31 Dicembre 2015 Forcella (NA). Maikol Giuseppe Russo, 27 anni, è la Vittima innocente di un raid punitivo.
Erano le 19 e 15 quando a Forcella, nel centro storico di Napoli, il 31 Dicembre del 2015, arrivarono in sei su tre motociclette e vedendo il gruppetto di persone dietro gli alberi nei pressi del bar, dove qualcuno li aveva avvisati della presenza di antagonisti nello spaccio della droga, cominciarono a sparare a raffica nel mucchio, seminando il terrore. Terrore che si materializzò colpendo l’uomo sbagliato, un giovane lavoratore che tutte le mattine si svegliava alle 5 per portare i soldi a casa. Maikol Giuseppe Russo, 27 anni, due figli di 5 e 2 anni, rimase ucciso da un proiettile vagante mentre il commando di sicari si allontanò soddisfatto dell’azione dimostrativa. Ma i loro obiettivi erano altri.
Fonte: fondazionepolis.regione.campania.it
La sera del 31 dicembre 2015, Maikol si trova a Via Calenda con alcuni amici ad aspettare che il fratello Marco termini il suo turno di lavoro presso il bar “Lo Splendore”.
Maikol è fuori, dietro alle piante messe in circolo predisposte nello spazio all’aperto del bar.
Di lì a poco Maikol e il fratello avrebbero raggiunto casa in via Annunziata, poco distante dal bar, per festeggiare insieme l’ultimo giorno dell’anno.
Il bar sta quasi chiudendo, le luci sono già spente, quando arriva una banda di otto persone in sella a motorini e motociclette. Questi scendono dai mezzi e, mantenendo una certa distanza dal bar, cominciano a sparare all’impazzata. Un proiettile sparato da una distanza di 10 metri colpisce Maikol alla testa. Bossoli di Kalansnikov AK47 sono ritrovati a terra in via Calenda. Inutili i soccorsi in ospedale, Maikol muore di lì a poco.
Maikol, sposato e con due figli, si prendeva cura di tutti, secondo quanto riferito dal fratello Marco, 25 anni. Si occupava del padre, che si arrangiava con un bancarella di occhiali e di calamite che posizionava ogni giorno in una stradina poco distante da via Annunziata; della madre Lina e degli altri due fratelli, Kevin di 17 anni e Anita di 13. Vivevano tutti insieme sotto lo stesso tetto a causa della difficoltà di pagare l’affitto. Marco e Maikol facevano squadra per sostenere la famiglia, senza mettere alcun risparmio da parte. I funerali sono stati pagati grazie ad una colletta fatta da amici e da gente del quartiere.
Dopo aver avuto il suo primogenito, Maikol si trasferisce in America, in Texas, dove lavora come cameriere e lavapiatti. Dopo tre anni, ritorna da Angela, che subito sposa e dalla quale avrà la seconda figlia, Anita. Riparte poi per la Germania, ma alla fine non riesce a stare lontano dai suoi affetti e ritorna a Napoli dove si arrangia con lavoretti precari.
Ora le piste investigative sono diverse, battute dalla Squadra Mobile di Napoli guidata da Fausto Lamparelli.
Le ricostruzioni certe, ad oggi, sono solo quelle relative al percorso seguito dal commando della morte, che le telecamere non sono riuscite a riprendere nitidamente a causa della scarsa risoluzione video e del buio dovuto all’ora tarda.
Due appartenenti al commando, prima di raggiungere Piazza Calenda, sono caduti all’incrocio di Porta Capuana. Le persone presenti al momento della caduta sono anche accorse in loro aiuto, ma il resto del commando è tornato indietro ad allontanare tutti.
Il commando quella sera è passato anche per via Banchi Nuovi, per via Sedile di Porto, per via Tribunali, oltre che per Piazza Nazionale. Le telecamere di videosorveglianza hanno ripreso il passaggio del commando da piazza Nazionale (dove sono stati ritrovati bossoli di Kalasnikhov) a via Tribunali; i filmati sono stati requisiti dagli agenti della sezione omicidi della squadra mobile.
