Le Vittime che commemoriamo, mese: OTTOBRE

Roberto Ticli

1 ottobre 1990 Porto Ceresio (VA). Ucciso Roberto Ticli, carabiniere di 24 anni, mentre effettuava un controllo di documenti.
Roberto Ticli era un giovane carabiniere di 24 anni, ferito mortalmente il primo ottobre del 1990 da un rapinatore che aveva appena fermato per un controllo. Un colpo di 357 Magnum al petto è stato fatale al militare. La sparatoria è avvenuta a Porto Ceresio, un paesino di tremila abitanti in provincia di Varese. Qui Roberto Ticli si era trasferito con la moglie e la figlia di un anno. L’omicida è un rapinatore svizzero. Il bandito, che era ricercato dalla polizia elvetica, è stato preso poco dopo: si era rifugiato su un treno pronto sui binari in partenza per Varese e Milano. (http://vivi.libera.it/)

 

 

1 ottobre 1991 Careri (RC). “Nel triangolo dei sequestri” ucciso il pastore Giuseppe Rocca.
Giuseppe Rocca, pastore di Careri (RC),  trentasei anni, incensurato. La sua è una morte misteriosa. Lo hanno ucciso il 1° ottobre 1991 nella frazione di Natile con un colpo di pistola alla tempia. Una zona calda quella, nel cuore del triangolo dei sequestri. Un pastore che si muove col gregge in Aspromonte vede e sa, forse troppo.  (Tratto dal libro Dimenticati – Vittime della ‘ndrangheta di Danilo Chirico e Alessio Magro  – Cap. IV Aspromonte, sola andata)

 

Gian Corrado Basso

 

2 ottobre 1976 San Carlo Canavese (TO). Ucciso Gian Corrado Basso, carabiniere di 21 anni, in uno scontro a fuoco con dei ladri di Tir.
Gian Corrado Basso, Carabiniere di 21 anni, viene ucciso il 2 ottobre 1976, nelle campagne di San Carlo Canavese (TO), mentre, insieme ad altri due colleghi, stava controllando i documenti di un individuo sorpreso a trasbordare elettrodomestici da un Tir ad un altro autocarro, risultati poi rubati.

 

 

Augusto Rancilio

2 ottobre 1978 Cesano Boscone (MI). Rapito Augusto Rancilio, 26 anni figlio di un imprenditore. Il suo corpo non sarà mai ritrovato.
Augusto Rancilio, 26 anni, architetto, italiano ma residente a Parigi, cosi come tutta la famiglia, secondogenito di un noto imprenditore italo-francese è stato rapito  il 2 Ottobre del 1978 a Cesano Boscone (MI), nella cintura industriale milanese.  Il padre, Gervaso, 85 anni, era ritenuto molto ricco per avere realizzato interi quartieri, zone e rioni, nel nostro paese e in Francia. Gervaso Rancilio  annunciò che non avrebbe potuto versare alcun riscatto perché tutte le imprese che facevano a lui capo erano sovvenzionate da banche e che, oltretutto, era indebitato con esse.
1993: la confessione fiume del boss Morabito Saverio, boss calabrese di Plati’ trapiantato a Milano, consente piena luce anche su alcuni dei più clamorosi fatti di cronaca nera milanesi: Il sequestro di Augusto Rancilio si concluse subito tragicamente, il giovane architetto venne ucciso pochi giorni dopo perché tentava di fuggire dalla sua prigione a San Giorgio su Legnano.

 

 

Domenico (Mimmo) Zappia

2 ottobre 1987 Staiti (RC). Ucciso Domenico Zappia, 18 anni, colpevole di aver chiesto un passaggio al vero obiettivo dell’agguato.
Lo studente Domenico Zappia, 18 anni, di Staiti in provincia di Reggio Calabria, fu ucciso il 2 ottobre del 1987. Non era lui l’obiettivo dei killer bensì Antonio Stelitano, di 33 anni, al quale il ragazzo casualmente aveva chiesto un passaggio per tornare a casa dopo la scuola. I due, a bordo di una Fiat 127, furono raggiunti da numerosi colpi di lupara, Stelitano morì sul colpo mentre Mimmo Zappia si spense dopo 5 giorni di agonia in ospedale.
Questo duplice omicidio venne inserito nella faida di Motticella che in 7 anni anni, dal 1983 al 1990, lasciò sul campo oltre 50 vittime tra cui gli studenti Pietro e Filomena Pezzimenti. (Fonte: quotidianodelsud.it )

 

 

Giovanbattista Tedesco

2 ottobre 1989 Taranto. Assassinato Giovanbattista Tedesco, ex carabiniere, capo vigilanza all’Italsider. Non aveva voluto sottostare alle imposizioni della Sacra Corona Unita.
Nella notte tra lunedì 2 e martedì 3 ottobre 1989, in un rione di Taranto, sotto la casa dove abitava, fu trovato, assassinato, il corpo di Giovanbattista Tedesco, appartenente all’Arma dei Carabinieri.Svolgeva servizio, come capo della vigilanza, all’ITALSIDER, dove allora lavoravano 12.000 persone.
Fu soppresso perché non aveva voluto sottostare alle imposizioni della Sacra Corona Unita che, alle acciaierie di Taranto, la facevano da padrone, come riportato nella Relazione della Commissione Antimafia, presieduta da Gerardo Chiaramonte, e stilata dal giudice Luciano Violante.
All’Italsider, cioè allo Stato, sempre stralciando dalla citata Relazione, si rubava in quattro modi:  con le sottofatturazioni delle tonnellate di acciaio che uscivano dallo stabilimento; con i materiali di scarto – e non –  che venivano portati alle discariche dove erano pronti i camion dei mafiosi a ritirarli; con le denunce per furti, circa 2 miliardi (dell’epoca) al mese, alle compagnie  assicuratrici, beneficiando del relativo risarcimento; con il Bilancio aziendale costantemente in perdita e il relativo intervento dei finanziamenti statali per il ripiano.
Giovanbattista Tedesco, persona onesta e sincera, inebriato dagli apprezzamenti dei dirigenti ai quali riferiva il suo operato e gratificato dai modesti aumenti salariali per i successi conseguiti sul lavoro, denunciò il sistema e pagò con la vita la sua onestà.

 

 

Gaetano Marchitelli

2 ottobre 2003 Bari. Resta ucciso Gaetano Marchitelli, 15 anni, durante una sparatoria tra clan.
Gaetano Marchitelli, giovane studente di 15 anni, che lavorava in una pizzeria per pagarsi gli studi, è stato ucciso a Carbonara, periferia di Bari, il 2 Ottobre del 2003, da dei proiettili destinati a qualcun altro. «Colpevole  di trovarsi per lavoro nel luogo in cui si sarebbe dovuta consumare l’esecuzione di un altro uomo – il vero “colpevole” – secondo quelli che sono i perversi e disumani meccanismi del “regolamento di conti” delle organizzazioni criminali».

 

 

2 ottobre 2008 Giugliano (NA). Ucciso Lorenzo Riccio, dipendente di una ditta di onoranze funebri il cui titolare, circa 15 anniprima, aveva “osato” testimoniare contro il boss Francesco Bidognetti.
Lorenzo Riccio è stato ucciso in un agguato a Giugliano, nel Napoletano. Lorenzo, 37 anni ed incensurato, era al lavoro in un’azienda di pompe funebri in via Oasi del Sacro Cuore, per la quale lavorava come ragioniere, quando i sicari hanno sparato diversi colpi d’arma da fuoco prima di allontanarsi. Riccio lavorarva per la ditta di pompe funebri ‘Russo & c.’. Il titolare della ditta è stato testimone, agli inizi degli anni ’90, in un processo contro elementi di spicco del clan dei Casalesi. Nell’agguato sono stati usati kalashnikov e pistole di diverso tipo. Le modalità dell’omicidio, almeno per la sua esecuzione, sono, secondo gli investigatori, di chiaro stampo camorristico. (Fondazione Pol.i.s.)

 

 

Adolfo Parmaliana

2 ottobre 2008 Patti (ME). Si suicida Adolfo Parmaliana. Suicidio per mafia ma non solo.
Il 2 ottobre 2008 si ammazza in Sicilia Adolfo Parmaliana, cinquantenne professore di chimica industriale all’università di Messina, considerato uno dei massimi esperti internazionali nella ricerca delle nuove fonti di energia rinnovabile. All’impegno accademico Parmaliana ha unito per trent’anni un accanito impegno civile.
Iscritto giovanissimo al Pci, ha difeso le ragioni della legalità, della correttezza, del buongoverno nella sua piccola patria, Terme Vigliatore, un paesino che si trova a pochissimi chilometri da Barcellona Pozzo di Gotto, zona franca dei grandi boss di Cosa Nostra, da Santapaola a Provenzano, fondamentale snodo del Gioco Grande, lì dove confluiscono e s’intrecciano mafia, massoneria, alta finanza, pezzi rilevanti delle Istituzioni. Così il piccolo professore amante dei libri, dei vestiti eleganti, della Juve e idolatrato dai suoi allievi diventa, quasi a sua insaputa, un testimone scomodo da zittire, soprattutto dopo che le sue denunce hanno portato allo scioglimento del Comune di Terme per infiltrazioni mafiose. Emarginato dal suo stesso partito, subisce la vendetta di quel Partito Unico Siciliano che lui per anni ha indicato quale connivente con il peggio della società. Il suicidio, spiegato da una terribile lettera d’accusa alla magistratura locale, appare, allora, l’unico strumento per non darla vinta ai persecutori e riaffermare la superiorità del Bene sul Male. (Tratto dalla recensione del libro Io che da morto vi parlo Passioni, delusioni, suicidio del professor Adolfo Parmaliana di Alfio Caruso Ed. Longanesi)

 

 

3 ottobre 1920 Noto (SR) Assassinato Paolo Mirmina, sindacalista.
Paolo Mirmina era un sindacalista molto attivo nelle lotte per le terre siciliane, venne assassinato dai sicari di Cosa Nostra a Noto, in provincia di Siracusa, il 3 ottobre del 1920. Da sempre si era scontrato con i poteri forti della mafia siciliana che mal tolleravano il suo impegno a favore dei lavoratori e dei contadini locali.

 

 

3 ottobre 1951 San Martino di Taurianova (RC). Muore Domenica Zucco, 3 anni, dopo 23 giorni di agonia. Vittima innocente di un attentanto contro il padre.
Domenica Zucco, 3 anni, muore dopo 23 giorni di agonia il 3 ottobre del 1951 a San Martino di Taurianova (RC).Vittima innocente di un attentato contro il padre. “E’ la sera dell’11 settembre 1951 che si consuma la tragedia a San Martino di Taurianova.Il bracciante Domenico Zucco è stato coinvolto l’anno prima nell’omicidio di Girolamo Fedele, fatto fuori nella piazza principale del paese. L’istruttoria si è conclusa con l’assoluzione per insufficienza di prove. La lupara supera gli ostacoli che bloccano la giustizia ordinaria: il fratello dell’ucciso, Vittorio Fedele, decide di fare da sé. Quella sera l’occasione è buona, i vicini non sono una problema e neanche la presenza delle bambine, Domenica e la sorellina Maria, ferma l’assassino. Il fucile fa centro da dieci metri di distanza, ma anche le piccole sono ferite gravemente. Domenica Zucco, colpita all’addome, morirà il 3 ottobre 1951, dopo ventiquattro giorni di agonia.” (tratto da Dimenticati Vittime della ‘ndrangheta di Danilo Chirico e Alessio Magro)

 

 

3 ottobre 1985 Sant’Agata dei Goti (BN). Angelo Mario Biscardi, 35 anni, vicesindaco ed assessore all’Urbanistica, fu assassinato dalla camorra perché si era opposto alle mire della malavita.
Angelo Mario Biscardi, 35 anni, di Sant’Agata dei Goti (BN), fu ucciso per la sua attività politica che aveva portato ad operare in un settore cardine in rapporto anche ai consistenti stanziamenti previsti per la riattivazione di edifici danneggiati dal sisma. L’omicidio non fu un episodio isolato di violenza, quanto piuttosto il culmine inaudito di una lunga serie di atti di sopraffazione e criminalità che interessarono la collettività fino allora tranquilla di S. Agata dei Goti.
Biscardi era un osso duro, uno scoglio difficile da superare per chi voleva aggirare norme e regolamenti e gestire per il proprio interesse i fondi per la ricostruzione post-terremoto: egli cercò di impedire lo sperpero dei miliardi concessi dallo Stato e, per questo, eliminato. In un primo tempo l’autore del delitto Biscardi fu indicato dagli inquirenti nella persona di un pregiudicato locale ritenuto affiliato ad un clan camorristico di Marcianise e già arrestato con accuse di racket: le indagini, tuttavia, non approdarono a nulla perché, pochi giorni dopo quel 5 ottobre, anche il presunto killer fu ammazzato.
Fonte: vivi.libera.it

 

 

Stefano Bonfà

3 ottobre 1991 Caraffa Del Bianco (RC). Assassinato Stefano Bonfà, 62 anni, imprenditore agricolo. Probabile testimone di rapimento.
Stefano Bonfà, 62 anni, imprenditore agricolo di Samo, fu ritrovato cadavere nella sua auto nei pressi del podere di sua proprietà nel comune di Caraffa Del Bianco.
Si ipotizza che Stefano Bonfà sia stato ucciso per aver visto il passaggio di un mezzo con dentro una vittima di sequestro, in quanto la sua proprietà è situata in una “zona strategica”; quella era l’epoca dei sequestri di persona.
Per anni, dopo l’uccisione di Stefano Bonfà, si sono susseguiti danneggiamenti, anche con l’utilizzo delle cosiddette “vacche sacre”, nei terreni di proprietà della famiglia Bonfà. Il figlio della vittima, Bruno, sta lottando da allora per avere verità e giustizia e l’attenzione delle autorità su quanto accaduto e sta ancora accadendo alla sua famiglia.

