14 Novembre 1982 Palermo. In Via Notarbartolo ucciso Calogero Zucchetto, impegnato nella ricerca dei mafiosi latitanti

Foto da: it.wikipedia.org

Calogero Zucchetto era un Poliziotto.  Si occupava di mafia ed in particolare collaborava alla ricerca dei latitanti che allora erano molto numerosi.
Con il commissario Cassarà andava in giro in motorino per i vicoli di Palermo ed in particolare per quelli della borgata periferica di Ciaculli, che conosceva bene, a caccia di ricercati. In uno di questi giri con Cassarà incontrò due killer al servizio dei corleonesi, Pino Greco detto “scarpuzzedda” e Mario Prestifilippo, che aveva frequentato quando non erano mafiosi. Questi lo riconobbero e non si fecero catturare. All’inizio di novembre del 1982, dopo una settimana di appostamenti, tra gli agrumeti di Ciaculli riconobbe il latitante Salvatore Montalto, boss di Villabate, ma essendo solo e non avendo mezzi per catturarlo rinunciò alla cattura, avvenuta poi il 7 novembre con un blitz del Cassarà.
La sera di domenica 14 novembre 1982, all’uscita dal bar “Collica” in via Notarbartolo, un’elegante via del centro di Palermo, fu ucciso con cinque colpi di pistola alla testa sparati da due killer in sella ad una moto.
Successivamente gli autori del delitto vennero individuati in Mario Prestifilippo e Pino Greco, gli stessi che aveva incrociato in motorino. Come mandanti furono in seguito condannati i componenti della “cupola mafiosa”, cioè gli appartenenti all’organo più importante della “Cosa Nostra”, Totò Riina, Bernardo Provenzano, Calogero Ganci ed altri. (Tratto da it.wikipedia.org)

 

 

Foto Dubois tratta dal sito chieracostui.com

Monumento nel Comune di Sutera (CL)

A

CALOGERO
ZUCCHETTO

MEDAGLIA D’ORO
AL VALORE CIVILE

IL COMUNE DI SUTERA
ED I COLLEGHI
DELLA SQUADRA MOBILE
DI PALERMO
NEL PRIMO ANNIVERSARIO
DELLA SUA UCCISIONE
PER MANO MAFIOSA

A PERENNE RICORDO

POSERO

14    11    1983

 

 

 

 

 

Palermo. La lapide in Via Notarbartolo Foto da:  antimafiaduemila.com 

Articolo del 13 Novembre 2011 da tirrenonews.it
Sonia Alfano in memoria dei tanti eroi dimenticati: Calogero Zucchetto

PALERMO, 13 NOV. – “Calogero Zucchetto è un fulgido esempio di senso dello Stato ed un punto di riferimento importante per tutti coloro che, in divisa o meno, sono schierati in prima linea contro la criminalità organizzata. Il giovanissimo poliziotto di strada che stanava i latitanti girando in motorino con Ninni Cassarà, altro simbolo della vera antimafia siciliana, deve essere oggi e in futuro preso ad esempio per trasmettere alle nuove generazioni l’amore per la legalità ed il disprezzo per il compromesso mafioso”.
Lo ha detto Sonia Alfano, europarlamentare e responsabile nazionale del dipartimento antimafia di Italia dei Valori, ricordando l’anniversario dell’uccisione dell’agente di Polizia Calogero Zucchetto, freddato il 14 novembre del 1982 dai killer mafiosi Mario Prestifilippo e Pino Greco.
“In un periodo in cui la politica era fin troppo spesso distratta, o peggio collusa e connivente, Zucchetto combatté instancabilmente e coraggiosamente, ottenendo sul fronte della repressione gli ottimi risultati per i quali fu barbaramente ucciso” ha aggiunto.

