29 Gennaio 1986 a Palermo ucciso Francesco Alfano, 26 anni
Era il 29 gennaio del 1986. Francesco Alfano, 26 anni, era andato a trovare la fidanzata Germana all’Addaura (PA), residenza estiva della famiglia di lei. Aveva appena finito di allenare la sua squadretta di calcio, la Virma. Quando decisero di uscire per una passeggiata in centro, salirono sulla Seat Ibiza di Francesco, parcheggiata in via Gualtiero da Caltagirone. Fu allora che dal buio spuntò un uomo che si avvicinò alla vettura e sparò quattro colpi di pistola contro il finestrino lato guida. Francesco non morì subito. Il killer infilò una mano ed esplose altri colpi per finirlo. Anche Germana venne ferita. Gli spari richiamarono l’attenzione del padre della ragazza, Ippolito, che corse in strada e trovò la forza per soccorrere la figlia e trasportarla in ospedale. Francesco era già morto. Francesco era un ragazzo normale, pulito, attivo. Il padre era titolare di una piccola industria del ferro. Francesco lavorava in proprio. Era stato rappresentante di vini e di articoli di cuoio e dava una mano come cameriere nel ristorante del padre di Germana. E poi il suo hobby: il calcio e la squadretta che allenava con serietà e passione. Anche per il suo omicidio non si sono trovati killer e mandanti. (tratto da “I germogli recisi” di G. Tramontana)
Articolo da “La Repubblica” del 30 gennaio 1988
NON TROVANO I KILLER DI MIO FIGLIO PER PROTESTA IO CHIUDO LA FABBRICA
In una città come Palermo si può uccidere un ragazzo di 26 anni restando impuniti. Per questa ragione Gaetano Alfano, 54 anni, titolare di un’azienda di carpenteria metallica con quaranta operai, ha chiuso per un giorno la sua fabbrica. Due anni fa gli assassinarono il figlio, Francesco, con colpi di pistola calibro 38. Il giovane, incensurato, venne ucciso da due sicari sul litorale palermitano di Mondello mentre era in compagnia della fidanzata, Germana Ferreri di 22 anni, che rimase leggermente ferita. Un delitto che fa parte della lunga catena di misteri di Palermo.
Il mio ha spiegato Gaetano Alfano è un gesto simbolico che serve soltanto a non mettere mio figlio tra i tanti morti dimenticati di questa città. Subito dopo l’uccisione di Francesco Alfano, allenatore di una squadra di calcetto, gli inquirenti sospettarono che l’agguato contro il giovane fosse collegato al rifiuto da parte del padre di pagare una tangente ad una cosca mafiosa. Una pista inconsistente afferma ancora oggi Gaetano Alfano perché nessuno meglio di me può sapere se è stata avanzata o no una richiesta di pizzo.
Sei giorni prima dell’uccisione di Francesco Alfano, un altro giovane, Tommaso Bottone, di 23 anni, anch’egli figlio di un imprenditore, veniva assassinato in circostanze analoghe. Il padre chiuse definitivamente la sua piccola industria offrendo una grossa taglia per scoprire gli assassini ancora oggi rimasti impuniti.
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Tratto da:
I GERMOGLI RECISI Bambini vittime di mafia di Giuseppe Tramontana
Due, ma come se fossero mille.
A margine, val la pena ricordare altri due ragazzi. Anzi due giovani uomini. Entrambi ventiseienni, entrambi figli di piccoli imprenditori, entrambi uccisi mentre si trovavano in macchina con le rispettive fidanzate ed entrambi ammazzati nel gennaio 1986, ad otto giorni di distanza l’uno dall’altro: prima Paolo Bottone e poi Francesco Alfano.
Paolo venne freddato il 21 gennaio 1986. Era figlio di un imprenditore di un’azienda metalmeccanica. Si era appartato con la fidanzata, Angela D’Amelio, in via De Saliba, vicino all’ufficio di collocamento. Era un posto noto perché frequentato da coppiette.Due uomini armati si avvicinarono all’auto, aprirono lo sportello di guida e puntarono le pistole contro i due fidanzati. Poi uno dei due si rivolse alla ragazza: “tu non muoverti – le disse – voltati e non guardare.”L’altro sparò un colpo secco al collo di Paolo. Che morì immediatamente. Angela, illesa, si gettò sul corpo del fidanzato, poi scese in cerca di aiuto, intanto le altre coppiette erano fuggite.Perché venne ucciso Paolo? Gli inquirenti seguirono la pista degli appalti: il padre forse si era aggiudicato qualche commessa che non avrebbe dovuto vincere. Chissà.Nei giorni successivi, i muri di Palermo furono tappezzati da manifesti con la foto dei due fidanzati abbracciati e un messaggio che offriva una ricompensa per chiunque fornisse elementi per far luce sul delitto.Erano stati affissi dal padre, ma nessuno si fece vivo. E nessuno ha mai pagato per quel delitto.
Stessa dinamica e stessa tecnica servirono per eliminare Francesco Alfano. Era il 29 gennaio dello stesso 1986. Francesco era andato a trovare la fidanzata Germana Ferreri all’Addaura, residenza estiva della famiglia di lei.Aveva appena finito di allenare la sua squadretta di calcio, la Virma. Quando decisero di uscire per una passeggiata in centro, salirono sulla Seat Ibiza di Francesco, parcheggiata in via Gualtiero da Caltagirone. Fu allora che dal buio spuntò un uomo che si avvicinò alla vettura e sparò quattro colpi di pistola contro il finestrino lato guida. Francesco non morì subito. Il killer infilò una mano ed esplose altri colpi per finirlo. Anche Germana venne ferita. Gli spari richiamarono l’attenzione del padre della ragazza, Ippolito, che corse in strada e trovò la forza per soccorrere la figlia e trasportarla in ospedale. Francesco era già morto. Come Paolo era un ragazzo normale, pulito, attivo. Il padre era titolare di una piccola industria del ferro. Francesco lavorava in proprio. Era stato rappresentante di vini e di articoli di cuoio e dava una mano come cameriere nel ristorante del padre di Germana. E poi il suo hobby: il calcio e la squadretta che allenava con serietà e passione. Anche per il suo omicidio non si sono trovati killer e mandanti.
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Francesco Alfano
Una storia quella di Francesco ancora in attesa di verità. Ucciso a 26 anni, un pomeriggio come tanti mentre era in compagnia della sua fidanzata. Ucciso senza sapere il perché.