese incontrò Mercuri. Si conoscevano, non ci fu bisogno di azioni di forza per portar via la donna e la bambina.

Quello che successe dopo, invece, è ancora da chiarire fino in fondo, e forse ora che è stato ritrovato anche il corpo di Angelica, lo si potrà capire durante il processo in corso. Perché ci sono cose che non quadrano in tutta questa truce vicenda: Angelica era piccolissima, non poteva raccontare niente a nessuno, non rappresentava un pericolo. Eppure la uccisero. E poi: se il corpo di Paola Rizzello fu gettato in un pozzo, perché mettersi a scavare una buca per seppellire Angelica, anziché lasciarla lì dove avevano lasciato sua madre, ritrovata due anni fa? “Probabilmente l’hanno uccisa successivamente, quando si sono resi conto che non sapevano cosa farne”, dice un investigatore. E con quel “non sapevano cosa farne” spiega in quattro parole che gente è quella che ha deciso il destino di questa bambina.

 

 

 

Articolo da La Stampa del 26 Maggio 1999 
MAFIA PUGLIESE
Il boss ordinò: ammazzate la bambina

LECCE. Venne uccisa a 2 anni dalla mafia salentina : a ordinare la sua morte e quella della madre fu un boss che decise di non risparmiare la piccola, rimasta ferita, e fece tornare indietro i due sicari per finirla. È il racconto della morte di Angelica, figlia di Paola Rizzello, la cui fine – secondo un pentito – fu decisa dalla moglie di un boss di Parabita, Luigi Giannelli, che dal carcere sentenziò la condanna nonostante avesse avuto una relazione con la Rizzello. I particolari del duplice omicidio sono stati resi noti, nell’udienza alla corte di Assise, da uno dei killer, Luigi De Matteis, ora collaboratore di giustizia.

De Matteis e Biagio Toma la sera del 20 marzo ’91 incontrano la donna che ha in braccio Angelica. Portano Paola Rizzello e la figlia in una casa nelle campagne di Matino dove era stato nascosto un fucile. De Matteis prende l’arma e spara: il primo colpo raggiunge Paola Rizzello al ventre, ferendo Angelica a un piede, il secondo colpo centra al petto la donna. I due assassini si allontanano con Angelica, ma Mercuri ordina che sia ammazzata anche lei. Dopo 2 ore tornano sul luogo del delitto e Toma scaraventa contro un muro Angelica, uccidendola: poi, bruciati i cadaveri, li gettano in una cisterna. I resti della piccola – secondo gli investigatori – potrebbero essere quelli ritrovati una quindicina di giorni fa dai carabinieri, [s. t.)

 

 

 

 

#GiustiziaPerAngelica, bimba uccisa dalla mafia
Pubblicato il 30 mag 2014
La mafia che non uccide i bambini? È solo una sporca bugia. Angelica aveva due anni e mezzo quando venne uccisa dalla Sacra Corona Unita: due killer del clan Giannelli spararono alla madre Paola, uccidendola, colpirono la figlia ad un piedino e la finirono sbattendola contro un muro. L’omicidio più agghiacciante del Salento, forse il peggiore d’Italia, è tutt’ora impunito: solo a distanza di 23 anni la Procura di Lecce ha riaperto un’inchiesta. E ora sono tanti a chiedere #GiustiziaPerAngelica. Dall’Indiano di TeleRama condotto e curato da Danilo Lupo con le immagini e il montaggio di Matteo Brandi andato in onda su TeleRama il 29 maggio 2014.

