2 Marzo 1948 Petralia Soprana (PA). Ucciso Epifanio Leonardo Li Puma, socialista, dirigente del movimento contadino per l’occupazione delle terre incolte.

Foto da: raffoasc.it

Epifanio Leonardo Li Puma (Petralia Soprana, 6 gennaio 1893 – Petralia Soprana, 2 marzo 1948) è stato un politico e sindacalista italiano, ucciso dalla mafia.La sua vita s’è svolta essenzialmente nella sua Raffo, anche se la sua azione toccò l’intero comprensorio delle Madonie. Mezzadro di idee antifasciste alla fine della seconda guerra mondiale è stato promotore del movimento dei contadini per la riforma agraria come organizzatore sindacale (della Cgil), politico (era un esponente del Partito Socialista Italiano) e di cooperative. Di orientamento nettamente riformista era contrario ad ogni estremismo ed alle teorie rivoluzionarie.
Nel secondo dopoguerra, Epifanio Leonardo Li Puma, sindacalista e capolega dei mezzadri e braccianti senza terra, fu determinato e irriducibile nella promozione dei diritti dei lavoratori contro gli agrari eversori della legalità.
Uomo simbolo della giustizia sociale, eroe delle Alte Madonie, in Sicilia, non volle piegarsi alla prepotenza e alle minacce di un potere e di un sistema malsano.
È stato barbaramente assassinato dalla mafia agraria, al soldo dei baroni, nei terreni di Alburchìa tra Petralia Soprana e Gangi. Nonostante ai suoi funerali, a Petralia Soprana, fossero stati apertamente denunciati i mandanti del suo omicidio, nessuno pagò per la sua morte. (Wikipedia)

 

 

Nota da: raffoasc.it

Epifanio Li Puma nacque a Raffo, una frazione di Petralia Soprana il 06/01/1893. Ha sempre vissuto in questa borgata che per certi versi assomigliava a tutti i villaggi meridionali dove la gente nasceva e moriva senza lasciar traccia. A Raffo si poteva arrivare solamente a piedi sul basto di animali attraverso le trazzere,non c’era lice e l’acqua sgorgava da una fontanella posta al centro2 dell’abitato. Cominciò a lavorare giovanissimo. Chiamato dalle armi per 18 mesi il suo servizio verso la patria continuò poi in guerra dove combattè al fronte per quattro anni.

Dal matrimonio con Michela ebbe 10 figli. Epifanio come tutti i padri di allora era severo e rigoroso,non faceva discriminazioni tra maschi e femmine, e per il fatto che nessuno dei suoi figli vagabondasse per strada, era stimato.
Infaticabile lavoratore usciva alle prime luci dell’alba e rientrava all’imbrunire, un ritorno dai campi sempre atteso dai figli che vedendolo arrivare si facevano trovare all’ingresso del centro abitato per toglierli di mano le redini della mula e quello che portava, grazie al quale si poteva vivere. Era molto religioso,non si consumavano pasti senza ringraziare il Signore con il segno della croce, non era d’accordo sul modo d’agire nella chiesa sul piano politico ed economico, ma considerava la Chiesa un punto di riferimento. Un carattere rigoroso, egli teneva molto alla forma: quando parlava con gli estranei non voleva essere disturbato dai figli, ai quali raccomandava come comportarsi in pubblico; non usava rimproverare, bastava una sola occhiata per far capire loro quello che in quel momento voleva dire. Uomo all’antica di grande discrezione.

La prima lotta la intraprese al ritorno dalla prima guerra mondiale, rivendicando le terre che lo Stato aveva promesso ai combattenti.
Epifanio Li Puma era contro il fascismo e lo diceva apertamente, il suo coraggio e la sua determinazione erano a conoscenza di tutti. Non era un rivoluzionario, ma un pacifista che credeva nello stato e nella legge uguale per tutti.Un politico sindacalista, che in occasione del referendum sulla monarchia o repubblica si schierò, facendo votare, in favore di quest’ultima.

I suoi discorsi politici erano sempre a favore della sinistra e del PSI che lui indicava come il partito che dava pane perché credeva negli ideali politici del socialismo. Si adoperava per difendere e rivendicare i diritti del popolo e se pur sprovvisto di una base culturale operò una rivoluzione fra i contadini spingendoli a chiedere i propri diritti nei confronti degli agrari.
Per questo organizzò a Raffo nel 1946 la lega dei lavoratori della terra in quanto aveva capito che solo attraverso i sindacati le sorti dei contadini potevano risollevarsi. Questo suo impegno naturalmente lo portò a scontrarsi con il feudatario presso cui lavorava.

