10 Agosto 2000 Pianura (NA). Uccisi Paolo Castaldi e Luigi Sequino, mentre erano in macchina a programmare le vacanze. Si erano fermati sotto il portone sbagliato.
Paolo Castaldi e Luigi Sequino, rispettivamente 21 e 20 anni
Paolo Castaldi e Luigi Sequino sono uccisi a Pianura, quartiere periferico di Napoli, il 10 agosto 2000.
La sera del 10 agosto i due ragazzi si fermano a parlare nei pressi dell’abitazione di Gigi che è anche il luogo di residenza di Rosario Marra, genero del capoclan Pietro Lago. A bordo di due ciclomotori, i killer, le cui intenzioni sarebbero state quelle di vendicare la morte di un loro affiliato, Vincenzo Giovenco (ucciso dai Lago il 31 luglio precedente), quella sera erano in perlustrazione a caccia di appartenenti al clan avverso da eliminare. I ragazzi, inconsapevoli del pericolo e parcheggiati sotto casa a bordo di una Lancia Y, vennero così scambiati per due guardaspalle di Marra (genero del capoclan della famiglia Lago). Raggiunti da una grandinata di colpi sparati dai sicari, morirono sul colpo.
Le indagini inizialmente percorsero la strada del regolamento di conti tra i clan rivali e solo le rivelazioni di due pentiti, Raffaele Bavero ed Eduardo Criscuolo, ex affiliati al clan Marfella, fecero luce sulla morte dei due ragazzi.
In quel periodo era in atto a Pianura una sanguinosa faida di camorra che avrebbe portato anche al rapimento e al probabile omicidio di un altro ragazzo innocente: Giulio Giaccio.
Nel novembre 2007 è arrivata intanto una prima sentenza di condanna all’ergastolo per Pasquale ed Eugenio Pesce, individuati come esecutori materiali del delitto; Carmine Pesce, allo stesso modo individuato come esecutore materiale del delitto, non fu presente al processo perché ucciso prima che si avviasse il procedimento penale; il processo per Luigi Pesce, svoltosi con rito abbreviato, si è concluso invece con la condanna a 18 anni di reclusione. Quest’ultimo ha potuto godere degli sconti di pena previsti per i collaboratori di giustizia. A questo periodo risale anche l’ordinanza cautelare del presunto mandante dell’agguato, Luigi Mele, che sarà successivamente assolto da tale accusa per incompletezza della prova, secondo la Corte, e condannato a otto anni di reclusione per l’illegale detenzione e cessione, a Pasquale Pesce, di una pistola cal. 9.
Nel 2008 la terza sezione della Corte di Assise d’Appello di Napoli ha confermato la condanna all’ergastolo per i cugini Pasquale ed Eugenio Pesce.
Nel mese di agosto 2017 si viene a conoscenza della decisione del boss Pasquale Pesce, arrestato nel 2015, di collaborare con la giustizia. Anche l’uomo di punta del clan avversario, Salvatore Romano, decide di collaborare. Per il pm Francesco De Falco e la collega Celeste Carrano, coordinati dal procuratore Filippo Beatrice, queste collaborazioni permetteranno di arricchire le indagini che hanno l’obiettivo di fare luce sull’omicidio dei due giovani.
Fonte:fondazionepolis.regione.campania.it
Articolo di La Repubblica del 13 Agosto 2000
‘Qui anche Dio ci lascia’
di Giantomaso De Matteis
«Mi chiedo: se il Signore fosse venuto in questo quartiere abbandonato, bistrattato: quale sarebbe stata l’accoglienza? Forse avrebbe voltato le spalle». Usa un versetto del Vangelo di Luca e parole forti, don Vittorio. Si rivolge a una parte sana di Pianura, raccolta sotto le arcate della chiesa di san Giorgio Martire. Ad amici e parenti stretti attorno alla bara bianca di Luigi Sequino, 21 anni. Anche lui martire, un innocente ucciso dalla camorra. Come senza colpa è il suo amico Paolo Castaldi, i cui funerali saranno celebrati questa mattina, nella stessa chiesa. Si rivolge a loro, don Vittorio, un centinaio. Ma anche agli assenti, i grandi assenti: le istituzioni. E usa la metafora e la delicatezza con «chi, in silenzio cerca di giustificarsi quello che non è giustificabile». Non ci sono politici, non ci sono amministratori sotto le arcate che raccontano i misteri della fede e del dolore. Ci sono invece i giovani, tanti giovani. Gli stessi che hanno chiesto una fiaccolata («Portate le candele: l’appuntamento è sotto la casa di Gigi, alle 21 e 30, Traversa III San Donato», annuncia una scritta sul portone della chiesa. «Sì, facciamola», esorta don Vittorio. Diamo uno scossone a tutti. Svegliamo le coscienze addormentate».
