Il killer dell’ufficio accanto. La vera storia di Nino Velio Sprio – di Lucio Luca
Il killer dell’ufficio accanto.
La vera storia di Nino Velio Sprio
di Lucio Luca
Editore: Pietro Vittorietti, 2008
L’omicidio di un fornaio palermitano a Firenze. Due killer sprovveduti che commettono un’infinità di errori. L’arresto all’aeroporto di Pisa dove i sicari stanno per prendere l’aereo e tornare in Sicilia. Un giovane magistrato fiorentino che si trova per caso a raccogliere le testimonianze degli assassini. Comincia così “Il killer dell’ufficio accanto”, romanzo del giornalista di Repubblica Lucio Luca ispirato da una storia vera. Quella di Nino Velio Sprio, oscuro funzionario regionale trasformatosi negli anni in spietato serial killer. L’unico assassino seriale che si ricordi nella storia criminale di Palermo. L’unico che per un decennio è riuscito a sfuggire alle forze dell’ordine malgrado fosse entrato in decine di indagini. L’unico perfettamente sconosciuto persino a Cosa Nostra che in Sicilia controlla tutto e tutti. Una storia incredibile, degna di un avvincente noir, se non fosse che è tutto vero. Documentato da inchieste giudiziarie e sentenze dei tribunali di mezza Italia.
Fonte: archivio.unita.news
Articolo del 3 dicembre 2008
L’incredibile storia del dottor Sprio il killer spietato dell’ufficio accanto
di Giancarlo De Cataldo
Il libro: Il giornalista Lucio Luca ha disseppellito dagli archivi una vicenda tragica e inverosimile.
Firenze 1999: Due fratelli siciliani ammazzano un fornaio e poi confessano un’infinità di omicidi.
Il Protagonista: È un funzionario della Regione Sicilia, un uomo brillante.
Capita a chi, per mestiere o per passione, racconta storie. Capita almeno una volta nella vita. Hai impiantato una trama brillante, assolutamente originale, diciamo pure fantastica.
Ti metti al computer, scrivi le tue trenta, quaranta cartelle, cominci a farle girare. Una dopo l’altra, ti piovono addosso risposte scettiche, ironiche, comunque negative. «Questa roba non ha senso», ti dicono, «nessuno potrà credere, nemmeno per un istante, a una storia così inverosimile». Passano i giorni, a volte i mesi e gli anni. Una mattina apri il giornale e te la trovi lì. La tua storia inverosimile. Più reale e concreta che mai.
È accaduto veramente. È andata proprio così. Peccato che nessuno ci abbia creduto, quand’era il momento. Ma, come si dice, la realtà supera sempre l’immaginazione. Anche la più fervida. Firenze, ottobre 1999. Due fratelli siciliani, pregiudicati, ammazzano un oscuro fornaio. Delitto improvvisato e caratterizzato da acuta cialtroneria. I due sicari si lasciano alle spalle una tale massa d’indizi che nel giro di poche ore vengono identificati e arrestati.
Un breve colloquio in camera di sicurezza, e si decidono a confessare. Ma non soltanto «quell’omicidio». No. Un’intera catena di delitti, cominciata dieci anni prima a Palermo. E davvero, agli occhi del giovane pubblico ministero che ascolta, registra, verifica e, uno dopo l’altro, riscontra anche i più assurdi dettagli, davvero la realtà appare, istante dopo istante, molto, molto più inverosimile della più scatenata fantasia.
Tutto comincia quando il dottor Nino Velio Sprio, funzionario della Regione Sicilia, finisce in cella per una truffa di medio livello. Sprio è un uomo brillante, dalla personalità carismatica. Elegante, autorevole, vanta -o millanta – parentele nel Gotha mafioso e un rapporto diretto con Provenzano. In pochi mesi di comune detenzione, recluta un piccolo esercito di sbandati, «canazzi di bancata», «malacarne», e li trasforma in docili esecutori, prezzolati, dei suoi ordini. Ordini omicidi.
Si comincia con un ladruncolo che aveva avuto l’ardire di rubargli in casa. Eliminato. Si prosegue con un avvocato che non aveva onorato un debito. Eliminato. Sprio, a Palermo, è conosciuto e persino chiacchierato. Ci sono tracce che porterebbero immediatamente a lui, fra cui le accuse specifiche della vedova della sua più recente vittima. Vengono tralasciate. Sprio si sente sempre più sicuro. Ha impiantato una cosca «fai-da-te» in grado di sfuggire, forse proprio grazie alla scarsa qualità del materiale umano e all’improvvisazione eletta a sistema criminoso, tanto agli occhi dello Stato che a quelli, altrettanto acuti, della vera Mafia.
Viene ferito durante un tentativo di estorsione al Nord, e nessuno pensa di collegare questo fatto con gli omicidi di Palermo. I guai giudiziari lo inseguono, e lui rilancia. Si sente invincibile, e, nello stesso tempo, vittima di complotti. Furia omicida e paranoia crescono in misura esponenziale. Vuole «giustiziare» un assicuratore infedele per l’enorme somma di lire ottocentomila, ma l’agguato fallisce per puro caso.
C’è un suo collega funzionario che, nel rispetto della legge, ha attivato le procedure per licenziarlo dalla carica pubblica che indegnamente continua a ricoprire. Sprio lo fa eliminare. Si chiamava Giovanni Bonsignore. A Palermo tutti, ma proprio tutti, compresi i giudici del «pool», pensano a un delitto di Alta Mafia. Si scava in vecchi contrasti con altissime cariche della Regione. I giudici non capiscono perché anche i «pentiti» più collaborativi si ostinino a ripetere che quel delitto «non è cosa nostra». Ma Bonsignore non è l’unico funzionario onesto. Ce n’è un altro della sua pasta, a Palermo. Si chiama Filippo Basile. Farà la sua stessa fine. Sempre per mano del «commando» lautamente remunerato dal Dottore. Il fatto è che Sprio ha bisogno di tempo per arrivare alla pensione. E l’unico modo che conosce, per sistemare i suoi affari, è di mandare a uccidere.
Finché, a Firenze, la lunga scia di sangue non si arresterà, grazie alla confessione degli assassini.
Lucio Luca, giornalista di Repubblica, ha disseppellito dagli archivi della memoria siciliana questa storia vera e inverosimile, tragica e allucinante, e ce l’ha restituita in un libro agile e feroce (Il killer dell’ufficio accanto, Pietro Vittorietti Edizioni, pp. 151) che è, nello stesso tempo, cronaca di una vicenda esemplare e acuta analisi sulla «banalità del Male».