Quest’uomo poteva diventare pericoloso, era una voce stonata nel silenzio delle campane, così egli cominciò a ricevere intimidazioni e minacce di sfratto dal feudo.

Epifanio non si preoccupò. Dirigeva la lotta secondo la legge bandendo soverchierie o oltraggi.

Iniziarono gli incontri fra i capi lega che a contatto con i dirigenti provinciali e delle locali camere del lavoro riuscivano ad avere notizia sull’esistenza di nuove leggi , sul riparto dei prodotti ( decreti Gullo) o sull’assegnazione delle terre incolte alle cooperative.
Con la costruzione della lega iniziarono le prime riunioni e le prime rivendicazioni, infatti, le riunioni della lega non solo servivano ad organizzare la lotta ma anche a informare i cittadini di quanto stava avvenendo dal punto di vista politico,legislativo e sindacale. Le riunioni, in un primo tempo e fino a quando non diventarono segrete, venivano comunicate in vari modi, suonando la campana o a passaparola.

A tenere le riunioni era sempre lui, le cui parole, rappresentavano un “fastidio” per i proprietari terrieri. Chiamati con il pseudonino di “pescicani” o “parassiti”.

Nonostante il clima di intimidazione e schiavizzazione, le riunioni continuarono ma divennero segrete.l’argomento in discussione negli incontri era sempre lo stesso: decidere di non lavorare più il terreno del marchese per costringerlo a riconoscere le leggi vincenti.
Una scelta difficile da fare visto che quel pezzo di terra da coltivare era l’unica fonte di vita per molte famiglie. Di fronte a questo problema,in occasione delle ripartizioni del prodotto, per ottenere l’applicazione delle nuove percentuali, dettate dal “decreto Gullo”, Li Puma convocò i Capi-lega delle borgate vicine e protestò la necessità di chiedere all’organizzazione sindacale l’assistenza di un avvocato. Nel 1947, visto i primi successi, si diede l’avvio all’occupazione simbolica delle terre incolte e mal coltivate con l’obiettivo della “terra a chi lavora”.

Dall’attuazione del decreto Gullo si passa all’attuazione del decreto N°89 naturalmente non applicato in Sicilia per l’assegnazione delle terre incolte o mal coltivate a favore delle cooperativa contadine.

Con questa speranza Li Puma assieme agli altri capi-lega lanciò la proposta della costituzione di una cooperativa agricola che prese il nome di “ Madreterra” e venne avanzata la richiesta per ottenere 5000 ettari di terra.
La richiesta venne respinta, ma questo non scoraggio i contadini che decisero di non seminare e di non coltivare la terra dei padroni. Le riunioni si intensificarono e il movimento contadino stava prendendo piede. Epifanio veniva ripetutamente minacciato. A chi gli consigliava di denunciare coloro che lo minacciavano rispondeva “quattro anni di guerra, di prima linea e di trincea neanche una ferita e ora dovrei aver paura qua?…”

Epifanio Li Puma fu ucciso il 2 marzo 1948, mentre lavorava il suo pezzo di terra, da due colpi di fucile provenienti da due uomini a cavallo davanti a due dei suoi figli. Un uccisione che nessuno ipotizzava, ma che per certi versi era annunciata visto che la lotta contro le famiglie feudali si era fatta aspra e la mafia era tutta mobilitata.

Un assassinio che arrivò perché Li Puma non si tirò mai indietro, un omicidio necessario perché per battere il movimento, in piena campagna elettorale per le elezioni del 18 Aprile ’48, bisognava dare un segnale forte eliminando fisicamente un capo-lega, un dirigente del movimento contadino.
della vittoria sulla fame e sull’ignoranza, aveva tentato di far nascere quel senso di rispetto di sé che in tutti i sud della terra è la base di partenza per qualsiasi rivolgimento o progresso sociale.

