28 gennaio 1950 Salice Salentino (Lecce). Assassinato in un agguato Donato Leuzzi, segretario Camera del lavoro.

A Salice Salentino (LE) il 28 gennaio 1950 venne ucciso Donato Leuzzi, 25enne segretario della Camera del Lavoro. Era conosciuto ed amato da tutta la popolazione per la sua costante opera in difesa degli interessi di tutte le categorie. Egli si era particolarmente messo alla testa della lotta delle masse contadine ed era riuscito ad ottenere anche numerosi successi, strappando agli agrari importanti concessioni.

(Fonte: archiviostorico.unita.it – 31 gennaio 1950)
https://archivio.unita.news/assets/main/1950/01/31/page_005.pdf

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Fonte: rassegna.it
Articolo del 28 gennaio 2020
Donato Leuzzi settant’anni dopo
Il 28 gennaio del 1950 il giovane dirigente della Cgil di Salice Salentino fu assassinato. Aveva guidato il movimento dei contadini e l’occupazione delle terre. Gli costò la vita, ma il suo nome è entrato nella memoria collettiva.

Settant’anni fa, il 28 gennaio del 1950, a Salice Salentino, una ventina di chilometri da Lecce, un giovane sindacalista della Cgil fu assassinato. Si chiamava Donato Leuzzi, aveva 25 anni e dirigeva la Camera del lavoro. Era tra i principali organizzatori delle lotte bracciantili per la terra e per la riforma agraria nel Salentino, in particolare nell’agro dell’Arneo. Fu ucciso (da I. G., 30 anni, monarchico) con un colpo di pistola. La “verità ufficiale”, ricostruita dai carabinieri e dalla Prefettura, descrisse un evento accidentale, un’arma puntata “incautamente” verso alcuni “amici” che poi “faceva partire un colpo”, quello che freddò Leuzzi.

Molto diversa la verità dell’Avanti: per il quotidiano socialista l’assassino era “un sicario del più ricco latifondista del Salento”, già coinvolto in altri episodi di violenza e capo di una “squadra d’azione”. Rinviato a giudizio in un primo momento per omicidio volontario premeditato, in sede processuale l’omicida fu condannato per omicidio colposo e se la cavò con un anno di carcere. I funerali di Leuzzi a Salice richiamarono centinaia di militanti dai centri del Salentino, dalle Camere del lavoro e dalle sezioni dei partiti di sinistra. Il parroco chiuse le porte della chiesa e rifiutò di benedire la salma. Le campane della cattedrale non suonarono al passaggio del feretro (si legge sempre nel rapporto dei carabinieri).

Così si concluse la vicenda umana e politica di Leuzzi, una delle molte vittime della reazione di classe, latifondista e/o mafiosa, che fece argine con la violenza al movimento per la terra negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento nel Meridione italiano. È una Spoon River che accoglie molti, troppi nomi entrati nella memoria collettiva e nel patrimonio del sindacato italiano.

Come spiega lo storico Salvatore Coppola – che oggi ha partecipato alla commemorazione organizzata dalla Cgil a Salice Salentino – Leuzzi “si era messo alla testa dei braccianti di Salice sia nella lotta per la salvaguardia degli elenchi anagrafici (estate 1949), sia nella lotta per la concessione delle terre incolte (a partire dall’autunno del 1949)”. Le “testimonianze orali” sulla vicenda di questo giovane sindacalista “ci parlano di uno dei pochissimi ‘intellettuali’ che guidarono la Cgil locale in una fase in cui i pochi che avevano la licenza media venivano utilizzati per tenere conferenze ai braccianti, la maggior parte dei quali non superava la terza elementare. Salice – prosegue Coppola – era una piazza difficile. Gli agrari, con la complicità del clero, compravano anche la coscienza della povera gente”.

Nel piccolo centro del Salentino “nel maggio del 1946 – ricorda Coppola – la destra monarchica e qualunquista aveva attentato all’incolumità fisica del deputato Giuseppe Calasso, che teneva un comizio per la Repubblica. La stragrande maggioranza della popolazione votò per la monarchia (la Repubblica ebbe poco più di 140 voti). Il consiglio comunale era composto da 16 qualunquisti guidati dall’agrario L. e 4 democristiani. Qualcosa cominciò a cambiare con l’avvio della prima fase delle lotte dell’Arneo (1° dicembre 1949-10 gennaio 1950), alle quali i braccianti di Salice parteciparono a ondate successive tra il 13 e il 28-29 dicembre 1949”.

