21 febbraio 1980 Montebello Ionico (RC). Giuseppe Gullì, farmacista di 62 anni, viene rapito. Non è mai stato rilasciato.

Foto da   memoriaeimpegno.blogspot.it

[…] L’anno nero dei farmacisti inizia il 21 febbraio 1980, quando a finire nelle mani dell’Anonima è Giuseppe Gullì, sessantadue anni, che è anche consigliere provinciale della DC. È un rapimento doppiamente simbolico. Tre persone armate e mascherate lo bloccano a Fossato di Montebello Ionico, strappandolo per sempre alla libertà. Il cerchio si stringe presto attorno alla banda dei sequestratori, nonostante i tentativi di depistaggio: arriva una lettera alla “Gazzetta del Sud”, il principale quotidiano locale, corredata da una foto del rapito, con l’appello alla famiglia a versare il riscatto e frasi inneggianti alla rivoluzione armata, ma nessuno la prende sul serio. Prima cadono nella rete della giustizia la telefonista, le vivandiere, i favoreggiatori, poi vengono individuati i capi in Domenico Martino, Domenico e Tommaso Rodà, padre e figlio entrambi latitanti. Si scopre anche il covo: una grotta naturale nel paese di San Lorenzo: ci sono le tracce di una recente detenzione, ma nessun indizio che possa portare alla liberazione di Gullì.

[…] A una anno dal sequestro la famiglia lancia un messaggio: spera ancora nella liberazione di Gullì ed è pronta a pagare.  Ma il silenzio non sarà più rotto. […]
Tratto da “Dimenticati” di Danilo Chirico e Alessio Magro – Cap. IV – Aspromonte, sola andata

 

 

 

Articolo da L’Unità del 22 Febbraio 1980

 

 

Tratto da un articolo de L’Unità del 21 Marzo 1980
Un altro messaggio di Giuseppe Gullì sequestrato a Cassano Jonico

[…]
Sempre ieri si è avuta poi notizia di un’altra lettera  che un altro sequestrato calabrese, il farmacista Giuseppe Gullì, di 62 anni, ha inviato alla famiglia. Un nuovo tremendo spaccato che,  aggiunto a quello di Rullo, testimonia a sufficienza la degradazione fisica e morale in cui si trascinano gli ostaggi in mano alle cosche mafiose calabresi.
« Sono ferito — scrive Gulli ai familiari — sto molto male, voglio tornare a casa. Fate quello che vi dicono non ce la faccio più».
Il farmacista Gulli è stato rapito un mese fa e da allora è un continuo ricatto fra  telefonate e lettere. La richiesta di riscatto che i rapitori hanno rivolto alla famiglia è esorbitante: oltre un miliardo di lire, una cifra fuori della portata di una famiglia certo benestante ma non in grado di pagare simili somme. Di qui la lettera-appello del farmacista, che fra l’altro soffre di alcune malattie di non lieve entità.
Le due voci dalle prigioni della ‘ndrangheta sono servite a riportare in primo piano il dramma dei sequestri di persona ma più in generale l’entità del fenomeno mafioso che opprime la vita delle popolazioni del reggino. A vedere le tre fotografie di Antonio Rullo, incatenato mani e piedi tornavano alla mente altre foto che i carcerieri hanno inviato alle famiglie per forzare la trattativa e chiuderla sulla base più alta possibile.
Di fronte a questa ferocia ci si trova oggi in Calabria: un’organizzazione disposta a tutto, che non scherza (lo ha dimostrato con la tremenda vicenda di Paul Getty al quale fu reciso l’orecchio), in grado di reggere per mesi e mesi la custodia di un uomo sulle montagne pur di ottenere il massimo. Una organizzazione che non esita ad uccidere anche – se il caso lo richiede – come la storia della signora milanese Mariangela Passiatore Paoletti ha tragicamente insegnato. f.v.

