22 Gennaio 1988 Catania. Ucciso Angelo Randelli, un operaio di 31 anni. Vendetta Trasversale contro il fratello Pietro, collaboratore di giustizia.

A Catania, il 22 gennaio del 1980, i sicari delle cosche hanno assassinato Angelo Randelli, 31 anni, operaio. Sposato, un bambino di 6 anni, incensurato, Angelo ha pagato con la vita la colpa, di essere fratello di Pietro, uno dei pentiti del clan dei catanesi, reo confesso di quattro omicidi.

 

Articolo da La Stampa del 23 Gennaio 1988
Ucciso il fratello d’un pentito
di Claudio Giacchino
A Catania, vendetta trasversale della mafia processata alle Vallette
La settima vittima innocente caduta sotto i colpi dei sicari è Angelo Randelli – Si ripropone la necessità di proteggere meglio i familiari di chi collabora con la giustizia

Altro sangue Innocente sul maxiprocesso delle Vallette alla mafia. A Catania 1 sicari delle cosche hanno assassinato Angelo Randelli, 31 anni, operaio. Sposato, un bambino di 6 anni, incensurato, Angelo ha pagato con la vita la colpa, di essere fratello di Pietro, uno dei pentiti del clan dei catanesi, reo confesso di quattro omicidi. Angelo Randelli è la settima vittima delle vendette trasversali: a novembre, a Catania, i killer avevano fulminato Gaetano Miano, fratello di Francesco «don Ciccio», negli Anni 70 imperatore della Torino nera e, dal 1984, grande pentito. A luglio, l’ex boss era slato «punito», con la morte di un altro fratello: Santo, da poco in libertà. Prima ancora che il maxigiudizio delle Vallette s’iniziasse (aprile scorso) le lupare del crimine organizzato avevano colpito altri due pentiti: Salvatore Parisi e Lorenzo Catania. Al primo ammazzarono, non essendo riuscite a trovare un famigliare più stretto, il cognato Ignazio Strano, pescivendolo che mai aveva avuto a che fare con la giustizia. Al secondo, il fratello Salvatore, idraulico. Anche Salvatore aveva sempre vissuto nel rispetto della legge. Mori insieme ad un altro innocente, il suo garzone Salvatore Palla. Vent’anni appena compiuti. Palla ebbe la sfortuna di essere insieme al principale quando comparvero i sicari: non gli lasciarono nemmeno il tempo di capire cosa stava succedendo, lo crivellarono di pallottole. Il giorno in cui s’apri il processo, Invece, sempre a Catania, toccò ad Agatino Pennisi, commerciante: lo ammazzarono perché era cognato di un altro pentito, Giuseppe Muzio. La stessa, assurda fine, ha rischiato di fare ieri un altro onesto: Sebastiano Pulvirenti, 49 anni, operaio. Era sulla “Uno” di Angelo Randelli: per miracolo, è riuscito a scappare all’agguato. Ferito da alcuni colpi di pistola calibro 9, Angelo è stato finito con due proiettili esplosigli alla nuca a bruciapelo. Il processo al clan dei catanesi durerà ancora mesi, è probabile che la mafia compia altre vendette trasversali. Come evitare che il numero dei morti innocenti aumenti? Dopo l’assassinio di Gaetano Miano, il presidente dell’assise che giudica il clan dei catanesi. Elvio Fassone, aveva detto: «La protezione delle famiglie dei pentiti è un dovere dello Stato. Questi delitti non erano ammessi nemmeno dai popoli primitivi. Spero che la barbarie di questi atti risvegli qualche coscienza. La Corte non si farà intimidire». Neppure i venti pentiti, sinora, hanno ceduto. Tutti, in aula, hanno confermato le accuse agli ex complici.

 

 

 

Fonte: ricerca.repubblica.it
Articolo del 23 gennaio 1988
FEROCE VENDETTA DELLA MAFIA UCCISO IL FRATELLO D’UN PENTITO
di Guglielmo Troina

CATANIA Lo hanno ucciso con una tecnica, ormai collaudata: l’agguato, una prima raffica di proiettili, poi il colpo di grazia alla testa. Un altro messaggio di sangue che le cosche hanno inviato ai pentiti del maxi processo al clan dei catanesi che si sta celebrando a Torino.