 

 

 

 

Fonte: ilfattoquotidiano.it
Articolo del 22 gennaio 2015
Angelica Pirtoli, uccisa dopo sua madre. “Risolto caso più nero della Sacra Corona”
di tiziana Colluto
Angelica, 2 anni, venne uccisa nel marzo 1991 assieme alla mamma Paola. Dopo 24 anni, è stato risolto il rebus dell’omicidio di mafia più nero del Salento: notificata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere a Biagio Toma. A giugno sarebbe stato scarcerato dopo aver scontato una pena per estorsione

“Ci aveva chiesto di spostare un sacco da lì, di portarlo da un’altra parte. Una cosa, un sacco che era sotto quel pino”. Così ha parlato un testimone, agli inizi del 2014. “Un sacco”. Non un cadavere. Questo non lo ha ammesso mai. “Ma ci è bastato per capire. Per avere la conferma”. La ricorda quella parola, la pronuncia per bene, la scandisce uno degli investigatori. “Un sacco”. Sapevano cosa cercare i carabinieri del Ros. Chi ascoltare. Ma dei tanti uno solo ha detto. A denti stretti. “Ed è stato sufficiente”. Non c’è spazio per le emozioni, quando si indaga. Ma ora il cerchio è chiuso e lo si può ammettere: “Non è stata una storia semplice, da nessun punto di vista”.

Dopo ventiquattro anni, ha un nome quello che per gli inquirenti è stato il sicario della piccola Angelica Pirtoli, due anni, la vittima del delitto di mafia più agghiacciante di cui il Salento abbia memoria. Anzi, di nomi ora ne ha due: Luigi De Matteis e Biagio Toma. Il primo, nel maggio del 1999, lasciò ammutoliti i giudici della Corte d’Assise di Lecce: “Nnu la facia chiui cu tegnu questo segreto qua, anche perché ci ho due figlie ed ogni volta che io le guardavo…”. Una confessione piena. E dettagli insopportabili, contro suo cognato: “Biagio Toma è sceso dalla macchina, ha preso la bambina per i piedi e l’ha sbattuta quattro-cinque volte vicino al muro e niente, cioè era morta la bambina”. Per i piedi. Contro il muro. Quattro-cinque volte. Il cranio fracassato. Come in Novecento, il film di Bertolucci. I fotogrammi stavolta erano veri: Parabita, Lecce, 20 marzo 1991.

Finora, nessun altro riscontro c’era stato contro Toma. Niente che potesse incastrarlo. Fino a quel “sacco”. E lui, lui che già assaporava il sole di Gallipoli assieme alla moglie e ai tre figli, avrà pensato che il momento di fare i conti con la verità è arrivato, quando, nel carcere di Trani, in mattinata, gli è stata notificata l’ordinanza di custodia cautelare. Firmata dal gip Simona Panzera, su richiesta del pm Giuseppe Capoccia della Procura Distrettuale Antimafia di Lecce, spazza via anche l’istanza già depositata per ottenere la detenzione domiciliare. Per il reato di estorsione aveva patteggiato una pena a 3 anni e 8 mesi; per due volte era già stato processato e assolto, per rapina e per possesso di stupefacenti. Gli era stata riconosciuta anche l’ingiusta detenzione. Ma ora, ora niente gli dev’essere sembrato uguale. Perché per lui, 47 anni, quel fine pena fissato a giugno rischia di tramutarsi in un fine pena mai.

“Concorso in duplice omicidio pluriaggravato”. Questa l’accusa. Perché di morti in questa storia che ne sono due. Angelica e sua mamma. Paola Rizzello aveva appena 27 anni. La scostò, spavalda, la canna del fucile che De Matteis le aveva puntato contro: “Non mi fai paura”. Partì il primo colpo, diretto alla pancia. Colpì anche la bimba che lei teneva in braccio, al piedino destro. La scarpetta volò via. Angelica si mise a piangere. E poi il secondo colpo, sul petto. Paola è morta così. Ma lei, la piccola, lei era ancora viva. Loro la lasciarono lì, in quella campagna, vicino al casolare. Al buio. Ma ci ritornarono.