Le soluzioni adottate dai feudatari e dalla mafia non riuscirono a sconfiggere il movimento contadino che,sorretto dalla Fede terra e dai tre partiti di massa, PCI, PSI e DC uniti nella CGIL con un patto di unità sindacale, aveva acquisito una coscienza e una tenacia diretta ad infrangere ogni tipo di sopraffazione dei baroni che non potendo nulla contro la massa, tentarono il tutto per tutto contro i dirigenti della lega.

Un nuovo martire si aggiungeva così ad altri combattenti.

Ma cosa aveva fatto quest’uomo per meritare questo? Niente o forse moltissimo. Epifanio aveva portato ai contadini del suo villaggio la speranza di una nuova condizione umana.

 

 

 

L’Unità del 4 marzo 1948

 

 

Articolo da L’Unità del 17 Marzo 1948
Il 35° assassinio
di Girolamo Li Causi

Il 2 marzo a Petralia Soprana in provincia di Palermo, grosso comune al centro di una decina di borghi contadini, disseminati in una zona in cui impera sovrano il latifondo, mentre zappava il suo spezzone di terra, presente il figlio undicenne, veniva trucidato il vecchio compagno Epifanio Li Puma capo contadino che da 30 anni lottava contro i baroni, contro gli Sgadari, i Moeciari, i Pottino.

Il delitto per ammissione stessa delle autorità, è politico: tutti sanno chi lo ha premeditato, organizzato ed eseguito. Anche la polizia lo sa. Li Puma veniva freddamente atterrato da due briganti della banda di Dino, banda che vive grazie alla complicità dei baroni che le assicurano ospitalità, sussistenza, protezione.

Niente giustifica l’efferato delitto. Li Puma, padre di nove figli, contadino poverissimo aveva trascorso tutta la sua esistenza lavorando la terra, dirigendo la lega contadina di Petralia, organizzando la cooperativa “La Madre terra” che da tre anni è in lotta con i signori feudali per il possesso meno precario della terra, per più umane condizioni di esistenza. Dal Marchese proprietario , al campiere che indica ai banditi la vittima perché non sbaglino, ai sicari rotti ad ogni delitto la catena è limpida.

Ma la polizia come già per altre decine di contadini capilega trucidati in questi ultimi mesi non vuole scoprire i mandanti e archivia le pratiche. Lo spaventoso è che le autorità hanno rinunziato persino ad andare in fondo e a scoprire chi sono stati gli assassini dell’avv. Campo, vicesegretario regionale della democrazia cristiana ucciso mentre in macchina si recava da Alcamo, in provincia di Trapani, ad Agrigento. Scelba ha mandato giù un suo ispettore centrale; ma questi dopo poche ore di permanenza a Palermo, ha fatto ritorno a Roma senza aver concluso nulla. La democrazia cristiana non ha interesse a scoprire gli assassini dell’avv. Campo, perché come si ammette dall’opinione pubblica siciliana, specialmente da quegli strati che più sono qualificati per esprimere opinioni e giudizi, su tali misfatti, dovrebbe scoprire i suoi legami con quelle organizzazioni criminose che vanno sotto il generico nome di mafia.

Non erano ancora trascorsi sette giorni dall’assassinio di Li Puma ed ecco che a Corleone, altro grosso borgo al centro anch’esso di una delle più caratteristiche zone del latifondo, in provincia di Palermo, sparisce il segretario di quella Camera del Lavoro e presidente di quella sezione reduci e combattenti, Placido Rizzotto, partigiano garibaldino. Fino a questo momento nulla si sa della sua sorte. Centinaia di contadini divisi in isquadre battono la campagna, esasperati, trepidanti, seguiti dall’ansia di tutto un popolo che non sa darsi pace della efferatezza del delitto. Ma si sa che l’ultima persona che il Rizzotto incontrò la sera del mercoledì 10 marzo, fu il gabellotto del feudo “Drago” proprietà del barone Alù e della baronessa Cammarata: feudo dal quale , dopo due anni di vana richiesta da parte della cooperativa “Bernardino Verro”, solo nel dicembre scorso i contadini erano riusciti a strappare 30 ettari di terra.