 

 

5 ottobre 1992 Taurianova (RC). Rocco Corica, 53 anni, e Antonio Corica, 29 anni, padre e figlio, titolari di una attività commerciale, sono stati assassinati per non aver ceduto al ricatto del racket delle estorsioni
Rocco Corica, 53 anni, e Antonio Corica, 29 anni, padre e figlio, titolari di una attività commerciale a Taurianova (RC), sono stati assassinati il 5 ottobre del 1992 per non aver ceduto al ricatto del racket delle estorsioni

 

 

5 ottobre 2008 Casal Di Principe (CE). Ucciso Stanislao Cantelli. Ucciso perché era lo zio di un pentito di camorra.
Stanislao Cantelli fu ucciso a Casal Di Principe (CE) il 5 Ottobre 2008. Lavorava in un caseificio: tagliava la mozzarella. Da poco era andato in pensione per problemi di salute, dopo aver cominciato ben presto a lavorare, essendo rimasto orfano di padre a otto anni, con una famiglia numerosa alle spalle. Era incensurato. Suo cognato aveva sposato la sorella del boss Francesco Bidognetti, alias “Cicciotto ‘e mezzanotte”. Ma non è stata questa parentela a procurargli la morte. Bensì il fatto di essere lo zio dei pentiti Alfonzo e Luigi Diana. Tre anni prima Stanislao aveva rinunciato alla protezione. La vendetta della camorra non si è fatta attendere.

 

 

Silvio De Francesco

6 ottobre 1980 Bovalino (RC). Rapito Silvio De Francesco, farmacista 70enne, muore nel tragitto per l’Aspromonte.
Silvio De Francesco, un nobile di origini napoletane, ha la sfortuna di abitare a Bovalino (RC), il paese dei sequestrati.Lo prendono la sera del 6 ottobre dell’80 a casa sua. Ha settantasei anni. Troppo vecchio per reggere la fatica della marcia sui monti. Arranca, non riesce più a respirare e si lascia andare in un fossato durante il trasferimento alla cella preparata per lui in Aspromonte. Lo abbandonano lì, senza vita, dove verrà ritrovato il 13 ottobre. Ci sono un cadavere da seppellire, una tomba da onorare, ma nessun indizio concreto. (Dimenticati di D. Chirico e A. Magro)

 

 

Claudio Volpicelli – Foto da Vivilibera.it

6 ottobre 1989 Vittoria (RG). Claudio Volpicelli, agronomo, ucciso perché scambiato per un altro.
Claudio Volpicelli fu ucciso a Vittoria (RG) il 6 ottobre del 1989.
Verso le 19.20 del 6 ottobre 1989, alcuni ignoti fecero irruzione nel deposito di plastica della ditta Donzelli, a Vittoria (RG) e uccisero l’agronomo Claudio Volpicelli, in quel momento seduto al posto solitamente occupato da Giovanni Donzelli. Quei colpi di pistola sparati dai killer non erano per Claudio, da tutti ritenuta persona onesta. La sua colpa è stata quella di essere seduto per un giorno al posto di Donzelli, titolare dell’azienda omonima, sospettato di far parte degli ambienti criminali locali e che nell’ultimo periodo aveva subito minacce da imprenditori concorrenti.
Fonte: vivi.libera.it

 

 

Vincenzo Macrì

7 ottobre 1976 Grotteria (RC). Rapito Vincenzo Macrì, famacista di 76 anni. Il suo corpo non sarà mai ritrovato.
Il farmacista Vincenzo Macrì (76 anni) viene rapito a Grotteria il 7 ottobre del 1976. Viaggiava a bordo della sua Alfa Romeo Giulietta, insieme alla moglie Iolanda Marvasi e alla figlia Maria Carmela. Lungo la statale 281 i affianca un’auto, a bordo quattro banditi armati di pistola e mitra, c’è l’ordine di fermarsi. I sequestratori prelevano Macrì e poi abbandonano i due mezzi a qualche chilometro di distanza. Arriva la richiesta di riscatto: un miliardo. Dopo poco più di un mese viene individuata la prigione, ma il professionista non c’è. Non sarà più ritrovato.

 

 

Elio Di Mella

7 ottobre 1982 Avellino. Elio Di Mella, giovane Carabiniere, ucciso mentre tentava di opporsi alla liberazione di un detenuto.
Elio Di Mella era un giovane carabiniere in servizio, da circa due anni, presso la caserma dei carabinieri di Campobasso. Il 7 ottobre 1982 sull’autostrada Napoli-Bari, in prossimità dell’uscita Avellino-Est, un commando di otto uomini su tre auto (una Ritmo color nocciola, una Alfetta e una Ford Fiesta) blocca il furgone Peugeot blindato nel quale era custodito Mario Cuomo, pregiudicato della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Il detenuto, da quattro mesi nel carcere di Campobasso, stava per essere trasportato ad Avellino dove sarebbe dovuto comparire davanti ai giudici per l’imputazione di concorso in omicidio. Cinque uomini costrinsero due carabinieri, minacciando con pistole e fucili, a cedere le armi, a scendere dal mezzo e a distendersi a terra. Un colpo di pistola venne esploso nella parte posteriore del blindato contro lo sportello destro, dove Elio Di Mella, accanto al detenuto ne manteneva le catene. Il carabiniere non si lasciò intimorire e, colpito con il calcio di una pistola, continuò a trattenere Cuomo fino a quando, un uomo del commando lo colpì mortalmente con un proiettile alla testa. Elio Di Mella lasciò la giovane moglie ed un figlio di soli tre anni. (Wikipedia)

 

 

Claudio Domino

7 ottobre 1986 Palermo. Claudio Domino, 11 anni, fu ucciso con un colpo di pistola inferto in fronte a bruciapelo.
Claudio Domino, 11 anni, era il figlio di un dipendente della Sip. Il padre era anche titolare di un’ impresa che gestiva in appalto i lavori di pulizia dell’aula bunker. Fu assassinato vicino alla cartolibreria gestita dalla madre.
Un giovane in moto e con il volto coperto da un casco chiamò il bambino per nome, mentre stava giocando e, dopo averlo avvicinato, gli puntò la pistola in fronte sparandogli a bruciapelo. Claudio sarebbe stato ucciso perché aveva visto confezionare alcune dosi di eroina in un magazzino. (Liberanet.org)

 

 

Pasquale Malgeri

7 Ottobre 1991 Grotteria (RC). Rapito Pasquale Malgeri, medico in pensione (71 anni), mai ritrovato.
Il dottor Pasquale Malgeri e’ stato sequestrato il 7 ottobre 1991 nella sua proprieta’ di Pirgo, una frazione di Grotteria, nella Locride. Si trovava in compagnia della moglie Anita Niutta quando all’ improvviso cinque uomini, incappucciati e armati, immobilizzarono l’ anziano professionista, spingendolo dentro la sua autovettura, una Renault 5, con la quale i banditi si sono poi allontanati dopo aver legato con dei lacci la moglie. A dare l’allarme fu un colono dei Malgeri che si trovava a poca distanza dal luogo del rapimento a raccogliere della frutta. Il suo corpo non sarà mai ritrovato.

 

 

Salvatore Zangara

8 Ottobre 1983 Cinisi (PA) Salvatore Zangara resta ucciso da una raffica di proiettili destinati al capomafia del paese.
Cinisi, 8 Ottobre 1983. Salvatore Zangara, 52 anni, sposato e padre di tre figli, titolare di un laboratorio di analisi, segretario locale del P.S.I.  Per caso si trovava a passare nel luogo dell’agguato.  La raffica di proiettili destinati al capomafia di Cinisi raggiunsero lui e altre due persone che rimasero gravemente ferite.
L’omicidio di Salvatore Zangara è rimasto impunito. Non sono mai stati individuati mandanti ed esecutori dell’attentato.
Nel 1987 Salvatore Zangara fu riconosciuto vittima innocente della mafia.

 

Foto da gazzettadelsud.it

8 Ottobre 1986 Messina. Resta uccisa Nunziata Spina, 35 anni, in un regolamento di conti, mentre era ricoverata in ospedale.
Nunziata Spina, 35 anni, è ricoverata nel reparto di fisioterapia dell’ospedale di Ganzirri (Messina). Alle ore 22,00 dell’8 ottobre 1992 si trova in una saletta del nosocomio insieme ad un ragazzo di 13 anni e con un altro ricoverato, Pietro Bonsignore di 21 anni. All’improvviso due uomini fanno irruzione nel locale e cominciano a sparare all’impazzata contro il Bonsignore che tenta invano di ripararsi dietro le sedie. Un colpo vagante raggiunge la donna alla tempia sinistra. Nunziata Spina crolla ai piedi del ragazzo che rimane inebetito per lo shock. Gli assassini non si fermano qui: prima di allontanarsi danno al Bonsignore il colpo di grazia. Per la donna che dà ancora deboli segni di vita è tutto inutile. I medici non riescono a salvarla.

 

 

Domenico Geraci

8 Ottobre 1998 Caccamo (PA) Ucciso il sindacalista Domenico (Mico) Geraci.
Domenico Geraci, detto Mico, sindacalista della Uil, venne ucciso l’8 ottobre del 1998 a Caccamo, una cittadina in provincia di Palermo definita da Giovanni Falcone “la Svizzera della mafia”. Il suo omicidio resta ancora avvolto nel mistero e senza responsabili, anche se il capomafia di Caccamo, Nino Giuffrè, collaboratore di giustizia, ha dichiarato ai magistrati che la condanna a morte sarebbe stata decisa perché Geraci aveva girato le spalle alla vecchia Dc, avvicinandosi al centrosinistra, in particolare al deputato diessino Beppe Lumia.Il pentito ha rivelato nell’ottobre 2002 particolari sul delitto, e i magistrati riaprirono le indagini iscrivendo nel registro degli indagati i nomi di Bernardo Provenzano e Benedetto Spera. Ad assassinare Geraci, secondo il pentito Giuffrè, sarebbe stato un sicario a volto scoperto della famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno, zona controllata dal boss Spera. L’agguato, sempre secondo il collaboratore di giustizia, venne effettuato senza il suo consenso, e pure vicino all’abitazione in cui viveva la sua famiglia. Una sorta di “segnale” che Provenzano e Spera avrebbero voluto inviare al capomafia che si era opposto per due volte all’omicidio. Ma le dichiarazioni di Giuffrè non sono state sufficienti per portare a giudizio le persone sospettate dell’omicidio, così il caso e’ stato archiviato. (Antimafiaduemila.com)

 

 

Francesco Gaito

8 Ottobre 2007 Sant’Antimo (NA) Ucciso Francesco Gaito, titolare di una tabaccheria, in un tentativo di rapina.
Francesco Gaito, un tabaccaio di sant’Antimo (NA), è stato ucciso durante un tentativo di rapina. La vittima è stata ammazzata nella piazza della cittadina mentre stava andando a piedi in banca per depositare settemila euro. Il tabaccaio era appena uscito dal suo negozio, in piazza Matteotti, quando è stato affrontato da due malviventi quasi a metà strada tra la tabaccheria e la banca, un percorso di circa duecento metri. Gaito ha reagito, e uno dei due lo ha ammazzato con un colpo di pistola. Gli aggressori, giovani e a volto scoperto, sono fuggiti a piedi senza portare a termine la rapina: la somma di denaro è stata trovata dai carabinieri sul cadavere del tabaccaio. Ad oggi l’omicidio di Francesco Gaito è ancora senza colpevoli.