Un applauso lunghissimo che non fa sentire più i singhiozzi, il dolore che si libera nel pianto. E fa dimenticare la paura. Kitti, la sorella di Luigi abbraccia la bara bianca. La madre, Maria Rosaria, con la testa reclinata sussurra il nome: Gigi. Il padre Vincenzo che invita gli amici mentre il feretro lascia la chiesa: «Alzatelo, alzatelo. Sta andando via un innocente. Poi tocca al nonno Luigi che sale sull’altare e con la voce affranta ed esorta i giovani: «Mi hanno ammazzato il mio nipote carissimo, portava il mio stesso nome. E’ poco chiamarli assassini: sono animali, belve. Mi rivolgo ai suoi amici, da oggi dovrete trasformarvi in segugi. Scoprite chi lo ha ucciso~». «Li hanno ammazzati perché avevano la stessa auto dei guardaspalle, una Y10 nera», azzarda qualcuno. (E per diverse sere, confermano gli investigatori, sostavano sotto la casa del presunto boss ad ascoltare musica. facile che siano stati scambiati per «sentinelle»). «A chi dirlo se qui lo Stato non c’è», dice Armando. «Vigliacchi, ci hanno abbandonato tutti. Perché oggi è toccato ai nostri figli, domani uccideranno altrove». Ma lo sfogo resta anonimo. «Il mio nome? Abbiamo paura, qui si vive nel terrore». Lo dice a chiare lettere don Vittorio quando lascia la stola in sagrestia. Che è nato qui e qui è tornato un anno fa, da sacerdote: «Le sacche della malavita sono estese. Dopo l’abusivismo questo è diventato un quartiere periferico, di frontiera. L’assenza dello Stato crea un clima pericoloso, di confusione». Non c’è nessuno, neppure il sindaco Riccardo Marone. Secca la replica : «Ci vediamo a marzo». E cosa direbbe al presidente della circoscrizione, Giuseppe Di Napoli? «Cosa chiedere a una persona confusa che passa da una sponda a un’altra». E alla polizia? «Un vero progetto di sicurezza». E ai boss di Pianura? «Un prete non può sperare che nella loro conversione». «Sono degli infami», dice la gente che si prepara al corteo. Un lungo applauso prima dell’estremo saluto. «Un morto innocente a Pianura vale meno di uno dei quartieri alti», sussurra un giovane. «Dobbiamo risvegliare le coscienze. qui mancano le condizioni», risponde don Vittorio. «I ceti alti forse sono più maturi e hanno più appoggi». I grandi assenti? «Non mi interessano», risponde la madre di Luigi. «Che la morte di mio figlio sia di esempio. Per i giovani». Continuano ad arrivare auto con i fiori. Tutti chiedono dov’è il cimitero. Non resta più nessuno. Nella piazzetta torna la paura.
Paolo castaldi
Appassionato di musica
Paolo Castaldi, 21 anni, e Luigi sono amici da piccoli. Vivono nella stessa strada, Traversa III San Donato. Poi la famiglia Castaldi si trasferisce a Quarto. Paolo ama la musica e gli animali, soprattutto quelli abbandonati. Lavorava in un supermercato della zona, al banco macelleria. Due vite spezzate insieme.
Luigi Sequino
Il suo sogno: l’ aviatore
Amava il rock e le motociclette, Luigi Sequino, 21 anni. Un diploma di Informatica al «Giordani» di via Caravaggio, iscritto all’Istituto navale, facoltà di Economia ma pronto a tentare ogni concorso: in polizia, nell’Aeronautica. Per sbarcare il lunario lavorava come pony a quattrocento mila lire al mese. I soldi per il viaggio in Grecia.
Napoli alza la testa «Non possiamo trasformarci in eroi»
di Fulvio Milone
Il padre di un ragazzo ucciso per sbaglio: «Ma lo Stato dov’è?» Un magistrato della procura: «La polizia c’è ma è gestita male» Il sindaco lervolino: «Va rafforzata l’intelligence sul territorio».