La squadra Mobile della questura di Napoli ha raccolto informazioni e acquisito testimonianze, cercando elementi utili per risalire agli autori. Alcuni passanti avrebbero visto pochi minuti prima dell’agguato alcuni esponenti del clan Giuliano aggirarsi armati a bordo di uno scooter in via sant’Agostino alla Zecca, traversa a meno di 100 metri dal luogo dell’omicidio.
I funerali di Maikol si sono svolti il 5 gennaio 2015 alle ore 7 del mattino presso la chiesa dell’Annunziata del rione Forcella di Napoli. Hanno preso parte alla cerimonia tutti i dieci parroci del movimento nato all’indomani dell’uccisione di Genny Cesarano “Un popolo in cammino”; i genitori di Maikol, Antonio e Carmela; gli amici e la gente del quartiere. Il ragazzo è una vittima innocente, vendeva calzini in corso Umberto per arrangiarsi e non aveva legami con ambienti criminali.
Il 5 gennaio 2016 a Torre Annunziata, nel quartiere generale del clan Gionta, i carabinieri fermano un ragazzo di 16 anni, volto coperto da un casco e da uno scalda collo, alla guida di un potente ciclomotore SH 300, sprovvisto di patente, che girava armato di una pistola carica e col colpo in canna. Non si è fermato all’alt dei militari, e pertanto è stato bloccato. Nello stesso giorno, a Melito, viene ammazzato un altro ragazzo di 24 anni all’interno di un bar locale. L’omicidio si consuma in mezzo a mamme che acquistano la calza per la notte della befana. La vittima si chiama Luigi di Rupo, con precedenti per detenzioni di armi, considerato vicino al clan Amato-Pagano.
Gli inquirenti tratteggiano un filo rosso tra l’omicidio di Forcella e questo di Melito, poiché Di Rupo aveva partecipato ad un summit nel cuore di Napoli, ai Decumani, con il Clan Sibillo di Forcella. Nel summit Di Rupo era il referente del clan di Mugnano per il progetto di una nuova alleanza. A quel tavolo parteciparono i Sibillo, gli Amato-Pagano, il clan dei Vannella-Grassi di Secondigliano e altri della Sanità. Obiettivo: trovare una strategia comune e arrivare ad un patto per combattere gli eterni rivali dei Mazzarella (i principali sospettati dell’omicidio di Maikol).
Articolo del 5 gennaio 2016 da lfattoquotidiano.it
Napoli, il sangue innocente di Capodanno
di Arnaldo Capezzuto
Maledetti e infami. Sono sbucati sfrecciando su due scooter con pistole in pugno e il colpo in canna. E’ il copione, il solito. Hanno fatto fuoco tra il bar Splendore e il gazebo Trianon in piazza Calenda a Forcella. A terra in una pozza di sangue è finito Maikol Giuseppe Russo, 27 anni, aspettava che il fratello finisse di lavorare. Un’inutile corsa disperata all’ospedale Loreto Mare, è morto tra le sue braccia. E’ così terminato il 2015, annus horribilis di vittime innocenti, un tributo di sangue, di una guerra che a Napoli in tanti fanno finta di non vedere.
Chi vive tra i vicoli di Forcella come del rione Sanità, lo sa bene. Il giorno di Capodanno è meglio starsene a casa, lontano da balconi e finestre. Il gruppo di fuoco si è mosso su due scooter, il secondo ha fatto da copertura al primo. Cercavano forse un esponente del clan-famiglia Giuliano, si fa il nome di Raffaele, 20enne figlio di Salvatore detto ‘ O Montone, collaboratore di giustizia e fratello dell’ex boss Luigi conosciuto come Lovigino anche lui collaboratore.