 

 

Francesco Vangeli

9 ottobre 2018 Scaliti di Filandari (VV). Scompare Francesco Vangeli, 23 anni, vittima di lupara bianca.
Francesco Vangeli, ventisei anni, è scomparso da Vibo Valentia il 9 ottobre 2018. La sua fidanzata aveva avuto una breve relazione con il nipote di un boss di ndrangheta. Per la procura proprio il giovane malavitoso avrebbe attirato Francesco in una trappola per ucciderlo. Al centro del caso l’amore per la ragazza contesa e la paternità del bimbo che portava in grembo. (fonte: fanpage.it)

 

Francesco Gebbia

 

10 Ottobre 1892 Mezzojuso (PA). Ucciso Francesco Gebbia, consigliere comunale del paese.
Francesco Gebbia era un consulente legale, Consigliere comunale di opposizione del Comune di Mezzojuso, fu assassinato nella piazza del paese a fucilate. Fonte Wikipedia
Fonti non ufficiali attestano che “quella morte se la era andata a cercare, mettendosi dalla parte dei contadini.”

 

 

Giuseppe Giovinazzo e Girolamo Galasso

10 Ottobre 1980 Cittanova (RC). Uccisi Giuseppe Giovinazzo e Girolamo Galasso. Probabili testimoni scomodi.
IL muratore Giuseppe Giovinazzo, 26 anni, di Cittanova, fu ucciso il pomeriggio del 10 0ttobre del 1980, mentre in compagnia di Girolamo Galasso, si stava recando in campagna per prendere una pizza da mangiare con gli amici. Ma i due non arriveranno mai a destinazione. Furono trovati qualche ora dopo, uccisi a colpi di fucile, in contrada Vatone, a bordo dell’auto di Galasso. Il loro omicidio, considerato che i ragazzi erano totalmente estranei ad ambienti malavitosi e anzi, erano molto conosciuti in paese e apprezzati per la loro dedizione al lavoro e alla famiglia, destò grande sorpresa e commozione. Secondo gli investigatori dell’epoca, i due assistettero casualmente a qualcosa che li rese dei testimoni scomodi. La loro morte, ancora oggi, è avvolta da un fitto mistero. (foto di Giuseppe Giovinazzo ed articolo da quotidianodelsud.it)

 

 

Pasquale D’Abrosca

10 ottobre 1989 Grazzanise (CE). Assassinato Pasquale D’Abrosca, commerciante edile. Si era rifiutato di fornire gratuitamente del materiale edile. Ennesima estorsione a cui non voleva sottostare.
Pasquale D’Abrosca era un commerciante edile di Grazzanisce (CE). Venne assassinato il 10 ottobre del 1989 perché si era rifiutato di consegnare del materiale edile gratis agli esponenti del clan dei Casalesi.
Dopo 28 anni dal suo omicidio, Francesco Schiavone, nel giugno 2017, si era autoaccusato del delitto ed a seguito di tale dichiarazione i fratelli di D’Abrosca hanno deciso di chiedere alla DDA di riaprire il caso. A novembre 2017 Francesco Schiavone è stato condannato a 16 anni di carcere per questo omicidio.

 

10 Ottobre 1989 Salerno. Scompare Donato Cappetta, 26 anni, vittima di lupara bianca.
Donato Cappetta (Acerno (SA),12 maggio 1963 – Salerno, 10 ottobre 1989) è una vittima di Camorra, di cui, tuttavia, non si hanno altre informazioni.
Fonte: wikimafia.it

 

10 Ottobre 1990 Caltagirone (CT). Assassinato Giuseppe Aiello, 12 anni, testimone dell’omicidio del pastore per cui lavorava.
Giuseppe Aiello, un bambino di dodici anni, di Caltagirone (CT) nel tempo libero dalla scuola, per aiutare la famiglia, andava a lavorare in campagna da un pastore, Giacomo Grimaudo, con precedenti penali per abigeato. Era l’8 ottobre del 1990. L’agguato è scattato intorno alle 18,30 in contrada Racineci, dove Grimaudo possedeva un ovile nel quale erano radunate le sue ottocento pecore. Una mandria imponente che era stata ingrandita recentemente. Il pastore, aiutato dal ragazzetto, aveva completato il raduno degli animali e si era appena dedicato alle operazioni di mungitura. Gli assassini sono arrivati silenziosamente alle spalle, cogliendolo di sorpresa. Un attimo per prendere la mira e poi si e scatenato l’inferno. Grimaudo è stato colpito alla schiena e al torace da numerosi colpi di 7’65 che lo hanno fulminato mentre si trovava chino sulle bestie per la mungitura. Poi i colpi al piccolo Giuseppe, almeno sei, alcuni dei quali alla testa. Un particolare questo che eliminerebbe ogni dubbio sulla volontarietà dell’uccisione del pastorello.Grazie alla testimonianza di un altro ragazzo, quindicenne, che lavorava anche lui con il pastore,  riuscito a salvarsi soltanto perché non era stato visto, sono stati arrestati i due sicari.

 

10 Ottobre 2006. Quarto (NA). Enrico Amelio, imprenditore di Gaeta (LT), morì per una pistolettata ad una femorale. Fu gambizzato per dare “un segnale” ad un parente che aveva osato intromettersi in un affare a cui era interessato un capoclan della zona.
Enrico Amelio, imprenditore di Gaeta (LT), stava andando a trovare un parente di Quarto (NA). Ad un tratto, mentre camminava lungo Corso Italia,  due uomini in sella a una moto lo affiancarono. Il passeggero sparò un colpo di pistola e lo ferì a una gamba. Poco dopo, appena soccorso e caricato a bordo dell’ambulanza, Enrico morì: la pallottola aveva reciso la femorale.Doveva essere una lezione, una gambizzazione. Si trasformò invece in omicidio.
Dalle indagini è emerso che Enrico Amelio fu ucciso perché un suo zio materno era intenzionato ad acquistare alcuni fondi in via Marmolito, nella zona quartese a tutti nota come la Macchia, sui quali anche il capoclan della zona aveva mostrato interesse. Era un affare da tre milioni di euro e non si poteva permettere che altri si intromettessero.

 

 

Ciro Rossetti

11 Ottobre 1980 Napoli. Ucciso Ciro Rossetti, giovane operaio dell’AlfaSud
L’11 ottobre del 1980 a San Giovanni a Teduccio, quartiere del napoletano, viene ucciso Ciro Rossetti, giovane operaio dell’Alfasud.  Ciro si è recato a casa della madre con la moglie ed i suoi due figlioletti per assistere con i suoi parenti alla partita di qualificazione ai mondiali Italia-Lussemburgo. Secondo la ricostruzione della polizia, l’operaio, uditi alcuni spari, si sarebbe subito precipitato alla finestra. Passava di lì un’Alfasud con a bordo almeno 3 persone. Una di queste, con il braccio proteso fuori dal finestrino anteriore destro, impugnava una pistola da cui sarebbero stati esplosi almeno quattro colpi, a distanza di pochi secondi l’uno dall’altro, uno dei quali ha ferito all’anca Ciro Sorrentino e ucciso il giovane Rossetti, padre di due bambini, che con la malavita della zona non aveva nulla da spartire. (Fondazione Pol.i.s.)

 

 

Ignazio De Florio

11 Ottobre 1983 Carinola (CE). Ucciso Ignazio De Florio, 24 anni, agente di custodia del locale carcere, senza un motivo.
Ignazio De Florio –  nato a Apice (BN) il 13/02/1959 – era un Agente del Corpo degli Agenti di Custodia in servizio presso la Casa di Reclusione di Carinola (CE). L’11 ottobre 1983 veniva fatto segno di un attentato, riconducibile a fatti commessi per il perseguimento delle finalità delle associazioni di cui all’art.416/bis C.P., mentre ritornava a casa dopo essere smontato dal servizio. Prontamente soccorso, cessava di vivere durante il trasporto in Ospedale. Riconosciuto “Vittima del Dovere” ai sensi della Legge 466/1980 dal Ministero dell’Interno.

 

 

Franco Imposimato

11 ottobre 1983 Ucciso in un agguato Franco Imposimato. Una vendetta trasversale nei confronti del fratello, l´allora giudice istruttore Ferdinando che stava indagando su Cosa nostra e Banda della Magliana.
Franco Imposimato Ucciso a Maddaloni (CE). Una vita normalissima la sua, divisa tra il lavoro, come impiegato della CGIL alla FACE Standard e la vita familiare: Franco è sposato, ha una moglie e due figli, il maggiore Giuseppe e il più piccolo Filiberto. Suo fratello è Ferdinando Imposimato, giudice che conduceva delicate indagini riguardanti la Banda della Magliana. Questo la Camorra non l’ha perdonato. Franco è stato vittima di un attentato trasversale, portato a termine da una connection tra Mafia e Camorra. Lo scopo era quello di intimidire suo fratello, il giudice. L’uccisione avvenne l’11 ottobre del 1983, mentre era in macchina con la moglie e il cane. L’auto venne affiancata da tre sicari a bordo di una Ritmo 105, furono sparati diversi colpi: Franco morì subito, con undici proiettili. La moglie venne invece ricoverata d’urgenza in ospedale: colpita da due proiettili, riuscì a sopravvivere. Una telefonata ricevuta dall’ANSA, il giorno dopo l’omicidio, smentì l’ipotesi che la colpa fosse da attribuire alle Brigate Rosse. Una voce anonima, infatti, disse: “è stato ucciso il fratello del giudice boia”. Indagini successive scoprirono il mandante dell’omicidio, Pippo Calò, che ordinò l’uccisione di Imposimato chiedendo aiuto ai “cugini” del clan dei Casalesi. Il nome dello stesso Imposimato compare infatti nel processo Spartacus, che condannò Calò all’ergastolo in via definitiva. (19luglio1992.com)

 

 

11 ottobre 1989 Serra San Bruno (VV). Pasquale Primerano, 18 anni, ucciso per errore.
Pasquale Primerano fu ucciso per errore l’11 ottobre 1989 a Serra San Bruno, in
provincia di Vibo Valentia. Aveva appena 18 anni.
Fonte: docplayer.it

 

 

Salvatore Arcuri

11 ottobre 2001 Scalea (CS). Ucciso Salvatore Arcuri, 24 anni, ed il corpo dato alle fiamme. Un bravo ragazzo. La famiglia aspetta verità e giustizia.
Salvatore Arcuri è stato assassinato e bruciato vivo all’età di 24 anni nella notte dell’11 ottobre del 2001 nella spiaggia di Scalea nei pressi del fiume Lao.
Un caso irrisolto, un delitto senza colpevoli, una “cocente sconfitta per investigatori e magistrati”.
Salvatore era un bravo ragazzo. Questo lo sapevano tutti coloro che lo conoscevano. Un bonaccione, sempre pronto a regalarti un sorriso, eppure, nonostante la brutale fine che gli è stata inflitta, nel 2010 il caso è stato archiviato senza un colpevole.

 

 

Pasquale Andreacchi

11 Ottobre 2009 Serra San Bruno (VV). Scompare Pasquale Andreacchi, 18 anni. Ritrovano il suo corpo fatto a pezzi.
Pasquale Andreacchi ucciso a Serra San Bruno (VV). Aveva compiuto 18 anni da neanche un mese quando cadde vittima della barbarie che lo ha strappato, poco più che bambino, alla sua famiglia. Poco prima, per festeggiare il suo ingresso nella maggiore età, Pasquale si era fatto un regalo, un cavallo. Si chiamava Joe, ed insieme allo stallone Hidalgo, e ad altri, era la sua vera ragione di vita. La sua unica smisurata passione. Non era riuscito ancora a pagarlo, quel cavallo, poiché aspettava un assegno che tardava ad arrivare. L’aveva acquistato da un pregiudicato del luogo, che per il mancato pagamento pare abbia minacciato più volte Pasquale e i suoi familiari. L’11 ottobre 2009 il 18enne scompare nel nulla. Ci sono alcune testimonianze che poi vengono ritrattate. C’è omertà, c’è paura. La sorte di Pasquale sembra segnata. In molti lo capiscono sin da subito, ma dovranno passare due mesi, tra ricerche vane e indagini che si riveleranno quantomeno lacunose, per avere la conferma della tremenda fine toccata a quel bambinone timido e schivo alto quasi due metri. Il 9 dicembre viene trovato, in un cassonetto, un teschio umano con un foro di proiettile in fronte. Il 27 dicembre, poco distante dal cassonetto, un cacciatore trova altri resti: frammenti ossei e vestiti, ci sono anche i suoi documenti. Gli ultimi dubbi svaniscono, il dna conferma che si tratta di Pasquale. I funerali vengono celebrati 5 mesi dopo: lungaggini dovute agli esami scientifici sui resti ossei, un’investigazione lunga che però non produrrà risultati. Il luogo del ritrovamento non viene isolato come si dovrebbe; i rilievi scientifici, che nell’immediato avrebbero potuto raccontare molto, non vengono effettuati. La pista che si segue è sempre quella della compravendita del cavallo, ma non porta a nulla di concreto. (ilvizzarro.it)

 

 

Giuseppe Bertolami

12 Ottobre 1983 Lamezia Terme. Rapito Giuseppe Bertolami, florovivaista di 58 anni.
Giuseppe Bertolami, rapito la sera del 12 ottobre 1983, all’età di cinquantotto anni.  Originario della Sicilia, viveva da anni in Calabria dove, nella provincia di Lamezia Terme, aveva aperto insieme al fratello l’attività di florovivaista, dando lavoro a qualche centinaio di persone. Non è molto in salute pertanto la famiglia avvia fitti negoziati per cercare di abbassare la cifra, iniziale di quattro miliardi, a cui non possono far fronte. Le trattative proseguono, tra lunghi silenzi e lettere che provano l’esistenza in vita dell’ostaggio, fino ad aprile dell’anno nuovo, poi più nulla. Nonostante i ripetuti appelli della famiglia il corpo non è mai stato ritrovato.

