22 Febbraio 1981 Palmi (RC). Scompare Rossella Casini, 25enne studentessa fiorentina, fidanzata con un ragazzo del luogo.

Foto da stop ‘ndrangheta.it

Rossella Casini era una donna coraggio che ha sfidato la ‘ndrangheta da sola, tra omertà e silenzio. Fiorentina, figlia unica, vive nella sua casa a Santa Croce insieme al padre, un operaio in pensione della Fiat e alla madre, attenta casalinga. Si iscrive alla facoltà di Psicologia nell’ateneo della sua città, ed è lì che nel 1978 conosce Francesco Frisina, studente fuori sede di Economia, originario di Palmi (RC). I due vivono appieno la loro storia, tanto che le famiglie dei due si conoscono e sono frequenti le trasferte di Rossella a Palmi. L’equilibrio della coppia viene rotto il 4 luglio 1979, quando due sicari uccidono con 2 colpi di pistola il padre di Francesco, Domenico Frisina. Un omicidio incomprensibile per la giovane fiorentina, che non può capire e neanche sospettare il movente. Poche settimane dopo è il turno di Francesco. Il ragazzo viene colpito da un proiettile alla tempia, ma si salva miracolosamente. Nella confusione più totale, Rossella lo convince a fare la convalescenza a Firenze. Ed è li che pretende delle risposte dalle quali Francesco non può più scappare. Emerge, così, che la famiglia Frisina è affiliata alla ‘ndrangheta, coinvolta nella guerra tra i clan Condello e Gallico di Palmi che farà 54 morti. Disarmata dal ritrovarsi a vivere una situazione così lontana dal suo modo di vivere, Rossella convince il fidanzato a chiedere protezione allo Stato denunciando gli assassini del padre. Lei stessa si fa interrogare, cercando di raccontare tutto quello che è stata in grado di estorcere a Francesco. Dopo l’interrogatorio fiume di Rossella al magistrato Francesco Fleury, che permette di effettuare qualche arresto, le indagini per competenza territoriale si spostano a Reggio Calabria. È uno squarcio nell’omertà, che però fa di Rossella una mina vagante nelle mani della ‘ndrangheta. Francesco, ancora ricoverato in ospedale, viene convinto alla ritrattazione della sua deposizione, che però gli costa comunque il carcere.
Rossella viene “convocata” dalla famiglia di Francesco a Reggio. Viene costretta a firmare una dichiarazione redatta dalla famiglia e dall’avvocato nella quale nega quello che ha riferito ai magistrati. È la sua condanna a morte. Quella sera Rossella chiama il padre Loreto per avvertirlo che stava rientrando, ma, purtroppo, non tornerà più a casa. Scompare e nessuno è in grado di fornire notizie utili al suo ritrovamento. O meglio nessuno è disposto a parlare. La famiglia di Francesco non può sopportare l’affronto fatto dalla ragazza, e lavare il disonore spetta a loro. L’ordine è perentorio: “fate a pezzi la straniera”. Domenico Gallico e Pietro Managò rapiscono, fanno a pezzi e gettano nel mare calabrese la giovane Rossella. Il piano viene ideato dalla sorella di Francesco, Concetta. Una donna che assicura di “lavare con il sangue il tradimento”.
Una storia familiare tragica che costa la vita alla madre di Rossella, morta qualche anno dopo la sua scomparsa per il troppo dolore provato per la perdita della sua unica figlia. Il papà Loreto non si da pace, cercando insistentemente la figlia. Fino a quando, il 22 luglio 1994, legge sul giornale: “Rossella ragazza antimafia tutta da sola da Firenze volle affrontare cosa nostra. Allora la fecero a pezzi”. Solo dopo 13 anni, il silenzio sulla sparizione di Rossella viene interrotto dalle rivelazioni di 3 collaboratori di giustizia. Una verità emersa brutalmente, come se nessuno potesse prendersi la briga di avvisare quel padre che rischia di impazzire e la sua famiglia. Siamo allo scontro tra silenzio e omertà. In tutti i loro significati. Pietre che pesano sulla coscienza collettiva. (Libera.it)

 

 