“Vabbè, tanto cresceva come la madre”. Tra di loro, si giustificarono con questa frase. Forse anche per dare un senso al comando che avevano ricevuto: “Se trovano la bambina in quelle condizioni, automaticamente si capisce che alla madre le è successo qualcosa, qualcosa di brutto … No, la bambina non si può lasciare. Voi sapete cosa dovete fare”. Questo era l’ordine che aveva impartito Donato Mercuri, colui che aveva pianificato l’omicidio nonché amante di Paola. Ma la sentenza, la condanna a morte, l’aveva firmata qualcun altro. Ma chi? Luigi Giannelli, a capo dell’omonimo clan di Parabita, uno dei grani della Sacra Corona Unita. Anche lui aveva avuto una relazione con la mamma di Angelica, agli inizi degli anni ’80. Paola sapeva troppo. Sapeva delle dinamiche del gruppo, sapeva dei delitti più eclatanti, conosceva i luoghi in cui veniva nascosta la droga, tanto da essere sospettata di averne sottratta un bel po’ per sé.

E poi faceva troppe domande. Chiedeva di Luigi Calzolari, suo fidanzato, fatto fuori nel 1985. Sospettava che il mandante dell’uccisione fosse Giannelli. Per questo, lo disse, il boss, a sua moglie, in un colloquio in carcere: Paola andava eliminata. E per lei, Anna De Matteis (sorella di Luigi), “Anna morte”, fu gioco semplice affidare l’esecuzione a Mercuri: odiava quella donna, che le aveva quasi rubato il marito; la odiava così tanto da farci a botte, un giorno, al mercato. È per quest’intreccio perverso che ad Angelica è stata rubata la vita. Luigi De Matteis e Biagio Toma fecero sparire i due corpi: “Abbiamo preso la Rizzello, che era bruciata e quando l’abbiamo presa si è spezzata in due e l’abbiamo buttata nella cisterna. […] C’era la bambina… siccome lì vicino c’erano dei sacchetti di plastica dei contadini, di concime, si è preso un sacchetto, si è messa la bambina e l’abbiamo portata dove è stata ritrovata”.

Il cadavere irriconoscibile di mamma Paola è stato rinvenuto il 19 febbraio 1997, durante uno scavo in contrada Tuli, a Parabita. Due anni dopo, il 4 maggio 1999, è stata la volta di Angelica, un corpicino nascosto dentro quel sacco, sulla collina di Sant’Eleuterio. Tutti, tranne Toma, sono già stati condannati all’ergastolo. “Nella storia criminale nazionale – ha scritto ora il gip – non si ricordano condotte comparabili con quelle tanto sprezzanti del dolore innocente di una bambina di due anni, rimasta ferita in maniera non grave al piedino, lasciata disperata, nottetempo al buio in campagna, accanto al cadavere della madre ammazzata (un teste aveva ricordato di aver udito nel buio un cagnolino che ululava!) e quindi uccisa, senza nemmeno la pietà che si usa verso gli ovini”.

 

 

 

 

Fonte:  ilmattino.it
Articolo del 25 marzo 2016
Omicidio di Paola Rizzello e della piccola Angelica: aperto il processo dopo 25 anni

Prima udienza in Corte d’Assise questa mattina per l’efferato omicidio di Paola Rizzello e della sua bimba di due anni Angelica Pirtoli. Il duplice delitto – per una questione di gelosia maturata all’interno del clan – avvenne il 20 marzo del 1991 a Parabita e adesso unico imputato per l’uccisione della donna e della sua bambina è Biagio Toma. Contro di lui le accuse del collaboratore di giustizia Luigi De Matteis, che i giudici questa mattina hanno deciso di ascoltare nella prossima udienza, fissata per il 9 giugno. Pubblico ministero è la dottoressa Elsa Valeria Mignone.

