26 Giugno 2012 Casoria (NA). Ucciso Andrea Nollino, colpito da un proiettile vagante mentre stava spazzando davanti al bar di cui è uno dei titolari. I killer, a bordo di uno scooter, stavano inseguendo un’auto.
Andrea Nollino, 42enne di Casoria, ha appena aperto il bar che gestisce insieme al fratello, in largo San Mauro, nel centro storico di Casoria.
Poco dopo le 8:00 di mattina, Andrea è all’esterno del locale quando viene colpito a morte.
Andrea lascia la moglie Antonietta e tre figli minori di 17, 16 e 4 anni.
Uomo di grande onestà, ligio al dovere e al rispetto delle regole, il giovane Andrea rimane vittima innocente di proiettili vaganti.
ll 28 giugno, presso la Chiesa di San Mauro a Casoria, si sono svolti i funerali della vittima concelebrati da don Tonino Palmese.
L’Associazione Libera, nomi e numeri contro le mafie, ha promosso una fiaccolata che si è tenuta il giorno dopo i funerali.
Dopo diversi anni di indagini, nel 2015 gli organi inquirenti emettono un decreto di archiviazione perché gli autori sono ignoti.
Numerose iniziative si sono succedute in memoria di Andrea Nollino.
Fonte: fondazionepolis.regione.campania.it
Articolo da ilmattino.it del 27 Giugno 2012
Barista ucciso per errore, nei bigliettini degli amici dolore e rabbia: «Andrea, eri un angelo»
NAPOLI – Sono proseguiti per tutta la notte posti di blocco e perquisizioni dei carabinieri a caccia degli assassini di Andrea Nollino, il barista di 42 anni di Casoria finito per errore sotto i colpi dei sicari.
L’uomo, che aveva appena aperto il locale davanti alla Basilica di San Mauro, è diventato il bersaglio dei killer, due uomini a bordo di una moto che stavano inseguendo un uomo su una Ford Ka.
Sta continuando il lavoro di esame delle telecamere di videosorveglianza di enti pubblici e di negozi che si trovano sulla zona dove è avvenuto l’inseguimento con l’epilogo mortale.
Il fatto ha suscitato grande sconcerto in città. In molti hanno voluto portare un segno di lutto e di omaggio davanti al bar.
Il presidente del Consiglio comunale di Casoria, Pasquale Fuccio, ha proposto di convocare con un urgenza, un Consiglio Comunale, allargato alle forze sociali sul tema della sicurezza e del contrasto alla criminalità «al fine di acquisire una unanime volontà nel richiedere agli organi competenti di presidiare in maniera costante e duratura nel tempo il territorio di Casoria».
Articolo da ilmattino.it del 29 Giugno 2012
Oggi una fiaccolata ricorda Andrea barista ucciso per errore dal clan
Folla ai funerali: «Killer bastardi»
di Marco Di Caterino
CASORIA – E anche il parroco della basilica di San Mauro, non ha retto all’emozione. Don Mauro Zurro, un istante prima della benedizione della bara di Andrea Nollino, ucciso martedì mattina fuori il suo bar, si è improvvisamente fermato. Le parole del rito del commiato sono annegate in un pianto silenzioso, che ha contagiato le mille e più anime che assistevano alla celebrazione funebre del povero barista, ucciso per errore. Ed è stato don Tonino Palmese, prete della prima frontiera anti camorra, che ha concelebrato messa, ad avvicinarsi al parroco e con un gesto delicatissimo lo ha spinto a continuare.
Giorno di dolore e lutto a Casoria. Nella bellissima basilica dedicata a san Mauro, si è conclusa con il rito funebre per Andrea Nollino, una pagina nerissima di quella barbarie criminale, che continua a uccidere innocenti, il cui ricordo è testimoniato ai funerali di Andrea Nollino, dalla presenza del papà di Annalisa Durante, del fratello di Dario Scherillo, del marito di Silvia Ruotolo e del fratello di Federico Del Prete, sindacalista degli ambulanti che aveva aperto la sede del sindacato proprio a Casal di Principe. La bara è giunta in chiesa poco prima delle 13.30. Coperta da un fascio di rose a forma di cuore, sormontata dalla maglietta e dalla sciarpa del Napoli, sorvegliata da un peluche, un leone, così lo chiamavano familiari e amici stretti. Dietro il feretro, la moglie di Andrea Nollino. Il viso pallidissimo e il passo malfermo. Ma le mani strette con una sorprendente forza intorno ai figli Raffaele e Carmen.