La storia è stata ricostruita anche in un documentario di Luigi Del Prete, L’Arneide. Lo stato fa la guerra ai contadini, che racconta la “situazione disperata” nelle campagne del Salento, nel secondo dopoguerra, e la lotta dei braccianti per l’estensione della legge Stralcio alla provincia di Lecce. Disperazione che culminò nella decisione di occupare le terre: “In due momenti, tra il 1949-1950 e il 1950-1951, migliaia di contadini restarono per giornate e notti intere intorno ai fuochi, accompagnati dai canti. Schedati dalla polizia come vagabondi, al motto ‘molta terra a molti contadini’, gli occupanti presero a redistribuire i lotti del latifondo, trasformarono con un intenso lavoro una terra incolta e pietrosa”.

La reazione dei grandi agrari del Salento, che – come osserva ancora Coppola – “temevano la perdita di secolari privilegi”, fu durissima, e fu appoggiata dalla macchina dello Stato nella repressione del movimento contadino. Lo storico ricorda che “Donato Leuzzi, insieme con il capolega Montinaro e con il fratello più giovane Ciccio Leuzzi, aveva guidato i braccianti di Salice nell’occupazione della masseria Fattizze in Arneo”, uno dei luoghi simbolo di una “landa macchiosa (…) tutta groppe ispide come di una sterminata mandria di bufali”, come la descrisse il poeta salentino Vittorio Bodini. Poco dopo Leuzzi fu ucciso. Partecipare a quelle lotte – che avrebbero definito e costituito la “personalità” politica e sindacale dei contadini del Sud, insieme alla loro capacità di organizzazione – gli costò la vita, ma lo sottrasse all’oblio.

 

 

 

 

 

Donato Leuzzi e le lotte dell’Arneo
Salic’è Giornale Online – 28 gen 2020
 

 

Fonte:  mafie.blogautore.repubblica.it
Articolo del 18 febbraio 2020
Il sindacalista e gli agrari del Salento
di Angelo Iudici

Muore il 28 gennaio 1950 nella cittadina di Salice Salentino il venticinquenne Donato Leuzzi, giovane segretario della Camera del Lavoro nella provincia di Lecce. Da anni si batteva per i diritti dei lavoratori, in particolar modo delle masse contadine, in contrasto alle logiche padronali che facevano ancora leva sul vetusto sistema del latifondo. I

Fonti non certe parlano di un adescamento in un bar della città: l’assassino, I. G., e i suoi complici, L. M. e A. M., avrebbero convinto la vittima a seguirlo nella sua abitazione per poi togliere la vita al ragazzo. Dopo quarantotto ore di latitanza, G. avrebbe deciso di costituirsi.

La storia di Donato Leuzzi, simile a molte altre avvenute negli anni precedenti anche in altre zone d’Italia dove già di mafia si parlava, purtroppo, non ha ricevuto la giusta attenzione né riconoscimento dopo la morte. Quasi una storia abbandonata a se stessa, da rendere nota, scovata nell’archivio storico de “L’Unità”.
Quello che leggerete, cari lettori, è un racconto dedicato a lui, che ripercorre e narra le sue ultime ore di vita…

“Di colore bianco riproduce al centro lo stemma, con al di sopra la scritta – Comune di – e al di sotto – Salice Salentino”.
Ricordo ancora questa iscrizione, bello il mio Salento: luoghi che non potrò mai più rivedere, sapori che non potrò più gustare, amori che non potranno più tornare. Tutto questo perché ho osato avere coraggio; il coraggio di lottare per la difesa dei diritti di persone, prima ancora che lavoratori. Questa gente che per secoli ha reso il mio territorio un gioiello così splendido, ma anche così fragile.