NAPOLI. Eccola qui la società civile di cui parla il ministro Pisanu, quella degli uomini «onesti e laboriosi troppe volte rassegnati e assenti» che dovrebbero «schierarsi accanto alle istituzioni e agli investigatori» per «riprendersi la loro città e il loro futuro». Ha il volto di un umile impiegato dell’ Enel a cui, quattro anni fa, la camorra uccise per errore il figlio. Da quel dolore lacerante che lo dilaniò la notte del 10 agosto 2000, quando vide la faccia del suo Luigi cancellata da una raffica di proiettilii, Vincenzo Sequino ha saputo trarre una lezione: non si può più vivere con gli occhi chiusi, bisogna reagire alla paura e denunciare la violenza. Così si è rimboccato le maniche e ha fondato un’associazione per riportare la legalità nel suo quartiere, Pianura. «Il nostro piccolo contributo, io e tanti altri, lo stiamo dando. Ma è lo Stato, quello con la esse maiuscola, a non fare la sua parte», mormora Vincenzo che vede nelle strade di Pianura lo stesso abbandono di allora: «Ce la mettiamo tutta, ma non si può pretendere che dei semplici cittadini si trasformino in eroi: in giro ci sono troppe brutte facce e troppo poche auto di polizia». Potrebbero essere parole dettate da qualunquismo, le sue, se non riecheggiassero quelle di un esperto della materia, il sostituto procuratore della Repubblica Luigi Gay: «Se, come afferma il ministro Pisanu, le forze dell’ordine a Napoli ci sono, come magistrato devo dire che si vedono poco. E se è vero che qui c’è molta polizia, evidentemente è gestita male». E che qualcosa non vada per il verso giusto lo riconosce anche il sindaco Rosa Russo lervolino all’indomani dell’ennesima sparatoria in un altro quartiere violento della periferia, Secondigliano, dove hanno sparato a sei giovani, di cui uno è morto: «Pur riconoscendo la validità dell’impegno del ministro dell’Interno e delle forze dell’ordine, credo sia necessario un rafforzamento dell’intelligence sul territorio per capire che cosa sta accadendo». La notte del 10 agosto 2000 Luigi Sequino, 20 anni compiuti da poco, chiacchierava in macchina con il suo migliore amico Paolo Castaldi. Insieme progettavano un viaggio in Grecia, ma i loro sogni furono interrotti da una pioggia di proiettili. «Non si erano resi conto di aver parcheggiato l’auto davanti alla casa della famiglia camorrista dei Lago – racconta Vincenzo -. Furono scambiati per “guaglioni” di un clan rivale, sono morti per questo. Io, che abito sull’altro lato della strada, sentii gli spari, corsi giù e li vidi accasciati sui sedili, morti, con le facce sfigurate. Allora giurai a me stesso che avrei speso la mia vita per stroncare questo gioco al massacro, per evitare che fossero sacrificate altre vite innocenti e per restituire il quartiere alla legahtà». Quella via fu intitolata a Luigi e Paolo, e sul luogo del duplice omicidio fu posta una targa in memoria dell’agguato: «La famiglia Lago tentò di opporsi perchè a quell’epoca il vialetto era di sua proprietà, ma il sindaco risolse il problema facendolo requisire», ricorda il padre di Luigi, che fondò l’associazione «Le voci di Paolo e Gigi». «Esiste ancora, è attiva soprattutto nelle scuole. Ma all’entusiasmo iniziale si è sostituita a poco a poco la stanchezza». Perché? «Noi facciamo la nostra parte: collaboriamo con le forze dell’ ordine, spesso convinciamo gli abitanti del quartiere a infrangere la legge dell’omertà e a denunciare i soprusi, le mille aggressioni quotidiane. La gente, però, si sente abbandonata, non protetta a sufficienza. Soprattutto ha paura che i delinquenti arrestati tornino presto liberi, pronti a vendicarsi». Il quartiere, aggiunge Sequino, è malato di violenza: «E’ assurdo pensare di bonificarlo mandando l’esercito o inviando migliaia di poliziotti che per qualche mese disseminano le strade di posti di blocco. Sono sceneggiate. In realtà occorre un lavoro di indagine, bisogna sapere dovè, come e quando colpire la camorra». E dice, Vincenzo, di sentirsi ferito dalle parole del ministro Pisanu: «Definisce la Napoli degli onesti spesso rassegnata e inerte, e che dobbiamo schierarci al fianco delle istituzioni e degli inquirenti. Io, da cittadino onesto e come tanti impegnato al fianco delle istituzioni, gli rispondo però che a quattro anni dalla morte di mio figlio gli assassini sono ancora a piede libero. Cerco un avvocato che tuteli i miei interessi e mi aiuti a mantenere i rapporti con gli inquirenti che indagano sull’omicidio di Luigi e Paolo, ma non lo trovo: aspetto che qualcuno si faccia avanti. Nel frattempo faccio da me, busso alla porta di polizia e carabinieri e del magistrato per chiedere informazioni ma la risposta è sempre la stessa: “Sappiamo chi sono ma non abbiamo prove per arrestarli”. Ora sperano nelle confessioni di un pentito di camorra che, a quanto pare, sta cominciando a collaborare». Vincenzo ha delle domande da fare al ministro Pisanu: «E’ davvero tanto difficile portare a termine un’indagine senza pentiti? E perché, quando chiedo a nome dell’associazione di intensificare la sorveglianza di alcune strade particolarmente pericolose del quartiere, mi sento rispondere che le auto di pattuglia sono poche, e impegnate in altri servizi? E quando smetteremo di vedere sotto casa le facce dei camorristi che abbiamo denunciato, ma che sono tornati in libertà pochi giorni dopo l’arresto?».