Il processo si è aperto nella stessa aula in cui Toma fu sentito il 17 aprile del 2000 come testimone e dove il 26 marzo del 2001 vennero condannati all’ergastolo con il ruolo di mandanti il boss Luigi Giannelli e la moglie Anna De Matteis con Donato Mercuri.
Difeso dall’avvocato Walter Zappatore, Toma si trova a rispondere di duplice omicidio volontario aggravato dalla crudeltà per la confessione del coimputato, coetaneo e compaesano Luigi De Matteis, che ha scelto di farsi giudicare con il rito abbreviato (è difeso dall’avvocato Francesco De Giorgi): sostenne che quel 20 marzo del 1991 dopo aver ammazzato la Rizzello a fucilate sotto gli occhi della sua figlioletta, decisero di tornare indietro ad uccidere anche lei nel timore che potesse metterli nei guai. Raccontò di un omicidio atroce: la bimba sarebbe stata presa dai piedi e scaraventata con la testa contro il muro.

Dopo l’arresto nel corso delle indagini dell’allora pubblico ministero Giuseppe Capoccia e dei carabinieri del Ros, Toma sostenne durante l’interrogatorio di garanzia che non sarebbe stato mai capace di macchiarsi di un delitto così orrendo. L’impianto accusatorio è frutto sì delle dichiarazioni di De Matteis, ma anche del collaboratore Massimo Donadei nonché di due testimonianze. Come è vero anche che nelle carte dell’inchiesta “Coltura” c’è una intercettazione in carcere in cui Donato Mercuri commenta l’arresto di Toma: “E’ stato “Morte” (Cici Morte è il soprannome di Luigi De Matteis, ndr). Invece “Morte” dice che è stato Toma, capito? E’ stato morte. Invece è all’inverso, è stato “Morte” ad ammazzare la bambina”.

Come è accaduto per De Matteis, anche per Toma si sono costituiti parte civile Maria Antonia Sabato, madre della Rizzello e nonna della piccola Angelica, con l’avvocato Serena Tempesta. I fratelli della Rizzello, Gerardo, Nadia e Marilena con gli avvocati Leonardo Marseglia e Giancarlo Zompì. Ed Alessandro Pirtoli, fratello di Angelica e figlio di Paola Rizzello.

 

 

 

 

Fonte:  lecceprima.it
Articolo del 18 giugno 2018
Omicidio della piccola Angelica, ergastolo anche in appello per Biagio Toma
Carcere a vita per uno degli autori del duplice omicidio di Paola Rizzello e di sua figlia Angelica, una bimba di tre anni

LECCE – Confermata dai giudici della Corte d’assise d’appello la condanna all’ergastolo per Biagio Toma, 48enne di Parabita, ritenuto uno degli autori materiali di un duplice feroce omicidio. Quello di Paola Rizzello (di appena 27 anni) e sua figlia Angelica, una bimba, assassinate la sera del 20 marzo 1991. Tra più atroci e crudeli delitti mai avvenuti nel Salento.

Una storia che riemerge dopo oltre un quarto di secolo con un senso immutato di ferocia e crudeltà, che neanche l’oblio del tempo, da sempre panacea di ogni male, è riuscito a cancellare. La storia di una bimba di poco più di due anni, Angelica Pirtoli, ferita e lasciata agonizzante sul cadavere della madre. Poi, a distanza di poco più di un’ora, afferrata per un piedino, quello già ferito, e sbattuta ripetutamente contro un muro, come un pupazzo gettato via dopo un gioco perverso e crudele. Non sprecarono per lei neanche una pallottola. Un duplice omicidio legato alla criminalità organizzata e alla Sacra corona unita.

Le altre condanne
Quella inflitta in secondo grado a Toma è la quarta condanna all’ergastolo dopo i mandanti dell’omicidio (divenuta definitiva dopo il pronunciamento della Cassazione nel 2003): Luigi Giannelli, 56 anni; sua moglie Anna De Matteis, 52enne e Donato Mercuri, 51 anni, uomo di fiducia del boss Giannelli. La condanna, qualora divenisse definitiva, potrebbe dunque scrivere la parola fine in questa terribile vicenda. Uno dei grandi accusatori di Toma è Luigi De Matteis, suo presunto complice reo confesso e collaboratore di giustizia, condannato a 16 anni e otto mesi.