Articolo di La Repubblica del 22 Luglio 1994
IL CLAN NON PERDONA L’ AMORE DI ROSSELLA
di Franca Selvatici

FIRENZE – Era bella. E molto in gamba. Nel quartiere di Santa Croce il ricordo di Rossella Casini è ancora vivo, anche se sono passati più di 13 anni da quando è scomparsa. Aveva 25 anni, studiava psicologia. Era figlia unica. La madre è morta di disperazione. Il padre Loredano non ha mai cessato di cercarla. Ha bussato a tutte le porte per scoprire la verità. L’ ha saputa ieri nel modo più brutale, dalle pagine del quotidiano La Nazione. Ha letto che sua figlia è rimasta vittima per amore di una sanguinosa faida calabrese. “Colpevole” di aver convinto il fidanzato di Palmi, Francesco Frisina, a rompere le leggi dell’ omertà. E per questo, rapita, uccisa, gettata in mare. Ieri, Loredano Casini ha parlato con il procuratore aggiunto di Firenze Francesco Fleury. “Che Stato è questo – ha chiesto – se io devo sapere dai giornalisti che mia figlia è stata ammazzata e fatta a pezzi? Non avrei diritto di essere informato dalle autorità?”. La tragica fine di Rossella è stata ricostruita dai magistrati della procura distrettuale di Reggio Calabria (l’ aggiunto Salvatore Boemi, il sostituto Giuseppe Verzera) che indagano sulle cosche Gallico e Parrello-Condello di Palmi, protagoniste dal ‘ 78 al ‘ 90 di una feroce guerra di mafia. All’ interno dell’ inchiesta, nella quale sono stati eseguiti più di cento arresti, tre persone sono ora accusate del sequestro e dell’ omicidio di Rossella: Domenico Gallico, Pietro Managò e Concetta Frisina, sorella del fidanzato di Rossella. Il quale era in carcere quando, il 22 febbraio ‘ 81, la sua ragazza scomparve. E che, secondo l’ accusa, sapeva che Rossella – estranea alle leggi ferree dell’ omertà – era una mina vagante. E dunque – sostiene la procura – non si oppose alla sua eliminazione. Nel ‘ 77 Francesco, che studiava economia all’ università, era andato a vivere nella palazzina ottocentesca dove abitava la famiglia Casini. Così conobbe Rossella. Presto si fidanzarono. I genitori di Rossella ne furono lieti. Più volte Rossella e i suoi andarono in Calabria, ospiti della famiglia del futuro genero. Per i Casini fu un colpo terribile quando il 4 luglio ‘ 79 il padre di Francesco, Domenico Frisina, fu ucciso da due sconosciuti. Alcuni mesi più tardi, il 9 dicembre ‘ 79, anche Francesco fu ferito alla testa in un agguato. Rossella si precipitò a Palmi e riuscì a far trasferire il fidanzato alla clinica neurochirurgica di Firenze. Era ormai chiaro: quel ragazzo proveniva da un pianeta diverso, regolato da leggi che includevano l’ omicidio. Ma Rossella lo amava. Durante la convalescenza, Francesco, spinto dalla fidanzata, decise di spezzare l’ omertà e di svelare a un magistrato la catena di omicidi che aveva insanguinato anche la sua famiglia. Fu proprio l’ allora sostituto Francesco Fleury a raccoglierne le dichiarazioni. L’ indagine fu trasmessa per competenza alla procura di Palmi, e il terremoto si fece sentire. “Ci ha inguaiato tutti”, disse al telefono il 22 febbraio ‘ 80 Pino Mazzullo, cognato di Francesco, marito di sua sorella Concetta. Francesco Frisina si rifugiò a Torino. Il cognato lo raggiunse e lo convinse a ritrattare. Tre giorni più tardi vennero arrestati entrambi. Rossella continuò a far la spola fra Firenze e Palmi, cercando anche, con maldestri tentativi di ritrattazione, di salvare il fidanzato. Nel febbraio ‘ 81, a pochi giorni dal processo, Rossella scese nuovamente a Palmi. Doveva parlare con un giudice. Chiamò il padre domenica 22 febbraio. “Sto rientrando”, disse. E invece non rientrò più. Era stata uccisa.
Lo ha rivelato un pentito palermitano, Vincenzo Lo Vecchio. Il 26 agosto ‘ 79 era evaso e si era rifugiato presso i Mazzullo-Frisina. Aveva partecipato alle vendette dopo l’ uccisione di Domenico Frisina. In seguito, durante la detenzione e il processo di Palmi, seppe che Rossella era stata condannata a morte dalla cosca. Francesco Frisina era stato risparmiato perché era rientrato nei ranghi. Lei, l’estranea che l’ aveva spinto a fidarsi dello Stato, aveva pagato anche per lui.