Alla piccola Andrea, quattro anni, per sensibilità è stato risparmiato questo strazio. Il servizio d’ordine della basilica, pur inappuntabile, non riesce però a tenere come vorrebbe, un vero e proprio fiume di gente, la cui presenza e l’affetto che si legge in faccia, non riesce ne diluire e nemmeno a scalfire questo gigantesco totem di dolore e disperazione, della moglie e dai figli della vittima. In un silenzio composto, la signora Antonietta, riceve l’abbraccio di Giovanni Lucchesi, incaricato dal prefetto di Napoli a rappresentarlo e a ribadire la vicinanza della Stato. Insieme, arrivano il colonnello Francesco Gargaro (comandante del gruppo dei carabinieri di Castello di Cisterna) e il vicequestore Luciano Nigro, che al momento dello scambio del segno della pace, esce dai banchi e va ad abbracciare teneramente moglie e figli della vittima.
Pochi minuti prima dell’inizio della celebrazione, arriva il sindaco di Casoria, Vincenzo Carfora accompagnato dall’intera giunta, che prende posto accanto all’assessore regionale Pasquale Sommese, e al suo collega della giunta della Provincia Filippo Monaco. Forze dell’ordine, amministratori e politici, tutti insieme, a testimoniare la presenza delle istituzioni e l’impegno reale e concreto verso la famiglia di Andrea Nollino.
Pacata e sentita l’omelia di don Mauro Zurro (molto amico della vittima, impegnata nelle attività di volontariato della parrocchia) che ha richiamato alla luce di Dio, l’unica cura per sopportare queste sofferenze.
Di «mani bastarde e assassine» ha tuonato don Tonino Palmese (vicepresidente della Fondazione Pol.i.s. e referente regionale di Libera) nel breve saluto ai familiari, auspicando giustizia e mai vendetta. La bara portata a spalla ha attraversato onde di mani tese, prima di entrare per l’ultima volta nel bar, che si trova di fronte alla basilica. Oggi alle 18 la città si ritroverà ancora in piazza per una fiaccolata. Ci saranno tutti, anche l’intera Commissione d’Inchiesta Anticamorra delle Regione con il presidente, Gianfranco Valiante e il vice presidente, Angelo Marino.
Articolo del 3 Luglio 2012 da ricerca.repubblica.it
Martiri per caso / Camorra Storia di Andrea ucciso a Casoria
di Roberto Saviano
SCASUALMENTE. È accaduto scasualmente, dicevano. Questa è la parola che viene utilizzata nello slang napoletano per descrivere qualcosa che è accaduto “per caso”, “non intenzionalmente”. Scasualmente, hanno detto, è stato ammazzato Andrea Nollino, 42 anni, davanti a un bar di Casoria. Il suo bar. Non doveva essere ucciso lui, ma qualcuno che gli somigliava o qualcuno tanto vicino a lui da giustificare quel proiettile vagante. O forse non è andata così.
C’è chi avanza altre ipotesi: le analisi balistiche dimostrerebbero che i proiettili sarebbero stati diretti tutti, e con una certa precisione, proprio in direzione di Andrea Nollino e non, come si era pensato, in direzione della Ford Ka gialla. Inoltre Andrea, nella zona vecchia di Casoria, quella di San Mauro, dove è fortissima la presenza di un sottobosco malavitoso, si era sempre distinto per la sua onestà: potrebbe essere stato punito per aver resistito alla legge dei clan? Casoria non è nuova ad assurde vendette. Nel 2010 un edicolante, Antonio Coppola, fu trucidato con tre colpi di pistola per aver rimproverato un uomo che stava rubando dell’uva dalla vigna di un conoscente. Antonio Coppola era incensurato, ma in un primo momento alle forze dell’ordine risultava con precedenti penali e così nessuno raccontò la verità su quella morte assurda.