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La storia è sempre maledettamente la stessa. Un lungo rosario nero di ammazzati per sbaglio. La vita in alcuni rioni di Napoli non vale nulla, niente. E uno striscione campeggia sul luogo dell’ennesimo omicidio: “Non si può morire così”. E’ toccato a Luigi Galletta poi è stata la volta di Genny Cesarano. La meglio gioventù finisce crivellata di proiettili. Napoli va disarmata. Inchieste, arresti e condanne non fermano la mattanza. Il sangue continua a grondare e i partenopei si abituano a tutto. Così fu nel corso della faida di Scampia, così è ora con i morti trucidati nella periferia del Centro storico di Napoli. Una contraddizione nella città del record di turisti e del fiorire della cultura. E’ il cuore della metropoli antica che sanguina. Si resta spettatori inermi. Neppure più la forza di girare la faccia da un’altra parte sembra esserci. Parole, chiacchiere, comizi. Dove sono le adeguate forze di polizia promesse dal Governo? Dove sono le telecamere? Dove sono i posti fissi delle forze dell’ordine? Dove sono i controlli per mettere in sicurezza il territorio? Dove sono gli interventi di bonifica sociale? Dove sono i progetti seri d’inclusione? Dov’è l’attenzione delle cosiddette forze sane e intellettuali della città? Perchè l’altra città bene e borghese ha abbandonato la città plebea e arretrata?
Oggi alle 7 alla chiesa dell’Annunziata ci sono stati i funerali. Dolore, lacrime, fiori e palloncini. I soliti slogan, le promesse, i cortei e la segreta indignazione: Maikol vive! Si, ma è morto ammazzato. L’appuntamento è al prossimo morto. Non è cinismo è solo guardare in faccia la realtà. Per sopravvivere, ci si abitua a tutto anche passare accanto ai cadaveri delle vittime. Città sanguinolenta, città tremenda, città di bordello a mano armata. Sempre a Forcella la notte di Natale dell’anno scorso è toccato a Giorgi Gorgadze, 26 anni, giorgiano, mentre era a casa e giocava con la sua playstation morire con un colpo di pistola. Nulla si è saputo. Chi è stato? Perché? Niente. E’ stato ucciso. Una notizia di cronaca nera dimenticata. Giustizia, a volte è parola solo gridata. Cadono le braccia e lo scoramento è totale. Napoli non merita tutto questo. Lo dico e lo scrivo da tempo: Napoli dev’essere disarmata. Lo Stato è più forte ma lo Stato deve decidersi a fare lo Stato.
Articolo del 9 Gennaio 2016 da ilfattoquotidiano.it
Napoli, agguato di Capodanno originato via web. E’ la camorra 2.0
di Arnaldo Capezzuto
Un saluto di ammirazione e di congratulazione per una scarcerazione inaspettata seguito da una sorta di appello-auspicio-richiesta affinché tornino a ‘vegliare’ sui vicoli del rione Forcella. E’ bastato questo messaggio, visibile a tutti, inviato via internet da un giovane di Forcella a un personaggio di primo piano o quanto meno accreditato come il reggente dei Mazzarella a scatenare un crescendo di violenza sfociato poi nell’agguato del 31 dicembre in piazza Calenda in cui è rimasto vittima innocente Maikol Giuseppe Russo, 27 anni, ‘colpevole’ di essersi fermato all’esterno di un bar in piazza Calenda ed essere confuso dai killer con il vero obiettivo del raid.
Comincia a diradarsi la nebbia che avvolge l’omicidio di San Silvestro in cui un bravo ragazzo, ‘il gigante buono’ Maikol Giuseppe Russo estraneo alle dinamiche dei clan, lontano dalla cultura della camorra e da frequentazioni compromettenti è stato trucidato senza pietà a poche ore dallo scoccare del nuovo anno. Nessuna ‘stesa’, nessuna guerra di conquista delle attività illegali, nessun regolamento dei conti per il predominio e il controllo dello spaccio della droga nel rione della camorra. Il movente del raid armato in piazza Calenda matura via computer. E’ la camorra 2.0.
Una chat aperta, un ritrovo virtuale frequentato da molti giovani di Forcella e ‘attenzionata’ da esponenti in ascesa dei clan, un augurio spontaneo rivolto a un personaggio di ‘fuori’ che inaspettatamente ritrova la libertà e che sembra apprezzare molto il saluto di benvenuto e l’appello a ritornare. Il messaggio della chat sarebbe stato letto anche e soprattutto da chi, invece, è ritornato e si è ripreso il dedalo dei vicoli all’ombra del Duomo. Un affronto, una provocazione, una lesa maestà di un forcellese che merita un’azione. Il ‘colpevole’ è atteso sotto casa e picchiato selvaggiamente. Una ‘ lezione’ per aver invitato lo storico nemico, l’esponente dei Mazzarella, a ritornare a Forcella.