Ebbene fino ad avanti ieri mattina Pacciardi, vice-presidente del consiglio per l’ordine pubblico, ignorava che in Sicilia era stato assassinato Li Puma ed era scomparso Rizzotto. E Scelba? Non sappiamo se anche lui lo ignorasse: però sappiamo che egli si sta dando un gran da fare per occultare le prove della complicità di agenti dello spionaggio americano con il banditismo siciliano. Precisamente egli intima ai suoi organi periferici di consegnargli le copie eventualmente esistenti della lettera del bandito Giuliano al giornalista americano Stern, nella quale il bandito chiede armi pesanti per la lotta contro il bolscevismo e da indicazioni pratiche per migliorare i suoi collegamenti con gli agenti americani.

A Palermo il governo regionale ricostituitosi con la presidenza dell’avvocato Alessi ma con la partecipazione dei gruppi di destra che lo avevano prima gettato nel fango per poi averlo più prono ai loro voleri, venerdì scorso si è rifiutato di rispondere ad una interrogazione urgente del Blocco del Popolo che gli chiedeva conto della fine del Rizzotto e delle gravissime condizioni della pubblica sicurezza in Sicilia. Ieri esso ha risposto, ma in modo tale che nessuno dubita più della complicità della democrazia cristiana con le  forze della più bieca reazione isolana.

Forse è per questo che la direzione del Partito repubblicano in modo reciso e quella dei saragattiani in modo meno esplicito ma altrettanto significativo, hanno sconfessato rispettivamente il repubblicano e il pisello che per mascherare il carattere di destra del suo governo Alessi volle a tutti i costi imbarcare nella Giunta.

Pacciardi e Saragat avvertono che l’azione ferocemente antipopolare del governo Alessi e la complicità di questo governo con le forze del delitto, suscitano la unanime indignazione e vogliono separare le loro responsabilità.

Accenniamo solo di sfuggita per completare il quadro, ai legami che vanno stringendosi sempre più tra il banditismo, organizzazioni criminose genericamente intese col nome di mafia, dipendenti quasi tutte dal Blocco liberale e dalla democrazia cristiana, con le organizzazioni neo-fasciste che fanno capo all’Armata Italiana di Liberazione del generale Messe e che trovano aiuto nella formazione di gruppi clandestini di polizia ausiliaria presso il comando siciliano degli agenti di polizia. Ma Scelba lo sa?

La frontiera dell’Italia con l’America è la Sicilia. Questo fatto deve far riflettere molto tutti gli italiani affinché seguano con la massima attenzione lo ssviluppo della situazione siciliana.

Già la Confederazione Generale Italiana del Lavoro, presente nei giorni scorsi nell’Isola con uno dei suoi segretari, il compagno Bitossi, ha in mano tutti gli elementi per svolgere un’azione nazionale operai e contadini della Sicilia.

Sappiamo che il Fronte Nazionale democratico popolare è stato invitato ad intervenire affinché la grande provocazione già tentata in altre regioni dal governo De Gasperi e dall’imperialismo straniero, abbia a spuntarsi anche in Sicilia.

Nota: Girolamo Li Causi (1896-1977) fu il primo Segretario regionale del partito comunista in Sicilia.

Alcune parti dell’articolo potrebbero essere state mal interpretate, visto il cattivo stato dell’originale.

 

 

 

Fonte:  archiviolastampa.it
Articolo del 18 dicembre 1957
Il bandito La Marca sbarcato tra una doppia fila di agenti
Rigoroso misure di sicurezza nel porto di Napoli
Il fuorilegge, già condannato all’ergastolo, era fuggito nel 1955 negli Stati Uniti – La Federal Police lo ha scovato a Buffalo durante le indagini per l’assassinio di Anastasia – Rimpatriato a bordo dell’Augustus

Napoli, 17 dicembre. Stamane alle 7,15 è giunta in porto proveniente da New York la motonave Augustus. In una cabina, con l’oblò sbarrato da una fitta grata e in permanenza vigilata da agenti della Federal Police americana, vi era un famoso personaggio delle cronache nere: Giuseppe La Marca. Egli non va confuso con l’omonimo “banditello” vesuviano che da tempo si trova in carcere. Il Giuseppe La Marca giunto stamane dagli Stati Uniti è nato nel 1925 ad Alimena in provincia di Palermo da una famiglia contadina e nell’immediato dopoguerra fu capo di una banda che terrorizzò la zona delle Madonie compresa tra Palermo e Messina.