L’omicidio di Andrea Nollino, che sia stato casuale o una barbara punizione, è sconvolgente. Andrea arriva presto al suo bar, alle sette apre la saracinescae inizia a pulire per terra. Due uomini arrivano e sparano con una pistola mitragliatrice. Tutto è avvenuto nello slargo San Mauro, dove c’è il bar di Andrea e di suo fratello, al primo piano vive la famiglia, la chiesa dove si sono svolti i funerali è lì di fronte. La ditta delle onoranze funebri è poco distante. Un’esistenza intera descritta e ordinata in una manciata di metri, dove si è svolto tutto: vita, lavoro, matrimonio, morte, funerale.
Eppure sono così complesse le sintesi di queste vite che si svolgono in paesoni smisurati che non riescono a essere metropolitani, che contano decine di migliaia di cittadini (Casoria ne ha più di 79 mila), ma restano paesi con regole d’omertà, con economie illegali, quasi come uniche economie vincenti ma anche con un senso di unità civile che questa volta Casoria ha insegnato all’intera nazione. La famiglia Nollino ai funerali è piena di un’immobile e composta dignità. Al contrario le famiglie di mafia quando soffrono una perdita sanno che tipo di sceneggiata devono compiere, sanno come recitare il dolore, che partitura seguire, come urlare e strapparsi i capelli, come dichiarare vendetta in quel pianto o chiedere tregua in quelle grida.
I figli di Andrea, Raffaele e Carmen, erano presenti al funerale, non la più piccola di 4 anni, ma sulla saracinesca abbassata del bar c’è un disegno, forse della bimba dedicato a suo padre. Al corteo funebre hanno partecipato in moltissimi, qualche urla, tanti applausi, un gesto che tende a sfogare la rabbia, ma forse di più a omaggiare un lavoratore, un padre di famiglia, morto mentre stava facendo il proprio dovere: lavorare. Tantissimi ragazzi dietro il feretro e nessun programma antimafia, nessun piano politico, null’altro che dolore. Dolore per un gesto schifoso, per una morte assurda. Empatia totale.
Ciò che ancora una volta mi ha sconvolto, ma forse dovrei smetterla di stupirmi, è che di nuovo l’Italia ha ignorato la notizia o quasi. Della morte di Andrea ne hanno parlato più o meno diffusamente i media locali, un cenno in quelli nazionali. Nessuna apertura dei tg, niente prime pagine dei quotidiani. E c’è da dire che, se in questo caso la notizia è arrivata, è stato solo per la quantità: nel Napoletano ci sono stati tre morti in dodici ore, è scattato l’allarme “guerra di camorra” e solo per questo la notizia è passata.
Nelle stesse ore in cui moriva Andrea, sono stati uccisi Giuseppe Sannino, di ventun’anni, abbandonato di notte davanti a un ospedale, e Marco Riccio, già padre di due bambini a soli 18 anni, vittima di un’esecuzione di camorra. Sempre così funziona: le morti in terra di camorra arrivano sulle prime pagine solo per accumulo. Un morto, poi due, poi tre sino a quando i media non possono ignorare la mattanza e la raccontano. Immaginate se un barista milanese fosse stato raggiunto in faccia da un proiettile? Il territorio sarebbe insorto perché a morire sarebbe stato di certo un innocente. Il governo avrebbe inviato un legato per mostrare che non si può morire così in un Paese democratico e civile mentre si sta lavorando senza che le istituzioni reagiscano energicamente. Se muori in terra di camorra, invece, c’è sempre il sospetto che tu sia camorrista.
Poi accade che i tempi d’accertamento siano lunghi e quando è chiaro che la vittima è innocente è troppo tardi per raccontare la sua storia come meriterebbe di essere raccontata, ovvero come la storia di un martire civile. Notizia non più attuale, equivale a memoria scomparsa. Ma questa volta la comunità di Casoria si è mossa, ha portato avanti la sua memoria: Andrea non era un camorrista. Così dichiarano e raccontano le persone di Casoria assieme a don Tonino Palmese e don Mauro Zurro, sacerdoti sempre presenti che sanno sostituire tutto ciò che è assente in quella disgraziata regione: stato diritto famiglia serenità.