Nei fatti un inconsapevole o consapevole appello a riprendersi quelle viuzze a discapito della ‘paranza dei bimbi’ che nel nome dell’alleanza Giuliano-Sibillo è tornata a dominare quel pezzo di città. Un cognome i Giuliano riportato al sogno dei fasti di potere di un tempo lontano: quando a ‘governare’ c’erano i padri, gli zii, i cugini e il rione Forcella era l’ombelico del mondo criminale. I nuovi capi o quello che resta intimano lo sfratto esecutivo al giovane e alla sua famiglia dal rione Forcella. L’ordine è perentorio. C’è lo spazio però per una mediazione, un intervento di gente di mezzo alla strada, per riparare alla bravata di un giovane che neppure sapeva o si era reso conto di aver provocato una grave offesa. Evitare tarantelle, mettere pace, non attirarsi le attenzioni delle forze dell’ordine.
Gli ambasciatori – mancano pochi giorni all’ultimo dell’anno – ottengono un insperato appuntamento per un chiarimento. Il giovane e avventato ‘internauta’ dei vicoli chiede perdono. Sembra una scena di Gomorra. Si scusa, piange. Complice le festività incassa ‘o perdono e il lasciapassare per continuare a vivere nella propria abitazione al rione Forcella con un avvertimento: devi essere invisibile. C’è un ‘però’. In questa storia di guappi e di psichiatria criminale resta qualcuno offeso. Il costringere con la violenza il passo indietro al fan dei Mazzarella viene visto come una grave offesa proprio da questi ultimi.
Un guanto di sfida, una mancanza di rispetto, un atto di guerra, un grave affronto. Sarebbe stato questo lo scenario entro il quale è maturato l’ordine da ambienti vicini al clan Mazzarella di dare una lezione agli storici nemici e ordinare un raid armato. E veniamo a quel maledetto 31 dicembre pomeriggio. C’è sicuramente uno specchiettista in piazza Calenda, uno di cui nessuno sospetta che non appena avvista soggetti orbitanti o meglio un esponente della ‘paranza dei bimbi’ o quanto meno un giovanissimo erede emergente della nota dinastia dei Giuliano avvisa chi deve avvisare. Parte il gruppo di fuoco. Pochi minuti e si consuma il raid armato. Nel frattempo il personaggio da colpire non c’è più è andato via. Mai restare per più di 5 minuti in uno stesso posto a Forcella. E’ una regola che si tramanda. Neppure il designato obiettivo dell’agguato immagina di essere finito nel mirino. In piazza davanti a una siepe del bar e in attesa che il fratello finisca il turno di lavoro c’è Maikol Giuseppe Russo che rimane a terra in una pozza di sangue. “Verità e giustizia per Maikol e per tutte le vittime innocenti” è lo striscione posto dai familiari e gli amici del ‘gigante buono’ nel corso della manifestazione al rione Forcella contro la camorra. Verità e giustizia passano attraverso la collaborazione con lo Stato.
Occorre non avere paura e denunciare. Se davvero ed è vero che c’è rabbia, dolore, esasperazione per la morte di Maikol, allora si rompano gli indugi e si collabori con gli inquirenti fino in fondo. Lo strapotere criminale lo si contrasta rompendo il muro di omertà. Scegliendo da che parte stare come aveva fatto Mikol Giuseppe Russo. Il ‘gigante buono’ merita giustizia come giustizia ha meritato Annalisa Durante, un’altra vittima innocente, un’altra delle tante vite spezzate di un rione che sembra un eterno fronte di guerra.
Articolo da napoli.fanpage.it
Vittime di camorra, chi era veramente Maikol Giuseppe Russo
Maikol Giuseppe Russo è stato ucciso per errore la sera del 31 dicembre 2015 in piazza Calenda a Forcella, nel cuore di Napoli, in un agguato
Il suo nome è Babi, è un bimbo di etnia rom di 7 anni cresciuto nei vicoli di Forcella, a Napoli. Ha lo sguardo intelligente e profondo, grandi occhi cerulei, i capelli chiari. È un bimbo sfortunato, Babi: entrambi i genitori sono finiti in carcere per piccoli reati e di lui non si prende cura nessuno, a parte i nonni, che però non riescono a stargli dietro. Sfortunato, non tanto perché lontano dai genitori, che presto o tardi rivedrà e neanche perché vive ai margini di una società che non riesce e non sa prendersi cura di lui, ma perché dal 31 dicembre scorso è orfano. L’unica persona che lo aveva cresciuto, tra stenti e mille difficoltà, se n’è andata via per sempre.
