17 Gennaio 1947 A Ficarazzi (PA) viene ucciso Pietro Macchiarella. militante del Partito comunista, impegnato nelle lotte contadine.

Foto da  cittanuove-corleone.net

Pietro Macchiarella, militante del Partito comunista,  il 17 gennaio 1947 a Ficarazzi (Palermo), venne ucciso senza pietà dalla mafia dei giardini. La voce popolare e i giornali indicarono come mandante dell’omicidio di Pietro Macchiarella il noto mafioso Francesco Paolo Niosi, ma a suo carico non si riuscì ad aprire nemmeno un processo. Questo omicidio segue quello del 4 gennaio, a Sciacca (AG), di Accursio Miraglia, segretario della Camera del Lavoro e dirigente comunista.

 

 

 

Fonte: C.tro siciliano di documentazione G. Impastato
A Ficarazzi (PA) viene ucciso Pietro Macchiarella. militante del Partito comunista, impegnato nelle lotte contadine.

Lo stesso giorno al Cantiere navale di Palermo alcuni mafiosi, capeggiati dal boss del rione Acquasanta Nicola D’Alessandro, sparano sugli operai che non tollerano la presenza della mafia nel Cantiere e chiedono l’allontanamento del direttore della mensa Emilio Ducci, appoggiato dai mafiosi.

Vengono feriti gli operai Francesco Paolo Di Fiore e Antonino Lo Surdo.

 

 

 

Tratto da:  centroimpastato.it

La strage di Portella della Ginestra

Umberto Santino

“Nel pianoro a metà strada tra i comuni di Piana degli Albanesi, San Giuseppe Jato e San Cipirello, in provincia di Palermo, la festa del primo maggio 1947, a cui partecipavano migliaia di persone, fu interrotta da una sparatoria che, secondo le fonti ufficiali, causò 11 morti e 27 feriti. Successivamente, per le ferite riportate, ci furono altri morti e il numero dei feriti varia da 33 a 65.

I contadini dei paesi vicini erano soliti radunarsi a Portella della Ginestra per la festa del lavoro già ai tempi dei Fasci siciliani, per iniziativa del medico e dirigente contadino Nicola Barbato, che era solito parlare alla folla da un podio naturale che fu in seguito denominato “sasso di Barbato”. La tradizione venne interrotta durante il fascismo e ripresa dopo la caduta della dittatura. Nel 1947 non si festeggiava solo il primo maggio ma pure la vittoria dei partiti di sinistra raccolti nel Blocco del popolo nelle prime elezioni regionali svoltesi il 20 aprile. Sull’onda della mobilitazione contadina che si era andata sviluppando in quegli anni le sinistre avevano ottenuto un successo significativo, ribaltando il risultato delle elezioni per l’Assemblea costituente. La Democrazia cristiana era scesa dal 33,62% al 20,52%, mentre le sinistre avevano avuto il 29,13% (alle elezioni precedenti il Psi aveva avuto il 12,25% e il Pci il 7,91%).

La campagna elettorale era stata abbastanza animata, non erano mancate le minacce e la violenza mafiosa aveva continuato a mietere vittime. Il 1947 era cominciato con l’assassinio del dirigente comunista e del movimento contadino Accursio Miraglia (4 gennaio) e il 17 gennaio era stato ucciso il militante comunista Pietro Macchiarella; lo stesso giorno i mafiosi avevano sparato all’interno del Cantiere navale di Palermo. Alla fine di un comizio il capomafia di Piana Salvatore Celeste aveva gridato: “Voi mi conoscete! Chi voterà per il Blocco del popolo non avrà né padre né madre” e la stessa mattina del primo maggio a San Giuseppe Jato la moglie di un “qualunquista truffatore” – come si legge in un servizio del quotidiano “La Voce della Sicilia” – aveva avvertito le donne che si recavano a Portella: “Stamattina vi finirà male” e a Piana un mafioso non aveva esitato a minacciare i manifestanti: “Ah sì, festeggiate il 1° maggio, ma vedrete stasera che festa!” (in Santino 1997, p. 150). Eppure nessuno si aspettava che si arrivasse a sparare sulla folla inerme, ormai lontana la memoria dei Fasci siciliani e dei massacri successivi.” […]

 