Se chiedessi a un milanese, a un bergamasco, a un veneziano, a un romano, a un palermitano chi è Andrea Nollino, non saprebbe rispondermi. Non saprebbe che è l’ultimo morto innocente di una lunga lista. L’ultimo morto ucciso, come dicono, scasualmente. Scasualmente è stata uccisa Silvia Ruotolo, scasualmente è stata uccisa Annalisa Durante. Scasualmente sono stati uccisi Gigi Sequino e Paolo Castaldi, due amici poco più che ventenni, scambiati per due affiliati. Scasualmente è stato ucciso Dario Scherillo, ragazzo che non c’entrava nulla con la faida di Scampia. Ma quando un territorio vive in guerra non è mai scasualmente che si muore. È una interpretazione sbagliata. Semmai quando un proiettile viene deviato, quando vengono scambiati gli obiettivi, quando si muore perché “troppo” onesti, semplicemente la logica camorristica del “qui tutto ci appartiene” è compiuta. La logica del poter decidere su tutto, della vita e della morte di chiunque, perché qui tutto è cosa loro.
Dobbiamo sapere che chi muore è stato ammazzato non solo dalla camorra, ma anche dall’indifferenza, dall’inazione, dalla mancanza di soluzioni e proposte politiche reali per risolvere una piaga che nel nostro Paese è la piaga. Casoria è terra difficile. È terra di camorra, è terra di euro falsi, i migliori mai prodotti in Europa sono stati stampati in questa zona. Qui la crisi la si vive, ma con meno dramma che altrove perché l’assenza totale di lavoro c’è da così tanti anni che ormai sono tutti assuefatti. Le banche hanno azzerato da tempo le possibilità di finanziamenti e, piaccia o meno, il lavoro nero è l’unico ammortizzatore sociale davvero funzionante. Il Sud è colmo di ragazzi che lavorano in nero nelle fabbriche di confezioni, di guanti, di scarpe, di giacche, di vestiti: sono tutti lavoratori onesti.
Tempo fa il ministero dell’Economia diffuse una pubblicità progresso sui parassiti sociali, ovvero sugli evasori. Ciò che mi colpì fu che il testimonial “negativo” di quella campagna di sensibilizzazione era un ragazzo sui trent’anni, scuro di carnagione, barba incolta, vestito in maniera semplice e dimessa. Non so voi, ma io un parassita, un evasore me lo immagino diverso: magari giacca e cravatta, ben rasato e non necessariamente con le fattezze dell’uomo del Sud. La trovai fastidiosa. Forse perché in quel viso vidi i miei lineamenti e i lineamenti di molti miei amici. Gli evasori hanno in genere ben altra prestanza.
Ecco, in queste terre o lavori nell’edilizia o fai scarpe, o cuci: è certo che diritti ne avrai pochi e questi pochi saranno una concessione e una discrezione dei tuoi datori di lavoro. È l’ultima parte manifatturiera d’Occidente che resiste alla concorrenza dei Balcani e della Cina. Pochi soldi, nessun diritto. Dovrebbe far riflettere che il lavoro in nero del sud Italia è l’unico concorrente possibile, nel nostro Paese, di merci prodotte e importate dove non c’è regolamentazione sull’età lavorativa, sugli orari di lavoro. Una parte di mondo politico sa che il Sud in queste condizioni è garanzia di immobilità e resta un enorme serbatoio dove continuare a comprare voti per pochi euro. Questo Sud è una garanzia alla rielezione di molti.
Chi sa, sono anni che ci diciamo che qualcosa sta cambiando. Che tutto deve cambiare; le amministrazioni locali ci provano, spesso con troppi proclami, ma dal governo non arrivano segnali. Questo governo occupato in complicatissime manovre non ha mai pronunciato la parola Mezzogiorno. Eppure il Sud è una palestra, abituato com’è a una situazione di disperazione quasi perenne. Per questo ha più forza per ripartire, per fare da traino all’intero Paese paralizzato dalla crisi. Il Sud questa paralisi la conosce da tempo e le sue energie possono essere fondamentali per trovare insieme gli anticorpi.
La morte di Andrea Nollino, lavoratore, e la reazione del suo paese dimostrano che a Sud c’è ancora una guerra. Che si combatte in ogni forma, che è disoccupazione, lavoro nero, affiliazione nei clan, scelta di partire come volontari nelle missioni di pace. Questa guerra ha creato, di generazione in generazione, una capacità di resistenza incredibile. Da qui l’Italia deve ripartire. Le nuove generazioni di meridionali oggi possono essere la speranza del Paese. E questa volta non scasualmente.