Era Maikol Giuseppe Russo, 27 anni, due figli di 5 e 2 anni, a occuparsi di lui. Lo aveva tenuto lontano dall’accattonaggio, gli comprava da mangiare, lo accudiva, gli procurava vestiti e scarpe. Babi pesava tutto il giorno con lui o nell’internet point dove giocava ai videogame, a pochi passi dal teatro Trianon, nel cuore di Forcella. È Weezy, cittadino ghanese amico di Maikol a gestire l’esercizio commerciale. Toccherà a lui, probabilmente, dire al piccolo che Maikol non c’è più e che da oggi è solo. Come farà a spiegargli che l’unico, padre, amico, fratello, che abbia avuto finora se n’è andato senza un perché, vittima di un attentato i cui contorni non sono ancora chiari, ma rispetto al quale c’è una sola certezza: non era destinato a uccidere Maikol. Come spiegare a Babi che si può morire giovanissimi, a 27 anni, per la sola colpa di trovarsi al posto sbagliato al momento sbagliato, uccidi a sangue freddo dai killer di quelli che, più che clan sembrano bande rivali?
Sette anni sono troppo pochi per capire cos’è la morte e lo sono ancor di più per una terribile verità: la morte è iniqua. La morte porta via i padri di famiglia che vivono onestamente vendendo calzini per strada, strappandoli alle persone care, ai genitori, ai figli e a chi hanno amato e protetto per semplice istinto, per umanità, per generosità. Un giorno Babi capirà cos’è successo e dovrà scegliere se lasciare spazio alla rabbia o a un sentimento di orgoglio e fierezza per aver avuto, sebbene solo per una manciata di anni, una persona speciale a preservare la sua innocenza. Su quella scelta non potrà non pesare come un macigno il valore che Napoli avrà dato a questa morte – l’ennesima – per un delitto di camorra. E le riposte che le istituzioni, la politica e la società civile avranno dato all’egemonia criminale.
Articolo del 18 Dicembre 2016 da cronachedellacampania.it
Camorra, i killer del gruppo Barile uccisero l’ innocente Maikol Russo
La svolta potrebbe arrivare a breve: ad uccidere la sera del 31 dicembre dello scorso anno Maikol Giuseppe Russo, ennesima vittima ìnnocente della barbarie camorristica, secondo le forze dell’ordine sarebbe stato il gruppo di Salvatore Barile, il boss di Poggioreale e reggente del clan Mazzarella arrestato tre sere fa a Pietrelcina.Gli investigatori avrebbero già individuato il gruppo di fuoco del clan Mazzarella al cui interno cercare gli autori del delitto. Nonostante le immagini delle telecamere del bar non permettono, a causa dell’oscurità, di vederli bene in viso. Il 31 dicembre scorso l’azione dimostrativa del clan Mazzarella, come ricorda Il Roma, mirava a colpire qualcuno dei Giuliano-Sibillo, in particolare uno dei tre giovani ras che all’epoca uniti controllavano gli affari illeciti di Forcella- Decumani. Pensavano di trovarli in piazza Calenda. Erano le 19 e 15 quando a Forcella arrivarono in sei su tre motociclette e vedendo il gruppetto di persone dietro gli alberi nei pressi del bar cominciarono a sparare a raffica nel mucchio, seminando il terrore. Terrore che si materializzò colpendo l’uomo sbagliato, un giovane lavoratore che tutte le mattine si svegliava alle 5 per portare i soldi a casa. Giuseppe Maikol Russo, 30 anni rimase ucciso da un proiettile vagante mentre il commando di sicari si allontanò soddisfatto dell’azione dimostrativa. Ma i loro obiettivi erano altri. Quella sstesa in cui rimase vittima Maikol doveva essere la risposta alla stesa contro la casa del boss Salvatore Barile. Il 15 dicembre infatti un commando misto Giuliano-Sibillo- Contini sarebbe entrato