Tratto da: cittanuove-corleone.it
La Sicilia 29 Luglio 2007 di Dino Paternostro

“[…] Meno fortunato di Mannarà fu il dirigente comunista Pietro Macchiarella, che il 17 gennaio a Ficarazzi (Palermo) venne ucciso senza pietà dalla mafia dei giardini. La voce popolare e i giornali indicarono come mandante dell’omicidio il noto mafioso Francesco Paolo Niosi, ma a suo carico non si riuscì ad aprire nemmeno un processo.[…]”

 

 

Fonte:  cittanuove-corleone.net
Articolo del 14 gennaio 2019
“Vie dei diritti”, domani a Palermo l’intitolazione a Bonagia di Largo del Daino a Pietro Macchiarella, dirigente sindacale di Ficarazzi, ucciso il 16 gennaio del 1947

Palermo 14 gennaio 2014 – Domani a Palermo, nel quartiere di Bonagia, sarà intitolata una strada a Pietro Macchiarella, dirigente sindacale Cgil ucciso a Ficarazzi il 16 gennaio del 1947. Prosegue così l’intitolazione delle “vie dei diritti”, le 19 strade del quartiere di Bonagia dedicate, su iniziativa del Comune di Palermo e della Cgil Palermo, a sindacalisti, capilega e dirigenti del movimento contadino uccisi dalla mafia. Largo del Daino da domani si chiamerà Largo Pietro Macchiarella. La cerimonia si terrà alle ore 9. Interverranno il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il sindaco di Ficarazzi Paolo Martorana, il segretario generale Cgil Palermo Enzo Campo, Dino Paternostro, responsabile del Dipartimento Legalità e Memoria storica Cgil Palermo, e i familiari del sindacalista.

“E’ la prima volta che la Cgil ricorda Pietro Macchiarella. Con la nostra operazione di scavo e di recupero della memoria, stiamo riportando alla luce le storie di tutti i nostri dirigenti sindacali uccisi negli anni dell’offensiva nei confronti delle Camere del Lavoro – dichiara il segretario generale Enzo Campo – Il delitto del dirigente sindacale di Ficarazzi è caduto nell’oblio come tanti altri omicidi di quegli anni.
Sul caso furono fatte le indagini ma tutto poi si concluse con l’assoluzione del capomafia indicato come mandante. E in paese, sulla vicenda calò una coltre di silenzio. In quest’area della fascia costiea, in centri come Ficarazzi, Villabate e Trabia, dove era fortissima la produzione di agrumi, la lotta di conquista della terra si tradusse in lotta per il giusto salario e per il rispetto dell’orario di lavoro dei braccianti che lavoravano per la raccolta nei campi, sfruttati dai proprietari terrieri”.

“Questa zona – aggiunge Dino Paternostro, responsabile Legalità e memoria per la Cgil Palermo – fu teatro di diverse aggressioni violente nei confronti del movimento bracciantile che portava avanti la battaglia per i diritti. Macchiarella era uno dei giovani che lottava insieme al capopopolo del posto, Mario Contrò, leader delle lotte dei braccianti, per migliorare le condizioni di lavoro della classe operaia agricola. Evidentemente la loro azione disturbava molto, all’interno di quel clima di normalizzazione che portò tra il ’44 e il ’46 agli omicidi di Raia, D’Alessandria e Passafiume, tutti uccisi tra Ficarazzi, Casteldaccia e Trabia.
E’ significativo che dal ’47 a oggi stiamo riuscendo a fare chiarezza su questa storie. In occasione della nostra iniziativa, registriamo l’impegno del sindaco di Ficarazzi di intitolare l’anno prossimo una via. Anche il paese di Pietro Macchiarella è intenzionato al recupero pieno della sua memoria”.
L’intitolazione delle 19 strade da parte della Cgil e dell’amministrazione comunale è stata avviata il 5 dicembre scorso con l’intestazione di Largo del Camoscio a Giuseppe Puntarello, segretario della Camera del Lavoro di Ventimiglia di Sicilia, e il 7 dicembre con l’intitolazione di via del Bassotto a Felicia Impastato, simbolo dell’antimafia.

SCHEDA BIOGRAFICA
Pietro Macchiarella, dirigente sindacale di Ficarazzi
Pietro Macchiarella era un dirigente sindacale, iscritto al Partito comunista e impegnato nelle lotte dei braccianti agricoli per il rispetto del salario e dell’orario di lavoro. Venne ucciso a Ficarazzi la sera del 16 gennaio 1947, dalla mafia dei giardini, lungo il vialetto d’accesso al fondo Macchiarella, tra Ficarazzi e Villabate. Il sindacalista fu raggiunto da due colpi di lupara alla schiena, mentre stava per aprire il cancello. Figlio di Filippo e di Antonia Caronia, era nato il 18 agosto 1906. Faceva il vaccaro. La voce popolare e i giornali indicarono come mandante dell’omicidio il noto mafioso Francesco Paolo Niosi.