 

 

 

Articolo da L’Unità del 5 Aprile 1980
Farmacista calabrese scrive: « Sono stato rapito dai terroristi »

CATANZARO — Una ennesima lettera proveniente dalle affollate «prigioni» dell’anonima sequestri calabrese, ha riempito ieri la prima pagina di un quotidiano locale. Ma questa volta la lettera di un sequestrato (il farmacista Giuseppe Gulli di Montebello) accanto alla denuncia della lentezza delle trattative e alle critiche più o meno velate ad una presunta «linea dura» adottata dalla propria famiglia, contiene anche sorprendenti «indicazioni» sulla identità dei suoi rapitori.
In tre fogli di quaderno, scritti a mano, il professionista sostiene, infatti, di essere «prigioniero di un gruppo di terroristi dell’ultrsinistra ». Sulla autenticità dello scritto non vi sono dubbi. Un fratello di Giuseppe Gulli ne ha riconosciuto la grafia, e non ha avanzato neanche alcun dubbio sulla veridicità della foto-polaroid che correda la lettera e in cui il farmacista viene ritratto in catene e col volto duramente segnato da quarantadue giorni di sequestro.
Gli inquirenti sono sconcertati dalla indicazione del farmacista Gulli a seguire una «pista politica» per il proprio sequestro, anche se alla Squadra mobile di Reggio precisano che per le indagini avviate finora si sono «tenute in considerazione tutte le piste: da quella mafiosa a quella politica».
L’ipotesi di un rapimento «politico» non appare per ora del tutto convincente. C’è chi ricorda l’attentato di due anni fa agli stabilimenti della Liquichimica di Saline (a pochi chilometri dal luogo dove è avvenuto il sequestro Gulli) che fu rivendicato da una ennesima, inedita, sigla del terrorismo, ma c’è anche chi ritiene che la lettera di Gulli non faccia uscire di scena la mafia. In sostanza non si esclude che gli stessi rapitori abbiano indotto il farmacista a chiamare in causa il terrorismoo per allontanare i sospetti, e le indagini, dalle cosche mafiose locali.

 

 

 

Articolo da L’Unità del 10 Maggio 1980
Insospettabile arrestata per un sequestro in Calabria

CATANZARO — clamoroso arresto ieri a Reggio Calabria in seguito alle indagini per scoprire i rapitori del farmacista di Montebello Jonico, Giuseppe Gulli (rapito 3 mesi fa).
Le manette sono scattate ai polsi di una donna di 32 anni, Caterina Corse, originaria di Roccamufine in provincia di Caserta, ma da molti anni residente a Reggio Calabria. “La Corse, che è nota in città col nome di Olga, è segretaria della società armatoriale «Arca» che fa capo al gruppo dell’armatore reggino Amadeo Matacena, uno dei capi della rivolta della città negli anni ’60. Donna dinamica e brillante, frequenta gli ambienti «bene» di Reggio.
I carabinieri di Reggio l’hanno sorpresa l’altra sera nei pressi del distributore di benzina di Villa San Giovanni, sull’autostrada del Sole, mentre usciva da una cabina telefonica. Da qui — secondo gli investigatori — avrebbe telefonato alla famiglia Gulli pe trattare il riscatto del rapito.

 

 

 

Fonte: archiviolastampa.it
Articolo del 13 maggio 1980
Calabria: tre sono già in carcere
Gang tutta di donne rapì il farmacista

REGGIO CALABRIA — Colpo di scena nella controffensiva delle forze dell’ordine per i delitti dell’«Anonima sequestri» calabrese che, dal 21 febbraio scorso, ha in ostaggio il farmacista Giuseppe Gullì. 62 anni. Gli inquirenti, infatti, sospettano di trovarsi di fronte — per la prima volta nella storia dei rapimenti in Italia — ad una “gang” formata tutta di donne.

Dopo l’arresto della telefonista della banda, Olga Corse, 32 anni, impiegata in una società privata di navi traghetto per i collegamenti con la Sicilia, il Sostituto Procuratore della Repubblica, dottor Guido Papalia, che dirige l’inchiesta, ha infatti tramutato in arresto il fermo — compiuto dalla polizia e dai carabinieri — di altre due donne, che sono state interrogate Ieri mattina nelle carceri giudiziarie di Reggio Calabria. Anche per loro l’accusa è di concorso in sequestro di persona. Ieri, ancora, sono state arrestate due persone, che non dovrebbero essere estranee all’episodio della “gang delle donne”. Qualche giorno fa erano finiti in carcere quattro uomini, ritenuti gli autori materiali del rapimento del farmacista.

In realtà quello del dott. Gullì era apparso subito agli inquirenti un sequestro anomalo: polizia e carabinieri si erano immediatamente impegnati a seguire numerose piste, non esclusa quella secondo cui il rapimento sarebbe stato compiuto da elementi legati in qualche modo a gruppi terroristi dell’estrema sinistra. Era la prima volta che in Calabria si tentava di dare una colorazione politica a fatti di delinquenza comune e gli Inquirenti, pur non scartando del tutto l’ipotesi, lo avevano considerato un tentativo di «depistage» da parte della ‘ndrangheta. Altro aspetto inedito per la Calabria appariva anche la presenza di donne, e tutte al di sopra di ogni sospetto.