in azione in via Miccoli, nel quartiere Poggioreale, per intimidire Salvatore Barile con una raffica di proiettili sul portone del palazzo in cui abita. Il raid secondo gli investigatori serviva a dare un messagio ben preciso al 32enne ritenuto un personaggio di primo piano nello scacchiere malavitoso napoletano e non soltanto perché è il nipote del boss Vincenzo Mazzarella “’o pazzo”. Prima di essere arrestato, il 9 maggio 2010, era il numero uno proprio a Forcella e il messaggio lanciatogli a colpi di pistola significava solo una cosa: “la situazione è cambiata. Ora comandiamo noi”. Salvatore Barile, tornato libero, non era andato nella vecchia abitazione di via delle Zite, stabilendosi nella parte del quartiere orientale sotto il controllo dei Mazzarella. Ma i Giuliano- Sibillo, a scanso di equivoci e ritenendo di poter continuare a gestire gli affari illeciti del centro storico di Napoli mostrarono subito i muscoli. Poi l’immediato risposta due settimana dopo e la morte innocente di Maikol che attende di trovare i colpevoli.
Fonte: vocedinapoli.it
Articolo del 31 dicembre 2017
Due anni fa la camorra uccideva Maikol Giuseppe Russo durante una stesa
Vittima innocente, stava aspettando il fratello fuori a un bar di Forcella
Era il 31 dicembre del 2015, Maikol si trovava all’esterno di un bar in piazza Calenda a Forcella. Erano le 19 e aspettava il fratello che finiva di lavorare per tornare a casa e passare il cenone di Capodanno in famiglia insieme anche alla moglie Angela e ai due figlioletti.
Non aveva fatto i conti con i killer che quella sera entrarono in azione a bordo di scooter e lasciarono partire una raffica di proiettili che non lasciarono scampo a Maikol Giuseppe Russo, 27 anni, venditore ambulante con piccoli precedenti penali. Doveva essere un raid intimidatorio, una stesa, contro un clan avversario (piazza Calenda è frequentata da esponenti ritenuti vicini ai nuovi Giuliano, in lotta in quel periodo insieme ai Sibillo-Brunetti-Amiranti contro i Mazzarella-Buonerba-Del Prete). Si trasformò invece nell’ultimo omicidio di camorra del 2015. Bersaglio una vittima innocente che con la criminalità organizzata non aveva nulla a che fare.
Maikol morì poco prima dell’arrivo all’ospedale Loreto Mare. Inutili i tentati dei medici di rianimarlo. A distanza di due anni non si conoscono ancora mandanti ed esecutori materiali dell’ennesimo omicidio di camorra sbagliato. Maikol, così come Luigi Galletta e Genny Cesarano, perse la vita per colpe non sue in quel 2015. Perse la vita perché vittima della ferocia delle baby paranze che entrano in azione senza ragionare, senza pensare di poter ammazzare gente che con i loro sporchi affari non ha nulla a che fare.
Maikol oggi, dopo due anni, è stato ricordato con una messa celebrata nella Basilica della Santissima Annunziata.
Fonte: cronaca.il24.it
Articolo del 31 dicembre 2019
Giustizia e verità per Maikol Giuseppe Russo, vittima innocente di camorra. La vedova: “Difendo la sua memoria”
di Arnaldo capezzuto
In sella a due scooter, così si mosse il commando di fuoco. Erano almeno in quattro, tutti armati. Pistole nascoste sotto ai giacconi e con il colpo in canna.
Non casualmente fu scelto proprio quel giorno per mettere a segno l’agguato. Mancano poche ore a Capodanno. Addio 2015. Sfrecciano accanto a piazza Calenda, a pochi passi dal Teatro ‘Trianon’, siamo nel cuore pulsante del rione Forcella a Napoli. C’è un giovane che aspetta davanti al gazebo del bar Splendore.
Ci sono degli alberelli sistemati a mò di siepe. Lui è lì. Il clima è frenetico.