Articolo di La Repubblica del 12 Maggio 2005
Scoperto il mandante del delitto di Luigi Sequino e Paolo Castaldi
Pianura, uccisi per errore confermato l’ ergastolo ai killer
Articolo dal Corriere del Mezzogiorno dell’8 Agosto 2011
Undici anni fa l’omicidio di Gigi e Paolo – La camorra li scambiò per due sicari
Per ricordarli una messa celebrata da don Palmese «Lavoriamo per migliorare la città nel loro nome»
NAPOLI – Undici anni senza Gigi e Paolo, i due ragazzi assassinati per errore a Pianura. Avrebbero compiuto 31 e 32 anni, ma la mano della camorra ha distrutto le loro vite. Gigi Sequino e Paolo Castaldi, poco più che ventenni, sono due vittime innocenti della camorra, ammazzati il 10 agosto del 2000. Un vuoto incolmabile lungo undici anni, dove la rabbia per una perdita ingiusta non lascia il posto alla rassegnazione, anzi si trasforma in speranza nel ricordo dei due giovani amici. La città di Napoli li commemora con una messa, che sarà celebrata mercoledì 10 agosto alle ore 18 nella Chiesa del Vocazionario di Pianura, Cripta Don Giustino. Saranno don Tonino Palmese, vicepresidente della Fondazione Polis, e don Vittorio Zeccone, parroco che conosceva bene i due ragazzi, a officiare la messa.
SCAMBIO DI PERSONA – L’omicidio di Paolo e Luigi fu causato , secondo gli investigatori, da uno scambio di persona. I due si trovavano in auto per caso, mentre discutevano di vacanze e del loro futuro. Due ragazzi come tanti, con sogni, speranze e voglia di riscatto. Furono scambiati per i guardaspalle di un capo camorra della zona, Rosario Marra. Due vite spezzate. Dopo cinque anni le condanne per il mandante e gli esecutori del duplice omicidio.
L’ASSOCIAZIONE – Undici anni dopo il ricordo dei due amici non si è spento. In tanti lasciano commenti per Gigi e Paolo sulle pagine Facebook create per ricordare i due giovani di Pianura. L’associazione «Le voci di Gigi e Paolo», nata per promuovere legalità e giustizia, è attiva sul territorio. A marzo, è stata intitolata ai ragazzi la buvette dell’istituto professionale di Miano. Non è semplicemente un angolo di ricreazione o di svago, ma è un luogo simbolico per la legalità e memoria nell’istituto scolastico. «Noi continuiamo la nostra battaglia per la legalità – spiega Vincenzo Castaldi, papà di Paolo – anche come coordinamento delle vittime innocenti della camorra, collaboriamo con Libera e con l’associazione anti-racket di Pianura. Lavoriamo quotidianamente per il migliorare il nostro territorio e per ricordare i nostri ragazzi. La città non ha dimenticato nulla, tanti amici ritorneranno a casa per ricordare quel tragico evento. Continuiamo a testa alta, nel ricordo di Gigi e Paolo». (Fonte Comunicare il Sociale)
Leggere anche:
fanpage.it
Articolo del 10 agosto 2020
Venti anni fa il duplice omicidio di Gigi e Paolo a Pianura, scambiati per uomini del clan
di Nico Falco
La sera del 10 agosto Luigi Sequino e Paolo Castaldi furono uccisi da un commando del clan Marfella-Pesce mentre erano in macchina. Nelle vicinanze abitava un boss del clan Lago, erano stati scambiati per suoi guardaspalle. Nel ventennale da quella tragedia il Comune di Napoli ha voluto ricordare la loro morte posando dei fiori nella cappella dove riposano a Pianura, a Napoli.