 

 

Serafino Ogliasto

12 Ottobre 1992 Palermo Serafino Ogliastro, ex poliziotto e all’epoca venditore di auto, scompare nel nulla.
Serafino Ogliastro, ex agente della polizia di stato, ucciso a Palermo, il 12 ottobre 1992, da Salvatore Grigoli con il metodo della lupara bianca. I mafiosi di Brancaccio sospettavano che Ogliastro nell’ambito del suo lavoro fosse venuto a conoscenza degli autori dell’omicidio di un mafioso, Filippo Quartararo. Al processo, Grigoli si autoaccusò dell’omicidio indicando altri 7 complici.
«Mio fratello lo abbiamo cercato ovunque, speravamo in un colpo di testa. Ci rivolgemmo persino a Chi l’ha visto? e, la sera della trasmissione, gli assassini di Serafino seguirono la televisione sganasciandosi dalle risate. Grigoli lo racconta nei suoi verbali. Certo, è stato lui a rivelarci la fine di mio fratello, che quel giorno verso la 13 si recò nell’autosalone dove c’erano Grigoli, Spattuzza e gli altri. La mafia riteneva che Serafino fosse venuto a conoscenza dell’identità dell’assassino del boss Quartararo. Lo interrogarono con i metodi che usa la mafìa, torturandolo. Lo strangolarono in sei e alla fine lo caricarono su una 127 andandolo a seppellire non sa dove».

 

 

12 Ottobre 1996 Giugliano (NA). Resta uccisa Concetta Matarazzo, 37 anni casalinga, in un incidente provocato da una imboscata tra malavitosi.
Giugliano (NA) 12 Ottobre 1996. Ha avuto una sola “colpa”, Concetta Matarazzo: trovarsi a passare in auto sulla statale domitiana mentre due malviventi venivano massacrati durante un inseguimento sulla corsia opposta della strada. La macchina con i due malviventi è sbandata, travolgendo il guard rail e finendo per schiantarsi contro la vettura su cui la donna, una casalinga di 37 anni, viaggiava assieme ad un amico. Concetta è morta all’ istante.

 

 

Anna Pace

12 Ottobre 1999 Fasano (BR). Anna Pace, di 62 anni, resta vittima di uno scontro con un furgone carico di sigarette di contrabbando lungo la strada statale.
12 ottobre 1999. Anna Pace, di 62 anni, resta vittima di uno scontro con un furgone carico di sigarette di contrabbando lungo la strada statale tra Fasano (BR)e Locorotondo. Altre tre persone rimangono ferite nell’incidente.

 

 

Pasquale Di Lorenzo

13 ottobre 1992 Porto Empedocle (AG) . Ucciso Pasquale Di Lorenzo, sovrintendente di Polizia Penitenziaria presso il carcere di Agrigento
Pasquale Di Lorenzo era un sovrintendente di Polizia Penitenziaria, prestava servizio nel carcere di Agrigento e, in assenza del comandante, svolgeva le funzioni di reggente. Di Lorenzo era conosciuto come “persona dotata di forte carattere, non incline a compromessi e considerato dai detenuti un duro”, consapevole della delicatezza che il suo ruolo richiedeva in un istituto penitenziario con una forte presenza di detenuti per reati di mafia. Il 13 ottobre 1992 fu ucciso con quattro colpi d’arma da fuoco mentre si trovava in campagna, in contrada Durruelli di Porto Empedocle, dove possedeva un appezzamento di terra. Il collaboratore di giustizia Alfonso Falzone, autoaccusatosi del delitto, al processo celebrato nel 1999 presso la Corte d’Assise di Agrigento  svelò il movente, fece i nomi dei mandanti e il nome del complice che, insieme a lui, fu l’esecutore materiale del delitto. L’omicidio era maturato in un clima d’intimidazione e di ritorsione, Di Lorenzo fu identificato come obiettivo simbolo della vendetta mafiosa, che doveva prevedere l’uccisione di un poliziotto penitenziario per ogni carcere della Sicilia. Progetto scellerato che, fortunatamente, non fu attuato, perché le menti strategiche della mafia temettero che il piano avrebbe comportato un’attenzione troppo forte da parte delle forze dell’ordine. La vita del sovrintendente, però, era ormai tragicamente segnata.

 

 

14 Ottobre 1905 Corleone (PA). Ucciso Luciano Nicoletti, contadino socialista, partecipò al movimento dei Fasci.
Luciano Nicoletti (Prizzi, 1851 – Corleone, 14 ottobre 1905) è stato un contadino italiano, legato al partito socialista.
È stato tra i protagonisti dei Fasci siciliani e delle rivolte dei contadini in Sicilia.
Da giovane si trasferì a Corleone, dove si sposò ed ebbe cinque figli. Nel 1893 fu tra i più attivi contadini socialisti che chiedevano l’applicazione dei Patti di Corleone, aderendo ai Fasci siciliani e lottando attraverso gli scioperi. Non potendo lavorare, i contadini rischiavano di morire, così fu tra i promotori di una “cassa di resistenza” per mantenere le famiglie degli scioperanti, che per breve tempo riuscì ad aiutarli.
Dopo aver ottenuto alcune importanti vittorie, tentò di ottenere le cosiddette “affittanze collettive”, per poter assicurare un fazzoletto di terra ad ogni lavoratore. Le sue lotte non furono accettate dalla mafia, che il 14 ottobre 1905 lo fece uccidere con due colpi di lupara in contrada San Marco. (lamafiasiciliana.blogspot.it)

 

 

Giovanni Orcel

14 Ottobre 1920 Palermo . Assassinato Giovanni Orcel, segretario degli operai metallurgici della Cgil
Giovanni Orcel  era segretario dei metalmeccanici di Palermo nonché promotore (assieme ad Nicolò Alongi, ucciso il 29 febbraio dello stesso anno) del collegamento tra movimento operaio e movimento contadino nel palermitano. Fu il principale organizzatore della più importante occupazione del cantiere navale di Palermo, avvenuta il 4 settembre 1920, per protestare contro il licenziamento di 250 lavoratori. Era il candidato socialista alla provincia di Palermo quando viene ucciso a Palermo il 14 Ottobre del 1920.

 

 

Emanuele Riboli

14 Ottobre 1974 Buguggiate (VA) Rapito Emanuele Riboli, 17 anni. Mai più ritrovato.
Emanuele Riboli lo prendono quando ha appena diciassette anni, scelto perché figlio di un industriale del Varesotto. Lo prelevano mentre torna a casa in bicicletta e lo portano in un box auto in provincia di Bergamo, per poi trasferirlo, forse in Toscana. I contatti tra la famiglia, tramite lo zio Pierino, e i sequestratori portano al pagamento di un riscatto di 200 milioni. Ma la banda avanza una seconda richiesta di un miliardo. Il maldestro tentativo di liberare il ragazzo da parte dei carabinieri – un emissario avrebbe dovuto consegnare una valigia con una ricetrasmittente, ma il movimento di un militare ha fatto saltare il piano – spinge i rapitori ad avvelenare il giovane Emanuele e a disfarsi del cadavere. Forse lo studente lombardo è stato dato in pasto ai maiali, come è accaduto ad altre vittime in alcuni sequestri operati dalle bande sarde nell’isola e in Toscana. (Dimenticati di Danilo Chirico e Alessio Magro)

 

 

Pietro Capone

14 Ottobre 2010 Aversa (NA). Pietro Capone, 23 anni, è stato ucciso dal figlio di un boss dei Casalesi che molestava la giovane moglie.
Pietro Capone, imbianchino di 23 anni, di Aversa (NA), padre di un bambino di due anni, è morto in ospedale il 14 ottobre del 2010, la giugulare recisa dal figlio diciottenne di un boss dei casalesi che infastidiva la sua giovanissima moglie di 21 anni. Durava già da mesi, così, dopo l’ultimo episodio, nonostante  lo conoscesse di fama, anche perché abitavano nello stesso quartiere, decise di andargli a parlare. È nata una discussione che è degenerata. Il figlio del camorrista ha estratto un coltello a serramanico e gli ha sferrato una serie di, lo ha lasciato a terra ed è scappato a bordo di una minicar. Soccorso in ospedale, Pietro è morto poco dopo a causa dell’ emorragia.

 

 

15 Ottobre 1974 Olginate (Lecco). Rapito Giovanni Stucchi, industriale 30enne, ucciso, i resti mai ritrovati.
Giovanni Stucchi, trentenne industriale di Olginate, è stato rapito la sera del 15 ottobre del ’74, davanti alla sua villa di via Radaelli. Dopo i primi contatti con i sequestratori, la famiglia si è affidata all’avvocato Edmondo Martini di Lecco. Una mediazione che ha portato al pagamento di un riscatto di 700 milioni di lire. Ma l’ostaggio non è stato mai rilasciato e la banda ha interrotto le comunicazioni. […] Il 6 settembre del 2009 è morta a sessantatre anni Giovanna Donizetti, la vedova Stucchi, senza conoscere la verità sulla morte del marito, i cui resti non sono mai stati ritrovati. E’ rimasta nella sua casa di Olginate, dove ha cresciuto da sola e con grande forza d’animo i figli Aristide e Alice, per poi dedicarsi ai cinque nipotini. Una storia che ha scosso la provincia di Lecco e suscitato una grande commozione, rimasta viva per decenni. (Dimenticati di Danilo Chirico e Alessio Magro)

 

15 Ottobre 1976 Torino. Adriano Ruscalla, Imprenditore 51enne, rapito non se ne è saputo più nulla.
Il 15 Ottobre 1976 a Torino viene rapito Adriano Ruscalla, imprenditore 51enne, appartenente a una famiglia di noti costruttori. Quattro banditi hanno fatto irruzione all’interno dell’ufficio vendite di un cantiere in corso Telesio Impresario, pistole in pugno, hanno afferrato la vittima e l’hanno trascinata fuori caricandola su un’Alfetta – Testimoni del rapimento (il quindicesimo in Piemonte) una donna e il titolare di un’officina: hanno visto l’impresario dibattersi e lo hanno sentito urlare. Mai più tornato a casa, nonostante i parenti avessero pagato un riscatto di mezzo miliardo di lire.

 

 

Gennaro De Angelis

15 Ottobre 1982 Cesa (CE). Ucciso in un agguato Gennaro De Angelis, Agente della Polizia Penitenziaria.
Gennaro DE ANGELIS, nato a Cesa (CE) il 26 ottobre 1945 prestava servizio alla Casa Circondariale di Napoli – Poggioreale. Qui espletava tra i vari compiti d’istituto anche quello della ricezione pacchi dei detenuti ed è stata proprio questa funzione, così come emerge dagli atti giudiziari, a portarlo alla morte. Sembra poco per togliere la vita ad una persona, ma in quegli anni dove la strategia della nuova camorra organizzata era quella del terrore, ad ogni rifiuto di cortesia o di tangente si pagava con la morte, senza fare distinzione tra imprenditori, commercianti o forze dell’ordine. Egli cadeva vittima della camorra il 15 ottobre 1982, giorno in cui veniva ucciso in un agguato nel Comune di Cesa, nelle vicinanze della propria abitazione. L’Agente lasciava la moglie Adele e i tre figli Vincenzo, Marianna e Annunziata che rimangono orfani rispettivamente all’età di nove, cinque e due anni.Il ministero dell’Interno prima lo ha riconosciuto “vittima del dovere” ai sensi della legge 466/1980 e successivamente “vittima della criminalità organizzata” ai sensi della 407/1998. (vittimedeldovere.it)

 

 

