12 Novembre 2000 Pollena Trocchia (NA). Uccisa Valentina Terracciano, due anni, durante una sparatoria.
Valentina Terracciano viene uccisa a Pollena Trocchia mentre si trova nel negozio dello zio, Fausto Terracciano. Con lei anche la madre e il padre i quali restano lievemente feriti.
L’obiettivo dell’agguato di Camorra è il fratellastro di Fausto, Domenico Arlistico, ma l’impossibilità di trovare l’uomo predestinato spinge i sicari a colpire un suo congiunto, lo zio di Valentina Terracciano, appunto, compiendo cosi una “vendetta trasversale”.
La bambina viene colpita da diverse pallottole alla testa e muore dopo un giorno di agonia all’ospedale. I killer di Valentina Terracciano saranno oggetto, alcuni giorni dopo il delitto, di un’esecuzione propagandistica a Cerveteri, nel Lazio, ordinata dalla stessa malavita.
Per questo ultimo delitto la corte di appello di Roma ha riconosciuto nel 2013 come unico responsabile Gennaro Veneruso, condannato all’ergastolo.
Fonte: fondazionepolis.regione.campania.it
Articolo di La Repubblica del 16/11/2000
Applausi e fiori bianchi ai funerali di Valentina
Pollena Trocchia (NA). Un orsacchiotto di peluche con un nastrino rosso al collo e un piccolo telefonino finto di plastica gialla. sulla bara di Valentina c’erano i suoi giocattoli preferiti. Gli oggetti più cari a una bambina di due anni che, per un caso criminale, è finita in un feretro bianco tra la commozione e gli applausi strazianti della gente del suo paese.
I funerali della piccola Valentina Terracciano, morta in seguito alle ferite riportate in una sparatoria a Pollena Trocchia domenica scorsa, si sono svolti oggi nel pomeriggio. La chiesa di San Giacomo Apostolo era colma di fiori bianchi e confertti, come si usa a Napoli per i funerali dei bambini.
All’arrivo della bara, un lunghissimo applauso: nella piazza antistante la chiesa c’erano un migliaio di persone. Oggi. a Pollenma Trocchia, era stato proclamato il lutto cittadino. E davanti al paese il parroco Giuseppe Cozzolino non ha usato parole di circostanza: “Tutti – ha detto – abbiamo preso parte e siamo responsabili della sua morte, nessuno escluso. Dobbiamo rendere conto a Dio del suo sangue. Dobbiamo onorare la memoria di Valentina- ha continuato – non deluderla”.
Poi, facendo riferimento alla decisione dei familiari di donare le cornee della bambina, don Giuseppe Cozzolino ha aggiunto. ” Quegli occhi dovranno vedere un mondo migliore”. alla fine, poco prima di dare la comunione, ha detto: ” Avvicinatevi alla comunione solo se non nutrite sentimenti di odio. Avvicinatevi solo con sentimenti di pace.”
Ma oggi a Pollena Trocchia era anche il giorno della vendtta. Forse qualcuno ha creduto di aver fatto giustizia, onorando a suo modo quel piccolo feretro bianco. Alla fine della cerimonia il padre di Valentina non ha voluto commentare l’assassinio dei presunti killer uccisi a Terracina, in un vero e proprio agguato camorristico. “Come fate a parlare di killer?” – ha detto Raffaele Terraciano rispondendo ai giornalisti – Quella era una rapina, solo una rapina. Non so niente di quello che dite, dovete parlarne con gli investigatori”.
Diverso il commento del sindaco di Pollena Trocchia, Giacomo Scognamiglio: “Ci troviamo in una situazione di estremo disagio – ha dichiarato – lo Stato non riesce ad avere il controllo della situazione. Non è più sufficiente rafforzare la presenza delle forze dell’ordine”.