Il giorno dopo l’omicidio, i carabinieri avevano inviato a prefettura, questura, procura della repubblica un messaggio in cui in modo telegrafico comunicavano che il delitto era stato commesso per ragioni e interessi privati. “La Voce della Sicilia” invece titolava: «Terzo omicidio politico a Ficarazzi». La prefettura di Palermo, annunciando l’arresto del presunto assassino di Macchiarella, il pregiudicato Francesco Paolo Niosi, precisava ancora che il movente del delitto era esclusivamente dovuto a interessi privati. Secondo il rapporto dei carabinieri, Niosi aveva più volte manifestato la sua invidia verso Pietro Macchiarella perché ambiva a far pascolare le sue vacche nel fondo di 46 tumoli di Macchiarella e aveva cercato più volte di scalzarlo. Infatti lui aveva invece a disposizione solo un fondo di 8 tumuli, scomodo e insufficiente. Come per molti delitti di mafia, nel rapporto di allora si fece cenno anche a una presunta infedeltà della moglie di Niosi e a una vendetta contro Macchiarella. Ma questo movente venne escluso dagli stessi inquirenti.

A conclusione dell’inchiesta, Niosi fu assolto per insufficienza di prove. Negli anni ’49-’50 i carabinieri ripresero a indagare su alcuni fatti di sangue avvenuti nei territori dei comuni di Ficarazzi, Misilmeri e Villabate. Ma anche a conclusione di un secondo processo celebrato per l’omicidio Macchiarella, tutti gli imputati furono prosciolti.

 

 

 

 

Fonte: wordnews.it
Articolo del 17 gennaio 2020
Pietro Macchiarella, sindacalista, ucciso dalla mafia il 17 gennaio 1947
di Paolo De Chiara
La sera del 17 gennaio del 1947, con due colpi di lupara, verrà stroncata la vita del giovane dirigente sindacale. Aveva 41 anni, era nato il 18 agosto del 1906. I giornali dell’epoca riporteranno il nome dell’assassino, il capomafia Francesco Paolo Niosi. L’omicidio non fu legato, ufficialmente (dalla Prefettura), a fatti di mafia, ma ad affari privati. Una semplice diatriba tra il delinquente Niosi e il sindacalista Macchiarella. All’epoca (ma anche oggi) si usava fare così.

Ora, a Palermo, c’è anche una strada dedicata al sindacalista siciliano ucciso a Ficarazzi, nel 1947, dal capomafia dell’epoca. Questa è una storia dimenticata. Da troppi anni. Tanti sono i morti ammazzati da personaggi violenti e mafiosi che non hanno mai fatto i conti con la giustizia. Anche l’assassino del comunista Macchiarella non ha mai pagato il suo conto per l’atto arrogante e violento. Il capomafia ha strappato una vita e nessuno ha fatto giustizia. Quante sono le persone di cui, ancora oggi, non si conosce la storia? Quanti sindacalisti, quanti iscritti al partito comunista e al partito socialista, quanti difensori degli oppressi sono stati ammazzati? Perché le loro storie ancora non trovano uno spazio adeguato? Di tanto in tanto emerge qualche pezzo dal passato.