 

 

Articolo di La Repubblica del 24 Luglio 1994
IL MARTIRIO DI ROSSELLA
di Sandra Bonsanti

ROSSELLA Casini aveva venticinque anni nel 1981, quando lasciò la sua casa in Santa Croce a Firenze per la Calabria. Non fece più ritorno. Tredici anni sono passati, terribili per quel silenzio cupo e inviolabile, prima che i pentiti di una fra le più feroci faide fra clan rivali di Palmi (54 morti) verbalizzassero l’ agghiacciante verità: “Il suo corpo venne fatto a pezzi e gettato in mare nella zona a largo della tonnara di Palmi”. Rossella, dunque, come altre donne, come Rita Atria che si tolse la vita dopo l’ uccisione di Borsellino, come Rosetta Cerminara che continua ancora oggi nella sua denuncia degli assassini dei coniugi Aversa, come le mogli e le madri del Sud che sfidano l’ omertà delle famiglie alle quali appartengono. Rossella è una di loro, perché non c’ è Nord e Sud nella lotta alla mafia e la civiltà non sta tutta da una parte. Sappiamo però dov’ è la barbarie e sappiamo quanto poco abbia fatto lo Stato in certi anni, un certo Stato, per spezzare e combattere la forza della mafia, della ‘ ndrangheta, della camorra. Così, la storia crudele di Rossella uccisa perché aveva convinto il fidanzato a fare i nomi di alcuni assassini di Palmi, e perché lei stessa aveva raccontato tutto quello che sapeva, uccisa perché era necessario “lavare con il sangue il tradimento” di chi aveva infranto la legge del silenzio, ci porta a riflettere su alcuni temi cruciali del dibattito politico culturale di questi giorni. E’ un contributo doveroso, per chi tanto spesso butta al vento o affida ai teleschermi parole e giudizi generici, strumentali, astratti dalla realtà di chi vive e soffre nell’ universo chiamato Cosa Nostra. C’ è stato, in questo caso, prima di tutto ancora un problema “istituzionale” che riguarda il circuito magistratura-informazione-cittadino. E’ POSSIBILE che il padre della ragazza fiorentina, un pensionato della Fiat rimasto vedovo quando la moglie morì di crepacuore per la scomparsa dell’ unica figlia, venga a sapere dai giornali della morte (e che tipo di morte…) di Rossella? No, non dovrebbe esser possibile, è una cosa mostruosa. Eppure è accaduto. A Reggio Calabria alla conferenza stampa sulle rivelazioni dei pentiti. Nell’ abitazione del signor Casini il silenzio, lo stesso dal 1981, rotto alla fine della sera dalla telefonata di un cronista. Poi, la mattina, la lettura dei giornali: “Rossella, ragazza antimafia, tutta da sola da Firenze volle affrontare Cosa Nostra. Allora la fecero a pezzi”. E’ possibile che nessuno abbia pensato ad informare i parenti appena il pentito o i pentiti avevano raccontato la tremenda verità? L’ altra riflessione riguarda lo scontro fra la civiltà e la barbarie, fra chi collabora e denuncia e chi è complice e protegge. Fra la parola e il silenzio. In questo caso ma solo in questo caso, lo scontro è tanto più evidente in quanto c’ è in gioco la estraneità di Rossella alla legge delle cosche, alla regola dell’ omertà. Era una ragazza normale, una studentessa di magistero, bellissima, bionda con gli occhi azzurri e quando nella casa dietro Santa Croce arrivò lo studente Francesco Frisina se ne innamorò. I Frisina, a Palmi, facevano parte dei clan che si scontravano cercando di eliminarsi a vicenda, uomini, donne, figli e parenti, i Contedello, i Galileo, i Parrello, i Gallico (117 arresti negli ultimi giorni). Poteva una giovane allevata all’ ombra di quel campanile comprendere fino in fondo la spietatezza della via senza ritorno che aveva imboccato anche lei legandosi a Francesco? Qualcosa, forse, cominciò a capire quando il futuro suocero fu ucciso a colpi di fucile nella campagna di Palmi. Ed è in quel momento, quando anche il fidanzato fu ferito in un agguato, che lei comincia a combattere la sua battaglia: cerca di convincere il ragazzo a raccontare, a confidarsi con i magistrati fiorentini che trasmettono gli atti a Palmi. Anche lei dice quello che è venuta a sapere. Ed è allora che Rossella firma la sua condanna a morte. Non è più soltanto una “straniera” rispetto alla futura famiglia che non si fida di lei, è anche una “traditrice”. La trappola scatta nel febbraio del 1981, con l’ assenso del fidanzato che ritratta e che ha estorto anche a lei una mezza ritrattazione a cui nessuno, evidentemente, dà credito. Uccisa e fatta a pezzi, sappiamo oggi. AGLI INIZI degli anni Settanta intervistai la prima donna che sfidò la mafia. Si chiamava Serafina Battaglia, la battezzarono “la vedova nera”. Ed era un fiume di odio e vendetta contro la legge di Cosa Nostra che le aveva decimato la famiglia, non usciva una lacrima da quegli occhi neri, da quello sguardo fiero e intelligente non usciva niente che ricordasse un lamento. C’ era solo la precisa netta volontà di svelare, di spiegare: “Quel giorno che mio figlio si vestì tutto di bianco e io capii che andava ad ammazzare…”. Piccola e nera, in un angolo della stanza riservata ai testimoni di un Palazzo di Giustizia dell’ Italia centrale. Anche lì era una lotta fra civiltà e barbarie, una lotta che continua ancora oggi. Quando si getta con leggerezza discredito sui pentiti ricordiamo che il pentimento, il solo accenno di pentimento, fa di loro e di chi è loro vicino, vittime predestinate a morti atroci. Sono pietre, quelle loro parole, che pesano sulla coscienza di tutti. titi ricordiamo che il pentimento, il solo accenno di pentimento, fa di loro e di chi è loro vicino, vittime predestinate a morti atroci. Sono pietre, quelle loro parole, che pesano sulla coscienza di tutti.