Foto e Articolo del 30 Luglio 2012 da agoravox.it
Casoria ricorda Andrea Nollino, nel silenzio (criminale) responsabile di troppi
di Vincenzo Fatigati
Ad un mese da quell’evento omicidiario, nulla è cambiato nonostante il tentativo delle forze sociali di promuovere un presidio della legalità.
“La comunità parrocchiale di san Mauro promuove un presidio di legalità contro ogni forma di violenza e intolleranza” si legge nel manifesto affisso per celebrare il trigesimo di Andrea Nollino, vittima di proiettili vaganti sparati da quei soliti ignoti.
È passato un mese circa dall’episodio delittuoso e nulla sembra cambiato: “Invitiamo la cittadinanza a collaborare anche in forma anonima” tuona il vice questore Luciano Nigro, perché, ricorda, che un aiuto concreto, oltre con la vicinanza alla famiglia, si manifesta collaborando con forze dell’ordine, offrendo quegli elementi utili per trovare i responsabili che non hanno ancora un volto e nome.
Prima che iniziassero le celebrazioni religiosi, in quel fazzoletto di strada che si trova tra la chiesa di San Mauro, il Bar di Nollino, dove è avvenuto l’episodio omicidiario, e la sua casa, c’è stato questa sorta di presidio di legalità, questa discussione corale dove sono intervenuti sindaco, diversi rappresentati di associazione, e finanche la vedova di Coppola, edicolante ucciso un paio d’anni fa dalla barbaria di strada.
La vedova Coppola, con voce commossa e in modo sentito, ha letto una lettera esprimendo massima vicinanza alla famiglia, unita dal suo stesso dolore. E l’appello di responsabilità civile e collettiva promosso dall’associazione Libera, si inseriva su questa lunghezza d’onda, ricordando tutte le vite innocenti stroncate da una violenza che non possiamo accettare come normale, “Dobbiamo sentire sulla nostra pelle quei proiettili”.
Tuttavia, se questa è la fotografia del presidio di legalità spontaneo che si è venuto a creare a partire da quella morte assurda; esiste la fotografia di un’altra realtà, che si sovrappone e cancella a tratti questo tentativo di rinascita sociale. La fotografia dell’omertà, o peggio l’indifferenza che alberga intorno: c’è chi è rimasto in casa, non partecipando neppure alla fiaccolata, celebratosi un mese fa, subito dopo la morte del povero Nollino. E anche al trigesimo hanno partecipato poche persone, per lo più conoscenti e parenti della vittima, senza che quell’episodio toccasse davvero la coscienza dell’intera comunità cittadina. Nonostante sugli articoli di giornali si ipotizzavano altre piste, nessuno ha davvero collaborato, neanche in forma anonima con gli organi di polizia. C’è chi addirittura non ha rispettato il lutto cittadino; chi ha manifestato insofferenza per il fatto che non venisse celebrata la festa di San Mauro, e chi ancora oggi vuole rompere quel lutto cittadino con altri tipi di celebrazioni. Insomma, la vera condanna non è solo la mano assassina di criminali, ma quel silenzio, connivenza intorno che permette a questi ultimi di dettar legge.
Secondo il rapporto semestrale della Dia, Casoria è una città “ad alta densità criminale”, e questo dipende anche da quegli atteggiamenti di silenzio e connivenza. Allora contare è necessario. Raccontare tutti i nomi innocenti dei caduti di questa guerra assurdo, è d’obbligo:
Emilia Parisi, dodici anni fa muore massacrata in casa a mani nude da ladri: non si conoscono ancora i nomi degli assassini. Due anni dopo, Stefano Ciaramella, ucciso a 17 anni da un sedicenne di Afragola (Salicelle) perché aveva difeso la sua fidanzata. Poi tocca a Nicola Ferrara, 21 anni, muore per difendere il padre da due pregiudicati che lo freddarono davanti agli occhi di madre e figlia. Due anni fa è morto l’edicolante Antonio Coppola per aver rimproverato un ladro d’uva. Un anno fa sono morte due vigilantes, uccisi da rapinatori; e oggi muore il barista Nollino.
Se avessimo tutti sentito la responsabilità di questi silenzi, forse questa lista sarebbe stata diversa. Ad uccidere non sono stati solo quei criminali, purtroppo.