Le sue imprese sono innumerevoli: basti ricordare che nell’ottobre del 1954, la Corte d’Assise di Palermo lo condannò all’ergastolo per l’uccisione di Michele Richiusa, avvenuta a Palermo due anni prima. Altri 57 anni di condanne gli furono complessivamente inflitti dalle Assise di Caltanissetta, Palermo e Catania per vari reati. Mentre i giudici accumulavano pene su pene Giuseppe La Marca era latitante e nel 1955 poteva espatriare clandestinamente sbarcando negli Stati Uniti.

Qui la sua presenza veniva accertata, dagli investigatori della Federal Police che tuttavia invano gli dettero la caccia per diversi anni. Il bandito siciliano, evidentemente protetto dalla malavita americana collegata con la mafia, riuscì a sottrarsi all’arresto a Rochester, Los Angeles e Detroit prevenendo di poco con la fuga le operazioni della polizia. Dopo la tragica morte di Albert Anastasia nella «setacciata» generale compiuta dai poliziotti federali la presenza del La Marca è nuovamente emersa ed egli finalmente è stato arrestato a Buffalo dove lavorava in un pastificio sotto il falso nome di Luigi Limbrici.

Il direttore dei servizi di immigrazione, William King, ricostruito il suo passato, ha disposto perché fosse immediatamente rispedito in Italia e consegnato alle nostre autorità. Questo passato del La Marca è effettivamente impressionante; corrisponde ad una lunga ed atroce catena di delitti. A vent’anni il «terrore delle Madonie» (così era chiamato) compì il primo crimine uccidendo, su ordine della mafia, il sindaco comunista Epifanio Li Puma. Nell’aprile del ’46 freddò a raffiche di mitra il brigadiere dei carabinieri Giuseppe Sicarra e sparò pure sul milite Giuseppe Musumesi, che accompagnava il sottufficiale. Nel gennaio del ‘48 a Petralia Soprano entrò con i suoi, nottetempo, nel convento della Madonna dell’Olivo e ordinò alle suore di abbandonarlo. Quindi lo saccheggiò e lo incendiò.

Da notarsi che la banda cui il La Marca appartenne nel suo esordio era capeggiata da un fosco personaggio: Giovanni Dino, uno dei tanti fuorilegge al soldo della mafia che infestarono la Sicilia negli anni turbinosi dell’immediato dopoguerra, quando gran parte della polizia era impegnata, in condizioni di assoluta inferiorità strategica, contro Giuliano. Il La Marca divenne luogotenente del Dino ed un giorno lo uccise a tradimento per prenderne il posto. Il ritorno in Italia del bandito ha consigliato l’attuazione di rigorose misure di sicurezza da parte delle nostre autorità. Egli è stato preso in consegna dagli agenti recatisi incontro all’Augustus alle “bocche di Capri” con due motoscafi. Sbrigate in navigazione le pratiche con la scorta americana, il La Marca è immediatamente sbarcato a Napoli tra una doppia fila di poliziotti. Su un cellulare scortato da varie macchine è stato tradotto a Poggioreale e qui rinchiuso in una cella blindata di isolamento. In serata, e sempre sotto buona scorta, è stato condotto su un vagone cellulare con il quale è partito alla volta di Palermo. In Sicilia la sua presenza è richiesta da varie Procure della Repubblica che tuttora indagano su numerosi crimini nei quali il La Marca è implicato come protagonista o complice. c.g.

 

 

 

Epifanio Li Puma

di Santo Li Puma
edizioniarianna.it  2008

 

Epifanio Li Puma nacque a Raffo, frazione del comune di Petralia Soprana in provincia di Palermo il 6 gennaio 1893.
Uomo buono e giusto. Contadino, bravo capofamiglia e saggio cittadino del Regno e della Repubblica, si fece sempre carico della soluzione di problemi vitali della sua comunità, anche sotto il regime fascista, senza mai rinunziare alle sue idee socialiste, riuscendovi spesso grazie al suo essere generoso, creativo, paziente e pacifico.

Nel secondo dopoguerra, sindacalista capolega dei mezzadri e braccianti senza terra, fu determinato e irriducibile nella promozione dei diritti dei lavoratori contro gli agrari eversori della legalità. Uomo simbolo della giustizia sociale, eroe delle Alte Madonie, in Sicilia, non volle piegarsi alla prepotenza e alle minacce di un potere e di un sistema malsano, e per questo fu assassinato da ignoti sicari mafiosi il 2 marzo 1948 all’Albuchia, feudo della campagna tra Gangi e Petralia Soprana, mentre lavorava, con l’aratro tirato dai muli, il campo di fave da lui seminato nel precedente autunno.