Pasquale Lino Romano

15 Ottobre 2012 Marianella (NA). Ucciso il giovane Pasquale Romano. “Ucciso per errore”
“Pasquale “Lino” Romano dà un bacio a Rosanna, la sua futura sposa, scese da casa di lei per andare dagli amici per la partitella a calcetto. Il killer è appostato fuori al palazzo. E’ buio e piove a dirotto. Negli occhi solo odio. La pistola è carica. Il colpo è in canna. Lui è eccitato. Già sente l’odore del sangue. E’ sicuro che da quel cazzo di portone verrà fuori Domenico Gargiulo detto “sicc e Penniell”, un bastardo, un traditore, un “girato” che ha preferito fare armi e bagagli e vendersi alla fazione camorristica rivale. Il “tribunale della malavita” lo ha già condannato: è un morto che cammina. Il sicario Salvatore Baldassarre possiede informazioni sicure. Una specchiettista di camorra per mille euro ha venduto al clan con un sms la vita di “sicc e Penniell”, fidanzato della nipote. Una trappola di camorra. Lui non sospetta di nulla. E’ comunque attento e lo protegge la buona stella. Scamperà per altre due volte la morte, di fronte a pistole che s’inceppano e a killer che sbagliano bersaglio. Lino esce dal palazzo e si dirige verso la sua auto. Attimi, istanti e si scatena il terrore. Il killer gli scarica addosso un intero caricatore. I proiettili trafiggono il corpo innocente di Lino appena 30 anni come l’età del suo aguzzino. In una telefonata intercettata dagli inquirenti il sicario – a chi gli chiede conto dell’errore – dirà : “Tu lo sai bene quando io inizio a sparare non mi fermo più”. Ecco a fermarlo dovrà essere la giustizia con una sentenza di condanna esemplare : l’ergastolo. E’ quanto hanno richiesto al giudice Francesco Cananzi i pubblici ministeri Enrica Parascandalo e Sergio Amato.” (http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/13/maledetta-camorra-lino-romano-anno-dopo/742298/)

 

 

16 Ottobre 1945 Strage a contrada Apa Niscemi (CL). I Carabinieri Michele Di Miceli, Rosario Pagano e Mario Paoletti perirono in un agguato di vili assassini.
A Niscemi operava dal 1943 una pericolosa banda criminale che, per diversi mesi, divenne compagna di strada del movimento separatista siciliano, prima di essere ripudiata dagli stessi separatisti per la ferocia dei suoi delitti. A capo di questa banda c’era, nel primo periodo, Rosario Avila detto “Canaluni” che, da giovane, aveva giurato «eterna lotta ai Carabinieri». Uno degli agguati più sanguinosi per opera sua si verificò il 16 ottobre 1945. Sette carabinieri del Nucleo di Niscemi erano usciti per il consueto pattugliamento della campagna quando, presso una masseria di contrada Apa, furono brutalmente assaliti a colpi di fucile e bombe a mano.
Tre morirono sul colpo: l’appuntato Michele de Miceli ed i carabinieri Mario Paoletti e Rosario Pagano, mentre altri quattro carabinieri Santo Garufi, Rosario Gialverde, Giuseppe Gallo e Nicola Magro scamparono all’agguato dei banditi ma rimasero gravemente feriti. (Liberanet.org)

 

 

16 Ottobre 1996 Niscemi (CL). Uccisi Salvatore Frazzetto e il figlio Giacomo durante una rapina, tragico epilogo di mesi di estorsioni, minacce ed intimidazioni, che continuarono anche sulla signora Agata che, lasciata sola dalle istituzioni, si suicidò.
Salvatore Frazzetto, 46 anni, e il figlio Giacomo, 21, sono stati uccisi con colpi di arma da fuoco durante una rapina nel loro negozio di di Niscemi (CL) il 16 Ottobre 1996. Due malviventi, poco prima della chiusura, sono entrati nel negozio, la pellicceria gioielleria “Papillon” in via Terracini, con il volto scoperto e armi alla mano, tentando una rapina. I due banditi avrebbero cominciato a picchiare la moglie della vittima, Agata Azzolina, di 42 anni, che si trovava alla cassa. A questo punto sarebbe intervenuto il marito, accorso dal retrobottega. L’ uomo avrebbe inveito contro i due e sarebbe tornato nel retrobottega a prendere una pistola. Al suo ritorno i due lo hanno disarmato e con la sua stessa pistola hanno sparato contro di lui e contro il figlio, a sua volta accorso in aiuto dei genitori.Erano mesi che la famiglia Azzolina era vittima di estorsioni da parte dei due malviventi, estorsioni e minacce che sono seguitate anche successivamente agli omicidi, nei confronti della signora Agata e della figlia ventenne Chiara. La signora Agata, distrutta dal dolore, si ucciderà nella propria casa, meno di cinque mesi dopo, il 23 marzo.

 

 

Francesco Fortugno

16 Ottobre 2005 Locri (RC). Assassinato Francesco Fortugno mentre ricopriva la carica di vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria.
“Fortugno avrebbe pagato con la vita l’inaspettata elezione in Consiglio Regionale con oltre 8500 preferenze. I Marcianò, elementi vicini al clan Cordì, avevano infatti “tirato la volata” a un altro candidato: quel Domenico Crea condannato in seguito per concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito del processo “Onorata Sanità”. Crea, però, non riuscì a essere eletto, ottenendo un pessimo risultato proprio a Locri, dove Alessandro Marcianò, caposala dell’ospedale, aveva promesso almeno 700 voti. A questo punto, dunque, i Marcianò, avrebbero commissionato l’omicidio di Fortugno al giovane Salvatore Ritorto proprio per riacquistare credito nei confronti di Mimmo Crea, al fine di salvaguardare eventuali possibilità di arricchimento: “Appare ampiamente logico e plausibile – scrivono i magistrati Finocchiaro e Gaeta – condividere l’assunto dei giudici di prime cure allorquando scrivono che l’omicidio dell’onorevole Fortugno è stato ideato e voluto proprio per sanare la defaillance che avrebbe non solo nuociuto ai Marcianò sotto il profilo economico immediato, ma anche isolato gli stessi, rendendoli personaggi non più affidabili e, quindi, impossibilitati a riproporre i loro servigi nelle successive consultazioni elettorali”. I Marcianò, dunque, si sarebbero spesi per Crea, con la speranza che questi, una volta eletto, diventasse assessore alla sanità, ma l’exploit di Fortugno mandò ogni progetto all’aria. L’eliminazione di Fortugno avrebbe dovuto permettere allora a Crea di approdare in Consiglio Regionale, visto che si era posizionato come primo dei non eletti: “Il Crea, infatti, nella sua qualità di primo dei non eletti, a seguito della morte dell’on. Fortugno, sarebbe automaticamente subentrato a quest’ultimo nel Consiglio Regionale (così come di fatto è avvenuto)”.” (Claudio Cordova – Strilli.it)

 

 

Giovanni Palombini

17 Aprile 1981 Roma. Rapito Giovanni Palombini “il re del caffè”, 81 anni. Il suo corpo sarà ritrovato il 28 Ottobre, sepolto in un campo.
Giovanni Palombini venne sequestrato il 17 aprile del 1981 e tenuto prigioniero sotto una tenda, legato mani e piedi. Giovanni Palombini, anziano e ammalato, il “re del caffè” tentò ripetutamente di fuggire. Non si rassegnava, nonostante le continue vessazioni e umiliazioni che era costretto a subire. Una sera, ci riuscì. Ma “Lallo” lo riacciuffò. Lo prese per il collo, lo scosse violentemente e gli disse: “Ma allora sei diventato pazzo, vuoi proprio morire”. Non lo uccise quella notte. Aspettò ancora qualche giorno, il tempo di riscuotere una prima rata del riscatto: 350 milioni. Laudovino però non si accontentò: i soldi erano pochi, ne voleva di più. Allora comprò un grande congelatore che trasformò nella bara di Giovanni Palombini. Ogni tanto il cadavere veniva tirato fuori e fotografato con un quotidiano in mano, per dimostrare ai parenti che l’ostaggio era ancora vivo e che per riaverlo avrebbero dovuto pagare. Il trucco andò avanti per mesi e fruttò centinaia di milioni. Fino a quando Laudovino De Sanctis venne catturato. Ma ormai per Giovanni Palombini non c’era più nulla da fare: il suo corpo giaceva, ancora incatenato e bendato, sepolto sotto due metri di terra. (LaRepubblica.it)

 

 

17 Ottobre 1980 Siderno (RC). Rapito Antonio Colistra, avvocato di 56 anni, marito di una farmacista. Il corpo non sarà mai ritrovato.
17 Ottobre 1980 Siderno (RC). Antonio Colistra, avvocato, marito di una farmacista, è in campagna quando viene assalito. Non ci sta e reagisce, prova a mettere fuori gioco i banditi, ma subisce un duro pestaggio e resta ferito prima di finire inghiottito dall’Aspromonte. Ha cinquantasei anni, e probabilmente quello è stato il suo ultimo giorno di vita: ha subito un’operazione alla gola, è debilitato e necessita di cure. Lo choc e la violenza dei sequestratori saranno fatali. Inutili gli appelli della moglie, nessuno si farà vivo, né il corpo sarà mai ritrovato. (Dimenticati di Danilo Chirico e Alessio Magro)

 

 

18 Ottobre 1984 Palermo. Strage di Piazza Scaffa. Furono uccise 8 persone per dare un segnale forte della “potenza criminale delle “famiglie” siciliane”.
Palermo, 18 ottobre 1984. Nella stalla di Cortile Macello verso le ore 21 c’erano otto uomini che stavano sistemando una partita di cavalli appena arrivati da Molfetta. Gli animali appartenevano ai fratelli Cosimo e Francesco Quattrocchi, commercianti di carne equina, proprietari di alcune macellerie in città. Assieme a loro c’erano il cugino Cosimo Quattrocchi, il cognato Marcello Angelini. E poi Salvatore Schimmenti, Paolo Canale, Giovanni Catalanotti e Antonino Federico che si erano fermati a dare una mano. L’ azione dei killer è stata fulminea, spietata. L’obiettivo vero erano i fratelli Quattrocchi, ma si volle dare comunque un segnale inequivocabile sulla capacità di reazione della mafia. Pochi giorni prima infatti il potere delle cosche era stato incrinato dalle confessioni di Tommaso Buscetta e dai 366 mandati di cattura firmati dall’Ufficio istruzione di Palermo. La strage era la riprova della potenza criminale delle “famiglie” siciliane. Ma serviva anche a far capire che nonostante le retate l’influenza della mafia era ancora solida e non ammetteva deroghe. I fratelli Quattrocchi, infatti, avevano tentato di sfuggire al “giro” del clan dei catanesi che in Sicilia detiene il controllo del commercio equino. Sono loro gli intermediari inevitabili, gli uomini che tirano le fila di un business di diversi miliardi all’anno. Ma i Quattrocchi avevano provato a mettersi in proprio, profittando dell’estrema incertezza esistente all’interno della costellazione mafiosa e tentando un collegamento diretto con i gruppi di pugliesi. (Giuseppe Cerasa – La Repubblica)

 

 

Saverio Elio Liardo

18 Ottobre 1994 Acate (RG). Ucciso Saverio (Elio) Liardo, perché si era rifiutato di pagare il pizzo.
Era la sera del 18 ottobre del 1994 quando Saverio Liardo, conosciuto come Elio, veniva ucciso nel suo distributore di benzina nei pressi di Acate, nel ragusano. Soltanto il 14 luglio del 2010, però, il Tribunale di Catania ha stabilito con sentenza passata in giudicato, che si trattava di un omicidio di mafia. La morte di Saverio Liardo doveva essere un segnale esemplare nei confronti dei commercianti di Niscemi: “Se non pagate, farete la sua stessa fine”. Messaggio chiaro, lineare. Le indagini, tuttavia, come sempre succede in Sicilia, hanno seguito la pista passionale. Una questione di amanti. Una questione di ingiustizia, lunga ingiustizia. Saverio Liardo era un onesto lavoratore, marito e padre di due figli.
Dopo i primi momenti di scoramento, raccontano madre e figlio, «non ci siamo più fermati». Hanno subito capito il motivo per cui Saverio Liardo era stato ucciso. «Si era rifiutato di pagare il pizzo», racconta la signora Saita che ricorda: «Mio marito diceva: “a questo non mi piegherò mai”, non è mai sceso a compromessi». Saverio Liardo non ha voluto pagare il pizzo ai boss e per questo è stato ucciso. «C’erano amici di papà – racconta Francesco Liardo – che hanno dichiarato che mio padre temeva gente che chiedeva il pizzo». Le prime indagini, gestite dai carabinieri e archiviate per due volte, tuttavia puntavano ad altro. (Tratto da Liberainformazione.org)

 

 