Mi chiamo Donato, ma voi chiamatemi anche sognatore.
Troppo giovane per conoscere veramente la vita e le sue difficoltà mi dicevano, forse avevano anche ragione. Ma vorrei tanto sapere se queste persone avrebbero avuto il mio stesso coraggio, di fronte a una realtà così evidente e tuttavia nascosta e misteriosa. Ho avuto la risposta a questa mia domanda dal loro silenzio. Indifferenza o per meglio dire omertà, ovverosia paura di essere liberi. Sebbene fossi così giovane, avevo già trovato la mia strada, il mio futuro si sarebbe fondato sull’aiutare le persone in difficoltà, in balia di queste forze malvagie. Sin da subito mi attivai in tutti i modi, e con l’aiuto di centinaia di umili contadini, sfruttati e maltrattati da coloro che avrebbero dovuto garantirgli un lavoro degno, i nuovi “burgisi” affiancati per giunta da bande armate di delinquenti usurpatori, riuscii gradualmente a raggiungere piccoli, ma grandi obiettivi nella riappropriazione dei terreni caduti nelle mani degli agrari.
Mi piace definirmi un gran guastafeste, ma con una accezione positiva del termine. Non credo di essere un eroe: gli eroi riescono a capovolgere in bene situazioni disastrose, ma il mondo non ha bisogno di singoli eroi; bensì di persone unite, audaci e dal cuore grande. Ancora ricordo quel freddo giorno d’inverno, era il 28 gennaio se non erro, uno dei periodi più belli e magici dell’anno. E quel giorno c’era un sole splendente, mai visto prima: chi avrebbe mai detto che sarebbe stata l’ultima volta in cui l’avrei visto. Appena alzato avevo seguito la mia semplice routine mattutina: avevo ascoltato le notizie in radio e mi ero preparato per recarmi al lavoro. Mi incamminavo quindi per il mio ufficio, quando a un certo punto un certo languorino mi aveva spinto a entrare nel bar Torino, dove avevo gustato un deliziosa colazione – la mia ultima.
Nel bar con me vi erano altre persone, due mi sembrava di riconoscere: Italo e Luigi, brave persone che avrei scoperto a mie spese che tanto brave non erano. Mi salutano e si avvicinano con aria tranquilla e, dopo una lunga parlata mi convincono a spostarci a casa di Italo. In un primo momento accetto, forse per mia eccessiva ingenuità.
Arrivati mi accolgono in casa come se fossimo amici da sempre, Italo mi chiede se voglio vedere una nuova pistola che ha comprato, a suo dire, per “difesa personale”. Inizia a giocarci con Luigi, movimenti strani e sospetti, poi lo scherzo termina, toglie velocemente la sicura e spara. Troppo veloce per far sì che me ne rendessi conto prima di accasciarmi sul pavimento.
Fa male, e non tanto per il bruciore fitto che mi affligge il petto, ma più per lo sgomento che viene dal morire così, dopo aver tanto fatto per salvare le vite di persone innocenti. Pensare che questo delitto non sia bastato a questa gente assetata di potere, ma che anche altre vittime siano cadute per mano loro: padri, madri, fratelli, sorelle e figli; pensare che abbiano visto le proprie vite stroncate per il “delitto” di aver desiderato giustizia e libertà fa salire rabbia e rancore; ma io nel mio piccolo ho fatto tutto ciò che ho potuto.

… Al funerale del giovane segretario della Camera del Lavoro, qualche giorno dopo, avrebbero partecipato cinquemila persone, lavoratori, per lo più contadini, i compagni per cui si era battuto Donato.

Angelo Iudici (studente del Liceo Tito Livio di Martina Franca – Progetto Cosa Vostra)

 

 

Articolo del 31 Gennaio 1950 da  archiviostorico.unita.it
Un agente degli agrari uccide il segretario dello C.d.L. di Salice
Cinquemila lavoratori del Salento sfilano commossi dietro la salma del valoroso sindacalista – L’omicida si è costituito

LECCE, 30. – Un nuovo delitto ha colpito i lavoratori meridionali. Il compagno Donato Leuzzi, segretario della Camera del Lavoro di Salice, è stato ucciso a tradimento, la sera di sabato 28 da un agente del più ricco e reazionario latifondista del Salento: Pierino Leone, presidente dell’Associazione Agricoltori.
L’uccisore si chiama Italo Giannoccaro. I lavoratori del Salento conoscono bene questo nome: questo servo degli agrari è stato sempre alla testa delle repressioni contro i contadini in lotta.