Articolo del 18 Novembre 2000 da repubblica.it
Aveva già fatto uccidere un bimbo il mandante del killer di Valentina
NAPOLI – Uccidono “per sbaglio” i bambini, ma escono di galera per decorrenza termini. Forse, il presunto mandante dell’omicidio di Valentina Terraciano, aveva già fatto ammazzare un bimbo. Si chiama Giuseppe Castaldo, ha 37 anni, fa parte del clan degli Orefice che combattono da tempo una lunga e sanguinosa guerra contro i Marchese. I pm Carmine Esposito e Antonio D’Amato, della Direzione antimafia di Napoli lo hanno accusato di associazione di stampo mafioso e di alcuni omicidi. In serata il ministro della Giustizia Piero Fasssino è intervenuto chiedendo tutta la dosumentazione sul caso. “Il fatto che boss della camorra possano circolare liberamente è gravissimo in sé”, ha detto il ministro Fassino. E ha aggiunto: “Innanzitutto ho ritenuto necessario chiedere ai miei uffici di acquisire informazioni sui fatti, sulle ragioni che hanno portato a queste scarcerazioni e sulle eventuali altre misure cautelari adottate”. Sono le parole che danno di fato il via all’apertura di un’inchiesta ministeriale.
Ecco la ricostruzione dei fatti secondo i magistrati. Nel novembre del 1995, mentre era in carcere, Castaldo avrebbe ordinato ai suoi killer di giustiziare un certo Giuseppe Averaimo, cugino del boss Antonio Marchese. L’agguato avvenne a Somma Vesuviana dove Averaimo aveva un banchetto di sigarette di contrabbando. Pure quella volta, gli assassini spararono a casaccio, ammazzarono il loro obiettivo ma colpirono anche il piccolo Gioacchino Costanzo, due anni e mezzo, che era su un auto parcheggiata lì vicino.
Della morte di questo bambino, Castaldo (che nel giorno di quell’omicidio era in carcere) è imputato davanti alla corte d’Assise. Ma il 15 luglio scorso, è stato scarcerato per decorrenza termini. Anche l’esecutore materiale di quei delitti, Nicola Mocerino era uscito di galera quest’estate per lo stesso motivo. La Dda di Napoli lo ha riarrestato il 17 ottobre perchè accusato per l’omicidio di un altro camorrista.
La stessa procura, il 3 novembre scorso, aveva chiesto di nuovo l’arresto per Castaldo per tenerlo comunque in carcere anche per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Ma il gip non ha ritenuto necessaria la custodia cautelare in carcere. Su questa vicenda c’è un ricorso alla Corte di Cassazione.
Anche il boss Eduardo Contini, ritenuto dagli investigatori ai vertici dell’organizzazione criminale denominata Alleanza di Secondigliano, era stato scarcerato per decorrenza dei termini nei giorni scorsi. Anche in questo caso la procura aveva presentato un ricorso alla Corte di Cassazione contro la scarcerazione, che la Consulta, tuttavia, non ha ancora esaminato.
Fonte: repubblica.it
Articolo del 16 dicembre 2000
Napoli, in manette i “giustizieri” della camorra
Sono accusati del duplice omicidio di Cerveteri.
Appartengono allo stesso clan che organizzò l’agguato.
Sarebbero stati loro a “punire” i killer che avevano sbagliato ad uccidere la piccola Valentina Terracciano.
NAPOLI – I presunti “giustizieri” di Valentina sono finiti in manette. Due napoletani, entrambi con precedenti penali, sono infatti stati arrestati con l’accusa di essere gli autori del duplice omicidio di Cerveteri, quello durante il quale furono assassinati i killer della bambina di Napoli uccisa durante un agguato lo scorso 12 novembre.
Francesco Ottaiano, 38 anni, ed Enrico Fasano, 33, avevano entrambi precedenti penali. Sono ritenuti affiliati al clan camorristico dei Veneruso ed erano latitanti dal 16 novembre scorso, quando nelle campagne di Cerveteri furono uccisi Carmine De Simone e Ciro Improta.
Si era trattato di un regolamento di conti interno alla camorra. I due erano stati probabilmente fatti punire dallo stesso clan che aveva organizzato l’agguato durante il quale era stata colpita a morte la piccola Valentina Terracciano: un errore che aveva causato molti problemi ai boss della famiglia dei Veneruso (uccidere bambini è considerato una delle massime violazioni del codice d’onore della camorra).