 

 

Articolo del 15 marzo 2013 da firenze.repubblica.it 
Rossella, la studentessa fiorentina morta di mafia e tradita dal cuore  
di Franca Selvatici
Aveva 25 anni quando scomparve a Palmi, in Calabria. Uccisa, fatta a pezzi e gettata in mare. Nel ’94 il padre lesse sul giornale che un pentito aveva rivelato che la giovane era stata condannata a morte. Al processo i tre imputati sono stati assolti

Fra le 900 vittime innocenti delle mafie che Libera ricorda nella Giornata della memoria e dell’impegno c’è anche una studentessa fiorentina. Si chiamava Rossella Casini, studiava psicologia, abitava in Santa Croce con il padre, pensionato Fiat, e con la mamma. Era figlia unica. Aveva 25 anni nel 1981, quando scomparve a Palmi, in Calabria. Per anni i genitori si disperarono senza una sola notizia, senza neppure un corpo su cui piangere. La mamma morì, uccisa dal dolore. Il 21 luglio ’94 il padre, Loredano Casini, lesse sul giornale che sua figlia era stata rapita, uccisa, fatta a pezzi e gettata in mare al largo della tonnara di Palmi. Nessuno lo aveva informato che nell’ambito delle indagini della procura distrettuale di Reggio Calabria sulla faida fra le cosche Gallico-Frisina e Parrello-Condello di Palmi, un pentito palermitano, Vincenzo Lo Vecchio, aveva rivelato che Rossella era stata condannata a morte dalla famiglia Frisina e che l’ordine era stato perentorio: “Fate a pezzi la straniera”.