Ed ecco come si è svolto il brutale omicidio di sabato: alle ore 15 il Giannoccaro, in compagnia di due altri individui, tali Luigi Montefusco e Antonio Masseri, avvicinava il compagno Leuzzi nel bar Torino di Salice, e con una scusa imprecisata lo invitava a seguirlo nella sua abitazione. Una volta giunto in casa il Giannoccaro estraeva una pistola fingeva di scherzare con i suoi due amici puntando l’arma contro di loro. Poi, improvvisamente, toglieva la sicura all’arma, la rivolgeva contro il Leuzzi e lo freddava con un colpo al cuore. Quindi, gettata la pistola accanto al cadavere, si dava alla fuga. Dopo quarantott’ore di latitanza, il Giannoccaro si è costituito ai carabinieri.

Il compagno Leuzzi, è l’ultima vittima della feroce reazione agraria nel Salento. Egli era giovanissimo, venticinquenne, ed era conosciuto ed amato da tutta la popolazione, per la sua costante opera in difesa degli interessi di tutte le categorie. Egli si era particolarmente messo alla testa della lotta delle masse contadine ed era riuscito ad ottenere anche numerosi successi, strappando agli agrari importanti concessioni.

L’uccisione del compagno Leuzzi ha perciò duramente colpito e commosso l’opinione pubblica.
Ieri, un interminabile corteo è sfilato davanti alla salma del giovane compagno. Ail suoi funerali hanno partecipato oltre cinquemila lavoratori, convenuti con le loro bandiere da Lecce. Copertino, Campi, Leverano, Carmiano, Peglie Guagnano e moltissimi altri comuni della provincia. Manifesti di lutto e di protesta sono stati affissi dal P.C.I., dal P.S.I., dalla camera del lavoro.

 

 

 

Fonte:  stampacritica.it
Articolo del 30 gennaio 2016
Donato Leuzzi, giovane vittima della mafia
di Simone Cerulli

Moriva nel 1950, a Salice salentino, una delle prime vittime di quello strumento del potere feudale agrario che poi avremmo tutti imparato a conoscere come col nome di mafia. Vecchi padroni rimpiazzati dai nuovi burgisi, ma stesse regole: affidarsi a piccole cosche armate che esercitassero un controllo minuzioso e radicale del lavoro dei braccianti. Un potere che sfuggì di mano a chi l’aveva promosso, quando nei primi del ‘900 i contadini cominciavano ad organizzarsi in associazioni per la tutela del lavoro e per la gestione diretta della terra.

Così agli albori di questa faida, un giovanissimo segretario della Camera del Lavoro nei dintorni di Lecce, Donato Leuzzi, viene ucciso da un sicario del presidente dell’Associazione Agricoltori, Pierino Leone, ricco e reazionario latifondista. Come ha riportato all’epoca il quotidiano “L’Unità”, il venticinquenne Leuzzi si era sempre battuto per la difesa dei diritti di tutte le categorie di lavoratori, mettendosi alla testa della lotta delle masse contadine, riuscendo ad ottenere anche numerosi successi e strappando agli agrari importanti concessioni.

Il suo assassino, difatti, Italo Giannoccaro, viene definito come un servo degli agrari, sempre in prima linea nella repressione dei contadini in lotta. Quel 28 gennaio del ’50 Giannoccaro, insieme a Luigi Montefusco e Antonio Masseri, avvicina Leuzzi nel bar Torino di Salice, e con una scusa lo invita seguirlo nella sua abitazione. Giunti in casa, questi estrae una pistola fingendo di scherzare con i suoi due amici e puntandola contro di loro. Per poi togliere la sicura e rivolgere l’arma contro Leuzzi ed ucciderlo con un colpo al cuore, dandosi alla fuga e poi costituendosi ai carabinieri dopo quarantott’ore di latitanza.

Una storia che poi, negli anni, si ripeterà sempre più spesso, con copioni più o meno simili, andando a creare una lunga lista che, purtroppo, non si è ancora interrotta.

 

 

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