I due arrestati sono indagati, quindi, anche in relazione all’omicidio di Valentina. Per loro ci sono anche le accuse di associazione a delinquere di stampo mafioso e porto
Fonte: repubblica.it
Articolo del 19 gennaio 2001
Per l’omicidio di Valentina arrestato il presunto mandante
Gennaro Veneruso, latitante, avrebbe organizzato il raid in cui morì la bambina di due anni nel napoletano
NAPOLI – È stato arrestato il presunto mandante dell’omicidio di Valentina Terraciano, la bambina di due anni uccisa il 12 novembre nel corso di un agguato camorristico contro un parente a Pollena Trocchia, nel napoletano. Gennaro Veneruso, 44 anni, latitante, capo dell’omonimo clan camorristico di Pollena Trocchia, è stato catturato nel corso di un blitz in uno studio dentistico di Succivo, in provincia di Caserta).
Veneruso, secondo gli investigatori, sarebbe l’organizzatore e mandante del raid nel quale perse la vita Valentina Terracciano e degli omicidi di due esecutori materiali dell’agguato, commessi a Cerveteri, vicino a Roma.
Insieme al ricercato, che aveva documenti falsi, sono stati arrestati due uomini che, a bordo di un’altra auto, lo avevano accompagnato dal dentista.
I carabinieri hanno emesso in tutto sette mandati di fermo, di cui sei successivamente trasformati in arresti. Due dei presunti componenti del commando che era entrato nel negozio di fiori dello zio di Valentina e che avevano sparato colpendo accidentalmente la piccola, erano stati trovati morti nelle campagne di Cerveteri. Insieme a loro rimasero ferite altre due persone. Sarebbero stati puniti dal clan Veneruso per aver sbagliato bersaglio.
L’agguato nel quale morì Valentina fu commesso davanti al negozio di Fausto, fratello di Raffaele Terracciano, padre della bambina e vero obiettivo dei killer, che si erano rivoltati nei suoi confronti per non aver trovato il suo fratellastro, Domenico Arlistico, camorrista sotto processo per un agguato in cui morì un altro bambino di due anni, Gioacchino Di Costanzo.
Fonte: civonline.it
Articolo del 7 novembre 2007
Cerveteri, ergastolo per i killer di Valentina Terracciano
CERVETERI – La prima corte d’assise ha condannato all’ergastolo Gennaro Veneruso, 51 anni, e Ciro Balzano, 37, per l’omicidio, avvenuto a Cerveteri il 15 novembre del 2000, di Carmine De Simone e Ciro Improta, due dei componenti del commando armato che tre giorni prima uccise per errore Valentina Terracciano, di due anni, in un negozio di fiori dello zio a Pollena Trocchia (Napoli). La corte, presieduta da Giovanni Muscarà, ha poi condannato Veneruso e Balzano a dodici anni di reclusione per il tentato omicidio di Ciro Molaro e Pasquale Fiorillo, altri due del commando che provocò la morte di Valentina e che erano sfuggiti alla strage di Cerveteri e che poi sono diventati collaboratori di giustizia. Per il tentato omicidio sono stati inflitti dodici anni di carcere anche a Enrico Fasano, l’uomo incaricato di sorvegliare Molaro e Fiorillo. Fasano è stato invece assolto dall’accusa più grave di omicidio di Carmine De Simone e Ciro Improta. La corte ha così in sostanza accolto le richieste del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, che seguì l’indagine fin dal suo inizio. L’inchiesta per l’agguato di Cerveteri fu aperta dalla procura di Roma ma dopo la dichiarazione di incompetenza del gip finì a Napoli. Fu poi la corte d’assise d’appello partenopea a giudicare gli autori della morte di Valentina Terracciano restituendo, però, a Roma il fascicolo relativo all’eliminazione dei killer della bimba. Secondo quanto emerso dalle indagini, De Simone e Improta erano stati giustiziati dallo stesso clan Veneruso, autore dell’agguato che costò la vita alla piccola, perché’ quell’errore aveva creato non pochi problemi al gruppo camorristico. Il vero obiettivo del gruppo di fuoco era il boss emergente Domenico Arlistico. Dopo l’agguato in cui morì Valentina Terracciano, i quattro sicari del comando si rifugiarono a Ladispoli per far calmare le acque. Fu poi decisa l’eliminazione dei quattro. De Simone e Improta furono giustiziati con colpi sparati a bruciapelo e poi gettati in un pozzo degli scavi delle tombe etrusche. Molaro e Fiorillo, che si erano rifugiati in un’altra abitazione nella stessa zona, furono portati in un’area aperta con la scusa di andare a cena fuori. Mentre per quanto riguarda Molaro ci fu un errore nell’esecuzione e questi riuscì a darsi alla fuga, Fiorillo fu colpito più volta alla testa con il calcio di una pistola e lasciato sul posto. Una volta ripresi i sensi, si recò in ospedale e decise poi di collaborare con la giustizia.