Ecco alcuni nomi dei morti ammazzati che hanno preceduto l’assassinio di Macchiarella: Lorenzo Panepinto, insegnante, sindacalista, ucciso a Santo Stefano di Quisquina (Agrigento), 16 maggio 1911; Bernardino Verro, sindaco di Corleone (Palermo), organizzatore del movimento contadino, 3 novembre 1915; Giovanni Zangara, dirigente del movimento contadino, assessore a Corleone (Palermo), 29 gennaio 1919; Giuseppe Rumore, sindacalista e attivista per l’occupazione dei latifondi, 22 settembre 1919; Giuseppe Monticciolo, presidente Lega socialista di Trapani, 27 ottobre 1919; Alfonso Canzio, fondatore Lega per il miglioramento dei contadini di Barrafranca (Enna), 27 dicembre 1919; Nicolò Alongi, dirigente movimento contadino, 29 febbraio 1920; Paolo Mirmina, sindacalista e attivista per le lotte contadine, ucciso a Noto (Siracusa), 3 ottobre 1920; Giovanni Orcel, dirigente sindacale, segretario metalmeccanici di Palermo, 14 ottobre 1920; Vito Stassi, dirigente socialista e presidente della Lega dei contadini di Piana dei Greci (Palermo), 28 aprile 1921; Antonio Scuderi, socialista, consigliere comunale e segretario cooperativa di Dattilo Paceco (Trapani), 16 febbraio 1922; Sebastiano Bonfiglio, socialista e sindacalista, primo cittadino di Erice (Trapani), 10 giugno 1922; Antonino Ciolino, dirigente lotte contadine, 30 aprile 1924; Andrea Raia, ucciso a Casteldaccia (Palermo) per il suo impegno in difesa dei diritti dei contadini, 5 agosto 1944; Nunzio Passafiume, sindacalista, promotore delle lotte per l’occupazione delle terre, 7 giugno 1945; Agostino D’Alessandro, segretario Camera del Lavoro, 11 settembre 1945; Giuseppe Scalia, segretario Camera del Lavoro di Cattolica Eraclea (Agrigento), 25 novembre 1945; Giuseppe Puntarello, dirigente Camera del Lavoro di Ventimiglia di Sicilia (Palermo), 4 dicembre 1945; Gaetano Guarino, socialista, primo cittadino di Favara (Agrigento), impegnato nelle cooperative agricole, 16 maggio 1946; Pino Camilleri, socialista, primo cittadino di Naro (Agrigento), impegnato nelle lotte contadine, 28 giugno 1946; Girolamo Scaccia e Giovanni Castiglione, contadini, rimasti uccisi a seguito di un attentato presso la Camera del Lavoro, 22 settembre 1946; Giovanni Severino, segretario Camera del Lavoro di Jappolo (Agrigento), 25 novembre 1946; Filippo Forno, contadino e sindacalista di Comitini (Agrigento), 29 novembre 1946; Nicolò Azoti, segretario Camera del Lavoro di Baucina (Palermo), 23 dicembre 1946; Accursio Miraglia, segretario Camera del Lavoro di Sciacca (Agrigento), 04 gennaio 1947.

Altro che codice mafioso di una volta. Altro che “la vecchia mafia era diversa”. Mica, come ancora qualcuno sostiene, “ammazzava le donne e i bambini”? La mafia dell’epoca faceva schifo come la mafia di oggi. Hanno sempre sfruttato tutto ciò che potevano sfruttare. Lo stesso ragionamento vale anche per l’epoca moderna. È cambiato il contesto. Ma lo squallore di questi piccoli uomini resta tale. Insieme al loro puzzo.

Le lotte per la libertà

Anche Pietro Macchiarella era un contadino ed un attivista del partito Comunista. Impegnato per proteggere i diritti dei contadini. La sua passione civile la trasferiva quotidianamente nella Camera del Lavoro, di cui era dirigente. Al centro delle lotte non c’era solo il contrasto alla mafia dell’epoca e, quindi, l’occupazione delle terre (controllate dai “potenti” proprietari terrieri e dai mafiosi), ma tra gli obiettivi risultava esserci anche la conquista dei diritti per i contadini: la giusta retribuzione, il rispetto dell’orario di lavoro per coloro che venivano sfruttati nei campi. Macchiarella, come tanti altri, combatteva per la libertà. Migliorare le condizioni dei lavoratori, dei contadini. Un atteggiamento che disturbava i personaggi loschi di Ficarazza (Palermo). La sera del 17 gennaio del 1947, con due colpi di lupara, verrà stroncata la vita del giovane dirigente sindacale. Aveva 41 anni, era nato il 18 agosto del 1906. I giornali dell’epoca riporteranno il nome dell’assassino, il capomafia Francesco Paolo Niosi. L’omicidio non fu legato, ufficialmente (dalla Prefettura), a fatti di mafia, ma ad affari privati. Una semplice diatriba tra il delinquente Niosi e il sindacalista Macchiarella. All’epoca (ma anche oggi) si usava fare così. La mafia è un’invenzione dei comunisti e dei giornalisti, ripeteva ossessivamente il sanguinario e viddano Salvatore Riina. L’altra usanza dell’epoca (abbiamo dovuto aspettare Giovanni Falcone e il Maxiprocesso per il cambio di rotta) era l’assoluzione dei mafiosi. Tutti gli imputati, a conclusione dei processi partiti per individuare i mandanti e gli esecutori dell’omicidio Macchiarella, furono prosciolti dalle accuse. Un morto e nessun colpevole.

 

 

 

 

 

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