Una straniera, appunto. Che c’entrava una studentessa fiorentina con una famiglia legata alla ‘ndrangheta? C’entrava perché nel ’78 Rossella aveva conosciuto Francesco Frisina, che studiava economia a Firenze. Si erano fidanzati. Una cosa seria. Anche i rispettivi genitori si erano conosciuti. Perciò fu un colpo terribile per i Casini quando il padre di Francesco, Domenico Frisina, il 4 luglio ’79, venne ucciso da due sconosciuti. Quel giorno Rossella era a Palmi. La ragione e la prudenza avrebbero dovuto consigliarle di troncare il fidanzamento. Ma lei amava Francesco. E gli si legò ancora più profodamente dopo che il 9 dicembre ’79 anche lui venne ferito in un agguato. Rossella si precipitò a Palmi e riuscì a far trasferire il fidanzato alla clinica neurochirurgica di Firenze, dove gli curarono la ferita alla testa. Durante la convalescenza lei lo convinse a rompere la legge dell’omertà e a svelare la catena di omicidi che avevano insanguinato anche la sua famiglia. Lei stessa riferì al sostituto procuratore di Firenze Francesco Fleury tutto quello che aveva appreso e intuito vivendo a fianco del fidanzato. Fleury trasmise gli atti alla procura di Palmi. Il 22 febbraio ’80 Pino Mazzullo, il cognato di Francesco, marito di sua sorella Concetta, fu intercettato mentre diceva: “Ci ha inguaiati tutti”. Poco più tardi Mazzullo convinse Francesco a ritrattare. Tre giorni dopo furono arrestati entrambi.

Come avrebbe detto molti anni dopo il pubblico ministero Giuseppe Bianco, Rossella era finita in un groviglio di vipere e non fuggì perché era innamorata. Continuò a fare la spola fra Palmi e Firenze e cercò anche di salvare il suo ragazzo con un goffo tentativo di ritrattazione. Come disse anni dopo il pm: “Non schiodava, non se ne andava, non mollava la presa, voleva salvargli l’anima dopo avergli salvato la vita”. Ma per la famiglia di lui era ormai una mina vagante. Nel febbraio ’81, a pochi giorni dall’apertura del processo, Rossella scese nuovamente a Palmi. Domenica 22 febbraio chiamò il padre. “Sto rientrando”, disse. Invece sparì per sempre.

Tredici anni più tardi il pentito Vincenzo Lo Vecchio accusò dell’omicidio Domenico Gallico e Pietro Managò, su mandato di Concetta Frisina, la sorella di Francesco, “la personalità più forte della famiglia”. “E’ come se dentro di lei  – dirà anni dopo il pubblico ministero Giuseppe Bianco  –  ci fosse una forza nascosta, oscura, prorompente, una vis compulsiva a dominare la scena sempre e comunque”.

Grazie alle rivelazioni del pentito, si poteva sperare che per Rossella ci fosse almeno giustizia. Ma non è stato così. “La prima udienza di questo processo si fa il 25 marzo ’97, per essere precisi”, ricorda nel 2006 il pm alla corte di assise: “Ci sono una serie di intoppi procedurali, di stralci, di questioni di competenza. Il processo per l’omicidio Casini comincia a fare qualche passo dibattimentale nel 2001 con il pm Provazza. Il processo comincia, si spegne, ricomincia. Cambia continuamente il collegio. I testi vengono sentiti più volte. Ci sono quattro riaperture di dibattimento”. Un tormento. “Perché  – dice il pm  –  il processo italiano è il processo di Azzeccagarbugli… perché ormai nei processi italiani si parla solo di questioni formali, e non di questioni formali importanti. E certamente non del fatto”. Il pm chiede l’ergastolo per i tre imputati. E’ convinto che siano colpevoli, ma non ha molte speranze. Al termine della requisitoria dice: “Finalmente abbiamo parlato del fatto. I fatti sono di 25 anni fa. Nove anni di processo. Voi emetterete la sentenza. Sarà importante. Non voglio essere irriguardoso nei confronti della Corte. Ma la sentenza di questo processo è già stata emessa. E l’ha emessa il padre Loredano Casini, che adesso è morto. Come è morta la mamma. In quella famiglia sono tutti morti. Ora sì che non possono dare fastidio”. Il pm ricorda le parole sconsolate sulla giustizia pronunciate dal padre di Rossella nel lontano ’94, quando apprese da un articolo di giornale che sua figlia era stata fatta a pezzi, dato che nessuno degli inquirenti aveva avuto la delicatezza di informarlo. Parole senza speranza. “Ed aveva ragione”, commenta il pm: “Perché nel processo di Azzeccagarbugli non si può avere fiducia. Perché è fatto apposta per non fare giustizia”.

