5 Gennaio 1979, a Rizziconi (RC) Assassinati Carmelo Di Giorgio e Primo Perdoncini, avevano acquistato agrumi dai produttori della piana di Gioia Tauro turbando così il mercato agrumicolo controllato dalla ‘ndrangheta.

Foto di Carmelo di Giorgio da dedicatoallevittimedellemafie    

Carmelo Di Giorgio lavorava come operaio insieme a Primo Perdoncini nella ditta Montresor e Morselli di Verona. Carmelo aveva solo 24 anni ed era appena diventato padre, originario di Lentini (SR), mentre Primo, di 31 anni, era residente nella provincia di Verona. Stavano guidando un camion carico di arance, quando furono aggrediti in una strada consortile nei pressi di Rizziconi e ridotti in fin di vita. Entrambi ricoverati in condizioni disperate, morirono il 5 gennaio 1979. Avevano acquistato agrumi dai produttori della piana di Gioia Tauro turbando così il mercato agrumicolo controllato dalla ‘ndrangheta. (Fonte:  vivi.libera.it )

 

 

Tratto dal libro Dimenticati Vittime della ‘ndrangheta di Danilo Chirico e Alessio Magro
Cap. XVII Il destino lo decidono le cosche

[…], il 5 gennaio vengono assassinati a Rizziconi due operai della ditta Esa di Verona. Si chiamano Carmelo Di Giorgio e Primo Perdoncini. Trasportano con il camion agrumi acquistati nella Piana di Gioia Tauro. Hanno turbato gli equilibri economici del territorio. I due autotrasportatori vengono ammazzati mentre attraversano la zona di Pontevecchio. A loro, trent’anni dopo, viene dedicato uno degli alberi del Bosco dei Centopassi a Gaggiano, in Lombardia.

[…]

 

Tratto dall’articolo delL’Unità del 6 Gennaio 1979
In Calabria la mafia continua a uccidere
di Filippo Veltri
Ammazzato camionista che trasportava agrumi – Lotta per il controllo delle imprese di trasporto.

[…]
Al settore sempre dei trasporti e, in particolare, al settore agrumario, sembra invece richiamarsi l’altra feroce esecuzione della notte scorsa nella piana di Gioia.
Nei pressi di Rizziconi, su una strada consortile, due uomini, un autista e il suo “secondo”, sono stati barbaramente ridotti in fin di vita, Uno dei due, Carmelo Di Giorgi, di 24 anni, originario di Lentini in provincia di Siracusa è poi spirato ieri mattina agli Ospedali Riuniti di Reggio, mentre l’altro, il 31enne Primo Perdoncini, residente in provincia di Verona, è in condizioni disperate.
Le esecuzioni della notte scorsa dimostrano, ove ce ne fosse bisogno, come la lotta alla mafia pur dopo l’importantissima e storica sentenza di Reggio è tutt’altro che vinta. Cosche potenti, organizzatesi negli anni scorsi nell’ombra e con la copertura dei “padrini” più famigerati, continuano ad operare nel Reggino e nella piana di Gioia Tauro godendo anche della compiacenza e dell’intreccio stretto con alcuni centri di potere e con alcune forze politiche.

 

 

Articolo del 5 Gennaio 2017 da meridionews.it
Carmelo Di Giorgio, ucciso per imporre racket sui limoni
La figlia: «A Lentini ci fu chi attivò la macchina del fango»

di Danilo Daquino

Cronaca – Il suo nome rientra tra le vittime di mafia. Venne ammazzato in Calabria insieme al collega e amico Primo Perdoncini il 5 gennaio 1979. Stavano trasportando gli agrumi al Nord. Le cosche, che pare controllassero diverse aziende del settore, sarebbero entrate in azione per mettere in ginocchio la concorrenza

«Nel posto sbagliato, al momento sbagliato? Assolutamente no, mio papà stava lavorando». A parlare è Carmela di Giorgio, la figlia di Melo. Non ha conosciuto suo padre, perché quando lo ammazzarono era ancora dentro la pancia di sua madre. E non ha conosciuto nemmeno i killer, perché un volto ancora non ce l’hanno.

Il 5 gennaio 1979, Carmelo Di Giorgio e Primo Perdoncini, dipendenti della ditta veronese Montresor e Morselli, vennero freddati sul ponte vecchio di Rizziconi, mentre trasportavano un carico di arance e limoni dalla piana di Gioia Tauro verso Verona, a bordo di un autotreno che, su quel tratto di strada – a causa delle diverse strozzature – procedeva a velocità ridotta.

«Gli agrumi passano per il racket», titolarono alcuni giornali dell’epoca. In quel periodo, la ‘ndrangheta pare avesse il controllo di diverse imprese nel settore dei trasporti e del mercato agrumicolo, per cui chi avrebbe violato le regole mafiose sarebbe finito nel mirino dei boss. «Mio padre era la persona di fiducia dell’azienda, di solito viaggiava con la sua macchina, ma quel giorno decise di salire sul camion per far compagnia a Primo, erano amici», racconta a MeridioNews Carmela.

La scarica di piombo frantumò il parabrezza e i finestrini laterali del mezzo pesante, colpendo alla testa e alle spalle i due: «Uno dei proiettili è entrato nella testa di papà, poi è uscito e ha attraversato quella del compagno», continua la donna. I due autotrasportatori vennero trasportati d’urgenza all’ospedale di Rizziconi, in fin di vita, poi negli ospedali riuniti di Reggio Calabria dove morirono a ventiquattro ore l’uno dall’altro. Probabilmente i sicari non conoscevano nemmeno le loro identità: l’agguato, secondo quanto scrissero allora i giornalisti, sarebbe servito per «stravolgere il commercio di agrumi delle altre società», abbattendo la concorrenza a favore degli interessi mafiosi.

Carmelo aveva 24 anni. A dargli l’ultimo saluto sul lettino della rianimazione c’erano la moglie Anna, allora appena 23enne e incinta di tre mesi, i genitori, arrivati lì senza capire cosa fosse successo esattamente. «Quell’assassinio fu clamoroso, a Lentini non si parlava d’altro. Al funerale, celebrato nella chiesa di Santa Lucia, c’erano tantissime persone, ma non tutte erano venute per dare sostegno alla mia famiglia – spiega Carmela -. Si era attivata una sorta di macchina del fango, alcune comari dicevano che mio padre se la fosse cercata o peggio ancora che fosse un malavitoso, senza conoscere i fatti. Ma ciò di cui aveva bisogno veramente mia madre – continua – era la vicinanza delle persone care e quella non è mancata. Sei mesi dopo sono nata io e la vita è andata avanti», aggiunge.

Di Melo oggi restano tanti ricordi, dai tempi di radio Lentini 1, costruita artigianalmente insieme alla moglie, e non solo, alle foto ingiallite e ai video muti. «Crescendo, ho idealizzato la sua figura, a volte credevo che spuntasse da un momento all’altro – ricorda la figlia –. Altre volte, pensavo che non si può avvertire la mancanza di una persona mai conosciuta. Ma quando sono diventata mamma e ho toccato con mano l’amore di mio marito nei confronti delle mie bimbe, ho capito cosa, inconsapevolmente, mi è mancato».

A distanza di un paio di anni da quella barbara uccisione, un piccolo Comune calabrese ha intitolato una via a Carmelo Di Giorgio e Primo Perdoncini. Il comune di Lentini, invece, ha dedicato una targa – distrutta qualche mese fa da tre minorenni – alle vittime di mafia lentinesi, tra cui lo stesso Melo.

 

 

 

 

 

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