Si chiama Maikol Giuseppe Russo ha 27 anni, lo conoscono in molti. È un bravo giovane. Fa l’ambulante: vende calzini per tirare a campare. Guadagna poco, ma vabbene così. La sera è stanchissimo, cammina tutto il giorno in lungo e in largo per racimolare 20/30 euro.
Gli basta qualche abbraccio e pazziare al solletico con i suoi due figlioletti. Che meraviglia e il cuore gli si riempie di gioia. La fatica? Già passata. E poi c’è lei, Angela, sua moglie a cui vuole un bene dell’anima.
Maikol Giuseppe Russo, aspetta, Marco, il fratello barista, che lavora al bar Splendore. Insieme, poi trascorreranno la sera del 31 dicembre e accoglieranno il 2016.
Istanti, frastuono poi il parapiglia. Parte la raffica, scappano tutti. Sembra una ‘stesa’. Colpi sparati in rapida successione e all’impazzata. Sono le 19 e 30. Un proiettile si conficca nella parete di uno chalet. Di fronte c’è il bar e dietro le piante c’è Maikol e più in là altre persone.
Avrebbe potuto colpire altri, oppure fare più di una vittima. È sulla traiettoria. Quella maledetta, infame di una pallottola non destinata a lui, centra la sua testa. Maikol Giuseppe Russo crolla a terra, il rivolo di sangue esce a fiotti. Sono le 19 e 30. Il rione Forcella piomba nell’inferno.
C’è l’inutile disperata corsa al pronto soccorso dell’ospedale Loreto Mare, Maikol Giuseppe Russo muore tra le braccia del fratello Marco. Disperazione, tragedia, dramma. Annus horribilis di vittime innocenti, il 2015, durissimo tributo di sangue della guerra che a Napoli in tanti fanno finta di non vedere.
Oggi a due anni dalla sua tragica scomparsa, alle 12 presso la Chiesa SS. Annunziata Maggiore in via Annunziata 34, sarà celebrata la solenne Messa nel ricordo di Maikol Giuseppe Russo, vittima innocente di camorra. Ci sarà la giovane vedova, i figlioletti, la madre del giovane, l’assessore alla Legalità Alessandra Clemente, i familiari delle vittime innocenti, associazioni e i volontari di unPopoloinCammino.
Sono trascorsi ventiquattro lunghi mesi e non si sa nulla. I magistrati dell’anticamorra sono trincerati dietro un fitto silenzio. Gli investigatori si affidano al massimo riserbo. Non ci sono dichiarazioni di collaboratori di giustizia o all’orizzonte contributi di nuovi pentiti.
È calata la nebbia. Nessun iter avviato. Nessun riconoscimento da parte dello Stato almeno per dare un sostegno economico alla famiglia di Maikol Giuseppe Russo. Di questo caso, non si sa nulla. Chi ha sparato? Perchè? A chi cercavano? Era una ‘stesa’ contro un altro clan?
Maikol Giuseppe Russo come il caso di Genny Cesarano alla Sanità. O come Nicola Sarpa ai Quartieri Spagnoli, ucciso da un proiettile sparato dalla figlia di un boss per festeggiare la mezzanotte mentre era affacciato al balcone di casa. E ancora, Giuseppe Veropalumbo, ucciso, dieci anni fa, mentre aspettava la mezzanotte in casa sua giocando a carte a Torre Annunziata. Oppure sempre a Forcella, la notte di Natale del 2014, è toccato a Giorgi Gorgadze, 26 anni, giorgiano, mentre era a casa e giocava con la sua playstation morire con un colpo di pistola. Nulla si è saputo. Chi è stato? Perché? Niente. È stato ucciso.
Una notizia di cronaca nera dimenticata. Giustizia, a volte è parola solo gridata. La storia è sempre maledettamente la stessa. Un lungo rosario nero di ammazzati per sbaglio. La vita in alcuni rioni di Napoli non vale nulla, niente.
“Occorre scrivere una pagina di verità – racconta Angela, la vedova di Maikol Giuseppe Russo – lo spero con tutto il mio cuore sopratutto per la memoria del sacrificio di mio marito”.
Forcella ricorda Maikol Giuseppe Russo, vittima innocente di camorra
31 dicembre 2019
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