I tre imputati dell’uccisione di Rossella furono assolti.

 

 

Articolo del 17 Giugno 2013 da .stopndrangheta.it
Il volto ritrovato di Rossella Casini
di Francesca Chirico

REGGIO CALABRIA – Occhi azzurri, sguardo malinconico, lunghi capelli chiari. A trentadue anni di distanza dalla sua scomparsa, Rossella Casini, la giovane studentessa universitaria fiorentina fatta sparire a Palmi nel 1981 dalle cosche della ‘ndrangheta, ritrova il suo volto. A lungo dimenticata, rimasta senza una tomba, senza una famiglia che la ricordasse e senza giustizia (i suoi presunti assassini sono stati tutti assolti), di Rossella non era rimasta neppure una fotografia. Franca Selvatici, dalle colonne di La Repubblica, aveva lanciato un appello affinché qualche amico della ragazza ne tirasse fuori la foto.

Ma è l’archivio dell’Università di Firenze, a cui la ragazza era iscritta, ad aver restituito un volto a Rossella. Grazie all’ostinazione delle giornaliste Edi Ferrari e Anna D’Amico, e grazie alla disponibilità dei vertici dell’Ateneo, la ragazza di Firenze, punita per avere spinto alla collaborazione con l’autorità giudiziaria il fidanzato Francesco Frisina, coinvolto nella faida di Palmi tra i Gallico e i Condello, riemerge finalmente, con la sua faccia, dall’oblio indistinto in cui era stata ricacciata.

 

 

 

Rossella Casini: il ricordo di una donna ribelle

 

 

 

Video Youtube

100 Secondi di Video Calabria – Rossella Casini
Pubblicato in data 01/lug/2013

Fino a ieri erano soltanto in pochi a chiedersi chi era Rossella, perchè venne uccisa in quel modo barbaro e tribale, perchè la verità nonostante gridasse giustizia non fosse mai venuta in piena luce, neanche dopo tanti anni, decenni di silenzio e paura, senza misericordia per coloro che l’amavano e continuavano a ricordarla per com’era.
Era una ragazza fiorentina, figlia unica, che viveva nella sua casa a Santa Croce insieme al padre, un operaio Fiat in pensione e alla mamma, modesta e umile casalinga. Ma adesso che è venuta fuori la foto tessera del suo libretto universitario, iscritta com’era alla facoltà di Psicologia nell’ateneo della sua città, dopo la tenace ricerca di Andrea Bigalli Andrea Bigalli di “Libera” e Francesca Chirico, giornalista calabrese che ne ha scritto nel suo libro “Donne ribelli in terra di ‘ndrangheta”, il ricordo, la sua memoria è ancora più straziante. E Firenze, che sta lentamente ritrovando la faccia e il profilo di Rossella Casini, la studentessa finita uccisa nel 1981 in Calabria, vittima di un’agghiacciante storia di ‘ndrangheta, s’interroga, persino nella seduta di un fresco primo di luglio nel proprio consiglio comunale. E si chiede perchè, oltre ogni politica, l’unica colpa di Rossella sia stato l’amore, l’innocenza, la verità, forte come un turbine, coraggiosa come in Ghandi, fino alla morte. E da quando ignara di un insondabile quanto tragico destino iniziò la sua impressionante discesa nell’inferno delle ‘ndrine selvaggie e assassine. Tra via del Proconsolo e Piazza della Signoria felice, allegra, come solo una donna innamorata sa esserlo, s’incontrò con un giovane calabrese Francesco, fuori sede di Economia, originario di Palmi. Non sapeva non immaginava che anche sul suo petto sarebbe apparsa la lettera scarlatta, i segni infami della ndrangheta. La famiglia Frisina era dentro il maleficio di un campo sanguinario di faide e vendette, coinvolta nella guerra tra i clan Condello e Gallico di Palmi, 54 morti senza croci. Il padre sarà ucciso da due sicari a colpi di pistola. Poi toccò proprio a lui che scampò miracolosamente nonostante un colpo dritto in tempia. Allorò Rossella lo curà con ardore, tra parole e carezze, per convincerlo a recidere ogni legame con l’onorata società. Ma è lei che racconterà gli orribili restriscena al giudice Fleury. E fu il suo coraggio a far crollare in un istante il muro di piombo dell’omertà ma anche a scrivere irremediabilmente la propria condanna a morte. E mentre Francesco ritrattava lei scompariva in una bellissima ma immobile Calabria, prima sequestrata poi fatta a pezzi da due criminali al soldo della stessa famiglia del suo amato assoldati per punire la straniera che si era impicciata dei fatti di casa loro. Prima di morire Rossella chiamò il padre Loreto, per salutarlo, per avvertirlo che sarebbe tornata a casa rientrando. La aspettarono invano, per lunghi, infiniti anni di lacrime e rimorsi. Adesso tutta Firenze ne parla. Rossella in quella fotografia ritrovata all’università è più bella, più luminosa, più dolce. Una martire della libertà e della giustizia, davanti alla Calabria, la Calabria dei delitti senza castighi, che ancora vigliaccamente continua a tacere.