Il racconto del collaboratore
De Matteis ha già raccontato, in un’aula di Corte d’Assise attonita, i particolari dell’assurda e inaudita ferocia con cui fu ammazzata la piccola Angelica: “Biagio Toma è sceso dalla macchina, ha preso la bambina per i piedi e l’ha sbattuta quattro-cinque volte vicino al muro e niente, cioè era morta la bambina”. Angelica, ferita a un piede e in lacrime, fu assassinata con una crudeltà inaudita. Il racconto dell’orrore è proseguito, svelando i particolari con cui i due si erano liberati dei cadaveri, dopo averli bruciati: “Abbiamo preso la Rizzello, che era bruciata e quando l’abbiamo presa si è spezzata in due e l’abbiamo buttata nella cisterna”. Il “pentito precisò che “Toma la teneva dalle braccia e lui per i piedi, lo scheletro si spezzò all’altezza del bacino e per terra era rimasta della pelle incollata”. Poi fu la volta della bimba: “C’era la bambina… siccome lì vicino c’erano dei sacchetti di plastica dei contadini, di concime, cose, si è preso un sacchetto, si è messa la bambina e l’abbiamo portata dove è stata ritrovata”.

Il ritrovamento dei corpi
I resti della donna furono recuperati il 19 febbraio del 1997, all’interno di una cisterna nel comune di Parabita, in località contrada Tuli (meglio conosciuta come “Santa Teresa”, lungo la strada vecchia per Alezio), dove fu rinvenuto uno scheletro con il solo teschio parzialmente integro ed alcuni monili d’oro. Oltre all’apparato scheletrico, al teschio, a poche ciocche di capelli e ad alcuni oggetti d’oro, furono rinvenute parti di alcuni indumenti femminili: la parte elastica di un reggiseno, due spalline, filamenti di calze collant ed un paio di scarpe del tipo polacchine in camoscio. I successivi accertamenti medico-legali, nonché quelli di odontoiatria forense comparativa, consentirono di affermare che i resti in esame appartenevano in vita proprio a Paola Rizzello, il cui decesso, causato da un colpo d’arma da fuoco esploso in prossimità dell’articolazione sternale, si era verificato in un lasso di tempo compreso tra i 5 e i 10 anni precedenti, quindi compatibile con l’epoca della sua scomparsa, avvenuta il 20 marzo 1991.

Paola era stata gettata, come un fagotto, all’interno della vasca. Fu necessario attendere altri due anni, fino al 5 maggio 1999, per ritrovare i resti di Angelica, proprio grazie alle deposizioni di De Matteis. Per otto anni la sua tomba fu un’anonima collinetta rocciosa spersa nelle campagne di Matino, ai piedi di un pino: un buco profondo due metri e ricoperto di terreno indurito dal tempo. Il corpicino era stato nascosto in un sacco di juta, un fagotto in cui mani feroci avvolsero il corpo di una bambina morta ad appena due anni e mezzo da chi, dopo averla rapita, non sapeva che cosa farne. Fu trovata a un paio di chilometri dalla vecchia cisterna dove avevano recuperato il corpo della mamma.
Il duplice delitto

Paola Rizzello divenne l’amante di Giannelli nella prima metà degli anni Ottanta, ma dopo qualche tempo si legò a un altro uomo, uno del suo paese, Luigi Calzolari. Fu una storia breve perché nel 1985 Calzolari fu ucciso. Paola sospettò che a ordinare l’omicidio dal carcere fosse stato proprio Giannelli, e cominciò a fare domande in giro, a cercare di incastrare l’ex amante. Il boss scoprì quasi subito le sue intenzioni e decretò che quella ragazza doveva essere eliminata.