Fonte: cosavostra.it
Articolo del 11 novembre 2018
Valentina Terracciano. Quando la mafia uccide i bambini
di Silvia Giovanniello
La mafia non tocca i bambini. Il mito del codice d’onore, duro a morire, è forse l’ultimo tentativo della società civile di autoconvincersi che persino all’interno di un’organizzazione criminale esista un limite morale alla violenza, e che anche i mostri abbiano, in fondo, una coscienza a cui rispondere.
Ma si tratta soltanto di una triste illusione. La subcultura mafiosa è per sua stessa definizione crimine, e all’interno di un ambiente criminale non esistono freni morali nemmeno di fronte agli innocenti.
Lo testimoniano i numeri: ben 108 bambini vittime di mafia, colpevoli soltanto di essere imparentati con esponenti della malavita, come Giuseppe di Matteo, o di aver visto cose che non avrebbero dovuto vedere, come il piccolo Claudio Domino. O come Valentina Terracciano, di appena due anni, con l’unica colpa di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
La mattina del 12 novembre 2000, infatti, la piccola Valentina si trova nel negozio di fiori dello zio, Fausto Terracciano, a Pollena Trocchia, nel napoletano. Mentre è in braccio ai genitori, quattro sicari a bordo di una motocicletta scaricano una raffica di proiettili all’interno del negozio.
È un regolamento di conti tra clan camorristi, uno dei tanti che tragicamente infestano la città. Obiettivo della sparatoria è il fratellastro di Fausto, Domenico Arlistico; ma Domenico non si trova, e la scelta ricade proprio su Fausto. Nella criminalità organizzata, infatti, funziona così: non importa che il bersaglio sia innocente o realmente colpevole, è sufficiente che sia consanguineo alla vittima prescelta. È quella che in gergo si chiama vendetta trasversale, e che, ben lontana da qualsiasi morale, troppo spesso coinvolge persone totalmente estranee ai clan.
E infatti, in quell’esecuzione, ad essere colpiti sono i congiunti innocenti di Arlistico. Fausto è soltanto ferito lievemente, ma la piccola Valentina viene colpita da una pallottola alla testa. Morirà all’ospedale Santobono di Napoli dopo un giorno di agonia. Al funerale di Valentina vengono distribuiti confetti neri, simbolo di lutto di fronte all’ennesima vittima innocente che avrebbe soltanto dovuto giocare e crescere serena.
Eppure, persino per la camorra l’assassinio di una bambina rappresenta un’infamia, almeno in apparenza. Non certo per la coscienza di chi è capace di uccidere una persona a sangue freddo, ma semplicemente per il quieto vivere del clan: la morte di bambini nei regolamenti di conti è un fatto troppo eclatante per essere ignorato.
Anzi, è forse l’unico atto mafioso in grado di attirare l’attenzione dei media e scatenare l’indignazione dell’opinione pubblica, nonché, di conseguenza, l’intervento dello Stato. Nessun codice d’onore, insomma: a turbare la camorra non è la morte di una bambina di due anni, ma soltanto la paura di ricevere attenzioni sgradite.
È per questo che il clan Veneruso, responsabile dell’omicidio, si occupa anche di fare giustizia sommaria al suo interno; appena tre giorni dopo la sparatoria, sequestra i 4 assassini Carmine De Simone, Ciro Improta, Ciro Molaro e Pasquale Fiorillo, tutti poco più che ventenni, nel tentativo di eliminarli. Molaro e Fiorillo, scampati alla vendetta per quel bersaglio sbagliato, si consegneranno alla polizia diventando collaboratori di giustizia; grazie alla loro testimonianza, saranno condannati all’ergastolo Gennaro Veneruso e Ciro Balzano come responsabili della morte di Valentina, di Improta e di De Simone.
Ci sono voluti ben tredici anni per ottenere giustizia, ma è bastato un solo, fatale secondo per togliere il futuro a Valentina e a tutti i bambini come lei, vittime di proiettili dalla traiettoria sbagliata, scagliati da assassini senza onore.