20 Ottobre 1989 Statte (TA). Domenico Calviello, 14 anni, vittima innocente della criminalità.
Domenico Calviello, un ragazzo di quattordici anni, ucciso a fucilate il 20 ottobre 1989, mentre si trovava nei pressi della macelleria del padre a Statte, una borgata a 13 chilometri da Taranto. Ad ammazzarlo sono stati due killer appostati dietro un muretto distante pochi metri. Misterioso il movente. Gli investigatori — squadra mobile e carabinieri — accreditano due ipotesi: un errore di persona oppure una vendetta trasversale. L’omicidio è avvenuto poco dopo le 21. Domenico Calviello stava parcheggiando il suo ciclomotore dinanzi alla macelleria ormai chiusa al pubblico. Il fratello Antonio, 24 anni, era a qualche decina di metri, in compagnia di due amici. Uditi gli spari, si è dato alla fuga. Poi. quasi intuendo la tragedia, è ritornato sui propri passi alla ricerca del fratello minore, che era disteso sul selciato, agonizzante. Nel buio i killer si sono dileguati. Nessuno ha «visto». Il ragazzo è stato soccorso dal padre Pietro, che era in strada. Domenico è stato trasportato all’ospedale. Tutto inutile. Secondo i primi accertamenti sarebbe stato colpito da numerosi pallettoni. Domenico Calviello era un ragazzo tranquillo. Aveva conseguito a giugno la licenza media, poi si era dedicato alla macelleria dando una mano al padre. La sua fisionomia, identica a quella del fratello, accredita l’ipotesi che possa essersi trattato di un errore di persona. (Fonte La Stampa)

 

 

Pierre Michel

21 ottobre 1981 Marsiglia (Francia). Pierre Michel, 38 anni, magistrato francese, indagava sul traffico internazionale di eroina.
Pierre Michel, 38 anni, Giudice ucciso a Marsiglia il 21 ottobre 1981. Morto perché indagava, anche in collaborazione con i magistrati palermitani, sul traffico internazionale di eroina gestito da Cosa nostra, ma che vedeva coinvolta anche la criminalità organizzata marsigliese. I marsigliesi, infatti, per primi si erano avvicinati al business e avevano i “chimici” e la preparazione per avviare l’industria più redditizia dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. (vivi.libera.it)

 

 

Vincenzo Feola

21 ottobre 1992 Caserta. Assassinato Vincenzo Feola, 58 anni, imprenditore. Vittima del racket delle estorsioni.
Vincenzo Feola fu ucciso il 21 ottobre 1992 dentro la sua azienda perché non voleva restare nel consorzio Cedic, creato da Antonio Bardellino, il primo boss dei Casalesi, per gestire in regime di monopolio la fornitura del calcestruzzo nel territorio.
Nel consorzio erano confluiti tutti i produttori di calcestruzzo casertani, i titolari di cave e quelli di impianti di produzione.
Feola in un primo momento aveva aderito al raggruppamento di imprese, poi aveva deciso di uscire perché non era disposto a pagare al clan 2mila lire per ogni metro cubo di calcestruzzo venduto, il ‘pizzo’ imposto alle ditte per lavorare. […]
Per gli investigatori, la sua decisione poteva anche essere legata al fatto che credeva di poter contare in questa sua ‘ribellione’ sull’appoggio del clan Belforte, egemone nell’area. (tratto da: primadanoi.it)

 

 

22 Ottobre 1946 Santa Ninfa (TP). Ucciso il mezzadro Giuseppe Biondo.
Giuseppe Biondo fu ucciso a rivoltellate dal suo padrone a Santa Ninfa (TP) il 22 ottobre 1946. Rivendicava la ripartizione dei prodotti agricoli secondo il decreto Gullo.
Alla memoria di Giuseppe Biondo fu poi intitolata la Cooperativa agricola di Santa Ninfa.

 

Cosimo Aleo

 

22 ottobre 1970 a Sciacca (AG) muore il Tenente della Guardia di Finanza Cosimo Aleo, ferito in una operazione anticontrabbando il 27 Gennaio 1970 nella zona di Camnago Faloppio (CO)
Il Tenente della Guardia di Finanza Cosimo Aleo,  rimase gravemente ferito  in una operazione anticontrabbando il 27 Gennaio 1970 nella zona di Camnago Faloppio (CO). Dopo alcuni segnali di ripresa che facevano ben sperare per la sua vita, morì il 22 ottobre 1970 a Sciacca (AG).

 

 

Ninfa Marchese, Antonella Valenti e Gina Marchese

22 ottobre 1971 Marsala (TP). Rapite Antonella Valenti, 11 anni, Virginia e Ninfa Marchese, nove e sette anni. Ritrovati i loro corpi, processato il reo confesso, ma la verità sul motivo di questi efferati delitti non è mai venuto alla luce.
Il 22 ottobre del 1971 tre bambine spariscono a Marsala. Si tratta di Antonella Valenti, undici anni, Virginia e Ninfa Marchese, nove e sette anni. Con la denuncia della loro scomparsa si apre uno dei casi di cronaca nera più inquietanti della storia del dopoguerra, conosciuto anche come “il caso del mostro di Marsala”. Il giudice Cesare Terranova emette il mandato d’arresto per Michele Vinci, zio di Antonella, che durante l’interrogatorio confessa di aver rapito le bambine per stuprare una di loro e di aver gettato Ninfa e Virginia in una cava all’interno di un terreno di proprietà di Giuseppe Guarrato, dove effettivamente verranno ritrovate il 9 novembre. Durante il processo, tuttavia, emergono parecchi dubbi sulle dichiarazioni fatte da Vinci, e si profila la possibilità che abbia avuto uno o più complici. Antonella sarebbe stata rapita e uccisa perché suo padre, Leonardo Valenti, aveva fatto uno sgarro a Cosa nostra. Lo stesso Paolo Borsellino riaprirà le indagini nel 1989, archiviate per mancanza di prove.
Fonte: vivi.libera.it

 

 

Antonio De Rosa

23 Ottobre 1980 Giugliano (NA) . Ucciso Antonio De Rosa, medico di base, perché scambiato per il vero obiettivo.
Antonio De Rosa  venne ucciso all’ingresso del parco Carola in Via Dante Alighieri a Giugliano, mentre si intratteneva con altri condomini,  perché scambiato per il vero obiettivo. Antonio indossava un giaccone simile a quello della persona che doveva essere eliminata e aveva anche lo stesso suo nome, cosicché quando fu chiamato, mentre l’uomo che doveva essere eliminato velocemente si nascose dietro Antonio, la povera vittima fu colpita al suo posto.  L’uomo che doveva essere ammazzato se l’era cavata ancora una volta, ma poi, a distanza di nove mesi, venne comunque ucciso in un luogo pubblico.  Antonio, ucciso per scambio di persona, lasciò una giovane moglie, allora insegnante elementare del terzo circolo didattico di Giugliano, e due bambini di quindici e dodici anni. A Giugliano in Campania una strada è dedicata alla sua memoria. (Fondazione Pol.i.s.)

 

 

23 Ottobre 1988 Locri. Ucciso Gino Marino, primario di chirurgia (44 anni).
Gino Marino era il primario di Chirurgia nell’ospedale di Locri. Venne ucciso all’ingresso dell’ospedale il 23 ottobre 1988. Appena 48 ore prima la sua équipe aveva operato una bimba di 4 anni che, dopo essersi risvegliata dall’anestesia, cadde in coma. I primi sospetti per l’omicidio del primario caddero sul padre della bambina, Antonio Giampaolo che era stato condannato per sequestro di persona e all’epoca era latitante. La bambina morì il 25 ottobre. L’autopsia effettuata sul suo corpicino confermò il buon lavoro svolto da Marino e dalla sua équipe.

 

 

Giuseppe Tizian

23 Ottobre 1989 Locri. Ucciso Giuseppe Tizian, 36 anni, bancario. Le indagini non hanno portato ad alcun colpevole.
Giuseppe Tizian viene assassinato nella serata del 23 ottobre del 1989 a Locri. Stava tornando a casa, a Bovalino, a bordo di una Fiat Panda, lungo la statale 106. All’altezza dell’area archeologica e del museo della Magna Grecia di Locri l’agguato, a colpi di lupara. Aveva 36 anni ed era funzionario del Monte dei Paschi di Siena di Locri. Era secondo gli investigatori un “funzionario integerrimo”. Le indagini del commissariato di Siderno, coordinate dal magistrato Carlo Macrì, non hanno prodotto risultati. Nonostante si sia subito profilata la pista legata all’attività bancaria, nel fascicolo Tizian sono parecchi i buchi neri, aspetti non chiariti e non scandagliati. Un caso che rimane ancora irrisolto.

 

 

23 ottobre 2003 Caltanisetta: Ucciso l’imprenditore Michele Amico, si era opposto al pagamento del pizzo.

Michele Amico, titolare di una cartoleria-tabaccheria, venne ucciso a colpi di pistola il 23 ottobre del 2003 a Caltanisetta . Gli investigatori, attraverso le dichiarazioni dei familiari di Amico, di alcuni confidenti e gli accertamenti eseguiti sul traffico telefonico della vittima, hanno individuato l’assassino, ora collaboratore di giustizia. Il commerciante, che si era rifiutato di pagare il pizzo, prima di essere ucciso aveva subito numerosi attentati e atti vandalici.

 

 

Antonio Cangiano

23 ottobre 2009 Casapesenna (CE). Muore dopo 21 anni di sofferenze, Antonio “Tonino” Cangiano, Vice Sindaco del paese al momento dell’agguato avvenuto il 4 ottobre 1988.
La sera del 4 ottobre del 1988 lo ferirono in un agguato di camorra costringendolo a vivere su una sedia a rotelle. Antonio Cangiano, assessore ai lavori pubblici e vice sindaco a Casapesenna, paese del boss Michele Zagaria, doveva essere punito perché aveva rifiutato di sottostare ai ricatti del clan per l’affidamento di un appalto.
Antonio Cangiano è deceduto il 23 ottobre del 2009, a 60 anni, anche in seguito a quelle ferite.
(Raffaele Sardo)

 

 

24 ottobre 1982 Pizzini di Filandari (VV). I fratelli Antonio Pesce, 10 anni, e Bartolo Pesce, 14 anni, restano uccisi da una bomba posta per sbaglio davanti alla loro abitazione.
Due malavitosi piazzano una bomba in località Pizzini di Filandari (VV) sbagliando il posto e uccidendo Bartolo Pesce, 14 anni, che stava giocando insieme a suo fratello Antonio Pesce di dieci anni. Era il 24 ottobre 1982.
Fonte: vivi.libera.it
Nella esplosione restorono ferite anche altre quattro persone.

 

 

Foto da Giuseppe Maniaci era segretario della Confederazione Federterra di Terrasini e dirigente del partito comunista. Venne ucciso a colpi di mitra davanti alla sua casa, in contrada Paternella, a Terrasini, il 25 ottobre del 1947. Aveva 38 anni. Maniaci era contadino, era sposato e aveva un figlioletto di due anni. Era entrato in contatto con ambienti politici nel carcere di Porto Longone, dove era stato detenuto per reati comuni e aveva conosciuto i dirigenti comunisti Scoccimarro e Terracini. Il sindacato e le forze di sinistra denunciarono l’ennesimo delitto politico contro un loro esponente. Ma gli investigatori si orientarono subito verso un'altra direzione, la vendetta privata, escludendo il movente politico. I carabinieri scrissero che Maniaci aveva rubato delle olive in un fondo coltivato ad uliveto di proprietà di un certo Emanuele Badalamenti di Cinisi, che era stato venduto al noto pregiudicato latitante Procopio Di Maggio. E dissero che aveva rubato olive anche in un altro fondo, distante 500 metri, di proprietà degli eredi Ruffino, affittato a Leonardo Vitale e a suo cognato Giuseppe Di Maggio, cugino di Procopio. La tesi non si indebolì mai. E i tre mafiosi sospettati fortemente del delitto non furono neanche denunciati. La Sezione Istruttoria della Corte di Appello di Palermo, per l’omicidio di Giuseppe Maniaci, procedette contro “ignoti”. E il 7 aprile 1948 dichiarò di «non doversi procedere perché ignoti gli autori del reato». Un altro delitto impunito. Fonte: https://www.cittanuove-corleone.net/2019/10/vie-dei-diritti-martedi-22-alle-ore-9.html?spref=fb&fbclid=IwAR0xysP3jueC0RPxrV4aAV-nYSbaCbfSdzm_CkGF8N9KAj0gsE7vwVVdbrw
Giuseppe Maniaci

25 Ottobre 1947 Terrasini (PA). Ucciso Giuseppe Maniaci. segretario della Confederterra
Giuseppe Maniaci era segretario della Confederazione Federterra di Terrasini e dirigente del partito comunista. Venne ucciso a colpi di mitra davanti alla sua casa, in contrada Paternella, a Terrasini, il 25 ottobre del 1947. Aveva 38 anni. Maniaci era contadino, era sposato e aveva un figlioletto di due anni. Era entrato in contatto con ambienti politici nel carcere di Porto Longone, dove era stato detenuto per reati comuni e aveva conosciuto i dirigenti comunisti Scoccimarro e Terracini. Il sindacato e le forze di sinistra denunciarono l’ennesimo delitto politico contro un loro esponente. Ma gli investigatori si orientarono subito verso un’altra direzione, la vendetta privata, escludendo il movente politico. I carabinieri scrissero che Maniaci aveva rubato delle olive in un fondo coltivato ad uliveto di proprietà di un certo Emanuele Badalamenti di Cinisi, che era stato venduto al noto pregiudicato latitante Procopio Di Maggio. E dissero che aveva rubato olive anche in un altro fondo, distante 500 metri, di proprietà degli eredi Ruffino, affittato a Leonardo Vitale e a suo cognato Giuseppe Di Maggio, cugino di Procopio. La tesi non si indebolì mai. E i tre mafiosi sospettati fortemente del delitto non furono neanche denunciati. La Sezione Istruttoria della Corte di Appello di Palermo, per l’omicidio di Giuseppe Maniaci, procedette contro “ignoti”. E il 7 aprile 1948 dichiarò di «non doversi procedere perché ignoti gli autori del reato». Un altro delitto impunito.
Fonte:  cittanuove-corleone.net