La storia di Calogero Zucchetto.
Sessanta giorni dopo l’uccisione di Dalla Chiesa, il 14 novembre 1982, venne assassinato in un elegante bar del centro di Palermo, Calogero Zucchetto, poliziotto della sezione investigativa che aveva da poco compiuto ventisette anni. E i giornali italiani, forse stanchi per l’overdose dell’argomento mafia nell’ultimo periodo dedicarono un modesto rilievo a quell’agguato che invece confermava, ancora una volta, quanto fosse alto il potere militare delle cosche sul territorio. Era un’agente semplice Zucchetto, perché meravigliarsi se avevano tolto di mezzo anche lui? In realtà Zucchetto svolgeva un delicatissimo lavoro sul rapporto dei “162” – quello che piaceva a Dalla Chiesa – e per conto del suo direttore superiore – il funzionario della sezione investigativa, Ninni Cassarà – faceva da esca in ambienti mafiosi pur di riuscire a mettere insieme un tassello dietro l’altro. Un bel ragazzo, dall’aria un po’ dinoccolata, che aveva iniziato il suo apprendistato a diciannove anni, e per una breve parentesi aveva preso parte alle prime rudimentali scorte affiancate al giudice Falcone. Esuberante, gran lavoratore, intelligenza pronta, Zucchetto aveva manifestato subito il desiderio di “andare in strada”. Trascorreva nottate intere nelle discoteche e nelle paninerie palermitane. Aveva ottimi agganci anche nel mondo grigio della prostituzione, delle case di appuntamenti, delle sale corse, del mercato ortofrutticolo, punti di riferimento naturali questi di una varia umanità che a Palermo spesso incontra la mafia sul suo cammino.
(…) Spesso con il suo “vespone” anche quando non era in servizio, se ne andava in giro per i viottoli degli agrumeti di Ciaculli, gli occhi bene aperti a spiare i movimenti degli uomini dell’esercito del boss Michele Greco, soprannominato il “papa”. Alla fine di ottobre giunse alla mobile la “soffiata” giusta: qualcuno giurava di aver visto in un’auto, dalle parti di Villabate, il boss Salvatore Montalto, che da tempo si era dato alla latitanza. Per accertare questa circostanza Zucchetto – incaricato da Cassarà di occuparsi del caso – impiegò una decina di giorni, trascorsi con altri collaboratori in uno snervante lavoro di appostamento a bordo di un’auto senza radio (quindi non collegate con la centrale) per non alimentare i sospetti.
Finalmente la mattina del 28 ottobre, dalle parti di Ciaculli, il poliziotto ficcanaso incontrò tre uomini che parlavano fra loro, accanto alle auto dalle quali erano scesi.
Un brivido scosse Zucchetto: ma quello non era Salvatore Montalto? E quell’altro non era il feroce super killer Pino Greco soprannominato ” “scarpuzzedda”? E c’era anche Mario Prestifilippo, “Mariuzzo”,giovanissimo tiratore scelto che si sarebbe macchiato di decine e decine di delitti per conto delle cosche legate ai corleonesi. Una pesca davvero miracolosa quel giorno. Tanto miracolosa da non potere essere messa a segno con la semplice “esca” Zucchetto. (…) Dovette precipitarsi alla cabina telefonica più vicina, chiese rinforzi,ma volò via del tempo prezioso. Un buco nell’acqua: i tre si erano dileguati. Il 31 ottobre, appena tre giorni dopo, Zucchetto e altri poliziotti si nascosero alla meno peggio tra piccoli alberi di limoni poco distanti dalla villa dove Salvatore Montalto, ancora ignaro di tutto, trascorreva la sua latitanza. (…) Ancora una volta i poliziotti preferirono attendere l’occasione più propizia. Il primo novembre ’82, il cerchio si strinse: Ninnì Cassarà e Calogero Zucchetto, con l’aria innocente di due giovani universitari, ripercorsero in vespa la zona proibita. Si imbatterono in “scarpuzzedda” e Prestifilippo ed ebbero entrambi la spiacevole sensazione che la loro presenza questa volta non fosse passata inosservata. Il 7 novembre ’82 la villa del latitante Salvatore Montalto venne accerchiata con tutti i crismi, e l’irruzione dei poliziotti si concluse con la cattura del boss. Zucchetto non prese parte al blitz. Non firmò alcun atto di servizio. Le precauzioni non servirono: anni prima, quando ancora i Prestifilippo non erano ricercati perché non inseriti nel rapporto dei “162”, Zucchetto li aveva conosciuti e frequentati. Il poliziotto aveva tradito la loro antica ospitalità. Si era spinto fin dentro quella roccaforte di mafia – la borgata di Ciaculli – dove i latitanti razzolavano indisturbati. Una bella lezione, ormai, non gliela levava nessuno.
Zucchetto aveva l’abitudine di lavorare anche di domenica, e quindi poteva benissimo essere ammazzato anche di domenica: un modo sbrigativo scelto dalla mafia per ripetere che non gradisce i funzionari troppo zelanti, e anche un modo di approfittare della maggiore rilassatezza della vittima designata. Zucchetto venne ucciso alle 21 e 25 del 14 novembre, con cinque colpi di pistola calibro 38, davanti al bar Collica, dopo aver consumato la sua ultima birra e il suo ultimo panino.
(…) Zucchetto fu il primo di un’altra lunga serie. Sarebbe stato assassinato Cassarà , il suo diretto superiore. Sarebbe stato assassinato Giuseppe Montana, l’altro funzionario che dava la caccia ai latitanti. Cassarà e Montana capirono più degli altri il significato vero dell’eliminazione di Zucchetto. Si resero conto che le famiglie dell’eroina stavano tornando – dopo l’uccisione di Boris Giuliano a prender di petto la polizia.
Cassarà, Montana e Zucchetto, avevano contribuito alla stesura di quel rapporto dei “162”, primo tentativo serio di inquadrare ciascuna famiglia al posto giusto, disegnando la mappa dei cosiddetti “vincenti” e “perdenti”.