In questo libro, oltre alla storia dell’amore di Epifanio Li Puma per la terra e per la vita, oltre all’opera sindacale e politica sua e dei suoi più stretti collaboratori, si raccontano per a prima volta, e doverosamente, le drammatiche vicissitudini della famiglia rimasta senza padre e senza marito.

Pietro Attinasi
(in quarta di copertina)

 

 

 

 

Foto da: palermotoday.it

Fonte: palermotoday.it
Articolo del 28 febbraio 2018
Ucciso a sangue freddo davanti al figlio di 13 anni: “Epifanio Li Puma eroe eterno”

Venerdì è il settantesimo anniversario della morte del sindacalista madonita: “La sua azione fu determinante per la promozione dei diritti dei lavoratori, nella contrapposizione con i potentati dei feudi. Un simbolo di giustizia sociale”

Il 2 marzo 1948 viene ucciso a Petralia Soprana con due colpi di fucile provenienti da due uomini a cavallo davanti a due dei suoi figli e mentre lavorava il suo pezzo di terra. Venerdì è il settantesimo anniversario della morte di Epifanio Li Puma. La Cgil Palermo ha organizzato un’iniziativa con la partecipazione dei comuni di Petralia Soprana, Petralia Sottana, Castellana Sicula e Ganci e con l’adesione di Anpi, Centro Pio la Torre Libera. Un’iniziativa alla quale partecipa anche l’ex procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci, che sarà conclusa dal segretario nazionale Cgil Giuseppe Massafra.

In questo modo la Cgil avvia le celebrazioni del 70° anniversario di tre suoi esponenti sindacali, Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto e Calogero Cangelosi, assassinati dalla mafia a pochissima distanza l’uno dall’altro. I primi due furono uccisi rispettivamente il 2 marzo e il 10 marzo del 1948 e il terzo il primo aprile di quello stesso anno. Nel ’48, con l’escalation dell’uccisione dei tre dirigenti sindacali Li Puma, sulle Madonie, Rizzotto a Corleone e Cangelosi a Camporeale, la mafia sferra il suo colpo decisivo contro le frange più organizzate del movimento contadino della Sicilia occidentale.

Il 2 marzo alle ore 9 ci sarà la deposizione dei fiori a Raffo, a Petralia Soprana, il borgo dove Li Puma nacque. Interverranno Calogero Spitale, segretario zonale Cgil Madonie e il sindaco di Soprana Pietro Macaluso. Alle 10 sarà deposta un’altra corona di fiori al monumento di Borgo Verdi, nel comune di Petralia Sottana, dove dal 2008 si trova una lapide nel luogo in campagna dove il sindacalista fu ucciso. Alle ore 10,30 a Gangi i terrà un’iniziativa presso l’auditorium dell’istituto statale d’istruzione superiore “G. Salerno”, plesso Ragioneria. Coordina il responsabile del dipartimento Legalità della Cgil Palermo Dino Paternostro. Dopo i saluti del dirigente scolastico Cataldo Manzone e di Francesco Miagliazzo, sarà proiettato un docufilm in ricordo di Epifanio Li Puma e delle lotte contadine. Seguiranno quindi gli interventi dello storico Mario Ragusa, del segretario generale Cgil Palermo Enzo Campo e di Leonardo Agueci, già procuratore aggiunto di Palermo. Interverranno quindi gli studenti dell’Isis. Conclude Giuseppe Massafra.

Per il segretario Cgil Palermo Enzo Campo è importante oggi ricordare la storia di Epifanio Li Puma e il suo impegno per il riscatto della Madonie, luoghi dai quali è partita una vera e propria rivoluzione, che ha portato la libertà e le terre ai contadini e che negli anni Cinquanta ha cambiato le sorti dell’Italia. “Il territorio madonita non vuole essere dimenticato proprio perché in questi comuni sono nati personaggi che hanno contribuito a scrivere la storia d’ Italia – dice Enzo Campo – Il 2 marzo onoreremo la memoria di Li Puma e riaffermeremo la volontà della Cgil di considerarlo, insieme agli altri caduti, tra i figli migliori della Sicilia, ribadendo il nostro impegno per costruire lavoro e sviluppo nella legalità”.