Decisone inappellabile, secondo il codice di tutte le mafie, cui si aggiunse quella della moglie del boss, “Anna morte” che, scoperto il tradimento, prima affrontò la ragazza, la insultò e la minacciò, quindi disse che voleva vederla morta. L’ordine di uccidere Paola Rizzello fu impartito da Luigi Giannelli, all’epoca detenuto a Lecce per fatti estorsivi, durante un colloquio in carcere con la moglie Anna Matteis, che lo trasmise a Donato Mercuri, persona incaricata di eseguire materialmente l’omicidio.

Mercuri, per precostituirsi un alibi, individuò come data dell’esecuzione la sera in cui sarebbe stata disputata un’importante partita di calcio, di cui era notoriamente appassionato e a sua volta affidò, secondo la ricostruzione di Luigi De Matteis, a lui e a Toma il compito di portare a termine il progetto di morte. La sera del 20 marzo 1991 i due attesero la donna sulla strada che conduceva alla sua abitazione e seguirono la Panda Rossa su cui viaggiava. La donna, che di lui si fidava, si presentò all’appuntamento con Angelica in braccio e salì a bordo della sua Alfa 75. Condussero Paola Rizzello e la figlia in una casa nelle campagne di Matino, dove era stato nascosto un “fucile da caccia con quattro cartucce a pallini”.

De Matteis puntò l’arma contro la donna, che affrontò con coraggio e spavalderia i suoi assassini: “Non mi fai paura, disse e fece un gesto con la mano, come per scostare la canna del fucile puntata contro di lei”. In quel momento De Matteis esplose il primo colpo che colpì la Rizzello “nella pancia”, attingendo di striscio anche la bambina al piede destro e facendole saltare via la scarpina. Il secondo colpo fu esploso per essere certo che la Rizzello fosse morta, a una distanza di circa un metro, nella regione del petto più vicina al collo. I due assassini si allontanarono dal luogo del delitto, lasciando la bimba ferita e in lacrime. Poi, su ordine dello stesso Mercuri (“Se trovano la bambina in quelle condizioni, automaticamente si capisce che alla madre le è successo qualcosa, qualcosa di brutto … No la bambina non si può lasciare. Voi sapete cosa dovete fare”, avrebbe detto l’uomo) tornarono indietro, perché a due anni e mezzo una bimba può parlare e soprattutto ricordare.

 

 

 

Fonte: mafie.blogautore.repubblica.it
Articolo del 16 maggio 2019
Paola e Angelica, madre e figlia
di Carla Nassisi

C’è una storia che ha premesse da romanzo criminale, ma che termina nello squallore sordo della realtà. Una storia senza morale alcuna, come molte altre storie che appartengono alla realtà e non alla fantasia di scrittori o registi. Una storia che non ha nulla di catartico. È la storia di una bambina, la storia di una madre.

È la storia di un pentito e di un uomo senza rimorsi. È una storia qualsiasi, dopotutto, una schifosissima storia di mafia. Non la mafia dell’Orgoglio dei Prizzi, del Padrino o di Gomorra. Non quella pittoresca che si agghinda nei castelli del defunto Boss delle Cerimonie. Non è di certo una storia di “uomini d’onore”, di quelli che sai, non toccano donne e bambini, che “quando in carcere ci va un pedofilo, sai, che gli fanno? Loro quelli che fanno del male ai bambini non li sopportano proprio”.

Nel marzo del 1991, Paola Rizzello, ventisettenne, e sua figlia Angelica, di soli due anni, vengono assassinate brutalmente nelle campagne salentine, nei pressi del comune di Matino. I due sicari sono Biagio Toma e Luigi De Matteis; quest’ultimo, il “pentito”, svela la vicenda agli inquirenti, fino alla confessione dettagliata, 17 anni dopo, dell’omicidio della bambina. Un’azione tanto meschina quanto disarmante nella sua insensata brutalità. Forse la causa dei fantasmi che tormentano lo stesso De Matteis, che accusa Toma dell’esecuzione materiale del delitto.