(…) Ma la morte del poliziotto–esca venne letta con la giusta chiave solo dagli addetti ai lavori.
Tratto da “Venti anni di mafia” di Saverio Lodato, Bur 2000

 

 

 

 

Palermo 14 Novembre 1982 L’omicidio di Calogero Zucchetto
Pubblicato il 21 ago 2016

 

 

 

 

 

Foto da:   antimafiaduemila.com 

Fonte:  antimafiaduemila.com 
Articolo del 14 novembre 2018
Calogero Zucchetto, il poliziotto che sapeva scovare i latitanti
di Davide de Bari
A trentasei anni dall’omicidio il suo esempio è ancora attuale

Calogero Zucchetto era un poliziotto che faceva il proprio lavoro con passione e attraverso il quale credeva che si potesse sconfiggere la mafia. Si arruolò all’età di 19 anni e fu tra i primi agenti della scorta del giudice Giovanni Falcone. Dal reparto scorte passò alla Squadra mobile di Palermo. E’ qui che conobbe il commissario Ninì Cassarà, assassinato da Cosa nostra in un agguato il 6 agosto 1985. Zucchetto setacciava discoteche e paninerie con il suo giovanile entusiasmo e aria simpatica. Aveva agganci nel mondo della prostituzione, del mercato ortofrutticolo e nelle sale corse dove si concentrava la manovalanza mafiosa. Il poliziotto era un segugio, non aveva orari, studiava le carte e girava per Palermo con il suo “Vespone” alla ricerca di fonti e di piste investigative. L’agente diede un’importante contributo, insieme a Cassarà, nella stesura del rapporto “Greco Michele + 161”, la radiografia delle famiglie mafiose dopo la seconda guerra di mafia iniziata agli inizi degli anni ’80 che evidenziò come i corleonesi di Luciano Liggio, Salvatore Riina e Bernando Provenzano avevano conquistato il potere del gotha di Cosa nostra. Zucchetto riuscì ad entrare in contatto con uno dei primi pentiti di mafia, Totuccio Contorno, il quale riferì circostanze utili alla redazione del rapporto.

Con il commissario Cassarà andava spesso in giro in moto nei vicoli di Palermo, in particolare nella borgata, dove era nato, di Ciaculli, feudo del boss Michele Greco detto “Il Papa”. Nessun poliziotto prima di lui ebbe il coraggio di entrare nei quartieri mafiosi. Zucchetto dava la caccia ai latitanti con lunghi e rischiosi appostamenti, uno dei suoi obbiettivi era il boss di Villabate Salvatore Montalto. E’ in questa occasione che si era imbattuto in Pino Greco detto “Scarpuzzedda” (uno dei killier più feroci dei corleonesi) e Mario Prestifilippo che non erano ancora schedati come mafiosi. I due riconoscendo Zucchetto riuscirono a scappare. Qualche giorno dopo, il poliziotto prenderà parte a un importante operazione che poterà all’arresto del capo della famiglia di Villabate. La cattura del latitante riuscì proprio grazie a Zucchetto che tra settembre e i primi di novembre del ’82 tenne sotto stretta sorveglianza la villetta del boss arrestato poi il 7 novembre. Per questo suo modo vincente di investigare, Cosa nostra decise di eliminarlo. Così, qualche giorno più zucchetto calogero 610tardi, il 14 novembre 1982 in via Notarbartolo fu trafitto da cinque colpi d’arma da fuoco sparati da due sicari in motocicletta mentre usciva dal bar Collica dopo aver consumato un panino e una bibita. Il commando che uccise Zucchetto era composto da Pino Greco e Mario Prestifilippo, gli stessi che avevano visto il poliziotto aggirarsi in moto per il quartiere. A ordinare l’assassinio furono i componenti della “cupola mafiosa” ovvero Totò Riina, Bernardo Provenzano e il boss della Noce Raffaele Ganci.

Per il lavoro svolto e l’abnegazione alla sua divisa gli è stata riconosciuta la Medaglia d’oro al valore civile con la motivazione: “Mentre conduceva una delicata operazione investigativa al fine della ricerca e della cattura di pericolosi latitanti, nel quadro della lotta alla criminalità organizzata, in un vile e proditorio agguato tesogli da ignoti criminali, veniva fatto segno a numerosi colpi mortali di arma da fuoco immolando, così, la giovane vita ai più alti ideali al servizio delle Istituzioni. Palermo, 14 novembre 1982”.

 

 

 

 

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