Ideatore del sequestro, secondo gli investigatori, sarebbe stato un notabile della mafia, il boss Domenico Mastrino, latitante da quattro anni, da quando cioè, ottenuto un permesso dal giudice di sorveglianza di Augusta per trascorrere un periodo di «ferie» in famiglia, non fece più ritorno in carcere. È opinione degli inquirenti che, unitamente a Domenico Martino, una fitta schiera di latitanti, che pullulano sull’Aspromonte, tenga in ostaggio il dottor Gullì. Le forze dell’ordine continuano le indagini con cautela, per non arrecare danni al sequestrato. A.L.

 

 

 

Fonte: archiviolastampa.it
Articolo del 5 maggio 1981
Carabinieri liberano un rapito mentre è portato nel rifugio
Sull’Aspromonte, la vittima è un medico di Santa Eufemia

REGGIO CALABRIA — Rapito e liberato poche ore dopo dai carabinieri il medico Antonio Caruso, 40 anni, residente a Sant’Eufemia d’Aspromonte. Nel conflitto a fuoco con i banditi, un militare è rimasto ferito.

Ieri alle 8, il sanitario stava uscendo dalla sua abitazione di via Umberto I 56, nei pressi del bivio autostradale per Bagnara, quando è stato affrontato da cinque mascherati che lo hanno costretto, con la minaccia delle armi, a salire su un’automobile. La scena è stata seguita da alcuni passanti che hanno telefonato ai carabinieri. Immediatamente è scattato l’allarme in tutte le caserme e sono stati istituiti i posti di blocco.

La vettura dei banditi si è diretta verso la cima dell’Aspromonte attraverso strade poco battute, in mezzo alla fitta boscaglia. In località Pininoro, i rapitori con l’ostaggio hanno proseguito a piedi, ma dopo una serie di tornanti sono sbucati in una radura dove c’erano alcuni carabinieri. Alla vista dei militari, i malviventi si sono buttati nei cespugli e per impedire di essere inseguiti hanno cominciato a sparare alla cieca. Il dott. Antonio Caruso si è gettato a terra ed è rimasto immobile. «Sentivo le pallottole fischiarmi sopra la testa — racconterà più tardi — e ho avuto paura. A pochi passi da me c’erano i carabinieri che rispondevano al fuoco poi uno dei militari è stato colpito».

La sparatoria è durata un quarto d’ora, ma i banditi sono riusciti ad allontanarsi. Il comandante della pattuglia di carabinieri ha informato via radio il comando e nella zona sono arrivati gli elicotteri con altri militari e cani da fiuto. Le ricerche (continuate fino a sera) si sono estese a largo raggio, ogni caverna è stata controllata così pure vecchie case disabitate. I carabinieri presumono che i rapitori si siano nascosti in località Pietracappa, nel comune di Delianuova e stamane all’alba continueranno le ricerche.

Il militare ferito nello scontro a fuoco è ricoverato all’ospedale di Gioia Tauro in osservazione. Le sue condizioni, comunque, non dovrebbero essere gravi.

Nelle mani dell’«anonima sequestri» calabrese ci sono ancora il farmacista di Montebello Jonico, Giuseppe Gullì 62 anni, sequestrato il 21 febbraio dello scorso anno e l’avvocato Antonio Colistra, 56 anni, rapito il 17 ottobre sempre dell’80.

 

 

 

Fonte: memoriaeimpegno.blogspot.com
Nota del 21 febbraio 2018
di Libera-presidio Nino Marino

Era il 21 febbraio del 1980. Giuseppe Gullì aveva 62 anni, viveva a Fossato ed era il farmacista di Montebello Ionico. Era sposato con Maria Sapone e la coppia aveva tre figli: Paolo, 30 anni medico a Pavia; Domenica, 27 anni, che aveva seguito le orme del padre diventando farmacista; e la più piccola, Natalia, di 16 anni, che era ancora studentessa liceale in un collegio a Messina. Negli ultimi tempi accusava dei disturbi cardiaci e perciò era in cura da uno specialista. A parte questo, conduceva un’esistenza tranquilla tra la sua Fossato e Montebello, dove gestiva la farmacia insieme alla figlia. Professionista conosciuto e stimato, non solo in paese, anche per le sue doti umane.
Fervente cattolico, ha anche partecipato attivamente, quale esponente di spicco della Democrazia Cristiana, alla vita politica del territorio comunale fino alla fine degli anni ’60.