 

25 Ottobre 1976 Milano. Rapito Mario Ceschina, imprenditore di 65 anni. Di lui si sono ritrovate solo alcune banconote provenienti dal riscatto.
Il 25 ottobre del ’76 finisce in mano all’Anonima Mario Ceschina. L’imprenditore milanese ha sessantotto anni. Dopo i primi contatti, la famiglia riesce a pagare un riscatto di 400 milioni, nonostante il congelamento di un fondo bancario di un miliardo da parte della magistratura. Ma presto i sequestratori cessano le comunicazioni. E di Ceschina non si sa più nulla. Unica notizia: il ritrovamento di alcune banconote del riscatto, riciclate inseme ai fondi provenienti da altri rapimenti. Ma l’istruttoria, che ha riguardato personaggi calabresi e siciliani, si è conclusa in un nulla di fatto. (tratto dal libro Dimenticati – Vittime della ‘ndrangheta – di D. Chirico e A.Magro)

 

Corrado Nastasi

25 Ottobre 1992 Casandrino (NA). Ucciso il carabiniere Corrado Nastasi, 19 anni, nel corso di un tentativo di rapina.
Il Carabiniere Corrado Nastasi nato a Noto 18.02.1973, in servizio presso la stazione carabinieri di SANT’ANTIMO, reagendo coraggiosamente ad un tentativo di rapina, venne assassinato proditoriamente da alcuni rapinatori rimasti sconosciuti, il il 25 Ottobre 1992 alla periferia di Casandrino.
Intorno a quell’omicidio, a nove anni di distanza, ancora non è stata fatta luce.
Gli assassini di Corrado Nastasi, probabilmente, sono ancora in libertà.
Di sicuro non hanno ancora saldato il conto con la giustizia per quell’efferato delitto. (ancispettoratosicilia.it )

 

 

Filippo Ceravol

25 Ottobre 2012 Serra San Bruno (VV). Ucciso Filippo Ceravolo, 19 anni. Era a bordo di un’auto di proprietà del destinatario dell’agguato.
Filippo Ceravolo aveva diciannove anni appena, un ragazzo. Viveva a Soriano, un paesino di duemila abitanti in provincia di Vibo Valentia, adagiato sul granito della Serra e della Sila. Aveva un diploma di terza media, giocava a pallone nelle giovanili della squadra locale, lo raccontano come un tifoso sfegatato della Juventus. La sua vita si divideva tra il lavoro, aiutava il padre, titolare di una bancarella ambulante di dolciumi, la sua famiglia ha una tradizione quasi secolare nel settore, e la fidanzata.  La sera di giovedì 25 ottobre 2012 Filippo deve tornare a casa presto. Lo attende una sveglia all’alba, per andare con il padre al mercato di Reggio Calabria. È in ritardo. Chiede un passaggio all’amico con il quale ha appena preso l’aperitivo, in compagnia delle rispettive ragazze. Così sale sulla Punto di Domenico Tassone. E tanto basta per far finire tutto. I sogni, i progetti, il futuro. A pochi chilometri di distanza, in una zona che si chiama Calvario, qualcuno sta aspettando proprio quell’auto. Quando la vede, spara con un fucile caricato a pallettoni. Filippo viaggia sul sedile del passeggero, ma viene investito da due scariche. L’agonia di Filippo dura poche ore. Si spegne nella notte, tra le scene di disperazione dei suoi genitori. (Marco Imarisio – Corriere.it)

 

26 Ottobre 1959 Strage di Godrano (PA). Vengono assassinati Antonino e Vincenzo Pecoraro, 10 e 19 anni. Vittime di faida.
Una faida lunga quasi quaranta anni a Godrano (PA), il 26 ottobre del 1959 vede l’uccisione di un bambino di 10 anni, Antonino Pecoraro, e  del fratello Vincenzo, diciannovenne. Rimasti gravemente feriti il padre ed un amico del padre. Lo spaventoso crimine è stato consumato verso le ore 18 nel corso Vittorio Emanuele a Godrano da banditi che indossavano divise da carabinieri.

 

26 Ottobre 1986 Napoli. Colpito alla testa Carlo Bustelli, 15 anni. I colpi erano diretti a dei pregiudicati seduti nel bar gestito dal padre che stava aiutando.
26 Ottobre 1986 Napoli. Carlo Bustelli, 15 anni, aiuta il padre Gennaro a mandare avanti il piccolo pub nel rione antico. E’ alla cassa. All’improvviso da fuori arriva una gragnola di colpi di pistola, tutti si buttano a terra ma Carlo non fa in tempo, una pallottola lo raggiunge alla testa.
È un raid contro alcuni pregiudicati dentro il bar. (L’Unità)

 

26 ottobre 1991 Gragnano (NA). Ucciso per errore Lucio Donnarumma, 15 anni, mentre spostava l’auto del fratello di fronte alla pizzeria di famiglia.
Lucio Donnarumma, 15 anni, è stato assassinato da due killer della camorra a Gragnano, nel vialetto antistante la pizzeria del padre. L’obiettivo dell’agguato doveva essere, secondo gli inquirenti, il fratello Gennaro di 24 anni, Lucio è stato colpito mentre cercava di spostare la sua auto; è probabile che, nel buio, i sicari lo abbiano scambiato per quest’ultimo.
Qualche mese prima un altro fratello del ragazzo, Salvatore, 19 anni, era stato assassinato in maniera analoga.

 

 

Gerardo Citarella e Pino Lotta

26 Ottobre 2010 Casoria (NA). Durante una rapina restano uccisi Gerardo Citarella e, il 5 novembre, Pino Lotta, guardie giurate.
Il 26 ottobre 2010, durante un agguato alla filiale Unicredit di Casoria, perde tragicamente la vita il vigilante Gerardo Citarella di Nocera Inferiore, e viene gravemente ferito il collega Giuseppe Lotta, residente a Scafati, che morirà dieci giorni dopo, il 5 novembre. Secondo gli investigatori, intorno alle 10,30, un commando di 5-6 banditi armati di kalashnikov segue il blindato portavalori che preleva contante dalla filiale Unicredit di via Guglielmo Marconi. I malviventi entrano in banca, armi in pugno, a seguito delle guardie giurate. Citarella e Lotta reagiscono ed i malviventi fanno fuoco.

 

 

27 Ottobre 1919 Trapani. Uccisione di Giuseppe Monticciolo, presidente socialista della Lega per il miglioramento agricolo
Anch’egli, come tanti altri politici e sindacalisti dello stesso periodo, aveva costruito il proprio impegno a difesa dei contadini contro i soprusi dei proprietari terrieri e della mafia locale. Fu presidente socialista della Lega per il miglioramento agricolo. È dunque in questo contesto che va inquadrato il suo assassinio, avvenuto a Trapani il 27 ottobre 1919. (liberanet.org)

 

 

Enrico Mattei – Irnerio Bertazzi – William Mchale

27 Ottobre 1962 Pavia. Cade il bireattore dell’Ing. Enrico Mattei Presidente dell’ENI. Con lui muoiono Irnerio Bertuzzi, il pilota, e William Mc Hale, un giornalista statunitense.
La sera del 27 ottobre 1962, l’aereo su cui Enrico Mattei, presidente dell’ENI, stava tornando da Catania a Milano, precipitò nelle campagne di Bascapè, un piccolo paese in provincia di Pavia, mentre durante un violento temporale si stava avvicinando all’aeroporto di Linate. Morirono tutti gli occupanti: Mattei, il pilota Irnerio Bertuzzi ed il giornalista statunitense William Mc Hale.
Secondo alcuni testimoni, il principale dei quali era il contadino Mario Ronchi (che in seguito ritrattò la sua testimonianza), l’aereo sarebbe esploso in volo……. Nell’aereo si è certificato fu inserita una bomba stimata in 150 grammi di tritolo posti dietro al cruscotto dell’apparecchio che si sarebbe attivata durante la fase iniziale di atterraggio …… chiunque sia stato il mandante, pare ormai alquanto probabile che l’esecuzione sia stata affidata ad esperti locali, e che la casalinga mafia abbia quindi prestato il suo braccio (non è dato sapere in cambio di cosa) offrendo appetibili servizi i cui potenziali acquirenti erano numerosi.

 

 

Giovanni Spampinato

27 Ottobre 1972 Ragusa. Assassinato Giovanni Spampinato, giornalista de L’Ora, di Palermo, e de l’Unità.
Giovanni Spampinato (Ragusa, 1948 – 27 ottobre 1972) è stato un giornalista italiano, vittima della mafia. Fu a partire dagli ultimi anni sessanta corrispondente dalla sua città del giornale L’Ora, di Palermo, e de l’Unità. Venne assassinato il 27 ottobre 1972 da Roberto Campria, figlio dell’allora presidente del tribunale di Ragusa, in un contesto che all’epoca non venne adeguatamente investigato in sede giudiziaria. Spampinato indagava sull’uccisione di un facoltoso ingegnere-imprenditore, Angelo Tumino, che era avvenuta a Ragusa il 25 febbraio dello stesso anno. Era altresì impegnato in una inchiesta sulle attività del neofascismo in Sicilia, in relazione pure a situazioni di contrabbando e di affari illeciti con la mafia che avevano luogo lungo le aree orientali dell’isola. (Wikipedia)

 

27 ottobre 1978 Rende (CS). Pasqualino Perri, bambino 12 anni, ammazzato al posto del padre.
Pasqualino Perri, ammazzato all’età di dodici anni in un ristorante di Rende (CS), il 27 ottobre 1978. Il bersaglio dei killer era il padre.
Fonte: vivi.libera.it

 

Lucio Ferrami

27 Ottobre 1981 Cetraro (CS). Assassinato il commerciante Lucio Ferrami.
Due killer gli sparano in macchina mentre era in compagnia della moglie. La donna si salva perché il marito le fa da scudo con il suo corpo. L’uomo aveva denunciato poco tempo prima ai carabinieri di aver ricevuto la visita di alcune persone che gli avevano chiesto la tangente. La risposta dei malavitosi non si fa attendere. Nessuno può permettersi un gesto così rivoluzionario. Lucio paga con la vita il suo atto di insubordinazione. La vedova Ferrami per anni ha invocato giustizia denunciando indagini approssimative e collusioni. “Io ero in macchina con mio marito – affermò nel corso di una nota intervista televisiva – e nessuno mi ha mai chiamato per fare un riconoscimento”. Dopo anni passati a vedere a passeggio “gli assassini del marito”, ha deciso di continuare la sua vita e di non credere più nell’umana giustizia. (laboratoriolosardo.it)

 

 

27 Ottobre 1990 Taranto. Giuseppe Orlando, commerciante di 33 anni, viene colpito a morte da proiettili destinati a dei pregiudicati.
Il 27 ottobre 1990, resta ucciso Giuseppe Orlando, 33 anni, fornaio del rione Tamburi  (Taranto), zona in cui la malavita ha una sua roccaforte. Orlando era sulla soglia del suo negozio. Anziché colpire due pregiudicati, il killer colpì lui. Ai funerali sfilarono prefetto, comandante dei carabinieri, politici. Lo Stato volle far sentire così la sua presenza.

 

 

27 Ottobre 2000 San Giovanni in Fiore (CS): Ucciso Gianfranco Madia, 15 anni. insieme al nonno Francesco Talarico, 61 anni.
Gianfranco Madia, 15 anni, fu ucciso a colpi di “lupara” insieme al nonno Francesco Talarico, 62 anni, sulla superstrada che collega Camigliatello a San Giovanni in Fiore, il 27 Ottobre del 2000.