 

 

 

Fonte: mafie.blogautore.repubblica.it
Articolo del 19 aprile 2019
Rossella, scomparsa per amore
di Sara Carbonin

Questa storia, almeno inizialmente, potrebbe essere paragonata ad una favola: ci sono due ragazzi, un mostro da sconfiggere e l’amore.
L’amore, quella forza che muove il mondo, quella forza che Rossella credeva di avere per salvare il suo Francesco dalla ‘ndrangheta.
Rossella Casini è una ragazza di Firenze iscritta all’università di psicologia, ed è proprio negli ambienti universitari che incontra Francesco Frisina.
I due si innamorano, ma lei è ignara dell’appartenenza ‘ndranghetista della famiglia del ragazzo.
Nel 1978 la giovane, accompagnata dal padre e dalla madre, scende in Calabria per conoscere la famiglia del fidanzato, ed è proprio in quell’estate che Rossella capisce che c’è qualcosa non va, qualcosa nei loro modi di vivere la insospettisce.
L’estate successiva il padre di Francesco viene ucciso in un’imboscata e per la ragazza diventa sempre più facile incastrare come in un unico mosaico tutto ciò che vive, che sente e che vede quando è a Palmi.
In quegli anni era in corso una faida di ‘ndrangheta tra le due cosche contrapposte dei Gallico – Frisina e dei Condello – Porpiglia. Faida violenta e sanguinosa nata per il controllo del territorio.
Il padre di Francesco muore proprio a causa di questo scontro, poco dopo anche il ragazzo è vittima di un agguato ma si salva.
Francesco grazie a Rossella trascorre la sua convalescenza in un ospedale a Firenze, e lì la giovane lo convince a rivolgersi alla giustizia. Insieme vengono ascoltati dal sostituto procuratore Francesco Fleury ed il ragazzo comincia a parlare della catena di omicidi che stava scuotendo la sua città.
Nel febbraio 1980, Pino Mazzullo, marito della sorella di Francesco viene intercettato mentre diceva riferendosi alla ragazza: “Ci ha inguaiato tutti.” Da lì ad un anno, Rossella sarebbe sparita.
Nel frattempo Francesco ritratta tutto e finisce in carcere, ma la ragazza nonostante tutto non lo abbandona.
Il 22 febbraio 1981, Rossella senza saperlo fece il suo ultimo viaggio a Palmi. Mentre stava tornando a casa telefonò al padre avvertendolo del suo ritorno, ma da quel giorno nessuno la vide più. Sparì nel nulla.
Nel 1994, il padre della ragazza apprenderà dai giornali che un pentito palermitano, Vincenzo Lo Vecchio, aveva rivelato che Rossella era stata condannata a morte dalla famiglia del fidanzato. “La straniera doveva essere uccisa”. Lo Vecchio rivelò dei dettagliai agghiaccianti, la giovane fu uccisa, fatta a pezzi e gettata in mare.
Ad oggi per questo omicidio nessuno ha pagato, non c’è nessuna condanna, nessuna sentenza, nessuna certezza. C’è solo un silenzio straziante e un’omertà assoluta, tutto in perfetto stile ‘ndranghetista.
Richard Keith Chesterton scriveva che le favole esistono perché insegnano ai bambini che i mostri possono essere sconfitti, questa favola non ha sicuramente un lieto fine, ma ha ancora un mostro da sconfiggere.
Rossella non ce l’ha fatta a sconfiggerlo da sola, facciamolo noi per lei, per il suo coraggio, per il suo amore. Glielo dobbiamo.