Paola Rizzello conosceva Toma e De Matteis, e meglio di loro conosceva i mandanti, Anna De Matteis e Luigi Giannelli. La sua è una parabola esistenziale sul filo del rasoio: ha contatti molto stretti con i mafiosi della SCU, problemi di tossicodipendenza; è amante del boss Giannelli prima, e del suo braccio destro Donato Mercuri poi. Anna detta “Morte”, moglie di Giannelli, la odia, tanto da picchiarla in piena luce, davanti a tutti, al mercato; il boss inizia a temere che conosca troppo bene le attività della cosca. Matura tra le mura del carcere in cui è costretto Giannelli la decisione di farla fuori.

La sera del 20 marzo 1991, Toma e De Matteis tendono una trappola alla giovane. La inducono a seguirli in un casolare sperduto con la promessa di farle provare una nuova partita di droga. Paola ha con sé la sua bambina, di soli due anni, ma sceglie di fidarsi. È spavalda, Paola; quando De Matteis le punta il fucile contro, lei scosta la canna, quasi ridendo. “Non mi fai paura”. Un colpo all’addome ferisce la ragazza, che cade insieme alla bambina, ferita al piede. Forse Paola ha paura, adesso, o forse il secondo colpo, tra il petto e il collo, è troppo rapido.

Si chiuderebbe forse così l’“ordinaria” esecuzione mafiosa di Paola Rizzello, in una serie TV. Angelica piange da sola per un’ora e mezza, e forse qualcuno potrebbe udire quel pianto, nel silenzio surreale della campagna salentina. Ma la realtà è ben più truce. I due assassini fanno ritorno. Allora, l’insensato. Toma decide che non può sprecare nemmeno un colpo: così afferra la piccola e la sbatte al muro come una bambola di pezza, “quattro-cinque” volte, finché non smette di respirare.

Il resto è un niente: un sacchetto di iuta sepolto sotto un albero, nascosto per oltre 17 anni e infine rinvenuto grazie alle indicazioni del pentito De Matteis. «Nnu ‘sta la facia chiui iou cu tegnu ‘nnu segreto del genere dentro» (“non ne posso più di tenere dentro un segreto del genere”), dice quest’ultimo agli inquirenti, durante la sua prima confessione del delitto.

Cos’è un bambino per un mafioso? Per Biagio Toma, Angelica era una cosa in un sacchetto. Cos’è una donna? Per Anna De Matteis e Luigi Giannelli, probabilmente, Paola Rizzello era una donnetta di cui si poteva fare a meno per un capriccio, per gelosia, con la scusa che “sapeva troppo”. Tutto il resto non è altro che una finzione.

L’invenzione di uno scrittore, di un regista, di qualche illuso a cui piace pensare la mafia come un impero del male popolato da conturbanti personaggi a tutto tondo, tenebrosi ma depositari di una morale interiore, cavalieri oscuri e criminali-gentiluomini. Perché il male è banale, come disse Hanna Arendt: “Quel che ora penso veramente è che il male non è mai ‘radicale’, ma soltanto estremo, e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla superficie come un fungo. Esso ‘sfida’ come ho detto, il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua ‘banalità’. Solo il bene è profondo e può essere radicale”.

 

 

 

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Angelica Pirtoli – 20 marzo 1991 – Parabita (LE)
Era una bambina di due anni e mezzo, viveva con sua madre Paola Rizzello e come ogni bambino di quell’età iniziava a mostrare i suoi gusti, le sue preferenze. Sapeva già camminare bene, ma era in braccio a sua madre quando la vide morire davanti ai suoi occhi. L’omicidio della piccola Angelica è uno dei delitti più atroci e crudeli avvenuti in Italia.

 

 

 

 

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