 

 

Barbara Corvi – Foto da quotidianodellumbria.it

27 ottobre 2009 Amelia (TR). Scompare Barbara Corvi, vittima di lupara bianca.
Barbara Corvi è sposata con Roberto Lo Giudice, fratello di Antonio detto “il nano”, oggi pentito. Vittima della lupara bianca, scompare il 27 ottobre del 2009, dopo che il marito scopre la sua relazione extraconiugale: il bimbo che cresceva nel suo ventre era di un altro uomo. Anche Angela Costantino, sua cognata, rimasta incinta per tradimento, sposata a un altro Lo Giudice di Reggio Calabria, era stata uccisa nel 1994.
Fonte Sdisonorate, le mafie uccidono le donne – Ass. Da Sud

 

 

Paolo Svezia

28 Ottobre 1987 Avola (SR). Muore dilaniato da una bomba Paolo Svezia, 53 anni, guardiano notturno in una ditta i cui proprietari si erano rifiutati di pagare il pizzo.
Vittima del racket Paolo Svezia, 53 anni, padre di quattro figli. Era da poco il guardiano notturno in uno stabilimento di trasformazione degli agrumi, appena terminato di costruire. E’ saltato in aria insieme a gran parte dell’edificio nella notte del 28 Ottobre del 1987.

 

 

Daniele Del Core e Loris Di Roberto

28 Ottobre 2006 Pozzuoli (NA). Uccisi Daniele Del Core e Loris Di Roberto, da un coetaneo per gelosia. Vittime tutti e tre di una società in cui i giovani sono considerati solo dei consumatori ultimi.
Il diciottenne Daniele Del Core fu ucciso a Solfatara di Pozzuoli il 28 ottobre 2006. Nella stessa occasione rimase ferito un suo amico coetaneo, Loris De Roberto, che sarebbe poi morto qualche giorno dopo, il 5 novembre 2006. Loris aveva interrotto, nell’estate del 2006, la sua relazione con una ragazza, durata ben 3 anni. La sua ex ragazza da settembre dello stesso anno frequentava Salvatore D’Orta (assassino), sebbene continuasse a cercare Loris. Questo era il motivo per cui Salvatore era geloso di Loris. Daniele, la sera del 28 ottobre, si trovava, come ogni sabato sera, al centro abbronzante che frequentava di solito. Lì sopraggiunse l’assassino per uccidere Loris. Daniele, che non conosceva affatto l’assassino, intervenne solo per sedare la lite scoppiata tra Loris e Salvatore D’Orta e per salvare il suo amico, rimanendo ucciso. In ricordo di Daniele Del Core è nata un’associazione per proporre ai giovani e agli adulti i temi della giustizia e della legalità. È l’associazione «L’amico del cuore», inaugurata il 10 novembre 2010 nella chiesa Gesù Divin Maestro di via Marmolito. A presiedere l’associazione è la sorella di Daniele, Carmen Del Core: l’intento è cercare tutte le forme possibili affinché in ogni ambito della vita sociale e delle relazioni sia presente il valore del rispetto della legge. (Fondazione Pol.i.s.)

 

 

29 ottobre 1986 Locri (RC).Ucciso il giovane Rocco Zoccali, 19 anni, per un motorino.
Il 29 ottobre 1986, alle quattro del pomeriggio, Rocco Zoccali, 19 anni, viene ammazzato con due colpi a bruciapelo. Attorno al suo corpo si crea il vuoto. Nessuno ha visto niente. Tocca al padre, dipendente della Regione Calabria, che ha sentito i colpi, avvicinarsi per primo e trasportarlo all’ospedale. La madre, professoressa delle medie, non si dà pace e, nonostante minacce ricevute, si costituisce parte civile nel processo e depone contro i presunti assassini del figlio.
Non abbiamo notizia di come, e se, si è concluso il processo vanificato in varie udienze per errori procedurali, rinunce e ricusazioni di giudici. La nostra ricerca si conclude con una interrogazione parlamentare del 16 gennaio 1990, in cui l’allora ministro della giustizia Vassalli promuove delle azioni disciplinari.

 

 

Giovanni Pomponio

30 Ottobre 1975 Napoli. Ucciso il Vice Brigadiere Polizia di Stato Giovanni Pomponio
Era il 28 ottobre 1975. Giovanni Pomponio, Polizia Ferroviaria di Napoli, avrebbe dovuto fruire del suo meritato riposo settimanale. Ed invece venne comandato di servizio presso la cassa dell’allora stazione di Napoli Smistamento. Era il giorno di paga dei ferrovieri e in cassa c’era una cifra di non poco conto. Mentre una parte venne trasferita in un altro ufficio con la scorta di 5 uomini, Pomponio restò a sorvegliare la rimanente somma di 25 milioni di lire. All’improvviso però, due rapinatori armati lo aggredirono alle spalle. Nel tentativo di reagire estrasse la propria arma d’ordinanza ma venne immediatamente freddato da un proiettile esploso da uno dei criminali che gli trapassò la nuca. Trasportato in ospedale, morì 2 giorni dopo, il 30 ottobre 1975, all’età di 55 anni. Il giorno 2 di novembre sarebbe andato in pensione.

 

 

Nunziante Scibelli

30 Ottobre 1991 Quindici (AV). Ucciso Nunziante Scibelli, 26 anni, per la sola “colpa” di aver attraversato il paese alla guida di un’auto dello stesso modello dei veri bersagli dei Killer.
Il 30 ottobre 1991, la faida Cava-Graziano miete la prima vittima innocente della sanguinosa guerra tra clan. Si chiama Nunziante Scibelli, ha 26 anni, è di Taurano e fa l’operaio. La sua colpa: passare pochi istanti dopo con la stessa macchina dei veri obiettivi dei killer, un’alfetta marrone. Succede a Ima, frazione di Lauro, in prima serata. Nunziante è con la moglie in macchina. Stanno facendo un giro. La signora è incita al settimo mese. Una mare di pallottole li colpisce. L’auto è crivellata. Solo per miracolo la moglie, Francesca, rimane viva e con lei, la cosa più importante che le ha lasciato Nunziante. Il giovane invece muore sul colpo, crivellato di colpi. Davanti alla loro auto, i veri obiettivi dell’agguato, due  pregiudicati legati al clan Cava. Hanno si, un’alfetta marrone, ma blindata. I colpi danneggiano solo la carrozzeria, permettendo ai criminali di potersi dare alla fuga e rimanere illesi. Per altri due anni, ci saranno altri 14 agguati e nove morti. Un vero bollettino di guerra. Intanto, il sangue sarà preso dimenticato dall’opinione pubblica tanto che la moglie di Nunziante, che partorirà una splendida bambina chiamata come il padre, deciderà di lasciare il vallo. Ritornerà solo lo scorso 2008, quando una lapide è stata apposta nel luogo dell’attentato, in ricordo della tragedia e a memoria per le future generazioni. (Un nome, una storia – Libera)

 

 

Francesco Vecchio e Alessandro Rovetta

31 ottobre 1990 Catania. Uccisi Francesco Vecchio ed Alessandro Rovetta. Due colpi in testa posero fine alle esistenze del capo del personale e dell’amministratore delegato delle Acciaierie Megara di Catania.
31 ottobre 1990. Uccisi in un agguato Francesco Vecchio, 52 anni, Direttore del Personale e Alessandro Rovetta, 33 anni, Amministratore Delegato dell’Acciaieria Megara, importante industria di Catania, che all’inizio degli anni ’90 occupava in via diretta oltre 300 dipendenti, e un centinaio di lavoratori tra le aziende dell’indotto. Fino a poco prima dell’estate del 1990 Francesco Vecchio si occupava della gestione del solo personale che era alle dipendenze dirette dell’azienda. La gestione delle maestranze e delle aziende dell’indotto (impegnate nella ristrutturazione dei reparti) era compito affidato alla Direzione Tecnica. Nel mese di agosto 1990, con l’uscita dall’azienda del Direttore Tecnico, la gestione di questi rapporti passò alla Direzione del Personale. A seguito di alcuni controlli effettuati sulle attività di queste ditte, Vecchio decise di estendere anche ai dipendenti delle aziende esterne le modalità di controllo delle presenze al lavoro già in uso per i dipendenti della Megara. Poco dopo iniziarono le minacce telefoniche e le intimidazioni in azienda. Le indagini sono state indirizzate sia sul versante del possibile interesse della mafia al finanziamento regionale ed alla acquisizione del controllo dell’azienda, sia su quello del mutato approccio alla gestione dei rapporti con le ditte e le maestranze dell’indotto. Senza alcun risultato: gli assassini sono rimasti impuniti.

 

 

31 Ottobre 1993 Parete (CE). Ucciso il medico Gennaro Falco
Il 31 ottobre 1993 a Parete, un comune in provincia di Caserta, il medico Gennaro Falco viene ucciso nel suo ambulatorio da Raffaele Bidognetti, figlio del capo clan Francesco Bidognetti. La morte del dottore, inizialmente attribuita all’opera di un balordo, si è poi scoperta legata al decesso della moglie del boss. La donna era affetta da un male incurabile, di fronte al quale Gennaro Falco non era riuscito a fare nulla. Ritenuto colpevole di non averla assistita adeguatamente, Falco ha pagato con la vita.

 

 

31 ottobre 1996 San Luca (RC). Assassinato Agostino Pedullà, 27 anni; ucciso perché vendeva fiori vicino al cimitero.
Il 31 ottobre 1996 nei pressi del cimitero di San Luca (RC) viene ritrovato il corpo di Agostino Pedullà, 27 anni, un bravo ragazzo di Bovalino, che una volta all’anno con il suo furgone andava a vendere mazzi di crisantemi per arrotondare le sue entrate.

 

 

Antonio Musolino

31 Ottobre 1999 Benestare (RC) Ucciso l’imprenditore Antonio Musolino. Si era ribellato alla ‘ndrangheta.
31 Ottobre 1999 Benestare (RC)  – Non era un eroe e non viveva in un paese di eroi. Era solo un piccolo imprenditore cha alla mafia non voleva piegarsi. Anni fa aveva pure denunciato un tentativo di estorsione ma gli uomini dei pizzo erano rimasti senza volto. Ora l’hanno ammazzato il geometra Antonio Musolino, 54 anni, famiglia perbene, stimata, “lontana dagli ambienti malavitosi”, come dicono gli investigatori. Aveva una piccola impresa edile e non avrebbe voluto assumere gente segnalata dai clan, aveva un piccolo frantoio e non intendeva proprio assecondare le richieste estorsive e non solo quelle, pensano gli investigatori della polizia coordinati dal sostituto procuratore Mirella Conticelli. L’hanno ammazzato, così, sabato sera, davanti al figlio Giuseppe, ventottenne studente di Pisa, impotente davanti al fuoco delle lupare di due giovani arrivati a bordo di una Fiat Uno bianca, già vista in paese nel pomeriggio, già segnalata alla polizia che è giunta a Benestare e l’ha incrociata mentre fuggiva dopo il brutale omicidio. Musolino, centrato dalla rosa dei pallettoni, è morto all’istante. I killer se ne sono andati indisturbati. (Tratto da un articolo di La Repubblica del 2 novembre 1999)

 

 

Rodolfo Giancarlo Pacilio

31 ottobre 2006 S. Antimo (NA). Ucciso Rodolfo Pacilio, imprenditore, aveva denunciato i propri estorsori.
L’assassinio di Rodolfo Pacilio, è avvenuto in S. Antimo (Napoli) il 31 ottobre 2006. La vittima, come indicato invece da quotidiani locali e nazionali,  non aveva precedenti penali, neanche lievi; era titolare di una ditta che produceva e vendeva solo giochi per bambini e  non si interessava della produzione o rifornimento dei videogiochi o videopocker, come dagli stessi indicato. Rodolfo Pacilio, tra l’altro laureato con il massimo dei voti in Economia e Commercio, era figlio di un imprenditore, un tempo con circa mille dipendenti, “noto per essere stato uno dei pochi ad avere lo (stupido n.d.r.) coraggio di denunciare i suoi estorsori nel periodo in cui pagava una tangente di lire quaranta milioni al mese per un importante edificio che stava realizzando in Napoli. Per tale motivo gli inquirenti tutti (Dda) vedono nell’omicidio una vendetta del clan un tempo denunciato o conseguenza di un rifiuto a pagare tangenti o a piegarsi ai voleri delinquenziali della camorra, tenuto conto del forte senso di legalità che lo caratterizzava, noto anche a semplici conoscenti. Vi è sgomento, quindi, tra i famigliari tutti, molti dei quali conosciuti per essere tutti professionisti assai noti in Italia (si veda ad esempio, il mio nominativo o quello del dott. Nunzio Pacilio su intenet) o pubblici dipendenti, tra i quali un altissimo funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia. La famiglia di Pacilio, quindi, puo’ ben denunciare ad alta voce la latitanza dello Stato per la morte del buon Rodolfo, vittima innocente della camorra” (Ciro Pacilio)

 

 

 

 

 

e tutti gli altri di cui non conosciamo i nomi.

 

 

“Si usa portare un fiore sulla tomba dei propri defunti, ma a volte quella lastra ci fa sentire ancora più grande il dolore,
a volte non ci sono tombe su cui piangere, tante altre non ci sono più lacrime da versare.
 
 
Ricordiamo. Chi abbiamo amato non svanirà nel nulla, vivrà finché non svanirà l’ultimo pensiero dentro di noi.”
 
Rosanna
 
 
 
 

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