E aggiunge Dino Paternostro: “Con l’assassinio di Epifanio Li Puma, la mafia, gli agrari e la politica reazionaria siciliana vollero non solo privare il movimento contadino di un dirigente prestigioso ma lanciare un messaggio politico a tutti i siciliani alla vigilia delle elezioni politiche del 18 aprile 1948, attraverso un crescendo di delitti. Il 2 marzo 1948 fu assassinato Li Puma a Petralia Sottana, otto giorni dopo, il 10 marzo, venne ucciso Placido Rizzotto a Corleone, e dopo venti giorni, il primo aprile, Calogero Cangelosi a Camporeale. Un messaggio chiaro ed inequivocabile: chi si schierava col movimento contadino e con la sinistra veniva ucciso”.

SCHEDA. Li Puma era capo lega del movimento dei contadini per la riforma agraria. La sua azione fu determinante per la promozione dei diritti dei lavoratori, nella contrapposizione con i potentati dei feudi. Un simbolo di giustizia sociale, un eroe delle Alte Madonie. Venne ucciso a sangue freddo davanti al suo figlioletto di soli 13 anni, in contrada Albuchia, territorio di Petralia Soprana. Il dirigente sindacale stava arando con i muli un appezzamento di terra di proprietà del cognato, insieme ai suoi figli Santo di 19 anni e Giuseppe di 13, quando comparvero all’improvviso due uomini. Dopo qualche domanda, uno di loro spianò il fucile e fece fuoco contro Epifanio, che stramazzò per terra. L’altro sicario, per finirlo, gli esplose alcuni colpi di pistola alla testa. Poi rivolse l’arma contro il figlio Giuseppe, che indietreggiò di due passi, ma questa volta il sicario fu bloccato dal compagno che gli disse: “Lassalu stari!». Furono i due figli a chiedere aiuto e in loro soccorso arrivarono gli altri contadini. Anche nel caso Li Puma le indagini furono presto archiviate.

Li Puma abitava a Raffo, piccolo borgo rurale di Petralia Soprana. Erano gli anni Quaranta, anni delle grandi manifestazioni per ottenere l’attuazione dei decreti Gullo, che sancivano l’attribuzione ai braccianti dei terreni incolti e una più giusta distribuzione dei prodotti. In quegli anni caddero vittime della mafia numerosi sindacalisti, attivisti, militanti comunisti e socialisti appartenenti a quel fervido movimento ancorato alle leghe bracciantili, alle Camere del lavoro e alle cooperative agricole. Sulle Madonie è Epifanio Li Puma, grazie al suo carisma, a mettersi a capo della protesta contadina e popolare. Tra i protagonisti di quel periodo c’era anche Michele Li Puma, parente di Epifanio e stretto collaboratore del sindacalista-contadino. Michele era figlio di Pietro detto Scialè uno dei mezzadri del marchese Enrico Pottino. Per la prima volta, nel luglio del 1946, sulle Madonie furono costituiti i consigli del feudo e si costituì la Cooperativa “Madre Terra” che contava circa 500 contadini. A guidarli erano Michele ed Epifanio Li Puma. I contadini per protesta decisero di non coltivare la terra sino a quando i padroni non si fossero decisi a eseguire i dettami del decreto Gullo. A non gradire questa presa di posizione, fu il marchese Pottino che fece intimorire il figlio del suo mezzadro. Nel 1947 le minacce, a seguito dell’occupazione simbolica delle terre, si fecero più pressanti e oggetto dell’odio degli agrari divenne Epifanio. Nell’ estate del 1947 Epifanio Li Puma venne sfrattato dal feudo. Il 2 marzo del 1948 il sindacalista-contadino venne assassinato.

