3 luglio 1975 Greve in Chianti (FI). Rapito il conte argentino Alfonso De Sayons, 61 anni, proprietario di una tenuta agricola. Il suo corpo non sarà mai ritrovato

L’ingegnere argentino Alfonso De Sayons, proprietario di una villa nel Chianti, viene rapito da alcuni giovani armati e mascherati il 3 luglio del 1975. Purtroppo il sequestrato non aveva parenti che potessero pagare per lui. Lo hanno ucciso senza pietà.

 

 

Foto da:  archiviolastampa.it

Fonte:  archivio.unita.news
Articolo del 14 febbraio 1979
La  prima  vittima fu il conte De Sayons

3 luglio ’75: primo clamoroso caso di rapimento in provincia di Firenze. Il conte Alfonso De Sayons, 61 anni, ingegnere edile, viene prelevato dalla sua villa «Uccellare» a Rignana, frazione di Greve in Chianti. Unici testimoni i custodi della villa del conte, Onofrio e Anna Colombo.

Quattro individui armati, dopo aver immobilizzato i due coniugi, bevuto una limonata, salgono al piano superiore della villa dove si trova il conte a riposare. De Sayons viene trascinato via, caricato sulla sua auto che verrà ritrovata abbandonata nei pressi di Castiglioncello.

Del conte però nessuna notizia. I coniugi vengono arrestati su ordine del giudice Mario Persiani e sospettati ingiustamente di aver ucciso il conte multinazionale.  La topica del magistrato verrà rimediata dal giudice istruttore che scarcererà i Colombo che risulteranno completamente estranei. Le loro dichiarazioni saranno successivamente confermate («erano piccoli di statura, parlavano con accento sardo») dalle indagini.

Non mancheranno neppure testimoni che sosterranno di aver incontrato per strada, in piazza del Duomo, il conte Alfonso De Sayons che non ha più fatto ritorno a casa.

Sono accusati per il sequestro e l’omicidio del conte Alfonso De Sayons, Mario Sale, 31 anni, latitante, Antonio Palmeri, 39 anni, Salvatore Porcu, 45 anni, Giovan Battista Pira, 29 anni, Giacomino Baragliu, 28 anni, Antonio Baragliu, 33 anni, e Luigi Lata, 29   anni.

Sono accusati anche di vilipendio e occultamento di cadavere. Inoltre, in questo gruppo ci sono Giovanni Farina, 29 anni, Nicola Fenu, 33 anni, Virgilio Fiore, 40 anni e Mario Porcu, 43 anni che devono rispondere di rapina, detenzione e porto abusivo di armi, associazione per delinquere.

 

 

 

 

Fonte:  archiviolastampa.it
Articolo del 19 ottobre 1983
Sequestrati, picchiati e uccisi
di Lorenzo Del Boca

D’altra parte, la Toscana conosce storie di delinquenza criminale spietata. Quale pietà? L’anonima sequestri, i suoi ostaggi li teneva prigionieri e poi, una volta incassato il riscatto, li ammazzava e li squartava come bestie.

Perché? Perché le pecore belano e si fanno sentire. Gli uomini si possono costringere al silenzio finché sono legati, ma poi ricordano e, per non correre rischi, è più facile farli fuori. Storie inumane.

Il primo sequestro è stato quello di Alfonso De Sayons, un argentino trapiantato nel cuore della terra del Chianti, abbastanza ricco ma anche tanto spaccone da lasciar credere di esserlo ancora di più. Si faceva chiamare barone e non lo era e teneva in casa una vetrina che proteggeva dei pezzi di antiquariato falsi. I banditi hanno fiutato l’affare, una sera sono entrati nella sua villa e l’hanno portato via. Ma il sequestrato viveva solo e non aveva parenti. Chi poteva pagare? Ma all’errore si può rimediare. L’hanno ucciso, e il becchino, Luciano Ladu (ergastolo), che l’ha seppellito, ha avuto cura di sventrarlo dal collo alle cosce. Sottoterra, il cadavere avrebbe potuto gonfiarsi e la terra, crescendo di volume, avrebbe indicato che lì sotto c’era una tomba.

Luigi Pierozzi pensionato di Sesto Fiorentino, con un buon patrimonio finanziario alle spalle, è stato strangolato e infilato in una buca scavata fra l’Autostrada del Sole e la Firenze-Mare, a due passi da una chiesa.

Piero Baldassini, industriale di Prato, l’hanno trovato invece in un pozzo, legato mani e piedi con del filo di ferro e il petto aperto da una fucilata sparata a bruciapelo. Hanno usato i pallettoni che servono per cacciare il cinghiale. Per lui erano già stati pagati settecento milioni L’ha raccontato Giuseppe Buono, un casertano che viveva da anni in Toscana e che ha deciso di pentirsi è di raccontare tutto. Almeno i morti hanno potuto trovare una sepoltura onorevole.

E Marzio Ostini? Quello è stato massacrato a bastonate perché i suoi carcerieri si sono ubriacati, una sera, e per divertirsi hanno cominciato a picchiare l’ostaggio. Giacomino Baraglio, un metro e mezzo d’altezza e la forza di Sansone, ha cominciato a battere quel poveretto incatenato alla sedia. Un fendente gli ha aperto la testa» Del morto non c’è più traccia. È terrificante, ma l’anonima sequestri ha gettato il cadavere fra i maiali. Hanno avuto l’accortezza di bucare il corpo in modo che il sangue aizzasse gli animali.

I rapitori li hanno chiamati «la banda dei sardi». In realtà, con gente che veniva da Sassari c’erano anche banditi che arrivavano da Salerno, Cosenza, Catania e Foggia. Gente disadattata, senza radici e senza valori da difendere. Non riescono nemmeno a capire perché il resto del mondo inorridisce nel sentire quello che hanno fatto. Loro pensano di aver fatto un lavoro come un altro.

Elena Luisi è la ventitreesima vittima di sequestri in Toscana, ma è la prima nel Lucchese. Gli inquirenti dicono che è un rapimento «anomalo». E, in realtà, è quello che più di tutti riempie il cuore di orrore.