 

 

 

Fonte: corriere.it
Articolo del 1 giugno 2019
Medaglia d’oro alla memoria a Rossella Casini, la studentessa fiorentina che sfidò la ‘ndrangheta
Il conferimento in occasione del 2 Giugno. Convinse il fidanzato, figlio di un boss calabrese, a denunciare le cosche. Rimasta sola, il suo corpo venne fatto sparire nel 1981

Sono in pochi a conoscere la storia di Rossella Casini, la studentessa fiorentina vittima della ‘ndrangheta, morta nel 1981 a 25 anni. Domenica 2 giugno, in occasione del 73° anniversario della proclamazione della Repubblica, verrà conferita una medaglia d’oro al merito civile alla memoria, un’occasione per ricordare e ricostruire la sua storia.

La denuncia

Rossella Casini studiava Pedagogia all’Università di Firenze. Nel 1977 conosce Francesco Frisina, uno studente calabrese fuorisede che va a vivere nel suo palazzo. I due iniziano una relazione, lei ignora che la famiglia di Francesco è affiliata alla ‘ndrina Gallico di Palmi. Lo scopre quando il padre di Francesco, Domenica Frisina, il 4 luglio 1979 viene ucciso da due killer del clan rivale. Anche Francesco , il 9 dicembre dello stesso anno, viene ferito gravemente alla testa durante una spedizione punitiva. Lei decide di restargli al fianco e intanto lo convince a collaborare con la giustizia. Lei stessa racconta alla procura di Firenze cosa ha visto nei viaggi in Calabria.

Il processo

La famiglia Frisina reagisce e convince Francesco a ritrattare. Rossella non si rassegna, continua a fare la spola tra Firenze e la Calabria. Il 22 febbraio 1981 telefona al padre Loredano dicendogli che sarebbe rientrata presto a Firenze, poi sparisce. Il corpo non è mai stato ritrovato. Il processo d’appello di è chiuso con l’assoluzione di tutti gli imputati per insufficienza di prove.

 

 

 

 

Dal libro: Dead Silent  Life Stories of Girls and Women Killed by the Italian Mafias, 1878-2018 di Robin Pickering Iazzi University of Wisconsin-Milwaukee, rpi2@uwm.edu

 

 

 

 

Fate a pezzi la straniera!
Libera Presidio SanVincenzo Castagneto Ccci – 21 febbraio 2021

 

 

Leggere anche:

 

vivi.libera.it
Articolo del 21 febbraio 2021
Il volto di Rossella Casini
di Andrea Bigalli

ilfattoquotidiano.it
Articolo del 22 febbraio 2021
Rossella Casini fu uccisa 40 anni fa dalla ‘ndrangheta: scelse di stare dalla parte del bene
di Ennio Stamile
Referente regionale Libera Calabria

corrieredellacalabria.it
Articolo del 21 febbraio 2021
Rossella Casini, quarant’anni dal «femminicidio di ‘ndrangheta» che unisce Palmi e Firenze
di Francesco Donnici
Dal 22 febbraio 1981 un viaggio in treno mai fatto unisce la Calabria alla Toscana. Infantino: «La nostra città ha reagito grazie all’amore di una giovane donna trovatasi al centro di una guerra»

 

 

 

 

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *