Ottobre 1994. San Giuseppe Jato(PA). Ucciso e sciolto nell’acido Girolamo Palazzolo.

Girolamo Palazzolo che pagò con la vita la sua fedeltà al grande accusatore del senatore Giulio Andreotti. “Avvicinato” con una scusa, attirato in un tranello, strangolato e sciolto nell’acido. “Arrivati in campagna – racconta il collaboratore Vincenzo Chiodo – notai un fusto in lamiera dal quale fuoriscivano le gambe di un cadavere. Brusca Enzo ci chiese se dalla stradella di accesso alla casa si vedessero le gambe del morto; alla nostra risposta positiva mi ordinò di troncare le gambe, cosa che io feci utilizzando una pala non avendo mezzi idonei”.

Tratto dal Giornale di Sicilia del 28 Maggio 2002
Fonte siciliaantiusura.it
Guerra di mafia, fioccano le condanne per i boss – Ergastolo a Santi Pullarà, sedici anni per Brusca
di Lara Siringano

 

 

 

Fonte: ricerca.repubblica.it/
Articolo del 17 novembre 2000
Il clan finisce in manette

Gli arrestati nell’operazione dell’ultima operazione della Direzione investigativa antimafia sono tutti uomini della cosca mafiosa di San Giuseppe Jato. Sono Giuseppe e Romualdo Agrigento, Antonino Alcamo, Francesco Alfano, Castrenze Balsano, Benedetto Capizzi, Giuseppe Corsale, Francesco Di Piazza, Francesco La Rosa, Agostino Lentini, Gioacchino Lo Giudice, Biagio Montalbano, Santi Pullarà, Michele Traina, Francesco Monticciolo, Giuseppe Antonio Vassallo e Leonardo Vitale, ed i latitanti Giuseppe Balsano (ritenuto il capomafia di Monreale), Giovanni Bonomo e Domenico Raccuglia.

Gli otto omicidi di cui sono accusati dalla Procura antimafia di Palermo sono quelli di Girolamo Palazzolo (avvenuto a San Giuseppe Jato nell’ottobre del 1994), Francesco Reda (San Giuseppe Jato, 13 agosto 1994), Antonino Cangelosi (Borgetto, 8 aprile 1994), Domenico D’Anna (San Giuseppe Jato, 16 ottobre 1993), Giuseppe Ilardi (Camporeale, 24 gennaio 1991), Vincenzo Miceli (Monreale, 23 gennaio 1990) e Fabio Mazzola (San Cipirello, 5 aprile 1994).

 

 

Tratto dal Giornale di Sicilia del 28 Maggio 2002
Fonte siciliaantiusura.it
Guerra di mafia, fioccano le condanne per i boss – Ergastolo a Santi Pullarà, sedici anni per Brusca
di Lara Siringano

[…]

Girolamo Palazzolo che pagò con la vita la sua fedeltà al grande accusatore del senatore Giulio Andreotti. “Avvicinato” con una scusa, attirato in un tranello, strangolato e sciolto nell’acido. “Arrivati in campagna – racconta il collaboratore Vincenzo Chiodo – notai un fusto in lamiera dal quale fuoriscivano le gambe di un cadavere. Brusca Enzo ci chiese se dalla stradella di accesso alla casa si vedessero le gambe del morto; alla nostra risposta positiva mi ordinò di troncare le gambe, cosa che io feci utilizzando una pala non avendo mezzi idonei”.

[…]

 

 

Fonte:  ricerca.repubblica.it 
Articolo del 9 luglio 2004
Per un no o per uno sgarro otto delitti, dodici ergastoli

Morti per la paranoia di Giovanni Brusca: Girolamo Palazzolo frequentava la pizzeria dove mangiavano gli amici del pentito Di Maggio.

Morti per la gelosia di Giuseppe Monticciolo: non sopportava Fabio Mazzola, l’ex fidanzato di sua moglie.

Morti per un capriccio del capomafia di turno: Antonino Vassallo era ritenuto eccessivamente litigioso a San Giuseppe Jato.

Morti per la sentenza di un fantomatico tribunale della mafia: Giuseppe Ilardi era accusato di fare furti senza autorizzazione.

Morti perché Cosa nostra non tollera chi alza la testa: Vincenzo Miceli era un imprenditore di Monreale che non voleva sottostare al tavolino degli appalti. Fu assassinato il 23 gennaio 1990. Morti e dimenticati.

Se non fosse stato per i pentiti (Giovanni Brusca, Santino Di Matteo, Giuseppe Monticciolo) sarebbero rimasti morti senza verità.

Il pm Francesco Del Bene ha ricostruito con pazienza storie e moventi, così è nato il processo alla seconda Corte d’assise (presidente Pellino, a latere Balsamo), che si è concluso con 12 condanne all’ergastolo. I giudici hanno inflitto la massima pena a Giuseppe e Romualdo Agrigento, Nino Alcamo, Castrenze e Giuseppe Balsamo, Benedetto Capizzi, Franco La Rosa, Agostino Lentini, Biagio Montalbano, Domenico Raccuglia, Michele Traina e Nardo Vitale. 16 anni per Enzo Brusca, 13 per Santo Di Matteo.

Gli altri pentiti hanno scelto l’abbreviato. Gli otto omicidi presi in considerazione furono commessi nella zona di San Giuseppe Jato, fra il ’90 e il ’94. Brusca era ossessionato dal ritorno del pentito Di Maggio, fece uccidere Francesco Reda: aveva saputo dell’incontro fra i due, sotto la protezione dei carabinieri. Questo è stato soprattutto il processo delle parti civili. Gli avvocati Vincenzo Gervasi e Fabio Lanfranca hanno rappresentato in giudizio la moglie e i figli di Palazzolo; l’avvocato Francesco Crescimanno, i familiari di Mazzola e Vassallo; l’avvocato Alessandra Nocera, la moglie di Reda. s.p.

 

 

 

Fonte: livesicilia.it
Articolo del 15 novembre 2009
Chi è “u dutturi”

Una caccia durata 13 anni che si è conclusa oggi, attorno alle 17:
Domenico Raccuglia è in manette. L’imprendibile boss di Altofone è stata arrestato dalla catturandi della squadra mobile di Palermo nelle campagne di Calatafimi, nel Trapanese. Raccuglia era ricercato per una serie di omicidi, associazione mafiosa ed estorsione. Il suo potere ormai si estendeva da Altofonte fino a Partinico passando da San Giuseppe Jato, la cintura che cinge Palermo fra colline e montagne, i vecchi sentieri del bandito Salvatore Giuliano.

Da spietato sicario (ha partecipato all’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo) a manager, Domenico “Mimmo” Raccuglia era anche chiamato “u dutturi”, o il “veterinario”, si dice per la sua capacità di spremere gli imprenditori paragonata al mungere le mucche. Imprendibile. Perché riusciva a passare le vacanze estive della moglie, al ritorno delle quali la donna era spesso gravida. Una beffa ai “cacciatori” che però l’estate scorso non c’è stata. Un indizio che il latitante si sentiva già braccato. Al principio di questa estate, infatti, un blitz dei carabinieri in un monastero l’avrebbe mancato per poco. Vestito da monaco sarebbe sfuggito lungo dei cunicoli sotterranei.

Quarantaquattro anni, Raccuglia è andato a scuola dai Brusca ed era esecutore delle eliminazioni ordinate dalla famiglia: Girolamo Palazzolo (San Giuseppe Jato, ottobre 1994), Francesco Reda (San Giuseppe Jato, 13 agosto 1994), Antonino Cangelosi (Borgetto, 8 aprile 1994), Domenico D’Anna (San Giuseppe Jato, 16 ottobre 1993), Giuseppe Ilardi (Camporeale, 24 gennaio 1991), Vincenzo Miceli (Monreale, 23 gennaio 1990) e Fabio Mazzola (San Cipirello, 5 aprile 1994). Ha partecipato al sequestro e l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo.

Ha fatto fuori Giovanni La Barbera, il padre del pentito Gioacchino che parlava della strage di Capaci. Ha conservato l’esplosivo per le stragi in “continente” del 1993. Aveva un rapporto preferenziale con Bernardo Provenzano e dopo la cattura del padrino è stato indicato nella triade dei boss in grado di coglierne l’eredità con Salvatore Lo Piccolo e Matteo Messina Denaro. Ma è uscito salvo dall’ultima grande retata antimafia, l’operazione Perseo del dicembre dell’anno scorso. Per questo, agli occhi degli inquirenti, sembrava irraggiungibile. Fino a oggi.

 

 

 

 

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