La vittima dell’omicidio, Angelo Randelli, trentuno anni, sposato, padre di un bambino, era infatti fratello di Pietro, uno dei più temuti killer del clan dei cursoti, trasformatosi ora in implacabile accusatore dei suoi ex complici. Che si tratti di vendetta trasversale è fuori di dubbio per polizia e carabinieri: Angelo Randelli non aveva niente a che fare con il fratello. Sul suo conto non c’è neanche un precedente penale.

Sposato da otto anni, si divideva tra la famiglia e il lavoro. Era operaio in un’azienda metalmeccanica nella zona industriale di Catania. Da sabato, però, non andava al lavoro: si era infortunato ad una gamba ed era in malattia. L’agghiacciante sentenza emessa dalla mafia è stata eseguita poco dopo le 14 in via Lombardo, a Lineri, nella periferia nord-est di Catania, a poche centinaia di metri dall’abitazione della vittima.

Randelli era in macchina con un amico, Sebastiano Pulvirenti, quarantanove anni, sfuggito miracolosamente alla morte, che non è stato ancora interrogato perché in stato di choc. I due erano nella macchina di Randelli, una Fiat Uno, che è stata bloccata da un’altra auto con gli assassini a bordo. Quindi, l’inferno: contro Randelli hanno sparato almeno due persone, una armata con un’automatica calibro 9, l’altro con un’automatica calibro 7,65.

Almeno sei colpi sono andati a segno, uccidendo l’operaio. Gli assassini, per essere sicuri di aver portato a termine la loro missione di morte, sono scesi dalla macchina ed hanno sparato due colpi alla testa di Angelo Randelli. Due bossoli sono, infatti, stati ritrovati dentro la Uno.

Il fratello dell’ucciso, Pietro Randelli, faceva parte del gruppo di fuoco utilizzato dalle cosche catanesi per conquistare il predominio del crimine a Torino. Assieme a Salvatore Parisi, altro super pentito, e Agatino Urzì, Randelli avrebbe commesso non meno di trenta omicidi. Dopo l’arresto, però, ha deciso di collaborare con la giustizia, come già faceva Salvatore Parisi, catturato a Torino subito dopo l’omicidio.

Dalle loro confessioni, e da quelle di altri pentiti eccellenti come Ciccio Miano, il capo dei capi, al quale l’anno scorso sono stati ammazzati due fratelli per vendetta, è scaturito il blitz del dicembre 1984 che sconvolse Catania. Una maxi inchiesta che adesso è spezzata in due processi: una in corso a Torino con oltre trecento imputati, l’altra ancora in fase di istruzione a Catania con un centinaio di persone alla sbarra.

 

 

 

 

Articolo da L’Unità del 23 gennaio 1988

 

 

 

Fonte:  palermo.repubblica.it
Articolo del 9 giugno 2005
MAFIA: ARRESTATO CUGINO DEL BOSS SANTAPAOLA A CATANIA

Salvatore Santapaola, 47 anni, cugino di primo grado del boss catanese Nitto Santapaola, è stato arrestato dalla Squadra Mobile di Catania perché deve scontare una condanna definitiva per l’omicidio del fratello di un collaboratore di giustizia.

Salvatore Santapaola, detto “Coluccio”, coinvolto nel processo “Orsa Maggiore” contro il clan capeggiato dal cugino, è stato bloccato a Misterbianco, in una villa ancora in costruzione in corso Martiri di via Fani.

Nei suoi confronti la Procura generale di Catania ha emesso ordine di carcerazione perché deve espiare 14 anni di reclusione come residuo di una condanna a 21 anni da lui subita per l’uccisione di Angelo Randelli, assassinato a Misterbianco il 22 gennaio del 1988 per una vendetta interna alla cosca Santapaola: il fratello della vittima, Pietro Randelli, era infatti diventato collaboratore di giustizia. (AGI)

 

 

Fonte: fondazioneantiusura.it

 

 

Il 31 ottobre del 1991 fu ucciso insieme alla sua compagna Maria Strano, 23 anni, anche il fratello di Angelo, Pietro Randelli; il pentito di mafia le cui rivelazioni avevano permesso di arrestare molti tra luogotenenti e sgherri del clan che dominava la Torino nera.  (ricerca.repubblica.it)

– Leggere “Il maxi processo contro il Clan dei Catanesi  it.wikipedia.org

 

 

 

 

 

 

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