 

 

 

Fonte:  palermo.meridionews.it/
Articolo del 2 marzo 2018
Epifanio Li Puma, 70 anni fa il suo omicidio
Sindacato: «Tra i figli migliori della Sicilia»
Schierata in prima linea per l’appuntamento commemorativo in onore del politico ucciso nel ’48 la Cgil Palermo. Il segretario generale Enzo Campo: «Siamo qui oggi per ribadire nostro impegno per costruire lavoro e sviluppo nella legalità». Tra i partecipanti anche Dino Paternostro e l’ex magistrato Leonardo Agueci

A distanza di ormai 70 anni da quel 2 marzo 1948 le Madonie ricordano ancora la figura di Epifanio Li Puma. Mezzadro di idee antifasciste, alla fine della seconda guerra mondiale fu promotore del movimento dei contadini per la riforma agraria come organizzatore sindacale della Cgil. Un politico – era esponente del partito socialista italiano – che non ci mise molto a farsi notare per le proprie idee e il proprio impegno, conquistando non poche antipatie.

Non si stancò mai di spendersi per i diritti dei lavoratori e dei braccianti senza terra, scontrandosi spesso con quegli agrari che invece agivano oltre i limite della legalità. Ad assassinarlo sono proprio i killer della mafia del feudo, ingaggiati forse dai baroni. E malgrado circolassero parecchie voci sull’identità degli assassini, il suo omicidio rimane ad oggi senza colpevoli ufficiali. Nessun nome, nessun volto, nessuna condanna. Anzi, la sua morte viene seguita a pochissimo tempo di distanza da quella di altri due personaggi importanti: Placido Rizzotto, ammazzato dalla mafia il 10 marzo a Corleone e Calogero Cangelosi il primo aprile dello stesso anno a Camporeale.

Schierata in prima fila nel giorno della commemorazione del politico ucciso dalla mafia la Cgil Palermo e i suoi esponenti, con la partecipazione dei comuni di Petralia Soprana, Petralia Sottana, Castellana Sicula e Ganci e con l’adesione anche dell’Anpi, del Centro Pio La Torre e di Libera. Un appuntamento a cui ha preso parte anche l’ex magistrato Leonardo Agueci, che ha ricordato l’escalation di violenza e la conseguente paura generate in quel terribile ’48 che mise in ginocchio il movimento contadino, e non solo.

«Il territorio madonita non vuole essere dimenticato proprio perché in questi comuni sono nati personaggi che hanno contribuito a scrivere la storia d’ Italia – è il commento di Enzo Campo, segretario generale della Cgil Palermo -. Oggi è un’occasione per onorare la memoria di Li Puma e riaffermare la volontà della Cgil di considerarlo, insieme agli altri caduti, tra i figli migliori della Sicilia, ribadendo il nostro impegno per costruire lavoro e sviluppo nella legalità».

Tra i presenti anche Dino Paternostro, che ha sottolineato l’inequivocabilità del messaggio lanciato da personaggi come Li Puma e le altre vittime della mafia agraria. «Con questo omicidio vollero non solo privare il movimento contadino di un dirigente prestigioso ma lanciare un messaggio politico a tutti i siciliani alla vigilia delle elezioni politiche del 18 aprile 1948, attraverso un crescendo di delitti – ha detto -. Chi si schierava col movimento contadino e con la sinistra veniva ucciso, in pratica».

 

 

Leggere anche:

palermotoday.it
Articolo del 3 marzo 2020
Sperone, nasce un giardino dedicato al sindacalista Li Puma: piantate 20 querce
Grazie alla donazione dei deputati del M5S Penna e Varrica e con il contributo del consigliere di circoscrizione Tusa. Gli alunni del Di Vittorio hanno realizzato un plastico con un dettagliato progetto per l’arredo e il completamento dell’area.

 

 

vivi.libera.it
Epifanio Li Puma – 2 marzo 1948 – Petralia Soprana (PA)
Epifanio è diventato un simbolo di giustizia sociale. ucciso davanti agli occhi dei figli perché si era messo a capo dei braccianti e delle leghe contadine per pretendere l’attuazione del Decreto Gullo.

 

 

collettiva.it
Articolo del 2 marzo 2022
Epifanio Li Puma, giusto del lavoro
di Ilaria Romeo
Era capolega della Federterra, mezzadro e socialista. Aveva solo cinquantacinque anni quando venne freddato da due colpi di fucile, il 2 marzo 1948. Fu un omicidio politico perché Epifanio Li Puma difendeva la terra da mafia e baroni. Eppure, anche se tutti sapevano chi era stato e conoscevano gli assassini e i mandanti, nessuno pagò mai per la sua morte. Qualche giorno più tardi a sparire nel nulla fu il giovane Placido Rizzotto.

 

 

 

 

 

 

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