Gli anni ‘80 erano gli anni bui dei sequestri di persona e la tranquillità dei professionisti reggini era relativa, la categoria dei farmacisti in particolare stava già pagando un pesante tributo.
La sera di quel giovedì 21 febbraio 1980, il dottore Giuseppe Gullì stava rientrando a Fossato. Nel pomeriggio era stato in contrada Sant’Elia dove aveva partecipato al funerale di un’amica di famiglia ed era ormai a un paio di chilometri da casa subito dopo l’abitato di Montebello, quando è stato intercettato da un commando formato da quattro sequestratori armati di fucili a canne mozze e pistole, a bordo di un pulmino rubato.
Secondo la ricostruzione, uno dei banditi ha aperto il fuoco contro l’auto del farmacista colpendo la portiera posteriore e costringendolo così a fermarsi. A quel punto si sono avvicinati all’auto e lo hanno costretto a seguirli, caricandolo sul pulmino bianco. I sequestratori hanno così ripreso la fuga risalendo rapidamente la montagna attraverso i piani di Embrisi, portando con loro Gullì legato e imbavagliato, forse narcotizzato. Il professionista ha opposto una disperata resistenza, perdendo nella colluttazione gli occhiali e il cappello, ritrovati a terra vicino alla sua auto.

Chi ha percorso la strada per Fossato dopo l’accaduto non ha potuto fare a meno di notare l’auto di Gullì abbandonata in mezzo alla carreggiata, un colpo di pistola nella portiera, lo sportello rimasto aperto e il cappello per terra. Difficile non intuire cosa fosse successo, immediato l’allarme alla famiglia e ai carabinieri che hanno fatto scattare i posti di blocco, senza riuscire ad intercettare il pulmino dei sequestratori.
Dalle prime ricerche non è emersa nessuna traccia del dottore Gullì, nel frattempo è arrivata invece una prima telefonata con una richiesta di un miliardo di lire come riscatto. Alla prima telefonata sono seguiti altri contatti, con lettere e foto del sequestrato e, pochi giorni prima di Pasqua, una lettera a firma dello stesso Giuseppe Gullì in cui si dichiarava “prigioniero di un gruppo di terroristi dell’ultrasinistra”. La pista politica non è apparsa tuttavia convincente per gli investigatori che l’hanno subito interpretata come un tentativo di depistaggio.

A inizio maggio è arrivata la svolta sulle indagini con l’arresto di Caterina Corse, fermata con l’accusa di aver fatto le telefonate per le richieste di riscatto. Da allora si sono susseguiti gli arresti (per concorso in sequestro di persona e favoreggiamento) di numerosi esponenti della banda che è risultata capeggiata dal super latitante di Gallico Domenico Martino, coinvolta anche la cosca Rodà di Condofuri. Ha avuto inizio il processo, le accuse reciproche tra gli imputati, mentre continuavano le ricerche del luogo dove era imprigionato Gullì. Si moltiplicavano gli appelli per la liberazione dell’ostaggio, le ricerche continuavano, ma senza esito e più il tempo passava, più aumentava la preoccupazione per la vita di Giuseppe Gullì, anche a causa delle sue condizioni di salute.
Il processo nei confronti di tutti gli imputati si è concluso nel 1987 con 8 condanne definitive tra le quali quelle del boss Domenico Martino, di Tommaso e Domenico Rodà e della telefonista Caterina Olga Corse.

Giuseppe Gullì non ha mai fatto ritorno a casa.

Il 7 marzo 2017 il Consiglio Comunale dei Ragazzi di Montebello Jonico ha deliberato l’adozione della storia di Giuseppe Gullì e gli studenti dell’Istituto Comprensivo lo hanno “portato con loro” a Locri alla XXII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.
L’8 novembre 2017 l’Amministrazione Comunale di Montebello, d’intesa con l’Azienda Sanitaria di Reggio Calabria, ha intitolato alla memoria del farmacista Giuseppe Gullì la struttura sanitaria dell’ASP di Fossato Jonico.

Grazie a Giusy Fosso e Mimmo Pellicanò

 

 

 

 

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